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Ecco cio’ che sta accadendo in Argentina in questi giorni

Ultimo Aggiornamento: 03/02/2013 21:06
06/12/2012 14:36
 
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Ecco cio’ che sta accadendo in Argentina in questi giorni (Fonte: cogitoergo.it - 03/12/2012)

Due o tre cosette sull’Argentina e sui media italiani.

Da qualche giorno circola in rete (e sulla stampa mainstream) una enorme eccitazione sull’Argentina e sul suo immediato destino economico. Andrà in default di nuovo? E’ vero che sta per saltare il sistema?
Tutta questa improvvisa fibrillazione è relativa a un debito del governo argentino che si riferisce a eventi avvenuti nel 2003 dovuti alla denuncia di un fondo d’investimenti che non ha riconosciuto le modalità di restituzione argentine.


Nella foto: Una donna cammina in una strada di Buenos Aires. Questa foto è stata scattata il 18 maggio 2102 (Associated Press/Natacha Pisarenko)

Ma perché in Italia se la prendono tanto per un debito (minimo, davvero minimo, di cifra irrilevante) acceso da un lontano paese sudamericano, circa dieci anni fa? Una nazione che non fa parte dell’euro, i cui problemi non possono avere nessun impatto né tecnico né economico con la nostra situazione? A questo bisogna aggiungere l’enorme diffusione in Italia, sia sulla stampa ufficiale di regime che sui siti on line, delle notizie sulle manifestazioni popolari contro il governo in carica, descrivendo l’Argentina come un paese che sta di nuovo sull’orlo del collasso economico..

Chi segue questo blog ricorderà il post nel quale raccontavo una storia, che allora avevo definito “la guerra tra le due Cristine”, annunciando lo scontro di fine novembre che avrebbe raggiunto la sua punta massima a metà dicembre, visto che il Fondo Monetario Internazionale aveva dato al paese sudamericano la scadenza del 17 dicembre come ultima data per mettersi in linea con i parametri richiesti dai creditori istituzionali.
E, negli ultimi giorni, così, all’improvviso, dovunque si è parlato dell’Argentina e diverse persone si sono rivolte a me chiedendo la mia opinione.
Da cui il motivo di questo post.

“False flag”.

E’ un termine inglese che letteralmente vuol dire “falsa bandiera”, ma che nell’usuale linguaggio della comunicazione sta a indicare, piuttosto, quella che io chiamo “arma di distrazione di massa”. Tutto questa eccitazione sui problemi economici dell’Argentina sono, per l’appunto, a mio parere, una “falsa bandiera”.

E’ il risultato di questa bulimìa ossessiva, fortemente voluta dagli oligarchi bocconiani, nell’imporre alla gente l’obbligo di parlare continuamente e costantemente di economia e di monete e di teorie, cercando di sottrarre il dibattito (riuscendoci in pieno) alla Politica, al confronto/scontro tra due interpretazioni del mondo, del mercato, dell’economia e della società che sono opposte e antagoniste. In Argentina è accaduto qualcosa negli ultimi giorni. Sì, è vero. Ma non ha nulla a che vedere con ciò di cui tutti parlano. Sì, laggiù, qualcosa è accaduto. E anche di molto grosso. E sta accadendo proprio in queste ore. Ma non riguarda quel debituccio, non riguarda i soldi nudi e crudi, non riguarda provvedimenti di ragioneria economica e di contabilità fiscale.

Riguarda l’economia, questo sì.
Ma viene dal mondo della Politica intesa nella sua forma più pura e migliore. E sta avendo un impatto poderoso non soltanto in tutto il Sudamerica, ma anche e soprattutto in Usa dove, non appena è arrivata la notizia, i repubblicani si sono subito scontrati con Obama e hanno interrotto la trattativa sulle manovre economiche rimandando il prossimo incontro di qualche giorno. Ma di tutto ciò, in Italia neppure una parola, neppure un rigo, neppure un accenno, che io sappia.

Non è certo casuale.

Di che si tratta, quindi?

Si tratta dell’approvazione di una Legge dello stato che il senato della repubblica argentina ha votato in maggioranza (voto trasversale) in data 28 novembre 2012 con 43 voti a favore e 19 contrari, diventando “immediatamente operativa con applicazione retroattiva al 1 settembre”. Hanno tecnicamente 30 giorni per renderla applicabile. E la Legge parla molto chiaro: definisce “illegale e immorale” qualunque forma di speculazione finanziaria sui mercati internazionali basata sui derivati; abolisce la possibilità tecnica delle speculazioni finanziarie in borsa perché sottrae a tutte le banche, a tutte le istituzioni finanziarie operanti nel territorio nazionale, la propria autonomia sul mercato. Dal 30 novembre del 2012, il parlamento e il governo argentino si riappropriano della propria economia che individua “legalmente” nella finanza “il braccio operativo dell’economia di cui deve essere subalterna” e impone alla finanza di essere sottoposta al totale controllo dello stato centrale in ogni sua attività.

Così titolava La Naciòn, il più importante quotidiano argentino (moderato conservatore) nel dare la notizia che in Italia non mi pare sia stata né diffusa né diramata.

LA CAMARA DE SENADORES CONVIRTIO EN LEY LA REFORMA DE LA REGULACION DEL MERCADO DE CAPITALES

Estado con más poder para proteger el ahorro

Da oggi lo Stato si fa garante presso i cittadini, di cautelare i risparmi personali ma si fa soprattutto garante del fatto che le imprese, le società, le industrie, le finanziarie internazionali operanti in Argentina intervengano in borsa e sui mercati dei capitali “con l’unico ed esclusivo intento di trarre profitto da un’attività che però deve avere immediatamente, come riflesso economico, l’apertura di crediti agevolati alle medie e piccole imprese, l’allargamento degli investimenti in industrie nazionali e l’assunzione di nuovo personale per andare all’attacco della disoccupazione giovanile che il governo considera la priorità assoluta in campo politico, economico, sociale”.

Questo è avvenuto.


Per la prima volta in questo nuovo millennio, una nazione capitalista occidentale si assume la responsabilità politica (fotografate per bene questa parola) di imbavagliare la finanza, di metterle le briglia sul collo e di fondare il principio, basato sull’applicazione dello Stato di Diritto, che identifica nello stato centrale, nel governo e nel parlamento, l’arbitro e il garante dell’economia; il vero padrone della finanza non è più il “mercato libero” (l’idea di Zingales, Giannino, Monti, Passera, Draghi, ecc.) bensì il governatore della banca centrale insieme al ministro dell’economia, dell’industria e dello sviluppo. “O la finanza capisce che i soldi servono per sviluppare l’economia allargando il mercato del lavoro, gli investimenti, dando credito alle imprese a interesse minimo e abbattendo la disoccupazione, oppure possono anche andare a investire in Europa, in Italia e in Spagna, se è questo che vogliono. Là li accoglieranno a braccia aperte”.
Così ha dichiarato la presidente Kirchner, nel commentare la più grande vittoria politica ottenuta da un governo sudamericano nel combattere il neo-colonialismo dei colossi della finanza al servizio dell’oligarchia planetaria del privilegio. Chi vuole investire nella finanza speculativa lo fa attraverso “banche speciali” che dovranno esporre un avvertimento alla clientela, nel quale si specifica che non esiste nessuna garanzia internazionale su quell’investimento. Le banche correnti devono occuparsi di investire i soldi dei correntisti nell’economia reale, quella delle merci, e non quella della carta straccia; lo Stato garantisce ogni tipo di risparmio e ogni forma di investimento, purché si riferisca all’economia reale.

La borsa di Buenos Aires (e questa è un’altra bella notizia) ha reagito molto bene; anche quella brasiliana (che si appresta in brevissimo tempo a varare identica legge) grazie alla quale vengono aboliti i principi basilari dell’idea liberista che sta strozzando il pianeta, ovverosia l’egemonia della finanza sul mercato.


Di tutto ciò, in Italia non si è parlato.

Ma non basta, c’è dell’altro.

Ieri, 30 novembre, per tutta la giornata, in Argentina si sono svolti convegni, manifestazioni e discussioni relativi a un’altra legge che va alla votazione alla fine della prossima settimana e che riguarda il secondo pilastro della democrazia e della ripresa economica: la legge sul conflitto di interesse e una nuova legiferazione nel campo della libertà di stampa, dell’informazione e delle comunicazioni. Verranno prese misure specifiche per impedire che possano essere eletti in parlamento soggetti politici legati al mondo dell’informazione, e soprattutto viene impedito a società finanziarie, banche d’affari private e grossi colossi finanziari internazionali di poter aggirare l’ostacolo diventando editori. Chi si occupa di informazione lo fa costituendosi come “editore puro” attraverso il rischio di una impresa privata. Il tutto per impedire che la finanza, in maniera subdola (come avviene in Italia ad es.) usi il proprio gigantesco potere per esercitare pressioni sull’opinione pubblica al fine di salvaguardare interessi finanziari e non il diritto alla libertà dell’informazione.

Anche su questo punto, nessuna notizia in merito.

Sono entrambi due pericolosissimi precedenti.

E’ la dimostrazione che esistono strade diverse percorribili, opposte a quelle volute dalla BCE e dal governo italiano, dal PD dal PDL dall’Udc.
A questo ci potete aggiungere la decisione ufficiale presa dal presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, il quale ha bocciato la richiesta avanzata dalle compagnie petrolifere locali per nuove trivellazioni, destinando i 300 milioni di dollari (per loro una grossa cifra) del budget che le lobby del petrolio erano riusciti a garantirsi e spostando tale cifra per la salvaguardia del territorio idro-geologico dando vita a tre giganteschi parchi naturali, all’interno dei quali verranno fatti investimenti nel settore dell’agricoltura biologica a chilometro zero.

Qui di seguito, in un post scriptum, in copia e incolla, c’è un articolo apparso sul settimanale Pagina ½, la pubblicazione più radicale e colta diffusa in Argentina. E’ un esempio di giornalismo che in Italia non esiste più. Dà la notizia sulla legge della divisione tra banche d’affari e banche speculative, senza nessun commento, senza fornire nessuna opinione, raccontando in che cosa consiste la Legge, come funziona, come si è svolta la votazione, i nomi degli attori e delle fazioni in campo. L’articolo è quello originale ed è scritto dunque in spagnolo, ma è di facilissima comprensione anche per chi non conosce la lingua.

Sono modalità completamente diverse da quelle seguite in Italia dove la disinformazione, il narcisismo e l’opinionismo lobbista si sono ormai sostituiti alla spiegazione dei fatti reali e oggettivi; e così i lettori, spaesati, confusi, finiscono per non essere mai messi al corrente su ciò che accade in verità, perché vengono spinti a seguire delle tesi già preconfezionate che finiscono tutte con lo stesso identico refrain: non c’è alternativa, non si può fare diversamente.

Non è vero. Non è così.

Non esiste nessun campo dell’attività umana in cui non esistano alternative. E’ una diabolica idea quella di presentare soluzioni come se fossero le uniche a disposizione.

Per ritornare in Europa, mentre l’Italia è scivolata nel consueto imbuto popolato da pecore mediatiche al pascolo, seguendo le vicende delle cosiddette primarie, in Europa si scatenava un furibondo scontro (in Germania) relativo a Unicredit e MPS (la più antica banca italiana, Monte dei Paschi di Siena) anche perché il tutto era relativo alla stessa persona, Alessandro Profumo, già presidente di Unicredit e attualmente presidente di MPS. Accusato, denunciato e sentenziato di evasione fiscale in Europa per la cifra di 3,5 miliardi di euro, Unicredit e Profumo (in quanto mente operativa della questione) se la stanno vedendo con le banche europee per un gigantesco conflitto di interessi. Mentre all’Unicredit si chiedono i soldi da pagare e Profumo è stato identificato come un evasore che non rispetta la Legge, Mario Monti, a nome del governo italiano, si è presentato da Mario Draghi chiedendo il consenso a “sforare” dai dispositivi sanciti dal Fiscal Compact per far avere –sempre allo stesso Profumo- un nuovo gettito di 3 miliardi di euro provenienti dalle casse dello stato italiano, dopo i 24 che ha già ricevuto negli ultimi cinque anni. Essendo il titolo della banca considerato in borsa “spazzatura” (il titolo che tre anni fa valeva 2 euro in borsa, oggi vale 0,17 euro in borsa) non è ammissibile neppure per Draghi una cosa del genere. Rischiosissima. Infatti, i greci –giustamente dal loro punto di vista- hanno immediatamente protestato pretendendo una proroga del loro debito. E’ andata a finire come ben sappiamo. Non si sa se Unicredit pagherà o meno ciò che ha rubato e MPS avrà i suoi soldi da investire in nuovi derivati speculativi a rischio sempre più alto, l’unica possibilità rimasta di poter mettere un buco alla voragine di una banca tecnicamente già fallita da un pezzo. Tutta la gestione dei rapporti tra istituzioni e banche, tra governo e banche, tra BCE e banche, portata avanti da Mario Monti e dal PD dal PDL e dall’Udc finiranno per aumentare nel mese di dicembre il disavanzo pubblico portandolo a un ulteriore aumento e raggiungendo la cifra di 2000 miliardi di euro.

Qui in Italia ci portano via i soldi per darli a banchieri evasori che gestiscono banche già fallite, mentre in Argentina c’è chi ha messo legalmente il bavaglio alle banche, le ha ammanettate e le ha sottoposte a una rigida, attenta regolamentazione sotto la custodia, tutela e attenzione della classe politica al governo in rappresentanza delle istituzioni collettive.

Una bella differenza.

La guerra, quindi, prosegue.

Ed è sempre la stessa, quella tra oligarchi della finanza e i loro oppositori.

Da noi, ci fanno credere che il problema sia se vince Renzi o se vince Bersani oppure se Berlusconi si candiderà oppure no.

Sapete che vi dico? (con il cuore in mano). Se a questo punto c’è qualcuno che pensa possa essere così, allora vuol dire che ce li meritiamo tutti. Questa è la loro forza.


C’è ancora qualcuno che dà loro credito.

Non lamentiamoci, dunque, se le banche non lo danno a noi, il credito. Perché mai dovrebbero?


Buona domenica a tutti.

Ecco l’articolo, a firma Sebastian Premici, celebre giornalista e intellettuale argentino.



Màs poder para proteger el ahorro

La ley se aprobó con 43 votos a favor y 19 en contra. El Frente para la Victoria y el FAP respaldaron la iniciativa en general, mientras que el peronismo disidente y los radicales se opusieron. La CNV tiene 180 días para reglamentarla.
Por Sebastián Premici

El Senado convirtió en ley el proyecto que modifica la regulación sobre el mercado de capitales y le otorga a la Comisión Nacional de Valores mayores atribuciones de control. El Frente para la Victoria consiguió 43 votos afirmativos, mientras que 19 senadores votaron en contra. Como viene sucediendo en las últimas sesiones, el oficialismo consolidó un núcleo de votos con sus aliados tradicionales, el Movimiento Popular Neuquino, los legisladores por Tierra del Fuego que representan a Nuevo Encuentro, y se sumó una senadora del PJ de La Pampa y otra de Santa Fe. El único bloque opositor que acompañó al oficialismo en la votación en general fue el FAP, que luego rechazó tres artículos. Por su parte, la UCR y el peronismo disidente votaron en contra. Los senadores radicales mantuvieron una postura diferente a la de sus colegas de la Cámara de Diputados, quienes habían acompañado en general al FpV. Su argumento fue que con la introducción de un cambio durante la votación en particular en la Cámara baja –la posibilidad de que la CNV designe veedores en caso de gravedad institucional, en defensa de los inversores minoristas, como el propio Estado–, se estaba desvirtuando el objetivo central del proyecto. En el recinto estuvieron presentes el ministro de Economía, Hernán Lorenzino, y el titular de la CNV, Alejandro Vanoli.

El proyecto del Ejecutivo había logrado la media sanción el miércoles de la semana pasada (184 a 24). Sin mediar dilaciones, el proyecto pasó al Senado donde fue tratado en comisión al día siguiente. Una semana después, fue convertido en ley. “La Bolsa no desaparecerá. La idea es que haya cada vez más jugadores. Es imperioso romper el contraste entre tasa de interés y tipo de cambio y la desesperación por el acceso al dólar como atesoramiento. El Estado garantizará los ahorros con una mayor regulación de la CNV. La idea es poder canalizar el ahorro hacia las inversiones productivas en las provincias”, sostuvo Aníbal Fernández, titular de la Comisión de Presupuesto.

Durante la sesión de Diputados se introdujeron varios cambios al proyecto original, muchos de ellos consensuados con la oposición e incluso con los actores del mercado. Pero hubo una modificación que llamó la atención de la oposición. En el artículo 20 se agregó el siguiente texto: “Cuando, como resultado de los relevamientos efectuados, fueren vulnerados los intereses de los accionistas minoritarios y/o tenedores de títulos valores sujetos a oferta pública, la CNV podrá designar veedores con facultad de veto de las resoluciones adoptadas; y separar a los órganos de administración de la entidad por un plazo máximo de ciento ochenta (180) días hasta regularizar las deficiencias encontradas”.

Así como existe un núcleo duro que acompaña al oficialismo, el núcleo de la UCR y el PJ disidente tiene cada vez más coincidencias, al menos desde lo discursivo. Ambos cuestionaron al Gobierno sobre la posible “discrecionalidad” en la manera de aplicar la nueva regulación sobre el mercado de capitales. En definitiva, las críticas apuntan a la capacidad de regulación del Estado. “Este es un gobierno con sello anti inversión. El mercado no es otra cosa que un lugar de reunión, donde el Estado debe tener el mínimo interés de que no haya fraude. Nadie pertenecerá a un club para que le peguen. Los que ya están, están, pero no habrá nuevos jugadores en estas condiciones. La intromisión en la actividad privada logra el desaliento”, sostuvo Juan Carlos Romero (PJ Salta). Por su parte, el radical Gerardo Morales –quien tuvo un cruce con la pampeana María de los Angeles Higonet (ver aparte)– afirmó que el proyecto “vulnera la seguridad jurídica”. Su correligionaria, Laura Montero, fue un poco más específica. “La regulación del mercado quedará en manos del Ejecutivo que podrá tener atribuciones discrecionales. Hubiéramos querido que haya participación de la oposición en el directorio de la CNV”, manifestó la mendocina, aliada de Julio Cobos.

La modificación en el artículo 20 contempla el hecho de que muchas empresas que cotizan en la Bolsa tienen inversiones provenientes del “ahorro público”. Según explicaron a Página/12 desde la CNV, se incluyeron en el articulado “herramientas legales para actuar rápidamente ante situaciones graves que puedan alterar el normal desarrollo de la operatoria diaria y la estabilidad del mercado”. La capacidad de intervención del Estado apunta a “salvaguardar” las inversiones realizadas que surgen en su mayoría del Fondo de Sustentabilidad de la Anses, que se nutre con los aportes de los trabajadores. Desde esta perspectiva, se habría incluido el artículo para “proteger” dichas inversiones, dato que la oposición pasó por alto. “Algo de lo que se habló poco en el debate es el rol de las calificadoras, que están cuestionadas en todo el mundo. Las universidades le darán un aspecto totalmente diferente a esta cuestión. Lo otro que no se dijo fue la desmutualización (salvo por una mención de Montero). Para ser socio de la Bolsa había que pagar cinco millones de pesos. Se eliminó ese requisito”, manifestó Miguel Angel Pichetto, titular del bloque del FpV.

Otro aspecto relevante de las modificaciones incluidas durante la sesión de la Cámara baja tiene que ver con una cláusula que sostiene que “en ningún caso se podrán disponer despidos por causa de las disposiciones de la presente ley”. La oposición quería incluir la obligación del Estado de tomar a cualquier empleado de las Bolsas que eventualmente fuese despedido. Los trabajadores de la Bolsa de Comercio estuvieron en la puerta del Senado repartiendo volantes, para que se les garanticen sus fuentes laborales. “No puede haber despido alguno por esta ley. Por eso pedí que la reglamentación sea lo más clara posible en este punto”, sostuvo Fernández al comienzo de su exposición.

La ley será promulgada en los próximos 30 días. Las distintas Bolsas y mercados del país ya comenzaron su lobby para tratar de incidir en esta instancia.

Sergio Di Cori Modigliani
Fonte: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it
Link: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2012/12/ecco-cio-che-sta-accadendo-in-argentina.html
[Modificato da marco--- 06/12/2012 14:36]
12/12/2012 09:59
 
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Perchè l’Argentina ora paga per il suo pericoloso successo economico (Fonte: cogitoergo.it - 11/12/2012)

Un fondo avvoltoio ha vinto una causa che obbliga l’Argentina a ripagare il debito dopo che la nazione ha rifiutato l’austerità come via d’uscita dalla crisi.



L’Argentina fa di nuovo notizia. La nazione che ha gestito con successo la ristrutturazione del debito estero dopo la grande crisi finanziaria del 2001-2002, e che ha evitato il pacchetto d’austerità beneficiando di una notevole ripresa economica, è ora sotto attacco da una combinazione di sentenze di tribunale e mosse aggressive dei mercati finanziari.

Nella foto: Paul Singer, fondatore e amministratore delegato della Elliot Capital Management

Elliot Capital Management, un fondo avvoltoio con sede nel paradiso fiscale delle Isole Cayman di proprietà del finanziere conservatore Paul Singer (un grande contribuente della campagna di Romney), ha rifiutato i termini della ristrutturazione del debito, accettati da oltre il 92% degli obbligazionisti nel 2005 e nel 2010. Ha richiesto il pagamento per intero e ha perseguito attivamente il proprio caso in diversi tribunali in tutto il mondo. Pochi mesi fa la fregata argentina Libertad, che ironicamente vuol dire libertà in spagnolo, è stata sequestrata in Ghana dopo che un giudice locale ha deciso in favore di Elliot Capital Management. Il giudice Thomas Griesa ha recentemente decretato in un tribunale di New York che il governo argentino deve pagare 1,3 miliardi di dollari allo stesso fondo avvoltoio – il valore totale delle proprie partecipazioni più gli interessi maturati a partire dal 2001 – sulla base di un’ inusuale interpretazione delle clausole pari-passu(1) dei contratti di debito.

Elliot e altri “fondi avvoltoio” non sono investitori convenzionali. Comprano titoli a prezzi scontati durante una crisi con l’esplicita intenzione di portare i paesi in difficoltà in tribunali sotto giurisdizione straniera, mentre cercano di ottenere il pagamento totale senza una rinegoziazione del debito. Ovviamente questi fondi non si preoccupano di sottigliezze come il modo in cui questo debito è stato accumulato, del principio per cui i debiti devono essere elargiti sulla base della capacità del debitore di ripagare, o su come i pagamenti forzati influiscono sul benessere dei più deboli. Loro rappresentano la finanza mondiale nella sua forma più aggressiva e sfruttatrice.

La sentenza di Griesa contiene anche un’ingiunzione che vieta a parti terze di “favorire” qualsiasi violazione del suo ordine, impedendo in tal modo all’Argentina di essere in grado di continuare i pagamenti ai creditori che avevano accettato la ristrutturazione. Questo ha implicazioni enormi, perché mette in questione tutta le ristrutturazioni dei debiti che sono non solo probabili, ma anche necessarie per preservare la finanza internazionale. Ad esempio, perché i detentori dei titoli greci dovrebbero accettare una ristrutturazione del debito che potrebbe essere una soluzione necessaria e beneficiare tutti se sanno che i fondi avvoltoio si possono rifiutare e ricevere un sostegno giuridico nei tribunali internazionali?

La sentenza inoltre contraddice le leggi statunitensi sui fallimenti interni, che forzano la minoranza dei creditori ad accettare gli accordi accettati dal 70% dei creditori. Se la sentenza verrà sostenuta nelle corti superiori (sia l’Argentina che gli altri creditori si sono già appellati) creerà una situazione impraticabile per il mercato mondiale dei titoli. I creditori faranno una scommessa a senso unico nel caso non venga accettata la ristrutturazione, le uniche opzioni saranno tutto (pagamento completo) o niente (default).

Ma l’ Argentina non affronta solo questo attacco. Questa settimana l’ agenzia di rating Fitch, che in precedenza diede la tripla A ai titoli statunitensi sub-prime, ha declassato i titoli argentini quasi a livello spazzatura. Molti analisti finanziari prevedono ora un nuovo default argentino.

Ma non c’è motivo per credere che il paese sia vicino al default. Il saldo delle partite correnti è in pareggio, le riserve internazionali sono sopra i 46 miliardi di dollari e il rapporto tra i debt service payments (pagamenti per debiti sia in conto capitale che interessi) e le esportazioni è inferiore al 20%.

Nel passato recente l’Argentina è stata una delle economie mondiali con la crescita più rapida, dove la disoccupazione è crollata dal 22% al 7%. Quindi cosa spiega tutti questi declassamenti e tentativi di minare il paese sui mercati finanziari e sui media?

Il vero motivo può essere il grande successo dell’economia del paese dopo il suo default e il processo che ha portato alla ristrutturazione forzata del debito. Dopo il 2002, l’Argentina ha rifiutato le misure d’ austerità promosse dal FMI, rinazionalizzato settori chiave della produzione come l’aviazione, le pensioni e recentemente il petrolifero, aumentato le protezioni sociali e i trasferimenti di reddito per i poveri, e in generale ha ridotto la povertà. I salari reali sono aumentati e le diseguaglianze sono state diminuite.

Questa è una pericolosa storia di successo. Mostra che c’è una vita dopo il default e che l’austerità non è la miglior via per uscire dalla crisi. Queste due lezioni spaventano chiaramente i mercati finanziari e i loro alleati all’interno del sistema giuridico, e ovviamente c’è il timore che altri paesi con difficoltà finanziarie possano emulare questo esempio. Da qui il desiderio di dimostrare che questa, dopo tutto, non sia una storia di successo, e di mantenere la pressione sull’Argentina attraverso le sentenze dei tribunali, i downgrade e misure simili.

Ironia della sorte, questo potrebbe rivelarsi controproducente. Non solo queste mosse sono profondamente ingiuste e antidemocratiche – e minacciano anche lo stesso sistema finanziario. Concedere ai fondi avvoltoio di avere la precedenza sugli altri obbligazionisti che accettano la ristrutturazione mina ogni possibilità di rinegoziazione dei debiti, senza il quale nessun sistema di credito può funzionare. Il “livello di rancore” della decisione di Griesa mostra quanto sia importante avere un sistema giuridico che non sia solo a favore degli investitori privati che vogliono solo fare profitti. Permettere alle agenzie di rating con estesi conflitti d’interesse di funzionare senza una regolamentazione e creando alternative pubbliche genera disinformazione irresponsabile.

Anche un sistema capitalista profondamente ingiusto non può sopravvivere a lungo. Così, ancora una volta, la finanza internazionale e i suoi partner mordono le mani di coloro che li hanno nutriti, con conseguenze potenzialmente disastrose anche per la finanza stessa.

Jayati Ghosh e Matías Vernengo
Fonte: http://www.guardian.co.uk/
Link: http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/dec/03/argentina-paying-economic-vulture-fund
3.12.2012

Traduzione a cura di REIO

NOTE:
(1) pari passu (in uguali proporzioni): Clausola tramite la quale il debitore attesta che le obbligazioni contratte verso il creditore, in rapporto al rimborso del prestito e alle garanzie concesse, pongono quest’ultimo in una posizione di parità nei confronti degli altri creditori.
[Modificato da marco--- 12/12/2012 10:00]
03/02/2013 21:05
 
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Kirchner furiosa “distrugge” il Fmi con 28 tweet in meno di mezz’ora (Fonte: lastampa.it - di Paola Manzo - 03/02/2013)

L’attacco della “Presidenta” dopo che il Fondo Monetario Internazionale aveva condannato le statistiche “inesatte” su inflazione e Pil dell’Indec, l’Istat argentino.

28 tweet in mezz’ora, alla media record di 140 caratteri al minuto. La presidenta argentina Cristina Kirchner ha sfogato così via Twitter tutto il suo disprezzo nei confronti del Fondo Monetario Internazionale, che 24 ore prima aveva condannato ufficialmente le statistiche “inesatte” su inflazione e Pil dell’Indec, l’Istat del paese del tango. Ecco in sintesi il “Cristina pensiero” contenuto nei

28 tweet postati a velocità record da una presidenta mai così furiosa e presente su Internet.

“Chi poteva immaginare allora un mondo trascinato a terra dai mercati finanziari? Néstor il mio compagno aveva previsto tutto. Dove stava il FMI che non ha potuto accorgersi di nessuna crisi? Dove stava quando si formavano non bollicine bensì mongolfiere speculative? Dove stava uno dei suoi ex direttori (il riferimento è allo spagnolo Rodrigo Rato, ndr) quando Bankia, la banca che lui dirigeva, ha dovuto essere aiutata con miliardi di euro? Oggi la Spagna ha il 26% di disoccupati, in gran maggioranza giovani e sfrattati. In quali statistiche sono raffigurate queste tragedie? Quali sono i parametri o le “procedure” con cui il FMI analizza i paesi falliti che continuano ad indebitarsi, con popolazioni che hanno perso la speranza? Che succede con i paesi emergenti come noi che hanno sostenuto l’economia mondiale nell’ultimo decennio e a cui oggi vogliono mettere in conto i piatti rotti da altri? Conoscete qualche sanzione del FMI, qualche decisione contro questi altri che si sono arricchiti e che hanno fatto fallire il mondo? No, la prima misura che prende il FMI è contro l’Argentina.

L’Argentina alunna esemplare del Fondo Monetario Internazionale negli anni Novanta, che seguì tutte le ricette del FMI e che, quando esplose nel 2001, è stata lasciata sola. Argentina 2003. Da sola, senza accesso al mercato finanziario internazionale l’Argentina ha visto crescere in 10 anni il suo PIL del 90%, la crescita maggiore di tutta la sua storia. L’Argentina che ha costruito un mercato interno con l’inclusione sociale e le politiche anticicliche. Ha pagato tutti i suoi debiti al FMI, ha ristrutturato due volte, nel 2005 e nel 2010, il suo debito andato in default con il 93% di accordi con i suoi creditori senza chiedere più nulla in prestito al mercato finanziario internazionale, per farla finita con la logica dell’indebitamento eterno. E con il business perenne di banche, intermediari, commissioni, ecc, che avevano finito con il portarci al default del 2001. Questa sembra essere la vera causa della rabbia del FMI.

L’Argentina è una parolaccia per il sistema finanziario globale di rapina e per i suoi derivati. L’Argentina ha ristrutturato il suo debito e ha pagato tutto, senza più chiedere nulla in prestito. 6.9% di disoccupati, il migliore salario nominale dell’America latina e il migliore potere d’acquisto misurato in Dollari statunitensi. Nel 2003 avevamo il 166% di debito su un Pil rachitico, il 90% del quale in valuta straniera. Oggi abbiamo il 14% di debito su un Pil robusto e solo il 10% è in valuta straniera. Perciò mai fu migliore il titolo del comunicato del ministero dell’Economia argentino di oggi: “Ancora una volta il FMI contro l’Argentina”. FMI + FBI contro l’Argentina. Non spaventatevi, il FBI sono i Fondi Buitres (avvolto, ndr) Internazionali. Noi continueremo a lavorare e a governare come sempre per i 40 milioni di argentini”.
[Modificato da marco--- 03/02/2013 21:06]
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