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Il commercio del denaro

Ultimo Aggiornamento: 18/08/2013 21:25
21/02/2012 12:06
 
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I rapporti tra l'economia reale e la finanza
I parassiti della finanza ci distruggeranno (Fonte: sapere.galileonet.it - di admin - dicembre 2011)

Molti anni fa ebbi occasione di parlare spesso con un carissimo amico che, da buon studioso nell’Ufficio Studi della Banca d’Italia, mi fece un’immagine del mondo che – ora posso dire – era una vera e propria profezia: la profezia di Guido Cammarano. La profezia era che il commercio del denaro avrebbe soverchiato il commercio di ogni altro possibile bene materiale, con inevitabili fluttuazioni critiche per la stabilità delle strutture sociali di ogni paese evoluto. Mi piace dire che il fatto in sé non è nuovo, se già nel 1884 il ventiquattrenne Anton Cechov, studente in medicina, era stato arruolato come giovane cronista dalla Gazzetta di Pietroburgo per raccontare giorno per giorno l’affaire Rykov, un precursore del processo Parmalat. È appena uscito in italiano Il caso Rykov (dal nostro corrispondente) a cura di Fausto Malcovati, edito da Nottetempo. Un altro libro, recentissimo, che può generare incubi e panico per la lucidità con cui dubita del possibile recupero di una qualche serenità sociale è Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi di Luciano Gallino (Einaudi, 2011).

Questi esempi sono insuperabili per dimostrare la tangibile esistenza di una smisurata catena di speculatori – fino a poco fa “procacciatori, mediatori, faccendieri” – che, benché occulti, costituiscono il parassita socioeconomico più pericoloso, anzi un virus letale, dei paesi sviluppati. È raro beccare sul fatto un Madoff, ma è meglio sapere che ce ne sono molti e dovunque. Perché occulti? Perché, come quei virus che portiamo nelle nostre viscere in stato quiescente sino a che un agente esterno non li attiva, trafficano con denaro virtuale, debiti, derivati, soldi “scudati”, mazzette e valori non garantiti. Questo denaro virtuale, che bolle nel pentolone delle borse mondiali, viaggia soprattutto nell’etere sotto forma di transazioni tra banche mantenute rigorosamente anonime. Riaffiora, quando riaffiora, attraverso l’interesse prodotto a vantaggio di qualcuno che ci ha speculato e a cui serve farlo sapere per trascinare altri in affari (la cronaca di Cechov non lascia dubbi). Il brillante economista James Tobin (1918-2002; Nobel 1981) lo capì bene e, soprattutto per stanare gli speculatori, propose di tassare tutte le transazioni per la loro entità e non per i loro frutti remoti. Ma sarebbe stato come pubblicare i nomi dei gestori del pizzo mafioso o delle mazzette ai politici. Il circuito mondiale dei depositi di denaro virtuale, ormai all’altezza dei quadrilioni (milioni di miliardi) di dollari, è puntualmente registrato in quei castelli medioevali fortificati dove vivono i signori della finanza, riconoscibili con molti sforzi dai lauti compensi che “grattano” sugli affari che concludono. Sono le banche e i gruppi e le fondazioni che le fiancheggiano a tenere le fila di tutto questo svolazzare di soldi da uno scudo fiscale a un condono: loro malgrado? può darsi; io non lo so.

Ora, se si fa caso a che cosa è una transazione, si può facilmente constatare che nei casi più comuni – come l’acquisto di un panino al prosciutto o di un paio di calze – la transazione che non sia “in nero” viene attestata per il suo importo reale da una ricevuta corrispondente ai valori scambiati e ipso facto registrata secondo le regole del mercato legale. Ciò non avviene per i movimenti del denaro virtuale (simile in questo alle “figurine” che piacciono ai bambini) dei quali al più si registreranno eventuali profitti futuri (interessi o premi) tassandoli ma senza che l’importo della transazione originaria appaia come porzione di un patrimonio personale movimentabile. Oggi, le transazioni sono in nero, come il pizzo o le mazzette o le parcelle degli evasori professionisti privati che non rilasciano ricevuta. È per questo che tutti i giornali scrivono con disincantata ironia che le risorse pubbliche provengono solo dai “soliti noti” (pubblici dipendenti), perché la pletora degli speculatori appartiene invece alla categoria dei “soliti ignoti”. James Tobin (forse) se ne accorse e propose la tassa sulle transazioni finanziarie;ma non ebbe successo. Forse la difficoltà c’è, nella globalizzazione del problema.

I “paradisi fiscali” da allora si sono impadroniti del mondo tenendo l’umanità sotto lo scacco dei debiti: nessun cittadino onesto farebbe una rivoluzione se corresse il rischio di dover pagare prima di riottenere il controllo. E così, gli speculatori hanno realizzato una forma molto efficace di sudditanza, per non dire schiavismo: chi non accetta, è rovinato economicamente senza nessuna protezione. Purtroppo, sembra che la gente chiuda gli occhi per non vedere: della tassabilità delle transazioni si è parlato per un paio di volte (dopo una iniziativa appena segnalata di Merkel e Sarkozy in sede europea), ma non nella discussione della manovra italiana (salvo alcuni esperti più competenti ma più criptici di me: perciò, mi son detto «se arrivo a capirlo io lo capiscon tutti»). Vogliamo parlarne? È un problema dell’economia? Sono questi fantomatici informatori come Standard and Poor’s o Moody a dirci come stanno le cose con le loro graduatorie (chi li informa e chi li paga)? Niente di tutto ciò: è un vero problema della politica, della degenerazione del libero mercato alimentata da rozzi speculatori al potere e dalla abissale insipienza dell’opposizione. Mi raccomando, non tirate in ballo la destra e la sinistra, non sono state vaccinate o lo sono state con vaccini scaduti. Qui sono soldi, gli stessi soldi per tutti. Un’ottima premessa è il volume 2008-2009 degli Annali della Fondazione Basso, a cura di Elena Paciotti (Carocci, 2011): Diritti umani e costituzionalismo globale, particolarmente i contributi alla parte Seconda; li trovate in rete, www.carocci.it, sezione Pressonline. E, visto che viviamo nell’era di Internet, andate su Google e aprite al nome rispettabile di James Tobin. E cercando un Cechov, che spieghi con sapida ma inesorabile chiarezza e ironia che cosa vorremmo estirpare, abbiamo incontrato il dr. Andrea Baranes del CRBM e che qui vi offriamo con gratitudine per le sue spiegazioni.
[Modificato da marco--- 18/08/2013 21:34]
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