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Le fasi del mercato immobiliare

Ultimo Aggiornamento: 17/01/2012 07:18
17/01/2012 07:18
 
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Breve sintesi su genesi e sviluppo della crisi.

di Francesco Buoro | 15 gennaio 2012 | In: Quaderno n.18 / 2012

“It’s a crisis if everybody calls it a crisis”.
Morgan Downey – managing director, LaSalle Global Fund Services Europe, 2007.

L’attuale crisi economica e finanziaria trae di base origine da una bolla immobiliare. A causa di diversi fattori, nei primi anni del 2000 l’interesse di famiglie e speculatori ha iniziato a concentrarsi sugli investimenti in immobili, per il conseguimento di una “casa di proprietà”, o di un “investimento sicuro che non perde mai di valore”. Il prezzo di questa attività è progressivamente aumentato, gonfiandosi oltre i fondamentali, per effetto di una eccessiva offerta di credito (a sua volta riconducibile a squilibri di sistema, a politiche monetarie “extremely accommodative”, all’innovazione finanziaria, a una regolamentazione e vigilanza permissive), di fattori di tipo psicologico (propensione al consumo, sottovalutazione del rischio, eccessiva fiducia, irrational exuberance) e di altro tipo (atteggiamento favorevole delle autorità di governo; incentivazione di tipo fiscale). Progressivamente, data la stagnazione dei salari e il contemporaneo incremento del valore degli immobili, fasce crescenti di popolazione hanno iniziato a utilizzare la propria abitazione come collaterale per indebitarsi, anche oltre il mutuo originariamente contratto, al fine di incrementare i propri consumi. Nel 2005 l’”Household Savings Rate” è divenuto negativo per la prima volta dalla depressione degli anni ‘30, riflettendo comunque una media tra i valori delle fasce ricche della popolazione (che tesaurizzavano) e quelle medie e povere (che evidentemente avevano un indice di risparmio fortemente negativo anche se differenziato, a parità di reddito, in funzione di diverse variabili), con esiti favorevoli, ancorché effimeri, sulla crescita economica (l’incidenza delle “Personal Consumption Expenditures” oscilla attorno al 70% del PIL6).
Una percentuale molto elevata del PIL si presentava come riconnessa al settore immobiliare7. Tuttavia questa situazione si reggeva sul presupposto di un indeterminato aumento di valore degli immobili, che nel periodo 01/1996-01/2006 avevano conseguito incrementi gonfiati (nel periodo citato del 190,57% secondo lo US S&P/Case-Shiller HPI – 10 city composite8) e slegati da dinamiche reali fondamentali.
A metà 2006 il sistema ha iniziato a presentare problemi. I prezzi hanno iniziato a rallentare e a flettere e contestualmente si è manifestato un sensibile incremento delle insolvenze, in particolare nell’ambito dei mutui subprime (a qualità secondaria). Progressivamente, un numero crescente di mutuatari si è trovata con un valore residuo del mutuo da pagare superiore al valore dell’immobile di proprietà e, in forza della caratteristica non recourse della stragrande maggioranza dei mutui americani (per la quale i mutuanti, nell’eventualità di un’insolvenza, possono rivalersi solo sulla casa), ha iniziato a cedere la casa ai finanziatori, accentuando il fenomeno in atto. Inoltre, le insolvenze hanno cominciato ad avere riscontri nell’ampio sistema di derivati che faceva capo alle cartolarizzazioni, la cui valutazione scontava una sottostima del rischio. Tali riscontri sono emersi secondo un processo inizialmente sottovalutato, fino alla prima ondata di svalutazioni del luglio 2007. Questa, assieme al contestuale default di due hedge fund di Bear Stearns ha innescato un circolo vizioso, che è esploso a settembre 2008, con esiti di crollo nel valore degli strumenti finanziari e crisi di liquidità. Tale situazione può essere sintetizzata dalla seguente immagine.

Figura : Circolo vizioso innescato dalla crisi dei mutui.

Fonte: Baily M. N., Elmendorf D. W. e Litan R. E. (2008), p. 51.

All’innescarsi del panico, i titoli da cartolarizzazione hanno iniziato a non avere più mercato e ad essere rifiutati anche come collaterale di operazioni di finanziamento. Il costo del denaro ha iniziato ad aumentare, riflettendo rischi di liquidità e credito. Gli intermediari, la cui leva finanziaria era costantemente aumentata negli ultimi anni (in particolare mediante debito a breve) hanno subìto forti ripercussioni in termini di liquidità. Si è assistito a crescenti problematiche di rinnovo del debito. La liquidazione degli attivi sul mercato ha alimentato la sfiducia e depresso i valori degli strumenti finanziari e il mercato dei derivati ha amplificato le problematiche in atto.
Progressivamente, ci si è trovati di fronte non solo ad una crisi finanziaria, ma anche ad una crisi economica. I contraccolpi hanno interessato in primo luogo il settore dell’edilizia e il settore immobiliare commerciale, tuttavia la riduzione della domanda causata dalla minor capacità di debito e anche di reddito (ad. es. per aumento della disoccupazione) ha avuto un effetto generale. L’indebolimento della domanda e il congelamento del credito hanno influenzato il ciclo delle scorte, con aziende che hanno ridotto al minimo le giacenze e, nel momento in cui la crisi si è propagata all’estero, ulteriori effetti si sono avuti in termini di esportazioni. Le insolvenze in ogni tipo di finanziamento hanno iniziato un processo di incremento che le avrebbe portate a toccare picchi senza precedenti.
La fase di criticità crescenti, ma non esplosive (erano ancora molti a minimizzare, in particolare le autorità politiche e monetarie) si è trascinata per oltre un anno, fino all’evento clamoroso, rappresentato dal default di Lehman Brothers, avvenuto il 15 settembre 2008. Questo ha dato avvio al momento culminate della crisi e ha aperto la strada a politiche di intervento straordinarie, nonché alla sospensione dello IAS 39 sulla valutazione mark to market dei prodotti finanziari.
Dato questo quadro di riferimento, di seguito si considereranno il ruolo del settore finanziario e del settore immobiliare.
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