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Lampedusa, "l'altra verità" raccontata in un video. Quella che non fa comodo a sciacalli e finti buonisti

Ultimo Aggiornamento: 23/11/2016 15:07
14/10/2013 15:29
 
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L'immigrazione clandestina in italia
Lampedusa, "l'altra verità" raccontata in un video. Quella che non fa comodo a sciacalli e finti buonisti (Fonte: qelsi.it - 06/10/2013)

E’ stato pubblicato su youreporter.it e sta girando su facebook il video che mostra l’altra verità su Lampedusa, quella taciuta. Un video non recentissimo ma che può essere considerato ancora attuale. Lontano dalla retorica di chi sfrutta un’immane tragedia per costruire il consenso politico e addirittura contestare le leggi vigenti, ma una realtà di degrado, imbarcazioni che bloccano i pescherecci, residenti allo stremo delle forze. La maggior parte degli intervistati dichiara di essere pronta ad andarsene via dall’isola e lasciarla in mano agli extracomunitari che tanto “se ne sono già appropriati”, raccontano di atti contro le proprietà private, furti, rapine, vandalismo. E per finire un residente di Lampedusa ricorda una spiacevole esperienza: rientrando a casa se l’è ritrovata occupata da migranti, che gli hanno rubato di tutto e l’hanno pure aggredito, colpendolo con un pugno in faccia. Il malcapitato ha chiamato i Carabinieri, i quali però sono giunti sul posto dopo circa mezz’ora, in quanto a Lampedusa l’emergenza è continua. “Non voglio raccontare ciò che mi hanno fatto dentro casa perché me ne vergogno persino”.
L’altra faccia di Lampedusa, l’altra verità. Quella che oggi ai media non interessa, perché è il momento di strumentalizzare le tragedie per fare sciacallaggio politico, fingendo pietà nei confronti dei migranti.


LAMPEDUSA - l'altra verità (Pubblicato il 05/10/2013)

[Modificato da marco--- 14/10/2013 15:30]
15/10/2013 10:08
 
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Immigrati: emergenza infinita se spalanchiamo le porte (Fonte: analisidifesa.it - di Gianandrea Gaiani - 14/10/2013)

Secondo molte voci autorevoli la tragedia di Lampedusa dovrebbe indurre tutti gli italiani a vergognarsi per gli immigrati clandestini morti nel tentativo di arrivare illegalmente sulle nostre coste o più probabilmente uccisi dai criminali ai quali si erano affidati per attraversare il Mediterraneo. Eppure la loro morte non è non può essere colpa dell’Italia come può affermare solo chi è in malafede o affetto da quella vecchia malattia che l’Occidente non è ancora riuscito a debellare nota come terzomondismo. Malattia che assume una forma acuta ogni volta che si impenna il flusso di immigrati clandestini. Un termine quest’ultimo non più di moda, scalzato dal politicamente corretto “migranti” che dovrebbe però essere utilizzato, anche per una forma di rispetto, nei confronti di quanti giungono da noi con un visto sul passaporto. Ha ragione Andrea Tani che sulle nostre pagine ha ricordato l’impegno della nostra Marina e degli altri Corpi dello Stato che sul mare salvano vite umane. Quante? Oltre 5 mila solo quest’anno, 100 mila, forse 120 mila negli ultimi dieci anni come ha dichiarato il ministro della Difesa, Mario Mauro. C’è un’altra forza navale in Europa o nel mondo che abbia fatto altrettanto?

Qualche motivo di imbarazzo ce lo offrono invece, ancora una volta, i nostri politici. Non solo perché li abbiamo eletti noi ma soprattutto perché affrontano con un preoccupante dilettantismo una grave emergenza nazionale. Bravi a spargere lacrime e a lanciare slogan buonisti quanto pericolosi, ma del tutto incapaci di difendere il territorio e gli interessi nazionali di fronte ai Paesi nordafricani, all’Europa, alle organizzazioni criminali e soprattutto di fronte ai cittadini italiani. La politica dell’accoglienza, ribadita in questi giorni da quasi tutte le forze politiche potrà solo produrre altri esodi di massa verso le nostre coste per la gioia delle mafie nordafricane che gestiscono i traffici di “schiavi” come ancora vengono chiamati i neri da molti arabi del Nord Africa. L’Italia è oggi il principale “complice” di queste organizzazioni senza scrupoli che incassano migliaia di euro da ogni clandestino, che dispongono il carico umano su ogni carretta galleggiante (o semi-galleggiante) facendo attenzione a distribuire donne in avanzato stato di gravidanza e bambini consapevoli che la loro presenza a bordo faciliterà l’accoglienza in territorio italiano. Lo conferma il progressivo aumento degli arrivi dopo le dichiarazioni degli esponenti del governo italiano, nessuno dei quali pare avere i nervi saldi per gestire l’emergenza con più realismo e meno chiacchiere miste a lacrime.

Il premier Enrico Letta non solo si vergogna dei morti in mare, come se fosse colpa sua o dell’Italia, ma se la prende addirittura col magistrato che ha incriminato i sopravvissuti ai naufragi per “immigrazione clandestina”. Un atto dovuto considerato che in Italia come in tutto il mondo è un reato (le pene più severe sono applicate proprio dai Paesi africani) anche se Letta ha detto che lui lo abolirebbe. Una dichiarazione che incoraggia i traffici e i trafficanti di esseri umani. Criminali che avranno presto molti nuovi clienti e che hanno ricevuto un incentivo al loro business anche dal ministro degli Esteri, Emma Bonino, per la quale “pattugliare il Mediterraneo deve consentire di salvare più migranti in mare, non tenerli a morire in Libia o costringerli a rimanere in Eritrea”.
Ma certo, invitiamoli tutti, ma non solo somali, eritrei e siriani. Per non fare discriminazioni etniche accogliamo in Italia anche sudanesi, congolesi, malgasci, maliani e tutti gli altri. Si accomodino lor signori, pagando un piccolo obolo ai trafficanti arabi potrete sbarcate in Italia e da lì andare dove volete, tanto dai centri di assistenza italiani si scappa agevolmente.

Anche i funerali di Stato dei naufraghi suonano quanto meno sopra le righe, sintomo di una certa confusione tra pietà e Stato. Tributare a chi è deceduto violando la legge gli stessi onori accordati ai militari italiani caduti in battaglia non renderà meno grave la tragedia in atto nel Canale di Sicilia così come la “missione umanitaria” che il governo sta varando finirà per moltiplicare le dimensioni del problema. Aumenterà gli accessi dei clandestini e gli incassi dei trafficanti che potranno risparmiare anche sul carburante delle carrette quando la Marina andrà a prenderle davanti alle coste libiche. Con un po’ di pragmatismo appare chiaro che l’attuale emergenza può essere risolta solo respingendo gli immigrati sulle coste del Nord Africa dove Onu, Ue, altri organismi internazionali, organizzazioni religiose e laiche avranno modo di fornire loro assistenza umanitaria, sempre che criminali e miliziani lo consentano. Un’operazione che non escluderebbe il rischio di tragedie come quelle di Lampedusa, come abbiamo visto all’ordine del giorno anche con l’accoglienza, ma che in breve tempo scoraggerebbe i flussi migratori illegali azzerando il business dei trafficanti di esseri umani. Solo così si possono salvare vite umane prevenendo affondamenti in alto mare mentre per affrontare i costi l’Italia potrebbe pretendere il contributo aeronavale e finanziario dell’Europa. Del resto l’Europa latita e le alternative ai respingimenti sono solo pura demagogia.

Trasformare tutti gli immigrati in “profughi” che possono chiedere asilo ingigantirebbe il fenomeno perché milioni di africani verrebbero volentieri a “fare i profughi” in Italia. O in un’Europa campionessa mondiale di falso moralismo, che ci redarguisce se ci azzardiamo a respingere un “migrante” ma non sopporta che qualcuno dei disgraziati sbarcati in Italia raggiunga Nizza o Berlino. Certo, siamo tutti consapevoli che la pochezza della nostra classe politica consente all’Europa di prenderci a calci nel sedere ma nessuno ha mai chiarito perché gli altri Paesi del Mediterraneo possono scoraggiare l’immigrazione clandestina con i respingimenti e l’Italia no. Grecia, Cipro e Malta hanno un peso maggiore di Roma a Bruxelles?

Anche abrogare il reato di immigrazione clandestina amplificherebbe il problema. Saremmo l’unico Paese al mondo a rinunciare alla pretesa di identificare chi supera le sue frontiere. Se abrogassimo il reato di furto i ladri non scomparirebbero…anche se l’ennesimo indulto in arrivo ne rimetterà presto in libertà un bel po’ a costi forse minori per lo Stato (ma non per i cittadini) rispetto alla costruzione di nuove carceri con alloggi più dignitosi. Persino le tante chiacchiere, in auge in questi giorni, che vorrebbero interventi nei Paesi africani per stabilizzarli e scongiurare così l’emigrazione sono aria fritta allo stato puro. Non siamo riusciti a inviare un pugno di aerei di supporto logistico in appoggio ai francesi in Mali e qualcuno pensa davvero a mandare truppe a stabilizzare Libia, Somalia ed Eritrea?

Inutile contare sull’aiuto dei governi africani. Ha ragione Anna Bono, l’africanista che ha registrato il silenzio fragoroso dei governo di Somalia ed Eritrea per l’orribile morte dei loro connazionali. Noi dovremmo vergognarci mentre a loro non importa nulla. In Somalia si combatte da 30 anni e il regime eritreo è impegnato ad alimentare l’esodo dei suoi cittadini perché impone agli emigrati una “tassa” in base ai loro guadagni ricattandoli con la minaccia di rappresaglie sui famigliari rimasti in Eritrea. La “sensibilità” dei governi africani per la vita dei loro cittadini è stata criticata anche da Human Rights Watch. “L’Unione Africana dovrebbe avere in cima alla propria agenda la soluzione delle crisi in Eritrea e Somalia, dopo la strage di Lampedusa, e in generale come ridurre la fuga dei migranti dai conflitti e dalla fame invece di preoccuparsi solo di proteggere un pugno di persone potenti” si legge in un comunicato di HRW dopo che ieri il vertice della Ua aveva chiesto di riformare le procedure de Tribunale penale internazionale dell’Onu che persegue diversi leader africani per crimini di guerra e contro l’umanità.

I nordafricani invece ci prendono per c…ollo da anni, a causa di governi impotenti o collusi con le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di esseri umani. Di fronte all’arrivo a Lampedusa di centinaia di clandestini al giorno il premier Alì Zeidan ha dichiarato che la Libia non ha “spalancato le porte” di fronte al problema dell’immigrazione assicurando che il suo governo farà il possibile per tenere sotto controllo i punti di partenza dei barconi, come i porti di Zuara e Misurata. Zeidan non ha il controllo neppure della camera d’albergo di Tripoli nella quale vive (e dove miliziani islamici lo hanno sequestrato per alcune ore nei giorni scorsi), figuriamoci di città lontane in mano alle gang locali. Il premier non ha però perso l’occasione per chiedere aiuto all’Europa per addestrare dei guardiacoste e avere accesso al sistema satellitare per monitorare le frontiere. Una musica che assomiglia tanto al valzer di richieste economiche alternate all’invio di masse di immigrati di cui fu protagonista negli anni scorsi Muammar Gheddafi. Con il quale almeno l’accordo l’avevamo trovato, prima di rovesciarlo e ucciderlo con le stupide “bombe intelligenti” della Nato.

Quest’anno spendiamo quasi 18 milioni di euro per assistere e addestrare le forze libiche tra cui i peggio spesi sono i 7,5 milioni che finanziano la manutenzione delle motovedette regalate nel 2009 dalla Guardia di Finanza alla Guardia Costiera libica proprio per il contrasto dell’immigrazione clandestina. Tre imbarcazioni sembra siano andate distrutte durante la guerra del 2011 ma altre tre sono diventate “stealth”. Nel senso che non si sono mai viste contrastare l’immigrazione ma qualche volta sono apparse sul mare per abbordare i pescherecci italiani in acque internazionali. Stesse caratteristiche “stealth” che caratterizzano anche le tre motovedette da 34 metri donate l’anno scorso alla Tunisia e costate al contribuente italiano 25 milioni di euro. Ultimo impiego il 20 settembre scorso per catturare il peschereccio Cartagine “in navigazione a 70 miglia dalle coste tunisine” come ha riferito la nostra Marina che ha cercato invano di impedirne la cattura inviando un elicottero.

Mentre i pescatori di Mazara del Vallo devono pagare “riscatti” per liberare pescherecci ed equipaggi, il governo italiano ha stanziato nei giorni scorsi per l’emergenza immigrati 220 milioni di euro che suonano come uno schiaffo anche per i contribuenti italiani tartassati e privati progressivamente di servizi e garanzie sociali. La realtà concreta, che la politica sembra non riuscire a vedere, è che l’Italia non si può permettere il lusso di accogliere decine di migliaia (per ora) di immigrati clandestini. Non è una questione politica (centro-destra e Lega Nord oggi sbraitano ma nel 2011 accolsero, oltre ai profughi africani dalla Libia, anche 24 mila tunisini che non avevano nulla a che vedere con la guerra) ma economica e sociale. Con il 13 per cento di disoccupati, PIL in pichhiata, milioni di persone che non arrivano a fine mese e tanti pensionati che mettono insieme pranzo e cena solo grazie alle mense della Caritas, in Italia non avremmo bisogno neppure degli immigrati regolari, figuriamoci dei clandestini.
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Re:
marco---, 10/15/2013 10:08 AM:

Immigrati: emergenza infinita se spalanchiamo le porte (Fonte: analisidifesa.it - di Gianandrea Gaiani - 14/10/2013)

Secondo molte voci autorevoli la tragedia di Lampedusa dovrebbe indurre tutti gli italiani a vergognarsi per gli immigrati clandestini morti nel tentativo di arrivare illegalmente sulle nostre coste o più probabilmente uccisi dai criminali ai quali si erano affidati per attraversare il Mediterraneo. Eppure la loro morte non è non può essere colpa dell’Italia come può affermare solo chi è in malafede o affetto da quella vecchia malattia che l’Occidente non è ancora riuscito a debellare nota come terzomondismo. Malattia che assume una forma acuta ogni volta che si impenna il flusso di immigrati clandestini. Un termine quest’ultimo non più di moda, scalzato dal politicamente corretto “migranti” che dovrebbe però essere utilizzato, anche per una forma di rispetto, nei confronti di quanti giungono da noi con un visto sul passaporto. Ha ragione Andrea Tani che sulle nostre pagine ha ricordato l’impegno della nostra Marina e degli altri Corpi dello Stato che sul mare salvano vite umane. Quante? Oltre 5 mila solo quest’anno, 100 mila, forse 120 mila negli ultimi dieci anni come ha dichiarato il ministro della Difesa, Mario Mauro. C’è un’altra forza navale in Europa o nel mondo che abbia fatto altrettanto?

Qualche motivo di imbarazzo ce lo offrono invece, ancora una volta, i nostri politici. Non solo perché li abbiamo eletti noi ma soprattutto perché affrontano con un preoccupante dilettantismo una grave emergenza nazionale. Bravi a spargere lacrime e a lanciare slogan buonisti quanto pericolosi, ma del tutto incapaci di difendere il territorio e gli interessi nazionali di fronte ai Paesi nordafricani, all’Europa, alle organizzazioni criminali e soprattutto di fronte ai cittadini italiani. La politica dell’accoglienza, ribadita in questi giorni da quasi tutte le forze politiche potrà solo produrre altri esodi di massa verso le nostre coste per la gioia delle mafie nordafricane che gestiscono i traffici di “schiavi” come ancora vengono chiamati i neri da molti arabi del Nord Africa. L’Italia è oggi il principale “complice” di queste organizzazioni senza scrupoli che incassano migliaia di euro da ogni clandestino, che dispongono il carico umano su ogni carretta galleggiante (o semi-galleggiante) facendo attenzione a distribuire donne in avanzato stato di gravidanza e bambini consapevoli che la loro presenza a bordo faciliterà l’accoglienza in territorio italiano. Lo conferma il progressivo aumento degli arrivi dopo le dichiarazioni degli esponenti del governo italiano, nessuno dei quali pare avere i nervi saldi per gestire l’emergenza con più realismo e meno chiacchiere miste a lacrime.

Il premier Enrico Letta non solo si vergogna dei morti in mare, come se fosse colpa sua o dell’Italia, ma se la prende addirittura col magistrato che ha incriminato i sopravvissuti ai naufragi per “immigrazione clandestina”. Un atto dovuto considerato che in Italia come in tutto il mondo è un reato (le pene più severe sono applicate proprio dai Paesi africani) anche se Letta ha detto che lui lo abolirebbe. Una dichiarazione che incoraggia i traffici e i trafficanti di esseri umani. Criminali che avranno presto molti nuovi clienti e che hanno ricevuto un incentivo al loro business anche dal ministro degli Esteri, Emma Bonino, per la quale “pattugliare il Mediterraneo deve consentire di salvare più migranti in mare, non tenerli a morire in Libia o costringerli a rimanere in Eritrea”.
Ma certo, invitiamoli tutti, ma non solo somali, eritrei e siriani. Per non fare discriminazioni etniche accogliamo in Italia anche sudanesi, congolesi, malgasci, maliani e tutti gli altri. Si accomodino lor signori, pagando un piccolo obolo ai trafficanti arabi potrete sbarcate in Italia e da lì andare dove volete, tanto dai centri di assistenza italiani si scappa agevolmente.

Anche i funerali di Stato dei naufraghi suonano quanto meno sopra le righe, sintomo di una certa confusione tra pietà e Stato. Tributare a chi è deceduto violando la legge gli stessi onori accordati ai militari italiani caduti in battaglia non renderà meno grave la tragedia in atto nel Canale di Sicilia così come la “missione umanitaria” che il governo sta varando finirà per moltiplicare le dimensioni del problema. Aumenterà gli accessi dei clandestini e gli incassi dei trafficanti che potranno risparmiare anche sul carburante delle carrette quando la Marina andrà a prenderle davanti alle coste libiche. Con un po’ di pragmatismo appare chiaro che l’attuale emergenza può essere risolta solo respingendo gli immigrati sulle coste del Nord Africa dove Onu, Ue, altri organismi internazionali, organizzazioni religiose e laiche avranno modo di fornire loro assistenza umanitaria, sempre che criminali e miliziani lo consentano. Un’operazione che non escluderebbe il rischio di tragedie come quelle di Lampedusa, come abbiamo visto all’ordine del giorno anche con l’accoglienza, ma che in breve tempo scoraggerebbe i flussi migratori illegali azzerando il business dei trafficanti di esseri umani. Solo così si possono salvare vite umane prevenendo affondamenti in alto mare mentre per affrontare i costi l’Italia potrebbe pretendere il contributo aeronavale e finanziario dell’Europa. Del resto l’Europa latita e le alternative ai respingimenti sono solo pura demagogia.

Trasformare tutti gli immigrati in “profughi” che possono chiedere asilo ingigantirebbe il fenomeno perché milioni di africani verrebbero volentieri a “fare i profughi” in Italia. O in un’Europa campionessa mondiale di falso moralismo, che ci redarguisce se ci azzardiamo a respingere un “migrante” ma non sopporta che qualcuno dei disgraziati sbarcati in Italia raggiunga Nizza o Berlino. Certo, siamo tutti consapevoli che la pochezza della nostra classe politica consente all’Europa di prenderci a calci nel sedere ma nessuno ha mai chiarito perché gli altri Paesi del Mediterraneo possono scoraggiare l’immigrazione clandestina con i respingimenti e l’Italia no. Grecia, Cipro e Malta hanno un peso maggiore di Roma a Bruxelles?

Anche abrogare il reato di immigrazione clandestina amplificherebbe il problema. Saremmo l’unico Paese al mondo a rinunciare alla pretesa di identificare chi supera le sue frontiere. Se abrogassimo il reato di furto i ladri non scomparirebbero…anche se l’ennesimo indulto in arrivo ne rimetterà presto in libertà un bel po’ a costi forse minori per lo Stato (ma non per i cittadini) rispetto alla costruzione di nuove carceri con alloggi più dignitosi. Persino le tante chiacchiere, in auge in questi giorni, che vorrebbero interventi nei Paesi africani per stabilizzarli e scongiurare così l’emigrazione sono aria fritta allo stato puro. Non siamo riusciti a inviare un pugno di aerei di supporto logistico in appoggio ai francesi in Mali e qualcuno pensa davvero a mandare truppe a stabilizzare Libia, Somalia ed Eritrea?

Inutile contare sull’aiuto dei governi africani. Ha ragione Anna Bono, l’africanista che ha registrato il silenzio fragoroso dei governo di Somalia ed Eritrea per l’orribile morte dei loro connazionali. Noi dovremmo vergognarci mentre a loro non importa nulla. In Somalia si combatte da 30 anni e il regime eritreo è impegnato ad alimentare l’esodo dei suoi cittadini perché impone agli emigrati una “tassa” in base ai loro guadagni ricattandoli con la minaccia di rappresaglie sui famigliari rimasti in Eritrea. La “sensibilità” dei governi africani per la vita dei loro cittadini è stata criticata anche da Human Rights Watch. “L’Unione Africana dovrebbe avere in cima alla propria agenda la soluzione delle crisi in Eritrea e Somalia, dopo la strage di Lampedusa, e in generale come ridurre la fuga dei migranti dai conflitti e dalla fame invece di preoccuparsi solo di proteggere un pugno di persone potenti” si legge in un comunicato di HRW dopo che ieri il vertice della Ua aveva chiesto di riformare le procedure de Tribunale penale internazionale dell’Onu che persegue diversi leader africani per crimini di guerra e contro l’umanità.

I nordafricani invece ci prendono per c…ollo da anni, a causa di governi impotenti o collusi con le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di esseri umani. Di fronte all’arrivo a Lampedusa di centinaia di clandestini al giorno il premier Alì Zeidan ha dichiarato che la Libia non ha “spalancato le porte” di fronte al problema dell’immigrazione assicurando che il suo governo farà il possibile per tenere sotto controllo i punti di partenza dei barconi, come i porti di Zuara e Misurata. Zeidan non ha il controllo neppure della camera d’albergo di Tripoli nella quale vive (e dove miliziani islamici lo hanno sequestrato per alcune ore nei giorni scorsi), figuriamoci di città lontane in mano alle gang locali. Il premier non ha però perso l’occasione per chiedere aiuto all’Europa per addestrare dei guardiacoste e avere accesso al sistema satellitare per monitorare le frontiere. Una musica che assomiglia tanto al valzer di richieste economiche alternate all’invio di masse di immigrati di cui fu protagonista negli anni scorsi Muammar Gheddafi. Con il quale almeno l’accordo l’avevamo trovato, prima di rovesciarlo e ucciderlo con le stupide “bombe intelligenti” della Nato.

Quest’anno spendiamo quasi 18 milioni di euro per assistere e addestrare le forze libiche tra cui i peggio spesi sono i 7,5 milioni che finanziano la manutenzione delle motovedette regalate nel 2009 dalla Guardia di Finanza alla Guardia Costiera libica proprio per il contrasto dell’immigrazione clandestina. Tre imbarcazioni sembra siano andate distrutte durante la guerra del 2011 ma altre tre sono diventate “stealth”. Nel senso che non si sono mai viste contrastare l’immigrazione ma qualche volta sono apparse sul mare per abbordare i pescherecci italiani in acque internazionali. Stesse caratteristiche “stealth” che caratterizzano anche le tre motovedette da 34 metri donate l’anno scorso alla Tunisia e costate al contribuente italiano 25 milioni di euro. Ultimo impiego il 20 settembre scorso per catturare il peschereccio Cartagine “in navigazione a 70 miglia dalle coste tunisine” come ha riferito la nostra Marina che ha cercato invano di impedirne la cattura inviando un elicottero.

Mentre i pescatori di Mazara del Vallo devono pagare “riscatti” per liberare pescherecci ed equipaggi, il governo italiano ha stanziato nei giorni scorsi per l’emergenza immigrati 220 milioni di euro che suonano come uno schiaffo anche per i contribuenti italiani tartassati e privati progressivamente di servizi e garanzie sociali. La realtà concreta, che la politica sembra non riuscire a vedere, è che l’Italia non si può permettere il lusso di accogliere decine di migliaia (per ora) di immigrati clandestini. Non è una questione politica (centro-destra e Lega Nord oggi sbraitano ma nel 2011 accolsero, oltre ai profughi africani dalla Libia, anche 24 mila tunisini che non avevano nulla a che vedere con la guerra) ma economica e sociale. Con il 13 per cento di disoccupati, PIL in pichhiata, milioni di persone che non arrivano a fine mese e tanti pensionati che mettono insieme pranzo e cena solo grazie alle mense della Caritas, in Italia non avremmo bisogno neppure degli immigrati regolari, figuriamoci dei clandestini.



qui in asia: corea, giappone, taiwan, singapore...

se uno solo ci prova a fare il clandestino passa guai seri, a singapore per esempio e' prevista oltre la galera anche la fustigazione a sangue e non solo per il clandestino ma anche per chi ha permesso la sua permanenza nel paese.

i sinistri e i loro comparuzzi cattolici pigliano invece 45 euri al giorno che lo stato paga per ogni clandestino da loro amorevolmente "accudito" alias scaricato sulla strada con amorevoli paccate sulle spalle, come il famoso Kabobo per capirci, pregiudicato e rifiuto di galera ma libero di scorazzare in giro con un bel piccone in mano mentre lo stato versava i 45 euri ad uno studio legale della solita combriccola ... questa gente in alcuni paesi del mondo finirebbe a fare compagnia ai loro illegali, frustata a sangue.

invece in italia fanno la morale agli altri e se hanno il QI pari a quello di un calzascarpe li mettono pure in parlamento

ben per loro.



[Modificato da ziomaoziomao 15/10/2013 15:32]

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Comica e dannosa. In due parole, l’Unione Europea.
26/10/2013 21:28
 
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Il caso. I mezzi consegnati tra il 2009 e il 2010
Le motovedette donate ai libici sono ferme in una base a Gaeta (Fonte: archiviostorico.corriere.it - 15/10/2013)

ROMA Ferri vecchi. Erano ridotte così le motovedette che avevamo consegnato in pompa magna a Muhammar Gheddafi per onorare il trattato bilaterale che avrebbe dovuto evitare gli imbarchi dei disperati diretti verso le nostre coste. Quelle imbarcazioni veloci e superattrezzate erano solo una parte delle numerose concessioni fatte dall'Italia a Tripoli per ottenere il pattugliamento marino. Non senza spiacevoli conseguenze. Prima fra tutte quella subita da un imbarcazione di pescatori siciliani che venne mitragliata nel golfo della Sirte da una motovedetta con finanzieri italiani a bordo. Chi ha pensato che fossero all'opera in questi giorni di emergenza per combattere il traffico di esseri umani, sbaglia. Non ce n'è più neanche una. Né le tre consegnate a maggio del 2009. Né le altre tre cedute nel febbraio 2010 all'ex ambasciatore libico Hafed Gaddur in una cerimonia presenziata dall'ex ministro dell'Interno, Roberto Maroni, dal capo della polizia, lo scomparso Antonio Manganelli, e dall'ex comandante della Guardia di Finanza, Cosimo D'Arrigo. E allora dove sono' Qui. Dove saranno riparate a spese nostre. Per la precisione, due sono già arrivate. Sono state riaccolte nella base navale della Guardia di Finanza di Gaeta che le aveva salutate il giorno dell'addio verso Zuwarah. Due stanno per arrivare. Destinate al cantiere di Bacoli-Miseno (Napoli). Erano grippate, danneggiate e saccheggiate. Ma sono sopravvissute alla rivoluzione (che si è portata via le altre due ormai inservibili) e all'incuria e assenza di manutenzione dell'attuale situazione post-bellica. Troppo difficili le riparazioni per poterle fare a Tripoli. Ne erano state consegnate anche sei più piccole. Anch'esse in riparazione, portate però a Biserta in Tunisia. Attualmente a provvedere ai pattugliamenti sono rimaste alcune vecchie imbarcazioni acquistate dai Paesi Bassi. Quindi occorrerà attendere le riparazioni che, da trattato, spettano a noi. Poi, al massimo entro l'estate, saranno rispedite a Tripoli. Ma certo non basteranno a fermare la marea umana che arriva in Libia. Un po' attirata dall'illusione (vana) di trovare un Paese ormai pacificato e in fase di sviluppo, un po' dai prezzi calmierati del cibo. E che convinti dai trafficanti azzardano l'ultimo viaggio. Proprio per questo lunedì scorso il neodirettore della polizia dell'immigrazione Pinto ha siglato a Tripoli un nuovo accordo per addestrare la polizia libica a compiti più umanitari e meno repressivi.
[Modificato da marco--- 26/10/2013 21:29]
27/10/2013 09:59
 
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Re: Il caso. I mezzi consegnati tra il 2009 e il 2010
marco---, 10/26/2013 9:28 PM:

Le motovedette donate ai libici sono ferme in una base a Gaeta (Fonte: archiviostorico.corriere.it - 15/10/2013)

ROMA Ferri vecchi. Erano ridotte così le motovedette che avevamo consegnato in pompa magna a Muhammar Gheddafi per onorare il trattato bilaterale che avrebbe dovuto evitare gli imbarchi dei disperati diretti verso le nostre coste. Quelle imbarcazioni veloci e superattrezzate erano solo una parte delle numerose concessioni fatte dall'Italia a Tripoli per ottenere il pattugliamento marino. Non senza spiacevoli conseguenze. Prima fra tutte quella subita da un imbarcazione di pescatori siciliani che venne mitragliata nel golfo della Sirte da una motovedetta con finanzieri italiani a bordo. Chi ha pensato che fossero all'opera in questi giorni di emergenza per combattere il traffico di esseri umani, sbaglia. Non ce n'è più neanche una. Né le tre consegnate a maggio del 2009. Né le altre tre cedute nel febbraio 2010 all'ex ambasciatore libico Hafed Gaddur in una cerimonia presenziata dall'ex ministro dell'Interno, Roberto Maroni, dal capo della polizia, lo scomparso Antonio Manganelli, e dall'ex comandante della Guardia di Finanza, Cosimo D'Arrigo. E allora dove sono' Qui. Dove saranno riparate a spese nostre. Per la precisione, due sono già arrivate. Sono state riaccolte nella base navale della Guardia di Finanza di Gaeta che le aveva salutate il giorno dell'addio verso Zuwarah. Due stanno per arrivare. Destinate al cantiere di Bacoli-Miseno (Napoli). Erano grippate, danneggiate e saccheggiate. Ma sono sopravvissute alla rivoluzione (che si è portata via le altre due ormai inservibili) e all'incuria e assenza di manutenzione dell'attuale situazione post-bellica. Troppo difficili le riparazioni per poterle fare a Tripoli. Ne erano state consegnate anche sei più piccole. Anch'esse in riparazione, portate però a Biserta in Tunisia. Attualmente a provvedere ai pattugliamenti sono rimaste alcune vecchie imbarcazioni acquistate dai Paesi Bassi. Quindi occorrerà attendere le riparazioni che, da trattato, spettano a noi. Poi, al massimo entro l'estate, saranno rispedite a Tripoli. Ma certo non basteranno a fermare la marea umana che arriva in Libia. Un po' attirata dall'illusione (vana) di trovare un Paese ormai pacificato e in fase di sviluppo, un po' dai prezzi calmierati del cibo. E che convinti dai trafficanti azzardano l'ultimo viaggio. Proprio per questo lunedì scorso il neodirettore della polizia dell'immigrazione Pinto ha siglato a Tripoli un nuovo accordo per addestrare la polizia libica a compiti più umanitari e meno repressivi.



prenderli a cannonate quando arrivano mai !
la ministra del congo voleva persino usare i traghetti per trasportare comodamente i clandestini sulle nostre coste, dove una volta arrivate le "risorse" costano minimo 2200 euri al mese.

PS: chi gestisce il centro di lampedusa con budget stellari pagati dai fessacchiotti pantaloni italici ?
ma la cricca delle coop rosse ovviamente !
ecco facilmente spiegato l'amore che hanno per i migranti certi traditori della patria, alias i sinistrati nazionali.






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18/06/2014 11:17
 
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Quanti immigrati possiamo (può l’Unione) assorbire?
Accogliere sì ma ragionare (Fonte: corriere.it - di Ernesto Galli Della Loggia - 18/06/2014)

Salvare dalla morte in mare è un conto, accogliere stabilmente nel proprio Paese un altro. Il primo è un obbligo assoluto per ogni collettività civile, la seconda è una scelta politica. L’operazione «Mare nostrum» implica invece la contraddittoria sovrapposizione/identità delle due cose. In tal modo infatti viene percepita dall’opinione pubblica, e proprio perciò essa rischia alla lunga di divenire insostenibile.

Finora le autorità italiane hanno cercato di eludere la contraddizione ora detta ricorrendo a un escamotage . In pratica, salviamo dal naufragio gli immigrati ma, contravvenendo alle disposizioni europee, spesso evitiamo di identificarli nel solo modo possibile, cioè prendendo le loro impronte digitali e depositando queste in una banca dati europea. In tal modo è loro possibile cercare di andare (e restare) in qualche altro Paese dell’Unione Europea perché da esso, anche se scoperti, non potranno mai essere rinviati nel Paese di prima accoglienza che li ha identificati - come prescrivono sempre le norme europee - semplicemente perché un tale Paese non è mai esistito.

È in questo modo che l’Italia, alla quale sotto questo riguardo fa buona compagnia tutta l’Europa, evita di affrontare la questione cruciale: quanti immigrati possiamo (può l’Unione) assorbire? Nessuno lo sa e/o lo dice: dieci milioni, venti milioni? I numeri che premono dall’Africa e dall’Asia sono di quest’ordine, ma nessuno se ne cura. Sembra che neppure sia lecito porsi la domanda.

Che tuttavia resta la domanda. Anche se preferiamo aggirarla definendo «operazione umanitaria» di salvataggio qualcosa che è senz’altro questo, sì, ma che, per le ragioni dette sopra, è pure una decisione politica di accoglienza. Una decisione che appartiene peraltro a quel genere di decisioni che hanno due caratteristiche che dovrebbero far tremare le vene ai polsi di qualunque politico si appresti a prenderle, dal momento che: a) una volta adottata è terribilmente difficile revocarla, e, b), una volta adottata, il ruolo di chi la adotta non può che essere di totale passività.
E infatti è questo il nostro caso. L’Italia e il suo governo, una volta deciso di affrontare l’immigrazione transmarina con l’operazione «Mare nostrum», di fatto non sono più in grado di esprimere alcun punto di vista o di sostenere alcun interesse proprii con una minima possibilità di far valere concretamente l’uno o l’altro. Anche perché privi di reali interlocutori. Essi svolgono più o meno il ruolo che svolge un centralino dei Vigili del fuoco nel rispondere alle chiamate di soccorso. Punto e basta.

Ma anche se non riceve risposta, la domanda decisiva resta in tutta la sua crucialità: quanti immigrati può accogliere l’Italia? Quanti l’Europa? Un numero illimitato? Può essere, ma allora sarebbe bene dirlo. Invece le classi politiche italiane ed europee hanno preferito finora far finta di nulla, e nei fatti conformarsi ai due comandamenti etici e/o ideologici che sembrano prevalere presso le loro opinioni pubbliche. Quello del cosmopolitismo multiculturale da un lato, e quello della sollecitudine cristiana per i derelitti dall’altro. Entrambi ottimi principi i quali, però, non solo non servono a governare il fenomeno migratorio, ma contribuiscono non poco a dare l’impressione - pregna ahimè di contenuti politici - di un Paese e di un continente che di fronte all’immigrazione non sanno fare altro che tenere la porta aperta e lasciare entrare chiunque voglia. Alimentando così il richiamo che esercitano sull’elettorato europeo (non sempre di destra!) i partiti che si ispirano a un radicalismo identitario fortemente xenofobo; i quali sono ben lieti di approfittare della politica dello struzzo adottata da troppe forze democratiche, della loro troppo frequente rinuncia suicida a dare voce alle ragioni dell’interesse e dell’identità nazionali.

Pensare che dal bene non possa che nascere il bene è da ingenui o da sprovveduti. Soprattutto nelle democrazie è spesso dal bene che può nascere il male: e in genere quando ci se n’accorge è regolarmente troppo tardi.
[Modificato da marco--- 18/06/2014 11:59]
23/08/2014 14:36
 
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Immigrati, Bruxelles butta a mare pure Alfano Smentito il vicepremier. Frontex non ha mezzi per subentrare all’operazione Mare nostrum. Dunque l’Italia se la veda da sola (Fonte: lanotiziagiornale.it - Di Carola Olmi - 19/08/2014)

Un inaccettabile scaricabarile. Pure Angelino Alfano si iscrive alla sempre più lunga lista degli euroscettici dopo che l’Unione europea si è lavata un’altra volta le mani sull’emergenza immigrazione. Il nostro vicepremier aveva annunciato a Ferragosto che l’operazione Mare nostrum finirà a ottobre e subentrerà la Ue con Frontex. Bruxelles però non la pensa allo stesso modo e un portavoce della Commissione ha spiegato che Frontex “è una piccola agenzia” senza mezzi e dunque tocca a tutti i paesi Ue “fare di più” sull’emergenza sbarchi. Tradotto, l’Italia se la veda da sola.

La mancetta di Barroso
Il disinteresse dell’Europa sul problema immigrati è palese da anni. Proprio questo giornale aveva denunciato la vergogna di quella che definimmo una mancetta concessa subito dopo la tragica morte di oltre 300 migranti a ottobre scorso a Lampedusa. In quella circostanza il presidente della Commissione Barroso non potè evitare di recarsi nell’isola, ma dopo le solite parole di circostanza si limitò a promettere 30 milioni di euro per gli aiuti. Capito? Un’aspirina per curare il male del secolo. Il nostro governo, allora, anzichè metterci Barroso su una di quelle chiatte del mare e mandarlo alla deriva, ringraziò e porse come al solito l’altra guancia. Adesso ci risiamo. L’Italia da sola sta affrontando un dramma che è europeo e epocale. I nostri partner se ne infischiano. E una volta finiti i soldi anche per garantire la sola ospitalità nei centri di accoglienza, di fronte a una richiesta di aiuti, si è trovata la porta sbarrata di Bruxelles.

Solo briciole
Dopo che anche Ewa Moncure, portavoce di Frontex, ha confermato in un’intervista al Tagesspiegel che allo stato non ci sono i mezzi finanziari per farsi carico dell’operazione Mare nostrum, Alfano ha dovuto riconoscere che l’Europa sta giocando a fare scaricabarile con l’Italia. “L’Europa nel suo complesso deve fare di più – ha detto il portavoce di Bruxelles, Antony Gravili – ricordando che l’Italia ha beneficiato di circa 500 milioni di euro di aiuti nel periodo 2007-2013 e sarà il più grande beneficiario nel periodo 2014-2020 con 315 milioni, ma Frontex non ha né navi né aerei”. Amen.
24/08/2014 16:36
 
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Re:
marco---, 8/23/2014 2:36 PM:

Immigrati, Bruxelles butta a mare pure Alfano Smentito il vicepremier. Frontex non ha mezzi per subentrare all’operazione Mare nostrum. Dunque l’Italia se la veda da sola (Fonte: lanotiziagiornale.it - Di Carola Olmi - 19/08/2014)

Un inaccettabile scaricabarile. Pure Angelino Alfano si iscrive alla sempre più lunga lista degli euroscettici dopo che l’Unione europea si è lavata un’altra volta le mani sull’emergenza immigrazione. Il nostro vicepremier aveva annunciato a Ferragosto che l’operazione Mare nostrum finirà a ottobre e subentrerà la Ue con Frontex. Bruxelles però non la pensa allo stesso modo e un portavoce della Commissione ha spiegato che Frontex “è una piccola agenzia” senza mezzi e dunque tocca a tutti i paesi Ue “fare di più” sull’emergenza sbarchi. Tradotto, l’Italia se la veda da sola.

La mancetta di Barroso
Il disinteresse dell’Europa sul problema immigrati è palese da anni. Proprio questo giornale aveva denunciato la vergogna di quella che definimmo una mancetta concessa subito dopo la tragica morte di oltre 300 migranti a ottobre scorso a Lampedusa. In quella circostanza il presidente della Commissione Barroso non potè evitare di recarsi nell’isola, ma dopo le solite parole di circostanza si limitò a promettere 30 milioni di euro per gli aiuti. Capito? Un’aspirina per curare il male del secolo. Il nostro governo, allora, anzichè metterci Barroso su una di quelle chiatte del mare e mandarlo alla deriva, ringraziò e porse come al solito l’altra guancia. Adesso ci risiamo. L’Italia da sola sta affrontando un dramma che è europeo e epocale. I nostri partner se ne infischiano. E una volta finiti i soldi anche per garantire la sola ospitalità nei centri di accoglienza, di fronte a una richiesta di aiuti, si è trovata la porta sbarrata di Bruxelles.

Solo briciole
Dopo che anche Ewa Moncure, portavoce di Frontex, ha confermato in un’intervista al Tagesspiegel che allo stato non ci sono i mezzi finanziari per farsi carico dell’operazione Mare nostrum, Alfano ha dovuto riconoscere che l’Europa sta giocando a fare scaricabarile con l’Italia. “L’Europa nel suo complesso deve fare di più – ha detto il portavoce di Bruxelles, Antony Gravili – ricordando che l’Italia ha beneficiato di circa 500 milioni di euro di aiuti nel periodo 2007-2013 e sarà il più grande beneficiario nel periodo 2014-2020 con 315 milioni, ma Frontex non ha né navi né aerei”. Amen.



fuori dalle balle da schengen e riappropriarsi della gestione delle frontiere.

e quando si presentano i clandestini prenderli a calci nel culo come in quasi tutti i paesi del mondo.

cosi' difficile ?
no, se si vuole veramente farlo.

nel caso contrario seguire le proposte m5s, almeno anche se non risolvono una pippa fanno scompisciare dalle risate.





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03/12/2014 15:14
 
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«Mafia romana», il business dei centri di accoglienza (Fonte: ilsole24ore.com - di Claudio Gatti - 03/12/2014)

«In una situazione di crisi, occorre guardarsi dai pericoli ma saper riconoscere le opportunità». Lo ha detto John F. Kennedy nel 1959 a Indianapolis. Ma negli ultimi 40 anni chi ha saputo metterlo in pratica meglio di chiunque altro a Roma è stato Massimo Carminati, l'ex terrorista dei Nar affiliato alla Banda della Magliana che da decenni coniuga politica, affari e criminalità organizzata nella capitale del nostro Paese.

Per tutti noi quella di Mare Nostrum è stata una tragedia. Per Massimo Carminati un'opportunità.
Da un'inchiesta condotta negli ultimi mesi da Il Sole 24 Ore, e convalidata ieri dalla serie di arresti in seguito all'indagine condotta dal Servizio centrale del Ros e dalla sua sezione Anticrimine di Roma per conto della Procura , è emerso che quello dei «barconi della speranza», anziché un'emergenza umanitaria, è stato un grande business. Per Carminati è stata anche un'occasione per rafforzare quella tela di relazioni grazie alla quale nel sottobosco romano è noto anche come «l'ultimo re di Roma».
Carminati si è dimostrato un re magnanimo. Che ha saputo condividere con la sua corte. E in quest'ultima vicenda in particolare con quello che la Procura ritiene sia stato il suo socio occulto, Salvatore Buzzi, presidente di un importante consorzio di cooperative legate alla LegaCoop, le cosiddette «cooperative rosse».

Attenzione, non si sta parlando di attività criminali - di droga, di pizzo o di economia sommersa. No, a predisporre e raccordare l'emergenza migranti è stato il «Tavolo di coordinamento nazionale» presieduto dal più istituzionale dei ministeri, quello dell'Interno, del quale era membro un uomo prezzolato dal duo Carminati-Buzzi. Leggendo gli atti dell'indagine «Mondo di mezzo», diretta dai pm romani Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli, torna in mente un altro tavolo, parliamo de «U tavolinu», dove il «ministro dei Lavori pubblici» di Cosa Nostra, Angelo Siino, spartiva appalti e fondi pubblici con aziende e politici. Il ruolo di Siino, secondo le accuse della Procura di Roma, sarebbe stato svolto da Luca Odevaine, l'uomo al servizio del duo criminale membro del Tavolo di coordinamento nazionale, ex direttore di gabinetto del sindaco Walter Veltroni, ex capo della polizia provinciale e Protezione civile con Nicola Zingaretti, ed ex pregiudicato (vedi box).

Dall'indagine de Il Sole 24 emerge che, per via delle centinaia di milioni di fondi statali e comunitari, quella dell'accoglienza è stata una straordinaria mangiatoia. Per capirlo basta questa frase di Buzzi a un complice: «Tu c'hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati, eh? Il traffico di droga rende di meno».

A mangiare tutti insieme appassionatamente sono stati i «fascio-mafiosi» di Carminati che secondo la Procura avevano in Gianni Alemanno l'esponente politico di riferimento di maggior spicco e i «rossi» di Buzzi, che avevano invece al proprio servizio uno stretto collaboratore del predecessore di Alemanno al Campidoglio, Walter Veltroni. In una sorta di iper-compromesso storico criminal-clientelare condotto in piena luce del sole e, almeno formalmente, sotto la tutela delle massime autorità dello Stato. Per usare le parole del Gip Flavia Costantini, è infatti emerso «un trait-union tra mondi apparentemente inconciliabili, quello del crimine, quello della alta finanza, quello della politica».La prima fase del «business dei migranti» inizia nell'estate del 2008, quando arriva la prima grande ondata di immigrati. Il 25 luglio di quell'anno, per fronteggiarla, il Governo Berlusconi dichiara lo stato d'emergenza che attribuisce ai prefetti potere derogatorio. Il 6 agosto Angelo Chiorazzo, un potentino trasferitosi a Roma e legato al mondo dell'ex Dc, si reca a Palazzo Chigi per incontrare il sottosegretario Gianni Letta.

Chiorazzo è rispettivamente presidente e consigliere d'amministrazione de La Cascina e di Auxilium, che insieme formano una rete di cooperative «cattoliche». E pensa di avere le carte in regola: la Auxilium già gestisce il Centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara) di Bari e quello di Ponte Galeria, a Roma. Letta lo mette subito in contatto con l'uomo che dal Viminale gestisce l'emergenza umanitaria per il Governo, il prefetto Marco Morcone, già allora capo del Dipartimento Immigrazione del Ministero, il quale apre una corsia preferenziale per Chiorazzo. E, grazie al regime derogatorio previsto da un'ordinanza del Consiglio dei Ministri, nel giro di pochissimo tempo, Auxilium ottiene un appalto da oltre un milione per aprire un nuovo Cara a Policoro, in provincia di Matera (terra di Chiorazzo e di suo fratello Pietro, anche lui impegnato nello stesso business).

Che tempistica e modalità fossero del tutto inusuali lo hanno dichiarato il prefetto di Matera Giovanni Monteleone e il suo collaboratore Michele Albertini, nelle loro deposizioni al pm Henry Woodcock (che sulla vicenda aveva aperto un'inchiesta, conclusasi con l'archiviazione delle posizioni di Letta e Morcone).

«Non risultava nessun tipo di gara» testimonia Albertini, «e il ministero - la direzione centrale - ci diceva anche il prezzo che avremmo dovuto pagare.… In tre mesi abbiamo quantificato circa 1 milione e 200mila euro, per cui capite bene che non stiamo parlando di noccioline. Quindi sollevai questa problema: “guardi io non sottoscrivo nessuna convenzione, fino a quando voi per iscritto non ci dite che lo schema è quello, che la ditta è quella, che il prezzo è quello. Perché almeno che risulti che io sto sottoscrivendo 49 euro perché me lo state dicendo voi, non perché io ho valutato se 49 euro è un prezzo congruo o meno”… Altrimenti, sinceramente con tutte le deroghe della norma io non avrei sottoscritto nulla».
03/12/2014 15:27
 
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marco---, 03/12/2014 15:14:

«Mafia romana», il business dei centri di accoglienza (Fonte: ilsole24ore.com - di Claudio Gatti - 03/12/2014)

«In una situazione di crisi, occorre guardarsi dai pericoli ma saper riconoscere le opportunità». Lo ha detto John F. Kennedy nel 1959 a Indianapolis. Ma negli ultimi 40 anni chi ha saputo metterlo in pratica meglio di chiunque altro a Roma è stato Massimo Carminati, l'ex terrorista dei Nar affiliato alla Banda della Magliana che da decenni coniuga politica, affari e criminalità organizzata nella capitale del nostro Paese.

Per tutti noi quella di Mare Nostrum è stata una tragedia. Per Massimo Carminati un'opportunità.
Da un'inchiesta condotta negli ultimi mesi da Il Sole 24 Ore, e convalidata ieri dalla serie di arresti in seguito all'indagine condotta dal Servizio centrale del Ros e dalla sua sezione Anticrimine di Roma per conto della Procura , è emerso che quello dei «barconi della speranza», anziché un'emergenza umanitaria, è stato un grande business. Per Carminati è stata anche un'occasione per rafforzare quella tela di relazioni grazie alla quale nel sottobosco romano è noto anche come «l'ultimo re di Roma».
Carminati si è dimostrato un re magnanimo. Che ha saputo condividere con la sua corte. E in quest'ultima vicenda in particolare con quello che la Procura ritiene sia stato il suo socio occulto, Salvatore Buzzi, presidente di un importante consorzio di cooperative legate alla LegaCoop, le cosiddette «cooperative rosse».

Attenzione, non si sta parlando di attività criminali - di droga, di pizzo o di economia sommersa. No, a predisporre e raccordare l'emergenza migranti è stato il «Tavolo di coordinamento nazionale» presieduto dal più istituzionale dei ministeri, quello dell'Interno, del quale era membro un uomo prezzolato dal duo Carminati-Buzzi. Leggendo gli atti dell'indagine «Mondo di mezzo», diretta dai pm romani Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli, torna in mente un altro tavolo, parliamo de «U tavolinu», dove il «ministro dei Lavori pubblici» di Cosa Nostra, Angelo Siino, spartiva appalti e fondi pubblici con aziende e politici. Il ruolo di Siino, secondo le accuse della Procura di Roma, sarebbe stato svolto da Luca Odevaine, l'uomo al servizio del duo criminale membro del Tavolo di coordinamento nazionale, ex direttore di gabinetto del sindaco Walter Veltroni, ex capo della polizia provinciale e Protezione civile con Nicola Zingaretti, ed ex pregiudicato (vedi box).

Dall'indagine de Il Sole 24 emerge che, per via delle centinaia di milioni di fondi statali e comunitari, quella dell'accoglienza è stata una straordinaria mangiatoia. Per capirlo basta questa frase di Buzzi a un complice: «Tu c'hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati, eh? Il traffico di droga rende di meno».

A mangiare tutti insieme appassionatamente sono stati i «fascio-mafiosi» di Carminati che secondo la Procura avevano in Gianni Alemanno l'esponente politico di riferimento di maggior spicco e i «rossi» di Buzzi, che avevano invece al proprio servizio uno stretto collaboratore del predecessore di Alemanno al Campidoglio, Walter Veltroni. In una sorta di iper-compromesso storico criminal-clientelare condotto in piena luce del sole e, almeno formalmente, sotto la tutela delle massime autorità dello Stato. Per usare le parole del Gip Flavia Costantini, è infatti emerso «un trait-union tra mondi apparentemente inconciliabili, quello del crimine, quello della alta finanza, quello della politica».La prima fase del «business dei migranti» inizia nell'estate del 2008, quando arriva la prima grande ondata di immigrati. Il 25 luglio di quell'anno, per fronteggiarla, il Governo Berlusconi dichiara lo stato d'emergenza che attribuisce ai prefetti potere derogatorio. Il 6 agosto Angelo Chiorazzo, un potentino trasferitosi a Roma e legato al mondo dell'ex Dc, si reca a Palazzo Chigi per incontrare il sottosegretario Gianni Letta.

Chiorazzo è rispettivamente presidente e consigliere d'amministrazione de La Cascina e di Auxilium, che insieme formano una rete di cooperative «cattoliche». E pensa di avere le carte in regola: la Auxilium già gestisce il Centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara) di Bari e quello di Ponte Galeria, a Roma. Letta lo mette subito in contatto con l'uomo che dal Viminale gestisce l'emergenza umanitaria per il Governo, il prefetto Marco Morcone, già allora capo del Dipartimento Immigrazione del Ministero, il quale apre una corsia preferenziale per Chiorazzo. E, grazie al regime derogatorio previsto da un'ordinanza del Consiglio dei Ministri, nel giro di pochissimo tempo, Auxilium ottiene un appalto da oltre un milione per aprire un nuovo Cara a Policoro, in provincia di Matera (terra di Chiorazzo e di suo fratello Pietro, anche lui impegnato nello stesso business).

Che tempistica e modalità fossero del tutto inusuali lo hanno dichiarato il prefetto di Matera Giovanni Monteleone e il suo collaboratore Michele Albertini, nelle loro deposizioni al pm Henry Woodcock (che sulla vicenda aveva aperto un'inchiesta, conclusasi con l'archiviazione delle posizioni di Letta e Morcone).

«Non risultava nessun tipo di gara» testimonia Albertini, «e il ministero - la direzione centrale - ci diceva anche il prezzo che avremmo dovuto pagare.… In tre mesi abbiamo quantificato circa 1 milione e 200mila euro, per cui capite bene che non stiamo parlando di noccioline. Quindi sollevai questa problema: “guardi io non sottoscrivo nessuna convenzione, fino a quando voi per iscritto non ci dite che lo schema è quello, che la ditta è quella, che il prezzo è quello. Perché almeno che risulti che io sto sottoscrivendo 49 euro perché me lo state dicendo voi, non perché io ho valutato se 49 euro è un prezzo congruo o meno”… Altrimenti, sinceramente con tutte le deroghe della norma io non avrei sottoscritto nulla».


[SM=j7569]
In pratica sia gli italiani che i rom e gli extra sono stati vittime di gruppi di criminali e corrotti.
Il nostra paese ha bisogno di persone non corruttibili, trasparenza e certezza di pena e tutto andrà bene.
Il risultato saranno sovvenzioni tali che le persone vivranno come minimo dignitosamente.
Italiani, rom o extra che siano.

Ciao!

ps
cito l'ansa anvedi che nomi e che sistema...
Buzzi tentava l'aggancio con Marino - "E mo vedemo Marino, poi ce pijiamo 'e misure con Marino", dice in un'intercettazione Salvatore Buzzi. E' il 2013, il chirurgo Pd è diventato sindaco di Roma e 'Mafia Capitale' ha il problema di insinuarsi nella nuova amministrazione. Perchè "se vinceva Alemanno ce l'avevamo tutti comprati", sostiene Buzzi, che però conta di avere buone carte anche nel Pd. "C'avemo Ozzimo - dice - (Daniele, poi nominato assessore alla Casa indagato e ieri dimessosi, ndr)" e altri tre nomi che non sono tra i 40 indagati resi noti ieri. E ancora "me so' comprato Coratti (Presidente Pd dell'Assemblea capitolina indagato e ieri dimessosi, ndr) - dice Buzzi -, lui sta con me, gioca con me ormai". Altro "cavallo" della "scuderia" di Carminati è Luca Odevaine, ex vice capo gabinetto di Walter Veltroni e ora membro del Tavolo nazionale sui richiedenti asilo, il business immigrazione delle coop di Buzzi. Il quale afferma di dargli cinquemila euro al mese. Ma avvicinare Marino non è facile. Il capo Carminati in un'intercettazione dice: "Loro stanno facendo un'operazione direttamente con Zingaretti per sistemarsi Berti (Giuseppe, avvocato nominato da Gianni Alemanno nel Cda di Ama, indagato, ndr) questi qua, pe sistemasse... perché de Zingaretti se fidano de Marino non se fida nessuno". Mafia Capitale riuscirà però - secondo l'inchiesta - a piazzare Italo Walter Politano alla guida della Direzione Trasparenza, di fatto il capo dell'anticorruzione del Campidoglio. Politano oggi è stato rimosso.
[Modificato da pax2you 03/12/2014 15:33]
30/04/2015 09:20
 
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Austria e Germania respingono gli immigrati
Immigrazione: l'Austria blocca i profughi alla frontiera (Fonte: newmediamagazine.it - 22/04/2015)

L'accordo di Dublino impone ai profughi di rimanere sul suolo italiano se qui avviene la procedura di identificazione. Intanto però l'Italia continua a dover subire, da sola, il carico di un'ondata migratoria senza precedenti

L'Italia sempre più sola nell'affrontare l'emergenza immigrazione. Il nostro Paese non può contare sull'appoggio dei vicini per smistare i flussi migratori. La situazione è esplosiva al confine con l'Austria. Migliaia di profughi provano a varcare la frontiera per raggiungere il cuore dell'Europa ma puntualmente vengono respinti dalla polizia austriaca e da quella tedesca. Ai profughi viene ordinato di abbandonare i treni su cui viaggiano e vengono rimandati indietro. Si tratta di etiopi, eritrei e sudanesi. La situazione è sempre più critica.
A lanciare l'allarme è il Siulp, il sindacato di polizia: "È arrivata l'onda lunga di un esodo biblico - spiega il segretario provinciale Mario Deriu - non sappiamo più come tenerli, è come vole fermare un fiume in piena". Germania e Austria non hanno intenzione di far mettere piede nel loro territorio. Vienna e Berlino hanno un solo problema: rassicurare i cittadini sul fatto che gli immigrati provenienti dall'Italia saranno bloccati alle frontiere.

Di fatto l'accordo di Dublino impone ai profughi di rimanere sul suolo italiano se qui avviene la procedura di identificazione. Intanto però l'Italia continua a dover subire, da sola, il carico di un'ondata migratoria senza precedenti. C'è chi prova a sfuggire ai controlli aggrappandosi ai treni merce, ma in pochi riescono a fregare la polizia austriaca. Con la primavera e l'estate che si avvicina a Bolzano cresce lo stato di allerta. Un milione di profughi potrebbe arrivare dalle coste libiche. Dopo l'approdo in Sicilia in tanti faranno rotta verso il Brennero.
30/04/2015 09:24
 
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Il Regno Unito non accetta gli immigrati
Migranti, gli inglesi danno le navi: «Ma gli immigrati non li vogliamo» (Fonte: ilsecoloxix.it - 24/04/2015)

Genova - Diamo una mano, sì. Ma immigrati non ne vogliamo. È quantomeno controversa l’offerta del premier britannico David Cameron al Consiglio europeo. Il primo ministro inglese ha confermato l’offerta di collaborare ai pattugliamenti nel Mediterraneo con una nave da sbarco, la Hms Bulwark, più due motovedette e tre elicotteri.

Ma ponendo la condizione che eventuali salvataggi in mare avvengano purché «le persone salvate dalla Royal Navy siano portate nei Paesi sicuri più vicini come l’Italia e che non chiedano asilo nel Regno Unito».

Come a dire: diamo una mano a salvare le vite, ma poi di quelle vite non vogliamo occuparci. E ancora peggio: rifilatele all’Italia, come se fosse ovvio che la nostra vicinanza al Nord Africa ci debba imporre tutti gli sforzi per l’aiuto ai profughi.

Cameron ha se non altro fatto ammenda per non aver già contribuito alle operazioni di pattugliamento marittimo nel Mediterraneo, assicurando che «la Gran Bretagna aiuterà sia dal punto di vista del budget che dedichiamo alla difesa sia sul piano dei mezzi».

Non sorprende più di tanto la posizione del premier conservatore inglese, spinto alla cooperazione per evitare nuove morti in mare ma comunque fedele alla sua posizione euroscettica.

Che non intende, evidentemente, allentare, anche per motivi elettorali: il partito nazionalista di Nigel Farage, l’Ukip, lo ha superato a destra. Le elezioni del 7 maggio potrebbero essere la consultazione più importante del dopoguerra, dal punto di vista degli equilibri politici e della scelta sull’Europa. Farage, secondo alcuni sondaggi, potrebbe arrivare a superare il 10% e qualcuno lo accredita persino al 19%. Tutti voti rubati ai conservatori.

Londra ha, da tempi non sospetti, una posizione “diversa” rispetto all’immigrazione: il Regno Unito non aderisce né all’euro né al patto di Schengen e quindi alcuni cittadini dell’Ue non possono andare a Londra con la stessa semplicità che abbiamo noi. Dopodiché, il resto dell’Unione va avanti a balzi.

Se è vero che anche i Paesi che non affacciano sul Mediterraneo – dalla Gran Bretagna appunto al Portogallo, fino al Belgio e alla Norvegia, passando per la Germania – hanno promesso aiuto navale nel Mediterraneo, le regole sull’immigrazione restano diversissime. E a pesare non ci sono solo le leggi, adeguate, permissive o restrittive, a seconda di come le si vedano.
23/07/2015 09:15
 
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Rimosso il prefetto che ha difeso i cittadini (Fonte: magazinedonna.it - 20/07/2015)

Francesco Borgonovo (Libero) Come ampiamente previsto da Libero, il famigerato piano B del governo sull’immigrazione sta finendo dritto nel lato B degli italiani. Ai quali è richiesto, in sovrappiù, di sopportare il dolore – e la beffa – in silenzio. Nel caso in cui la popolazione intenda ribellarsi, infatti, arrivano leste le reprimende sul piano morale (l’accusa di razzismo) e pure su quello fisico (robuste manganellate). Agli immigrati è concesso protestare – come accaduto ieri in Veneto e nei mesi scorsi in varie zone d’Italia -qualora la sistemazione individuata per loro non li soddisfi: se nelle camere c’è troppo caldo; se mancano parabole e pay tv; se il menu non è gustoso.

Gli italiani, invece, non devono alzare la voce. Come spiegava ieri il Corriere, la linea ribadita dal Viminale ai prefetti «è quella della fermezza: le proteste dei cittadini non potranno in alcun modo fermare la sistemazione dei migranti nei luoghi individuati». Lo ha detto apertamente il prefetto di Roma Franco Gabrielli, e del resto questa è la posizione di Matteo Renzi. Espellere, non si espelle nessuno: ma sull’accoglienza non ci devono essere tentennamenti, gli stranieri vanno presi senza fiatare.

Quando ciò non avviene, arrivano appunto le ruvide contromisure. Emblematici sono i casi di Treviso e Roma. La scorsa settimana, gli abitanti di un complesso residenziale della provincia trevigiana si sono rivoltati contro la decisione della prefettura di collocare oltre cento immigrati in alcuni appartamenti vuoti del loro caseggiato. E in effetti era giustificata la rabbia di chi vedeva scaricati i clandestini tra le famiglie con bambini. La tensione si è tramutata in rivolta, e la rivolta è sfociata nel rogo di materassi e arredi vari presi dagli appartamenti destinati agli immigrati. Il prefetto di Treviso, Maria Augusta Marrosu, sulle prime ha minacciato di denunciare i cittadini protestatari, poi ha deciso di andare incontro alle loro richieste, e ha trasferito gli stranieri in una caserma. Insomma, ha dato ragione alla popolazione, e puntualmente ieri è giunta la ricompensa. Angelino Alfano – pare su pressione di Renzi – ha annunciato: «Nel prossimo Consiglio dei ministri sostituiremo il prefetto di Treviso».

La linea della fermezza va mantenuta, costi quel che costi. A Roma, a Casale di San Nicola, venerdì scorso ci sono state altre proteste. I cittadini si sono rifiutati di farsi carico dell’ennesimo pullman di immigrati. Ed ecco che sono intervenute le forze dell’ordine, e sono volate manganellate e spintoni, anche su pensionati e casalinghe. Gli agenti – lo dicono vari testimoni – hanno cercato fino all’ultimo di evitare le maniere forti. Non a caso, ieri, il sindacato di polizia Coisp ha rilasciato un comunicato di fuoco. Secondo i poliziotti è «assurdo che ci venga chiesto di alzare i manganelli contro gente perbene che si sente abbandonata dalle istituzioni e che tenta di difendere la propria casa». Il segretario del sindacato, Franco Maccari, al Tempo, ha detto che gli agenti sono «costretti ad interventi di ordine pubblico di cui non possiamo che vergognarci». In sostanza, pure i poliziotti sono stanchi di fare la parte dei cattivi di fronte a proteste che ritengono legittime. Non voglio menare la «gente perbene».

Dai grandi giornali italiani, però, queste persone «perbene» sono – da giorni – trattate alla stregua di una manica di imbecilli. Il Corriere, in un reportage da Casale di San Nicola pubblicato domenica, non ha trovato di meglio che titolare: «I fascisti ci hanno usato per avere una ribalta». Gli intervistati, casalinghe e pensionati, raccontavano di non avere appartenenza politica, di essere scesi in strada a protestare spontaneamente e di averne rimediato una scarica di botte. Ma tutto ciò è passato in secondo piano: l’importante, per il giornalone di via Solferino, era stigmatizzare la presenza tra la folla di attivisti di Casa Pound, i quali avrebbero «strumentalizzato» la protesta. Dunque i cittadini sono, nella migliore delle ipotesi, stupidi che si fanno sfruttare; nella peggiore sono razzisti. Lo sostiene apertamente La Stampa, che ieri dava la parola allo storico Giovanni De Luna. Secondo l’esimio professore, nel nostro Paese manca «cultura dell’ospitalità» (sì, certo: peccato che alle frontiere non respingiamo nessuno). Non solo: tra gli italiani serpeggia anche il «razzismo», celato dietro slogan come «padroni a casa propria», personificato dai soliti rappresentanti di Lega e Casa Pound. Così va sostenuta la linea dura del governo: insultando chi si ribella. E fingendo che il problema immigrazione non esista. Ieri, per esempio, Repubblica titolava su due paginone: «Sbarchi in aumento solo dell’8%». Poi, via col solito mantra: gli altri Paesi accolgono più di noi, gli allarmi sono fasulli eccetera. Come se 82.932 ingressi di stranieri (lino al 17 luglio) contro i 76.634 dello scorso anno fossero pochi. Inoltre, ben nascosto nell’articolo del giornale di Ezio Mauro, compariva anche un altro dato: i richiedenti asilo sono quasi 85mila, cioè il 40% in più di dodici mesi fa.

Ancora una volta, si cerca di nascondere le grane sotto il tappeto. Si preferisce scaricare le responsabilità su fascisti e italiani rimbambiti che si fanno intortare dalla propaganda. In verità, a fare propaganda è la stampa italiana che ha recepito in blocco la linea renziana. Se si raccontano storie di immigrati, bisogna puntare su quelle strappalacrime. Le proteste degli italiani, invece, vanno ridimensionate o irrise. Non stupiamoci, poi, se in Europa ci trattano da fessi: siamo i primi a comportarci da profughi della democrazia.
23/09/2015 10:25
 
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23/11/2016 15:06
 
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Tutti uomini e nessun siriano. ​Ecco la verità sui migranti (Fonte: ilgiornale.it - di Giuseppe De Lorenzo - 23/11/2016)

Sugli ultimi tre anni di immigrazione si contrappongono due narrazioni: quella di chi predica accoglienza contro chi chiede respingimenti.

Normale sia così: ponti contro muri. Questi ultimi però da tempo denunciano alcune anomalie nel flusso migratorio, affermando che i profughi sono tutti uomini, che non fuggono dalle guerre, che si fingono minorenni e che anche se clandestini non vengono mai espulsi. Hanno ragione? Difficile dirlo per principio. Bisogna far parlare i numeri (guarda il video con i veri numeri).

Dal 2014 a ottobre 2016 sono entrati in Italia 455.660 immigrati. I dati più aggiornati (Commissione parlamentare d'inchiesta) dicono che nel biennio 2015-2016 su 300.414 ingressi ben 219.301 sono maschi e appena 41.478 le donne. E anche tra i minorenni c'è prevalenza di sesso maschile: dei 14.225 minori censiti nel 2016, il 94,1% sono ragazzi contro soltanto 835 bambine.

Bene. Sugli under 18 sorge peraltro un altro dilemma. A ottobre un'inchiesta dell'Antimafia di Bologna ha dimostrato che molti dei migranti "minorenni" in realtà sono ben più maturi. Non è un caso se il 54,3% (7.723) di loro ha 17 anni e il 27,1% (3.860) ne ha 16. Possibile siano tutti a un passo dalla maggiore età? Possibile. Infatti, come scrive l'Unhcr, in Italia non c'è una "procedura unica per determinare l'età" e sovente ci si basa sull'esame auxologico (controllo sulla crescita delle ossa). Purtroppo il margine d'errore è alto e viene quasi sempre passato a favore del profugo. Cosa significa? Che se un immigrato afferma di avere 16 anni e l'esame dice che ne ha più di 18, le autorità dichiarano 17 anni in base ai principi di "presunzione della minore età" e "beneficio del dubbio". Cioè "qualora non sia possibile stabilire con certezza l’età di un individuo" viene comunque considerarlo minorenne.

"Nessuno scappa dalla Siria"

Fuori da ogni ideologia, i numeri dimostrano che chi arriva in Italia non fugge dalle guerre. Da gennaio a ottobre 2016 sono stati rilevati 159.496 ingressi e di questi solo 953 scappavano dalla Siria. La maggioranza viene da Nigeria (33.807), Gambia (10.489) e Guinea (11.131). E le nazionalità più rappresentate sono peraltro quelle che ottengono la più alta percentuale di respingimenti delle richieste d'asilo: nel 2016 i siriani sono lo 0,6% e il 98% ha ottenuto lo status di rifugiato; i nigeriani invece sono il 21.2% e addirittura il 71% si è visto respingere l'asilo. Non va meglio a Gambia e Guinea, la cui percentuale di accoglimenti crolla al 4%.

Anche il dato aggregato racconta la stessa storia. Nei primi 10 mesi del 2016, delle 76.448 domande esaminate, solo il 19% (14.562) ha ottenuto una forma di protezione internazionale (status di rifugiato, 5%; protezione sussidiaria, 14%). Poi c'è un 20% che riceve la "protezione umanitaria", un tipo di permesso di soggiorno tutto italiano e che negli altri Paesi è usato solo in via residuale. Infine, al 57% (43.898) è riservato netto diniego. A conti fatti, quindi, il 77% non è tecnicamente un "rifugiato".
Che fine fanno i migranti?

Viene da chiedersi allora che fine facciano quelli che non ottengono il permesso di soggiorno. Semplice: scompaiono. Negli ultimi due anni ben 5.086 persone sono risultate irreperibili dalle Commissioni. A questi vanno aggiunte le mancate espulsioni, ovvero migranti che non vengono rimpatriati perché costa troppo: il ministero parla di 33.422 individui nel biennio 2015-2016. Infine ci sono i cosiddetti "migranti fantasma", cioè coloro che dopo il rigetto della domanda d'asilo presentano ricorso in tribunale e lo perdono. In tre anni 99.618 richiedenti si sono visti negare la protezione internazionale e secondo la magistratura il 56% perde il ricorso. Dovrebbero abbandonare il Paese, ma non lo fanno. A conti fatti si tratta di 55mila persone cui viene dato un foglio di via nella speranza (vana) che si allontanino autonomamente. Sommando le tre voci (irreperibili, mancate espulsioni e migranti fantasma) si arriva così a 93mila clandestini. Liberi di girare nel Belpaese.

Nessun siriano, molti clandestini e pochi (veri) rifugiati. Ecco. I numeri dicono tutto questo. E i numeri, è evidente, non possono sbagliare.

Vedi anche: Immigrazione, i profughi sono soltanto il 4% (Fonte: ilgiornale.it - di Francesco Curridori - 01/11/2016)
[Modificato da marco--- 23/11/2016 15:07]
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