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L'euro, origine di tutti i mali?

Ultimo Aggiornamento: 08/03/2013 09:55
08/03/2013 09:55
 
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L'euro, origine di tutti i mali? (Fonte: legnostorto.com - di Gianni Pardo 07/0/2013)

Chi ha progettato e introdotto l'euro voleva fare qualcosa di buono. E aveva anche qualche valido motivo. Una vasta regione commerciale senza barriere è un fattore di prosperità per tutti. Se poi la moneta è unica, gli scambi sono ulteriormente facilitati. Inoltre si vedeva l'unione monetaria come un presupposto e uno stimolo per procedere più speditamente nella direzione dell'unione politica. I governanti si rendevano evidentemente conto che in tanto una moneta può essere identica per più Paesi, in quanto essi raggiungano, nel medio termine, o una totale unione politica, o almeno una profonda armonizzazione dei sistemi fiscali e della spesa pubblica.

Pensavano probabilmente che su questa strada ci si sarebbe inoltrati ben prima che i problemi si aggravassero e divenissero pressoché insolubili, ma intanto avevano messo il carro dinanzi ai buoi. Durante gli anni di bonanza tutto è sembrato andar bene e forse per questo non si è realizzata nessuna significativa unione politico-economica: pareva non ce ne fosse bisogno. Così, quando si è avuta la crisi, ci si è trovati ad affrontare tutti insieme i problemi che erano stati lasciati incancrenire. Il debito pubblico è grave in sé, ma diviene gravissimo in un sistema come quello dell'euro. Il Giappone infatti ha un debito pubblico corrispondente a oltre il 200% del pil e non vive nessuna speciale crisi soltanto perché ha il totale controllo della propria valuta. È bene vedere come questo controllo possa operare. Ammettiamo che l'Italia, col suo enorme debito, abbia una moneta, la lira, che corrisponde come valore ad un marco tedesco. Se ad un certo punto l'Italia dichiara che è disposta a dare una lira e dieci centesimi per un marco, è ovvio che gli italiani compreranno a una lira e dieci centesimi ciò che in Germania costa un marco e chi dispone di marchi comprerà all'incirca a novanta centesimi di marco ciò che in Italia costa una lira. Si chiama svalutazione. I prodotti italiani venduti all'estero costano meno di prima e si vendono più facilmente; i prodotti esteri venduti in Italia costano di più, e dunque i prodotti nazionali divengono più competitivi. Per conseguenza si incrementano le esportazioni (con aumento dei posti di lavoro) e si importa di meno (con vantaggio delle imprese nazionali) anche se di fatto gli italiani devono faticare di più per ottenere gli stessi beni di prima. La manovra ha effetto anche sul debito sovrano: sui mercati internazionali tutti i detentori di denaro e di titoli denominati in lire è come se se ne vedessero togliere il dieci per cento. Se l'Italia doveva mille miliardi di lire, ora è come se ne dovesse novecento. Per giunta, se gli investitori stranieri fossero terrorizzati all'idea di ulteriori perdite, e gettassero sul mercato i loro titoli, l'Italia potrebbe ricomprarli a prezzi stracciati. Lo farebbe "stampando moneta": accentuando ulteriormente la svalutazione ma diminuendo il proprio debito. Naturalmente, dopo un certo tempo, il sistema tornerebbe in equilibrio. Gli italiani sarebbero più poveri e i detentori di titoli italiani sarebbero derubati di circa metà dei loro averi, ma il Paese, pur avendo sofferto molto, avrebbe meno disoccupati e ripartirebbe per un altro giro. Né questo inferiore tenore di vita sarebbe un'ingiustizia: è prima che, facendo debiti, siamo vissuti al di sopra dei nostri mezzi. Con l'euro è successo che abbiamo perso la possibilità di utilizzare la leva monetaria e nel momento in cui i mercati hanno cominciato a dubitare che l'Italia ed altri Paesi del Sud Europa potessero onorare i debiti contratti, le autorità di Bruxelles, e soprattutto la Germania, invece di sciogliere la catena dell'euro si sono intestardite a dire: l'euro non si tocca. Gli euro italiani e spagnoli che abbiamo in cassa, devono mantenere il loro valore. I Paesi in difficoltà non devono svalutare. Che stringano la cinghia, che spendano di meno, che paghino più tasse, che rimborsino i loro debiti, non importa quanto ciò li debba far soffrire. Ed è questo ciò che è stato imposto. Silvio Berlusconi ha accolto il diktat con tanto poco entusiasmo da dimettersi, mentre con molto entusiasmo l'ha accolto Mario Monti il quale ha fatto diligentemente i compiti per casa assegnati dalla signora maestra. E poi gli italiani hanno saputo come dirgli grazie. Bisogna essere onesti: non è che l'eventuale uscita dall'euro sarebbe stata indolore. Dopo dieci anni, la svalutazione che si sarebbe avuta si sarebbe tradotta in uno sbalorditivo aumento dei prezzi, soprattutto per ciò che riguarda le merci importate dall'estero, in primo luogo quelli dell'energia. La benzina a tre euro al litro non sarebbe stata stupefacente e un aumento consimile si sarebbe avuto per l'elettricità, il grano, il caffè, tutto ciò che non è prodotto in Italia. Purtroppo, come materie prime stiamo pressoché a zero. Ma sarebbe stato un problema italiano, da cui avremmo visto come uscire. Viceversa ci si è intestarditi a tenere in piedi una struttura il cui scheletro era ormai franato. La politica dell'austerità ha creato una disastrosa recessione che ha provocato un calo del pil, un'enorme disoccupazione e perfino un aumento del debito pubblico. Ne è risultata una crescente ostilità nei confronti dell'Europa, vista più come una nemica che come una protettrice; contro la Germania, accusata - visto che sembra indenne dai guai di cui stanno soffrendo gli Stati dell'Europa del Sud - di avere approfittato e continuare ad approfittare dei problemi altrui; infine quasi una rivolta contro i propri stessi governi, accusati di fare non gli interessi della nazione ma quelli delle banche e dei Paesi forti dell'Europa. In tutta l'eurozona serpeggia uno scontento che renderà impossibile, nel medio termine, la prosecuzione della politica di austerità. Il consenso che essa ha avuto da principio è andato assottigliandosi fino a far nascere partiti antisistema. "Sfasciatutto", per così dire. Noi italiani abbiamo dato l'esempio votando per un partito, come quello di Grillo, privo di idee e di programmi politici seri, ma potenzialmente pericoloso.

Circa settant'anni fa altri partiti privi di idee e di programmi politici seri misero a rischio la sopravvivenza dell'intera Europa. E tutti questi sconquassi, tutti questi sacrifici non ci hanno messo al riparo da un crollo borsistico. Con meno di mezzo migliaio di miliardi (sborsati dagli stessi Paesi a rischio, noi contribuiamo col 17%!) come potrebbe la Bce far fronte a una crisi di fiducia, se essa riguardasse insieme Spagna, Portogallo e Italia? Potremmo esserci svenati per poi finire lo stesso sul lastrico. L'origine di tutti i mali è l'euro. I sognatori al governo - da noi Prodi - hanno ingenuamente creduto che, quando si ha in mano un piano grandioso, poi i particolari andranno a posto da soli. In realtà il diavolo si nasconde nei particolari e in questo caso non si è trattato di un diavolo qualunque, ma di Satana personalmente.
[Modificato da marco--- 08/03/2013 09:55]
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