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Diritto alla provvigione del mediatore e relativa prescrizione

Ultimo Aggiornamento: 29/11/2016 19:27
29/09/2015 14:05
 
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Leggi e sentenze della Corte di Cassazione
Prescrizione del diritto del mediatore alla provvigione per mancata conoscenza da parte del mediatore della conclusione dell’affare (Fonte: anama.it - Avv. Giorgio Bertolini - 05/03/2013)

Parte con questo articolo la collaborazione dell’avv. Giorgio Bertolini con il nostro portale. Il compito affidato al professionista e’ quello di riportarci novità normative, istituti e situazioni giuridiche di interesse per gli agenti immobiliari e il mondo della casa e dell’impresa. Auguriamo quindi all’avvocato Bertolini il nostro benvenuto e un grande successo attraverso le pagine di ANAMA.it .

La Redazione

In caso di mediazione tipica il diritto alla provvigione del mediatore sorge al momento della conclusione dell’affare di cui all’art. 1755 c.c., ipotesi che si verifica quando tra le parti poste in relazione dal mediatore si sia validamente costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione del contratto; a tal fine il contratto preliminare di compravendita deve considerarsi atto conclusivo dell’affare, salvo che le parti abbiano inteso derogare alla disciplina legale attribuendo il diritto alla provvigione al momento della sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita.

Il diritto alla provvigione si prescrive, ai sensi dell’art. 2950 c.c., nel termine annuale decorrente dalla conclusione dell’affare, cioè dalla data di sottoscrizione del contratto preliminare, con la precisazione che grava sulla parte mediata che eccepisca l’avvenuta prescrizione l’onere di provare in quale momento l’affare stesso è stato perfezionato.

La prescrizione del diritto alla provvigione decorre a prescindere dal fatto che il mediatore sia a conoscenza o meno della conclusione dell’affare; la giurisprudenza ritiene che il semplice fatto che le parti non abbiano comunicato al mediatore la stipula di un contratto preliminare relativo all’affare intermediato non determina la sospensione della prescrizione del diritto di quest’ultimo a conseguire la provvigione, non sussistendo un obbligo in capo alle parti di avvisare il mediatore circa il perfezionamento del medesimo.

Tale conclusione trova un temperamento nell’ipotesi in cui vi sia stato un comportamento doloso delle parti volto a nascondere che l’affare si sia tra loro concluso, ai sensi dell’art. 2941, n. 8 c.c.. In tal caso, il termine prescrizionale annuale resta sospeso ed inizia a decorrere dalla data in cui il mediatore ha avuto conoscenza della conclusione dell’affare. La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che costituisce comportamento doloso delle parti quello in base alle quale le stesse, dopo aver raggiunto, tramite il mediatore, un accordo sulla vendita di un bene immobile, sul prezzo e sui tempi dei pagamenti, non abbiano ripreso i contatti con il mediatore, ma solo direttamente tra di loro, giungendo in un breve lasso di tempo alla conclusione del medesimo affare.

Vedi anche:
Diritto alla provvigione del mediatore: le sentenze di Cassazione (Fonte: confappi.it)
Articoli dei Codici Civile e Penale inerenti la mediazione
[Modificato da marco--- 01/10/2015 13:56]
29/09/2015 14:18
 
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CODICE CIVILE CAPO XI – DELLA MEDIAZIONE (1754-1765) (Fonte: studiocabella.com)

Codice civile art. 1755: provvigione il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti (2950), se l'affare è concluso per effetto del suo intervento. La misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità. Commento : il diritto ad ottenere una provvigione è previsto dal c.c. art. 1755, quando l’attività di intermediazione di una parte ha contribuito, in un rapporto causale, alla conclusione dell’affare. Per attivare il diritto alla provvigione, in effetti, basta che ci sia stata una messa in relazione delle parti; che da questa sia poi disceso un ampio e articolato processo di formazione della volontà delle parti è fenomeno del tutto irrilevante ai fini della formazione del diritto di percepire la parcella da parte dell’intermediatore. In effetti, all’intermediario non è neanche richiesto di partecipare alla trattativa su prezzo e condizioni, ciò che conta è il solo fatto che senza la messa in relazione non si sarebbe instaurata nessuna trattativa (cd. rapporto causale). codice civile art. 2950: prescrizione del diritto del mediatore si prescrive in un anno il diritto del mediatore al pagamento della provvigione (1755). commento : il diritto da parte del mediatore al pagamento della provvigione si prescrive in 12 mesi decorrenti dalla conclusione dell’affare, nei casi di bene iscritto a registri vale ad esempio il rogito ossia l’acquisto notarile.
29/09/2015 14:25
 
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La provvigione nella mediazione immobiliare (Fonte: leggioggi.it - 10/11/2014)

Il ruolo del mediatore quando il cliente si rivolge all’agenzia per compravendita di casa o terreno: le condizioni per la provvigione. Il caso delle società e i requisiti

Da oltre un ventennio si assiste ad un progressivo aumento del numero delle persone che scelgono la professione di mediatore immobiliare, favorito dalla crescita di un mercato che solo da qualche anno ha subito un arresto, legato alla attuale grave crisi economica che non accenna ad essere superata. Il fenomeno si è così sviluppato tanto da potersi affermare che non c’è città o paese o borgo che non abbia una agenzia immobiliare cui rivolgersi per l’acquisto o la vendita di una casa, di un negozio, di un terreno. La rilevanza sociale del fenomeno ha indotto il legislatore a dettare, con la Legge 03.02.89 n. 39, precise regole per l’esercizio della professione di mediatore, che previa adeguata formazione e superamento di un esame abilitativo, è condizionata alla iscrizione in un apposito albo, tenuto presso le Camere di Commercio.

Il diritto alla provvigione e cioè al compenso per l’opera mediatoria è, prima di tutto, condizionato (art. 6 della Legge citatata) proprio alla suddetta iscrizione. Tale regolamentazione ha lo scopo di evitare abusi e soprattutto di consentire al cittadino di rivolgersi a persone in grado, con la loro conoscenza e preparazione, di assicurare compiutamente la tutela dei suoi interessi. Chi si rivolge, oggi giorno, ad una agenzia immobiliare lo fa per vedere garantita assistenza in tutte le fasi precontrattuali e contrattuali dell’affare e per arrivare al più presto alla sua conclusione. L’aumento dei soggetti che scelgono la professione di mediatore è in diretta correlazione con quello delle persone che agli stessi si rivolgono per vendere, acquistare o semplicemente affittare un immobile. Se ciò da un lato appare fatto positivo per i livelli occupazionali, dall’altro ha determinato un consistente aumento delle c.d. criticità che da un simile rapporto possono derivare, prima fra tutte quelle relative alla maturazione del diritto alla provvigione da parte del mediatore, tant’è che non vi è Tribunale nel nostro Paese che non sia investito di un simile contenzioso.

Scopo del presente approfondimento è, quindi, quello di indicare quali sono i criteri di operatività dell’art. 1755 c.c. secondo cui il mediatore ossia “colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare senza essere legato ad alcune di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza” (art. 1754 c.c.) ha “diritto alla provvigione da ciascuna delle parti se l’affare è concluso per effetto del suo intervento”. Orbene, il dibattito in dottrina e giurisprudenza si incentra sul significato che il termine “affare” assume affinchè il mediatore possa aver diritto al compenso (provvigione) per l’attività prestata e, quindi, su tale termine deve essere concentrata la nostra attenzione. E diciamo subito che la Corte di Cassazione ha avvertito l’esigenza nomofilattica di chiarire quali debbano essere le condizioni indispensabili a tal fine, pervenendo alle seguenti conclusioni. 1) Per la configurabilità di un rapporto di mediazione non occorre l’atto scritto potendo l’incarico desumersi per “facta concludentia”, ossia attraverso la utilizzazione consapevole dell’attività del mediatore. In sostanza, sussiste l’incarico quando si dimostri semplicemente che le parti hanno avuto consapevolezza dell’intermediazione, valorizzandola come tale. In tal senso, l’attività di mediazione e il diritto alla provvigione (a prescindere dalla natura contrattuale o meno della fattispecie disciplinata dagli artt. 1754 e segg. c.c.) sono conseguenza dell’incontro della volontà dei soggetti interessati, sia che esse risultino da dichiarazioni esplicite, sia che si manifestino per comportamenti e atti concludenti, che non postulano un formale accordo fra le parti (v. Cass. 07.04.2005 n. 7251 e più risalenti nel tempo, v. ex multis Cass. 28.07.1983 n. 5212; Cass. 09.05.80 n. 3057). Al riguardo, in dottrina si parla di “contratto di fatto” quasi a sottolineare la natura non contrattuale della mediazione. Ed, invero, non corrispondendo il contratto di mediazione allo schema consensualistico e bilaterale degli altri tipi, è la sua attuazione a produrre l’effetto vincolante tanto per il mediatore quanto per il destinatario, il quale ultimo, tuttavia, 3 ha sempre la possibilità di paralizzare gli effetti dell’esecuzione esprimendo il proprio dissenso all’attività svolta dal mediatore, prima ovviamente del prodursi del risultato. In dottrina (Sacco, Il contratto, In trattato di diritto civile) si afferma efficacemente che “nella mediazione l’attuazione equipara il silenzio delle parti a consenso oppure, che l’attuazione conclude un contratto non consensuale purchè non intervenga una previa rinunzia (da parte del mediatore) o una prohibitio (da parte del cliente)”.

In buona sostanza, l’anzidetto profilo relativo alla non necessità di un formale incarico, al fine del perfezionamento del contratto di mediazione, potendo esso concludersi per comportamenti concludenti, ossia, la non essenzialità del conferimento di un incarico formale ai fini di detto perfezionamento, risulta sufficientemente consolidato nella giurisprudenza del S.C., anche se spesso la stessa faccia riferimento al rapporto mediatorio più che al contratto di mediazione. Infatti, come si legge in molte decisioni del Giudice di Legittimità, la prestazione del mediatore può esaurirsi anche nel semplice rinvenimento e nella indicazione di uno dei contraenti, purchè la stipulazione del contratto sia in rapporto di causalità con l’indicazione stessa del mediatore, ancorchè ridotto. Ed, invero, non è necessario che il ruolo sia esclusivo, niente impedendo che abbia più modesta portata e cioè che l’attività del mediatore si inserisca come semplice concausa nel processo formativo dell’affare stesso (così, v. Cass. 16.01.96 n. 297; Cass. 28.07.98 n. 7048). Al riguardo, la giurisprudenza richiama i principi della causalità adeguata o efficiente. Viene privilegiato, come detto, piuttosto che il conferimento del formale incarico, la effettiva ed imparziale interposizione del mediatore fra le parti, che si concretizzi nella esplicazione di una attività diretta a favorire la “conclusione dell’affare”, la quale sia accettata anche tacitamente dai contraenti.

La giurisprudenza ritiene la stipulazione di un preliminare (fra le parti che sono state messe in contatto dal mediatore), come condizione minima per il riconoscimento del diritto alla provvigione, dal momento che la conclusione dell’affare di cui all’art. 1755 c.c. ha un significato più ampio di quello di contratto, comprendendo ogni operazione di contenuto economico risolventesi in una utilità di carattere patrimoniale ossia di un atto in virtù del quale viene costituito un vincolo che dia la possibilità di agire per l’adempimento dei patti raggiunti o, in mancanza, per il risarcimento danni. In tale contesto, sono ritenute irrilevanti le vicende successive alla conclusione dell’accordo, del tutto insensibili ai fini del riconoscimento del diritto alla provvigione ed a prescindere dalla stipulazione di un contratto definitivo, come ad esempio il ripensamento di una delle parti ovvero la loro decisione di sciogliere il vincolo. Così , in un caso specifico, appare irrilevante, ai fini del riconoscimento del diritto alla provvigione, all’esito di un regolare contratto preliminari stipulato dalle parti e favorito dal mediatore, il fatto che l’immobile promesso in vendita sia privo della concessione edificatoria (v. Cass. 1912.2013 n. 28456). Il principio testè ricordato trova la sua ragione d’essere nella volontà legislativa di sottrarre il diritto del mediatore, già sottoposto all’alea della conclusione dell’affare, ad ulteriori alee connesse all’esecuzione di esso. Su tale ricostruzione sistematica è attesta la giurisprudenza di legittimità e di merito segnalandosi ad esempio, ma non solo: Cass. 22.03.01 n. 4111; Cass. 08.08.02 n. 12022; Cass. 14.07.04 n. 13067; Cass. 26.09.05 n. 18779; Cass. 24.01.07 n. 1507; Cass. 09.06.09 n. 13260; Cass. 21.05.10 n. 12527; Cass. 02.11.10 n. 22273. V’è da precisare, comunque, che l’idoneità del preliminare a configurare la conclusione dell’affare viene meno in caso in cui ad esso viene apposta una condizione impropria ossia allorchè gli effetti del contratto siano condizionati ad eventi passati o presenti non verificatisi. In questo caso, il mediatore non avrebbe il diritto alla provvigione. È il caso, esaminato da Cass. 02.04.09 n. 7994, in cui il preliminare di compravendita di un immobile stipulato per effetto dell’attività del mediatore prevedeva la risoluzione automatica ove fosse stata riscontrata, prima della stipula del definitivo, una preesistente difformità del bene rispetto agli strumenti urbanistici. V’e’ purtuttavia da sottolineare sul punto che è idoneo a realizzare il presupposto della conclusione dell’affare, per gli effetti di cui all’art. 1755 c.c., non solo, e necessariamente, la stipulazione in forma compiuta di un contratto preliminare, essendo sufficiente all’uopo, come già ricordato, la costituzione di un vincolo giuridico suscettibile di esecuzione in forma specifica ovvero fonte di responsabilità risarcitoria, come nel caso di proposta accettata dalla controparte, contenente in sé tutti gli elementi essenziali per la configurazione del contratto definitivo (identificazione delle parti e del bene, determinazione del corrispettivo, modalità del pagamento, data del rogito e termini di consegna). Sul punto è bene rimarcare che la giurisprudenza ha sempre ritenuto che la provvigione maturi a fronte di un vincolo giuridico eseguibile in forma specifica o che al limite consente alle parti di agire per il risarcimento del danno, sicché le due condizioni sono chiaramente alternative, permettendo di concludere che sia sufficiente la seconda non essendo necessaria anche la prima. L’idoneità della proposta accettata dal destinatario della stessa è stata, quindi, ritenuta dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. 14.07.04, n. 13067) e di merito (v. Trib. Modena 20.07.04; Trib. Salerno Sez. III 07.09.07 n. 2041; Trib. Torino Sez. X 03.12.10 n. 7329; Trib. Savona 06.08.12; Trib. Lecce Sez. II 02.01.13 n. 4), meritevole di tutela e fondante il diritto del mediatore alla provvigione, atteggiandosi l’incontro delle due manifestazioni di volontà come atto conclusivo dell’affare, soprattutto quando vi è stata una compiuta regolamentazione degli interessi in gioco, la cui effettiva ricorrenza va accertata sulla base della comune intenzione delle parti, ricavabile dal senso letterale delle parole e delle espressioni usate.

E’, ciò, come nel caso deciso dalla illuminante sentenza della Cassazione 2004/13067 in cui le parti vollero indicare il prezzo, le modalità di pagamento, la data di stipula del definitivo e la consegna dell’immobile. Parimenti nel caso di proposta irrevocabile d’acquisto, sottoscritta per accettazione dal promittente acquirente, può sostanziarsi quel perfezionamento del vincolo 6 giuridico idoneo a determinare il diritto alla provvigione da parte del mediatore (v. Cass. 21.07.04 n. 13590 e Trib. Savona 06.08.12). In definitiva, per gli effetti dell’art. 1755 c.c. non occorre necessariamente che le parti stipulino un vero e proprio contratto preliminare allorchè l’assetto dei loro interessi è chiaramente e compiutamente emergente dall’incontro delle volontà attraverso il meccanismo della proposta ed accettazione, che già di per sé sarebbe un preliminare eseguibile soprattutto, quando sono le parti a stabilirlo affermando, ad esempio (come nella pratica si legge in molti incarichi) “la presente proposta si perfezionerà in vincolo contrattuale (contratto preliminare) con la conoscenza della accettazione da parte del venditore”. Considerato che la condizione perché sorga il diritto alla provvigione è l’identità dell’affare proposto con quello concluso, può dirsi che essa non è “esclusa quando le parti sostituiscono altri a sé nella stipulazione conclusiva, sempre che vi sia continuità fra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale e sempre che la conclusione dell’affare sia collegabile al contratto determinato dal mediatore fra le parti originarie, che sono tenute al pagamento della provvigione” (Così Cass. 20.10.2004 n. 20549 e in senso conforme Cass. 07.08.2002 n. 11911). Spesso accade nella contrattazione immobiliare affidata al mediatore che il consenso delle parti risulta cadenzato in una serie di atti stipulati in vista del contratto definitivo. Così nella prassi e d’uso far sottoscrivere alla persona interessata all’acquisto una proposta su un modulo prestampato, predisposto dall’Agenzia e poi sottoposto al proprietario dell’immobile in vendita affinchè possa accettare o meno la proposta. Generalmente in questo documento viene previsto l’obbligo delle parti di concludere, entro un certo tempo, un contratto preliminare, poi in una terza fase segue la vendita vera e propria. Si parla, a tal riguardo, di un intesa definita “preliminare di preliminare” o “preliminare aperto” la cui validità è stata disconosciuta dalla dottrina maggioritaria prevalente giurisprudenza di merito e di legittimità (v. ex multis Appello Napoli 01.10.03; Cass. 02.04.09 n. 8038) nel senso che laddove le parti si 7 siano limitate a raggiungere un siffatto accordo di massima e si siano riservate di stipulare successivamente un vero e proprio contratto, deve escludersi che si possa configurare un affare che dà diritto alla provvigione. Ed infatti l’obbligo ad obbligarsi sarebbe privo di causa autonoma e quindi nullo. Tale conclusione è stata recentemente sottoposta dalla Cassazione ad un ulteriore e doveroso approfondimento, sollecitato da un caso in cui il “preliminare del preliminare” concluso dalle parti “non esauriva il suo contenuto precettivo nell’obbligarsi ad obbligarsi” ma conteneva anche l’obbligo ad addivenire alla conclusione del contratto definitivo. Ed allora la Cassazione, molto argutamente, ha ritenuto che “alla luce del principio generale di cui all’art. 1419 I° co. c.c., appariva difficile ritenere che la nullità dell’obbligo di concludere un contratto preliminare, riproduttivo di un contratto preliminare già perfetto, potesse travolgere anche l’obbligo, che si potrebbe ritenere finale, di concludere il contratto definitivo” rimettendo, quindi, la soluzione della questione (per contratto giurisprudenziale) alle Sezioni Unite (ordinanza interlocutoria 12.03.2014 n. 5779). Invece è sicuramente inidonea, per gli effetti di cui si discute, la così detta minuta o puntuazione che, secondo la dottrina e la giurisprudenza identificano un semplice documento ricognitivo di intese raggiunte, con mera funzione di fissare per scritto lo stato delle trattative, utile come memoria per il prosieguo delle stesse ma inidoneo a rappresentare quel vincolo giuridico capace di obbligare le parti ed eseguibile in forma specifica e, tutto al più sufficiente, per fordare una responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. (così Trib. Genova 15.05.08; Trib. Salerno 05.02.13 n. 330; Cass. 14.05.13 n. 11539; Cass. 18.01.12 n. 667).

Il conferimento di un incarico formale per l’attività mediatoria, al contrario rileva solo agli effetti della misura della provvigione e sulla sua ripartizione a carico delle parti contraenti in quanto, solo in mancanza di un accordo tra le stesse, tale misura viene determinata facendo riferimento alle tariffe professionali o agli usi o, in via sussidiaria, dal Giudice secondo equità (così testualmente Cass. 06.01.79 n. 45).

Un ultima annotazione va fatta in ordine alla vexata quaestio del diritto alla provvigione nel caso di attività mediatoria svolta da una società ed in relazione al possesso dei requisiti richiesti dalla L. 1989/39 (iscrizione nell’apposito ruolo apposito ruolo). Orbene la Cassazione ha chiarito (da ultimo 27.10.14 n. 22778, in senso conforme v. Cass. 8708/2009), che i requisiti di iscrizione a ruolo debbono essere posseduti dal legale rappresentante pro-tempore ovvero da colui che è preposto a tale ramo di attività e non anche dagli ausiliari della società stessa purché essi svolgano attività accessoria e strumentale a quella di vera e propria mediazione e non risultino assegnati allo svolgimento di attività mediatizia , della quale compiono atti di rilevanza esterna, con efficacia nei confronti dei soggetti intermediari, impegnativi per l’ente da cui dipendono. Una importante precisazione va fatta, per finire, in merito alla prescrizione del diritto alla provvigione che, come emerge dal combinato disposto degli artt.1755 e 2950 C.C., si estingue per effetto del mancato esercizio entro l’anno dalla conclusione dell’affare. Non sempre detto evento, però, coincide con quello da cui far decorrere il termine annuale, potendo accadere, come spesso avviene, che le parti, messe in contatto dal mediatore, non comunicano a quest’ultimo l’avvenuta conclusione dell’affare..In detta ipotesi il mediatore non potrebbe invocare la sospensione della prescrizione, ex art. 2941 C.C. in ragione della propria ignoranza per non essere stato, al riguardo, notiziato dalle parti, occorrendo che essa sia stata determinata dal comportamento doloso di quest’ultime, consistente in una loro attività intenzionale e fraudolenta (v. Trib Napoli 19/10/2004; Tribunale Reggio Emilia 29.01. 2009 ;Cass. 1998/11348 ; Cass.2002/2071 ; Cass. 2011/24444).
29/09/2015 14:30
 
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Giurisprudenza, l’incarico è scaduto, che si fa con la provvigione? (Fonte: quotidianocasa.it - 02/11/2011)

L'incarico conferito a un Agente immobiliare per la vendita di un immobile continua ad avere i suoi effetti anche dopo la scadenza. Ma occorre dimostrare che ci sia stato nesso causale tra l'intervento del mediatore e la conclusione dell'affare. Attenzione però, basta la firma di presa visione perché la provvigione sia dovuta.

Chiede un lettore, F.:

Salve,

riguardo all’argomento in oggetto, volevamo sapere se la firma di presa visione di un immobile rilasciata ad un’agenzia immobiliare vincola l’acquirente al pagamento della provvigione anche dopo che la suddetta agenzia non ha più il mandato dal venditore per quell’immobile.

In particolare, se il venditore non rinnovando il mandato all’agenzia immobiliare, decide di vendere in proprio quell’immobile, pubblicando su internet il suo recapito telefonico, può l’acquirente rivolgersi direttamente al proprietario senza dover pagare nulla all’agenzia (con la quale l’acquirente ha visionato la prima volta l’immobile, ma attraverso la cui mediazione non si è concluso l’affare)?

Grazie, cordiali saluti

Risponde l’Avvocato Massimo Chimienti

Egregio Signore, se lei conclude l’affare dopo che l’agenzia le ha mostrato l’immobile e di ciò, come nel suo caso, vi è traccia, la provvigione è dovuta.

Cordialmente.

Avv. Massimo Chimienti
29/09/2015 14:36
 
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L'agenzia immobiliare si paga anche a mandato scaduto (Fonte: casa24.ilsole24ore.com - di Augusto Cirla - 24/11/2012)

Il contratto di compravendita di un immobile difficilmente si conclude con il semplice e immediato incontro delle volontà del venditore e dell'acquirente. È quasi sempre il cosiddetto "agente immobiliare" a mettere in contatto il venditore e il compratore. È il mediatore, in altre parole, che consente di portare a termine la conclusione dell'affare.

La legge non fornisce una descrizione del contratto di mediazione, ma definisce il mediatore come colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza (articolo 1754 Codice civile). Gli elementi che caratterizzano la figura del mediatore sono dunque l'indipendenza e l'autonomia dalle parti contraenti: non si può parlare di mediazione se chi opera è portatore dell'interesse di una delle parti. Neppure può qualificarsi mediatore colui che è legato a una delle parti da un rapporto di collaborazione, mancando il requisito della imparzialità. Egli deve perseguire gli interessi di entrambe le parti in pari misura, senza tutelare l'una più dell'altra e senza nascondere le circostanze rilevanti ai fini della conclusione dell'affare.

Dalla serietà e dalla professionalità del mediatore dipende spesso il buon esito della compravendita. Da qui l'esigenza di una regolamentazione severa dell'esercizio dell'attività di mediatore immobiliare, soddisfatta dalla legge n.39/89 e dal Dlgs 59/2010 che hanno subordinato lo svolgimento di questa professione a precisi requisiti. L'attività di mettere in relazione le parti può consistere nella mera indicazione del nome dell'altro contraente o nella semplice segnalazione dell'affare o può concretarsi in interventi durante le trattative finalizzate a realizzarne la conclusione, formalizzando ad esempio la sottoscrizione da parte dell'acquirente di una proposta di acquisto. Insomma, una serie di attività che comunque impegna il mediatore sin dal momento del conferimento dell'incarico. Ciò che conta è che il suo intervento abbia avuto un'efficacia determinante, così da potere senza dubbio affermare che senza di esso le parti non avrebbero concluso l'affare.

Il diritto del mediatore alla provvigione (articolo 1755 Codice civile) e l'obbligo di informazione previsto a suo carico (articolo 1759 Codice civile) sorgono nei confronti di tutte le parti intermediate. Per potere pretendere la provvigione, il mediatore deve essere iscritto nel registro istituito presso la Cdc (o nel Rea, nel caso di società), talché, pur in presenza di concreta attività svolta per la conclusione dell'affare, viene meno il dovere di corrisponderla (Cassazione n. 19066/06). La legge 39/89, all'articolo 6, è infatti sufficientemente rigorosa nel disporre che in difetto dell'inscrizione il mediatore non solo non matura alcun diritto, ma è addirittura tenuto a restituire le somme eventualmente percepite.

Fermo tale presupposto, la provvigione è dovuta quando l'affare viene concluso per effetto dell'intervento del mediatore. Attenzione però, perché il mediatore ha diritto a vedersi riconosciuta la provvigione solamente se la sua attività viene svolta in modo palese e se le parti abbiano inteso avvalersi della sua opera o del suo intervento (Cassazione n. 12390/11). Affinché possa nascere il diritto alla provvigione è dunque necessario che l'attività di mediazione sia resa nota alle parti. La mediazione, in buona sostanza, non trova neppure minima tutela qualora sia svolta in modo occulto o a sorpresa.

Quanto al concetto di "conclusione dell'affare", il diritto alla provvigione sorge anche quando il mediatore abbia svolto un'attività marginale, apparentemente di poco conto. Non rileva quindi (vedi quesito in pagina), che la conclusione sia avvenuta dopo la scadenza dell'incarico conferitogli, purché il mediatore abbia messo in relazione i contraenti con un'attività casualmente rilevante ai fini della conclusione del medesimo (Cassazione n. 23842/ 08). Del pari, la provvigione è dovuta anche se il contratto preliminare fra le parti è firmato a mandato scaduto e poi risolto senza che il definitivo sia mai stato sottoscritto (Cassazione n. 22273/10).
01/10/2015 11:49
 
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Il diritto alla provvigione (Fonte: guidelegali.it - Avv. Federico Marrucci da Lucca, LU)

...Quanto tempo ha a disposizione l'agente immobiliare per chiedere il pagamento della provvigione?

In applicazione all'art. 1183, comma 1, C.c. ("tempo dell'adempimento"), ove non sia determinato il tempo in cui la provvigione deve essere corrisposta, questa deve essere pagata nel momento in cui l'affare è concluso.

In altri termini, il pagamento della provvigione al mediatore coincide con quella del momento del perfezionamento della conclusione dell'affare.

Il termine di prescrizione del diritto del mediatore alla provvigione è di un anno (art. 2950 C.c.), dunque inizia a decorrere dal giorno in cui è stato concluso l'affare (ad esempio dal momento in cui vi stata la stipulazione del rogito notarile del trasferimento del bene).

Cosa succede se le parti abbiano occultato al mediatore la conclusione dell'affare?

La prescrizione è sospesa, qualora le parti messe in relazione dal mediatore abbiano occultato a costui la conclusione dell'affare.
Deve trattarsi di un comportamento fraudolento, diretto intenzionalmente a nascondere al mediatore l'esistenza del suo credito, non essendo sufficiente un comportamento meramente omissivo (Cass., n° 11348 dell'11 novembre 1998).
In questo caso, la prescrizione comincia a decorrere dalla data in cui il mediatore ha scoperto la frode.

In breve, la parte richiedente la mediazione, uniformandosi ai principi di lealtà e correttezza, non deve provocare il lavoro a vuoto dell'agente immobiliare e tanto meno tentare di eludere i diritti che questi abbia maturato per l'avvenuta acquisizione degli elementi necessari e sufficienti al fine della conclusione dell'affare (Cass., n° 2071/2002)...
01/10/2015 12:30
 
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Diritto alla provvigione del mediatore: le sentenze di Cassazione (Fonte: confappi.it)

Sommario:

Per aver diritto alla provvigione, basta segnalare l’esistenza dell’affare e mettere in contatto i contraenti
Il diritto nasce alla stipulazione del compromesso (preliminare)
Deve esserci un rapporto casuale tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare
L’attività del mediatore non deve essere per forza il fattore determinante per la conclusione dell’affare

Non occorre che tra venditore e acquirente si firmi un contratto

Non basta che le parti siano state messe in contatto
Non occorre un incarico espresso
Condizione è l’imparzialità
E’ possibile che una delle due parti nel contratto sia sostituita da un’altra
Quando si prescrive il diritto alla provvigione
Divisione della provvigione tra più mediatori: quando

Per aver diritto alla provvigione, basta segnalare l’esistenza dell’affare e mettere in contatto i contraenti

Cassazione, 17/5/02 n. 7253
Nella mediazione, anche la semplice attività consistente nella segnalazione dell'affare, legittima il diritto alla provvigione, quando tale attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, successivamente valorizzata dalle parti.

Cassazione, 13/8/97 n. 7554
Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'opera dallo stesso svolta senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative fino all'accordo definitivo, con la conseguenza che anche la semplice attività consistente nel reperimento e nell'indicazione dell'altro contraente, o nella segnalazione dell'affare, legittima il diritto alla provvigione, semprechè tale attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore e poi valorizzata dalle parti.

Cassazione, 16/1/97 n. 392
Ai fini del diritto del mediatore alla provvigione l'art. 1755 c.c. non richiede l'intervento del mediatore in tutte le fasi delle trattative sino all'accordo definitivo, ma è sufficiente che la conclusione dell'affare possa ricollegarsi all'opera da lui svolta per l'avvicinamento dei contraenti, con la conseguenza che anche la sola attività consistente nel ritrovamento o nell'indicazione dell'altro contraente o nella segnalazione dell'affare legittima il diritto alla provvigione, sempre che tale attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore e poi valorizzata dalle parti. L'imparzialità del mediatore non consiste in una generica ed astratta equidistanza dalle parti, né può escludersi per il solo fatto che il mediatore prospetti a taluna di queste la convenienza dell'affare, ma va intesa, conformemente al dettato dell'art. 1754 c.c., come assenza di ogni vincolo di mandato, di prestazione d'opera, di preposizione institoria e di qualsiasi altro rapporto che renda riferibile al dominus l'attività dell'intermediario.

Il diritto nasce alla stipulazione del compromesso (preliminare)

Cassazione, 10/5/02 n. 6731
Anche la conclusione di un preliminare di compravendita dà diritto alla provvigione, per il mediatore, se l'affare voluto dalle parti da lui messe in contatto è una compravendita, salvo che sussista un'originaria causa di inefficacia dello stesso. Anche il successivo scioglimento del rapporto esclude il diritto del mediatore alla provvigione, ma solo se si ricolleghi a cause coeve, che il mediatore sapeva avrebbero potuto produrlo. Esattamente, in particolare, è affermato il diritto del mediatore alla provvigione nell'ipotesi in cui le parti abbiano sottoscritto un preliminare, successivamente risolto consensualmente, avente a oggetto un immobile realizzato in difformità della licenza edilizia, qualora risulti che sussistevano le condizioni per il rilascio di una concessione in sanatoria ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 47 del 1985. (Opera che, sebbene realizzata in parziale difformità dal progetto inizialmente approvato, non sia in contrasto con la disciplina urbanistica che avrebbe dovuto essere osservata e con quella in atto al momento della presentazione della domanda di sanatoria).

Cassazione, 9/10/01 n. 12361
Per conclusione dell’affare dalla quale, à norma dell’articolo 1755 del Cc, sorge il diritto alla provvigione del mediatore, deve intendersi il compimento di un’operazione nè di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l’adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento. del danno, sicché anche la stipulazione di un contratto preliminare è sufficiente a far sorgere tale diritto senza doversi attendere la conclusione del contratto definitivo.

Cassazione, 18/5/01 n. 6827
Al fine di riconoscere il diritto del mediatore alla provvigione l’affare deve ritenersi concluso quando tra le parti, poste in relazione dal mediatore, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione del contratto; pertanto, anche un contratto preliminare di vendita di cosa altrui deve essere considerato atto conclusivo dell’affare, in quanto tale tipo di contratto non é né nullo né annullabile, importando solo l’obbligo a carico del venditore di acquistare dal proprietario il bene per trasmetterlo al compratore che ne diviene proprietario nel momento in cui il venditore ne consegue la proprietà.

Cassazione, 11/5/01 n. 6599
Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno, con la conseguenza che anche la stipula di un contratto preliminare può legittimamente considerarsi come “atto conclusivo dell’affare”.

Cassazione, 11/1/01 n. 325
Ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando fra le parti poste in relazione dal mediatore siasi costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione del contratto.

Cassazione, 30/12/97 n. 13132
Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l'affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione del negozio, con la conseguenza che anche la stipula di un contratto preliminare può legittimamente considerarsi come "atto conclusivo dell'affare”, a nulla rilevando la qualità o la quantità del lavoro svolto dal professionista, il cui unico onere, onde ricevere il dovuto compenso, consiste, appunto, nel procurare il risultato della conclusione dell'affare.

Cassazione, 3/10/97 n. 9676
Al fine di riconoscere il diritto alla provvigione al mediatore ex art. 1755 c.c., l'affare deve ritenersi concluso quando tra le parti poste ' in relazione dal mediatore si sia validamente costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l'esecuzione del contratto; pertanto, anche un contratto preliminare di compravendita deve considerarsi atto conclusivo dell'affare, salvo che le parti abbiano inteso derogare alla disciplina legale attribuendo il diritto alla provvigione al momento della sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita.

Deve esserci un rapporto casuale tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare

Cassazione, 6/9/01 n. 11467
Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dallo stesso svolta, e, pur non essendo richiesto che tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, è tuttavia necessario che — anche quando il processo di formazione della volontà delle parti sia complesso e protratto nel tempo e altri soggetti si adoperino per la conclusione dell’affare — la “messa in relazione” da parte del mediatore costituisca pur sempre l’antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell’affare (nella specie la suprema corte ha confermato la sentenza d’appello che aveva escluso il diritto a provvigione in un caso in cui una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore era stata interrotta senza conclusione dell’affare, e la ripresa delle trattative era intervenuta successivamente, per effetto di iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate). L’affare, la cui conclusione per effetto dell’intervento del mediatore genera il diritto di quest’ultimo alla provvigione, deve intendersi in senso generico ed empirico, come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro complesso a realizzare un unico interesse economico, anche se con pluralità di soggetti; condizione perché sorga il diritto alla provvigione è l’identità dell’affare proposto con quello concluso, che non è esclusa quando le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione conclusiva, sempre che vi sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale (nella specie, il mediatore aveva messo in contatto due società per la vendita di un immobile, successivamente detto bene era stato venduto ad una terza società, che lo aveva poi concesso in leasing alla prima aspirante compratrice; il giudice del merito ha ritenuto insussistente il diritto del mediatore alla provvigione, non ravvisando identità tra l’affare intermediato e quello concluso, essendo irrilevante che la prima società avesse la disponibilità dell’immobile, traendo questa origine da locazione finanziaria; la suprema corte, in applicazione del suesposto principio ha confermato detta decisione).

Cassazione, 2/8/01 n. 10606
Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dallo stesso svolta, e, pur non essendo richiesto che tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, è tuttavia necessario che — anche quando il processo di formazione della volontà delle parti sia complesso e protratto nel tempo e altri soggetti si adoperino per la conclusione dell’affare — la messa in relazione da parte del mediatore costituisca pur sempre l’antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell’affare (nella specie la suprema corte ha confermato la sentenza d’appello che aveva escluso il diritto a provvigione in un caso in cui una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore era stata interrotta senza conclusione dell’affare, e la ripresa delle trattative era intervenuta successivamente, per effetto di iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate).

Cassazione, 21/11/00 n. 15014
Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dello stesso svolta, senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative, fino all’accordo definitivo, con la conseguenza che anche la semplice attività consistente nel reperimento e nella indicazione dell’altro contraente, o nella segnalazione dell’affare, legittima il diritto alla provvigione, sempre che la descritta attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, e poi valorizzata dalle parti; né, una volta concluso l’affare, assume rilevanza, sotto il profilo della incidenza sulla efficienza causale esclusiva o concorrente dell’opera di detto mediatore, la assoluta identità delle condizioni alle quali la trattativa sia stata portata a termine solo successivamente, e con l’intervento di altro mediatore, non essendo un unico elemento di parziale differenziazione, da solo, idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra l’attività originariamente svolta dal soggetto che per primo aveva messo le parti in relazione tra loro e l’affare tra le stesse concluso (nella specie, in applicazione di tale principio, la suprema corte ha cassato la sentenza di appello che, in difformità della decisione di primo grado, aveva escluso la sussistenza del diritto alla provvigione in capo al mediatore che aveva messo in relazione, per la compravendita di un appartamento, due soggetti, i quali, per iniziale disaccordo sul prezzo, avevano concluso l’affare solo in un momento successivo, e dopo aver affidato al trattativa ad altro mediatore, a seguito di una modesta riduzione, da centotrenta a centoventitrè milioni, del prezzo dell’immobile). Né l’intervallo di tempo tra la conclusione del contratto e le prime trattative, né il successivo interessamento anche di altri soggetti, sono, in sé, circostanze idonee ad escludere che l’attività iniziale, espletata da colui che pretende la provvigione, costituisca l’antecedente necessario della conclusione dell’affare, e perciò non interrompono il nesso di causalità tra quella e questa. Gli usi normativi, contemplanti dall’art. 1 n. 4 disp. prel. c.c. sono norme giuridiche che il giudice ha l’obbligo si applicare se le conosce, ma non ha l’onere di indagare personalmente per accertarne l’esistenza disponendo ex officio attività istruttorie per sopperire all’inerzia delle parti.

Cassazione, 15/5/00 n. 6220
In tema di mediazione, non possono essere considerati obbligati al pagamento della provvigione ex art. 1754 e 1755 c.c., i soggetti che non hanno partecipato alla conclusione dell’affare.

Cassazione, 25/2/00 n. 2136
Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’opera dallo stesso svolta, senza che sia necessario il suo intervento in tutte le fasi delle trattative, fino all’accordo definitivo, con la conseguenza che anche la semplice attività consistente nel reperimento e nella indicazione dell’altro contraente, o nella segnalazione dell’affare, legittima il diritto alla provvigione, sempre che la descritta attività costituisca il risultato utile di una ricerca fatta dal mediatore, e poi valorizzata dalle parti; né, una volta concluso l’affare, assume rilevanza, sotto il profilo della incidenza sulla efficienza causale esclusiva o concorrente dell’opera di detto mediatore, la assoluta identità delle condizioni alle quali la trattativa sia stata portata a termine solo successivamente, e con l’intervento di altro mediatore, non essendo un unico elemento di parziale differenziazione, da solo, idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra l’attività originariamente svolta dal soggetto che per primo aveva messo le parti in relazione tra loro e l’affare tra le stesse concluso (nella specie, in applicazione di tale principio, la suprema corte ha cassato la sentenza di appello che, in difformità della decisione di primo grado, aveva escluso la sussistenza del diritto alla provvigione in capo al mediatore che aveva messo in relazione, per la compravendita di un appartamento, due soggetti, i quali, per iniziale disaccordo sul prezzo, avevano concluso l’affare solo in un momento successivo, e dopo aver affidato la trattativa ad altro mediatore, a seguito di una modesta riduzione, da centotrenta a centoventitrè milioni, del prezzo dell’immobile).

L’attività del mediatore non deve essere per forza il fattore determinante per la conclusione dell’affare

Cassazione, 5/7/01 n. 9078
Il contratto del mediatore alla provvigione deve essere riconosciuto anche quando l’attività da lui svolta in concreto non sia qualificabile quale fattore esclusivo e determinante la conclusione dell’affare, risultando sufficiente invece che, rispetto al negozio concluso dalle parti, l’attività di intermediazione assuma il carattere indefettibile della completezza e non venga per contro in rilievo, una volta stipulato il negozio medesimo, la contestazione dell’esistenza di originari ripensamenti di una delle parti del rapporto di mediazione, da ritenersi inidonei ad incidere sull’efficienza causale, esclusiva o concorrente dell’opera del mediatore, ovvero all’eventuale successivo intervento di altro intermediario nel corso delle stesse trattative.

Cassazione, 5/7/01 n. 9078
Al mediatore spetta il compenso di provvigione pur in assenza di un incarico specifico, purché sussista il rapporto di causalità tra il suo operato e la conclusione dell’affare; il diritto del mediatore deve essere riconosciuto anche quando l’attività da lui svolta in concreto non sia qualificabile come fattore esclusivo determinante la conclusione dell’affare, risultando sufficiente, invece che, rispetto al negozio concluso dalle parti, l’attività di intermediazione assuma il carattere indefettibile della completezza e non venga in rilievo, una volta stipulato il negozio medesimo, la contestazione dell’esistenza di originari ripensamenti di una delle parti del rapporto di mediazione, ovvero dell’eventuale successivo intervento di altro intermediario nel corso delle stesse trattative.

Cassazione, 11/6/99 n. 5760
Per ottenere il pagamento della provvigione, il mediatore ha l’onere di provare l’esistenza d’un valido nesso causale tra l’attività mediatoria e la conclusione dell’affare; la prova di tale nesso causale non può tuttavia essere fornita semplicemente dimostrando la successione cronologica tra attività del mediatore e conclusione dell’affare, in base al paralogismo post hoc, ergo propter hoc.

Cassazione, 23/4/99 n. 4043
In tema di mediazione, l’accertamento della esistenza di un nesso di causalità tra l’affare concluso dopo la scadenza del mandato e l’attività svolta dal mediatore nel corso del mandato stesso costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, sottratto al sindacato di legittimità se congruamente motivato.

Cassazione, 28/7/97 n. 7048
Il diritto del mediatore alla provvigione va riconosciuto anche quando la attività da lui svolta in concreto non sia qualificabile come fattore esclusivo o determinante della conclusione dell'affare, risultando sufficiente, invece, che, rispetto a quest'ultimo, la menzionata attività presenti il solo, indefettibile carattere della completezza, e non assumendo, per contro, rilievo, una volta stipulato il negozio, la contestazione dell'esistenza di originari ripensamenti di una delle parti del rapporto di mediazione (da ritenersi inidonei ad incidere sull'efficienza causale, esclusiva o concorrente, dell'opera del mediatore), ovvero dell'eventuale, successivo intervento di altro intermediario nel corso delle stesse trattative.

Non occorre che tra venditore e acquirente si firmi un contratto

Cassazione, 28/6/01 n. 8850
Il diritto del mediatore alla provvigione, ex art. 1755 c.c., deve essere riconosciuto in relazione alla conclusione dell’affare e non già in relazione alla conclusione del relativo negozio giuridico tra le stesse parti, e permane anche se le parti sostituiscono altri a se stesse nella stipulazione del contratto; in tal caso, peraltro, debitore della provvigione resta pur sempre la parte originaria (essendo costei la persona con cui il mediatore ha avuto rapporti), con la conseguenza che nessuna efficacia interruttiva della prescrizione del diritto alla provvigione stessa può attribuirsi, rispetto alla nuova parte, all’eventuale atto di costituzione in mora compiuto nei confronti della parte originaria, in assenza di ogni vincolo di solidarietà tra le predette.

Cassazione, 22/5/01 n. 6963
Il consenso necessario per ritenere concluso il contratto di mediazione ove sia frutto di una specifico incarico conferito al mediatore, può essere manifestato validamente anche per facta concludentia come quando la parte si avvalga consapevolmente dell’opera del mediatore ai fini della conclusione dell’affare.

Non basta che le parti siano state messe in contatto

Cassazione, 15/5/01 n. 5703
In tema del diritto del mediatore alla provvigione, quando una prima fase di trattative avviate con l’intervento del mediatore non dia risultato positivo, in tanto può affermarsi che la conclusione dell’affare cui le parti siano successivamente pervenute é indipendente dall’intervento del mediatore che le abbia poste originariamente in contatto in quanto la ripresa delle trattative sia intervenuta per effetto d’iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate, sicché possa escludersi l’utilità dell’originario intervento del mediatore.

Cassazione, 20/2/97 n. 1566
Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'opera dallo stesso svolta, e, pur non essendo richiesto che tra l'attività del mediatore e la conclusione dell'affare sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, è tuttavia necessario che -anche quando il processo di formazione della volontà delle parti sia complesso e protratto nel tempo e altri soggetti si adoperino per la conclusione dell'affare - la "messa in relazione" da parte del mediatore costituisca pur sempre l'antecedente necessario per prevenire, anche attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell'affare (nella specie, la suprema corte ha confermato la sentenza d'appello che aveva escluso il diritto a provvigione in un caso in cui una prima fase di trattative avviate con l'intervento del mediatore era stata interrotta senza conclusione dell'affare, e la ripresa delle trattative era intervenuta successivamente per effetto di iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate).

Non occorre un incarico espresso

Cassazione, 30/1/01 n. 1290
In tema di mediazione, ove sia concluso l’affare tra le parti comunque messe in contatto da un intermediario, il diritto di quest’ultimo alla provvigione sorge anche in assenza di un incarico espresso o ricostruibile, purché l’attività svolta dal richiedente detta provvigione abbia avuto efficacia concausale ai fini della conclusione dell’affare.

Cassazione, 11/5/98 n. 4742
Il diritto alla provvigione sorge per il mediatore anche in assenza di un incarico specifico purché sussista il rapporto di causalità tra l'operato del mediatore e la conclusione dell'affare, come nel caso in cui le parti siano state poste in relazione fra loro a tal fine.

Cassazione, 12/9/97 n. 9004
Il diritto del mediatore, alla provvigione non postula l'esistenza di uno specifico incarico né può essere escluso per il fatto che il ruolo di mediatore concretamente assunto da chi rivendica il compenso provvigionale non sia emerso sin dal primo contatto fra le parti, se successivamente tale ruolo risulti chiaro, potendo negarsi il diritto alla provvigione solo per mancanza di nesso di causa fra l'attività svolta e la conclusione dell'affare.

Condizione è l’imparzialità

Cassazione, 6/7/99 n. 6956
Il rapporto di mediazione ricorre quando intercorra un’interposizione imparziale tra contraenti, diretta a <>, appianandone le divergenze e favorendone l’intesa, alla cui sola conclusione è connesso il diritto al compenso.

E’ possibile che una delle due parti nel contratto sia sostituita da un’altra

Cassazione, 21/5/98 n. 5080
Al fine di riconoscere il diritto del mediatore alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando tra le parti poste in relazione dal mediatore si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’adempimento del contratto, indipendentemente dal fatto che, a tal fine, siano formulate concrete rivendicazioni in via giudiziale. Il mediatore ha diritto al pagamento della provvigione nei confronti delle parti che conclusero l’affare, ove si verifichi la sostituzione di una di esse nella stipulazione del contratto, indipendentemente dal concreto coinvolgimento della parte sostituita nella ricerca e nella sostituzione del diverso contraente.

Quando si prescrive il diritto alla provvigione

Cassazione, 13/4/98 n. 1221
Il termine annuale di prescrizione previsto dall'art. 2950 c.c., decorre dal momento dell'intervenuta conclusione dell'affare, poiché è esattamente in tale momento che sorge il diritto del mediatore a essere retribuito per l'attività da lui stesso espletata.

Divisione della provvigione tra più mediatori: quando

Cassazione, 21/6/00 n. 8443
Il diritto alla divisione tra più mediatori sorge, a norma dell’art. 1758 c.c., soltanto quando essi abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, ma giovandosi l’uno dell’attività espletata dall’altro, alla conclusione dell’affare, in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell’affare, e sempre che si sia trattato dello stesso affare, sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo.

Cassazione, 4/2/00 n. 1233
Il diritto alla provvigione spetta a chi abbia prestato effettivamente opera di mediazione e, quindi, abbia cooperato a mettere in relazione i soggetti del contratto principale; tale cooperazione non si esplica - e pertanto non sussiste la fattispecie contrattuale della mediazione - nel caso in cui un soggetto si limiti a segnalare l’affare ad altri, il quale poi provvede a ricercare il contraente ed a stabilire il contatto tra le parti.

Cassazione, 13/2/98 n. 1564
Il diritto alla divisione della provvigione tra più mediatori sorge a norma dell'art. 1758 c.c. non soltanto quando essi abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa alla conclusione dell'affare, ma anche quando abbiano agito successivamente ed in modo autonomo, purché l'uno di essi si sia giovato dell'apporto utile dell'altro, limitandosi da parte sua ad integrarlo ai fini del raggiungimento dell'accordo in modo da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i singoli e separati interventi dei vari mediatori e la conclusione dell'affare.

Cassazione, 7/8/97 n. 7311
In materia di mediazione, l'art. 1758 c.c. non ha carattere di disposizione speciale rispetto all'art. 1755, per cui, anche quando la conclusione dell'affare sia stata determinata dall'attività intermediatrice di più persone, soggetto obbligato al pagamento della provvigione è sempre e soltanto ciascuna delle parti che hanno concluso l'affare, mentre la pluralità dei mediatori comporta, data la divisibilità della obbligazione, l'applicazione della regola di cui all'art. 1314 c.c.; pertanto, poiché ciascuno dei mediatori, ai sensi del cit. art. 1758 c.c., ha diritto ad una quota della provvigione, l'obbligato può considerarsi liberato solo quando abbia corrisposto a ciascuno la quota spettantegli, salvo che sia stata pattuita la solidarietà dell'obbligazione dal lato attivo, nel qual caso è liberatorio il pagamento dell'intera provvigione ad uno solo dei mediatori e gli altri hanno azione esclusivamente contro quest'ultimo per ottenere la propria parte.
[Modificato da marco--- 01/10/2015 13:54]
29/11/2016 19:27
 
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1- a fine incarico come faccio a sapere quali sono le persone che ha presentato l' agenzia in modo di essere sicuro di vendere ad una persona che non ha mai avuto contatti con l' agenzia?

2- se ho capito bene basta che l' agenzia segnali l' appartamento ad un privato che scatta la provvigione. non mi sembra che il venditore sia tutelato.
es. se io faccio l' inserzione su un sito di annunci gratis e l'a. mi copia l' annuncio con il numero di telefono dell' a. il compratore chiama il numero che e' dell' a. la quale da il numero del privato in questo caso ha messo in contatto per cui gli spetta la provvigione?
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