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Emergenza casa

Ultimo Aggiornamento: 30/01/2012 21:21
21/09/2009 21:31
 
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Emergenza casa a Roma, ecco cosa vuole chi occupa
da ilsalvagente
Il Coordinamento Lotta: serve il recupero degli stabili e scelte diverse.
Ultimo aggiornamento: 21/09/09
Serena Fiorletta

A una settimana dagli arresti di lunedì scorso a Roma, nella scuola occupata “8 marzo” alla Magliana, proseguono i lavori del tavolo tra i movimenti di lotta per la casa e la giunta Alemanno.
Si è aperto infatti pochi giorni fa in prefettura un tavolo interistituzionale sull'emergenza casa, un vertice - presieduto dal prefetto Giuseppe Pecoraro - che delineerà un programma condiviso per risolvere una questione aperta da anni e che ha raggiunto nelle ultime settimane dimensioni preoccupanti.
Occupazione uguale illegalità e pericolo é un’equazione facile da fare, mentre sono anni che i movimenti romani sono impegnati in un serio confronto con l’amministrazione capitolina per strappare politiche abitative adeguate all’emergenza alloggiativa romana.

I dati dell’emergenza
Ma quanto è vasto il fenomeno? “A Roma sono 36.000 le richieste di alloggi popolari, 4.000 le persone sotto sfratto, 2.000 quelle in emergenza abitativa, cioè senza una casa e che occupano spazi spontaneamente o organizzati dai movimenti. Altre 2.000 circa si trovano in assistenza alloggiativa, ossia nei residence o strutture private pagate dal Comune”, ci dice Gianmaria, uno dei rappresentati del Coordinamento Cittadino Lotta per la Casa.


Perché si occupa
Il Coordinamento - insieme ad altre realtà che nella capitale si occupano del medesimo problema - è impegnato da anni nell’affermare il diritto alla casa per tutti. Un lavoro che si conduce attraverso il dialogo con le istituzioni, ma anche attraverso l’occupazione di spazi pubblici in disuso, per costruire una prima risposta auto organizzata alla condizione di precarietà abitativa, e nello stesso tempo costringere le amministrazioni pubbliche ad affrontare, con politiche e finanziamenti adeguati, il problema dell’emergenza abitativa. “Noi siamo contro l’assistenza alloggiativa, a fronte di un Comune che spende soldi per i privati, per pagare i residence, o che eroga i bonus casa, chiediamo una politica differente, l’edilizia residenziale pubblica italiana è tra le quote più basse in Europa”, prosegue Gianmaria. Che sottolinea: “C’è stata la liberalizzazione del mercato degli affitti, la legge sull’equocanone è stata eliminata, e i prezzi sono saliti”.
Così come diversi problemi sono stati creati dalla cartolarizzazione. A cui si aggiungono gli affitti indiscriminati agli immigrati e agli studenti.

L’autorecupero: perché non “regolarizzare” le occupazioni?
Gianmaria ci spiega che la maggior parte delle occupazioni è rivolta al patrimonio immobiliare pubblico abbandonato, come le scuole, le caserme, le questure. “Abbiamo fatto inserire, all’interno dei bandi di assegnazione delle case popolari, una quota riservata a chi vive nelle occupazioni, che è una delle cose che vorremmo venisse conservata e lo abbiamo ribadito in quest’ultimo tavolo”.
La proposta politica di questi movimenti, poi diventata legge, è quella dell’autorecupero. “Una forma di privato sociale. Invece di costruire nuovi ghetti, dato che molte case popolari sono in posti isolati fuori Roma, noi proponiamo che l’edificio occupato resti di proprietà pubblica e che Comune e Regione si incarichino della ristrutturazione delle parti comuni (tetto, esterni, scale), mentre gli inquilini si costituiscono cooperativa e ristrutturano a loro spese i vani d’uso, con un sistema di mutuo in cui Comune e Regione fanno da garante”. Insomma “inventare l’abitare”, come dice il nome stesso della cooperativa nata dal Coordinamento per questo tipo di progetto.

Non solo stranieri, l’emergenza riguarda anche italiani
È bene poi tener presente che la composizione sociale di chi occupa è cambiata con il tempo. Se infatti è vero che ancora oggi ci sono in maggioranza famiglie straniere, non mancano le famiglie italiane, e anche giovani coppie e single. “Perché il problema della casa coinvolge tutti. Ormai anche il cosiddetto ceto medio non ce la fa a pagare questi affitti, la nostra lotta è per tutti, non è solo la lotta per la nostra casa”.


Chi c’è dietro le occupazioni non è uno sprovveduto
Sono organizzati e bene informati i movimenti che a Roma si occupano del problema, e lo dimostra il fatto che all’interno di un tavolo interistituzionale sono molto considerati e riconosciuti come parte sociale.
Le loro richieste si possono riassumere così: case popolari, l’autorecupero, calmiere rispetto al mercato degli affitti, recupero delle aree dismesse (come le caserme abbandonate). Va preso atto che dietro le occupazioni c’è un soggetto sociale e politico consapevole: sì composito ed eterogeneo, ma anche con idee molto chiare.
Una casa per tutti è la rivendicazione di un diritto che dovrebbe essere basilare. E in attesa degli esiti del tavolo che ha cominciato il suo lavoro, bene la decisione della giunta Alemanno, che si è impegnata a non effettuare più sgomberi delle strutture occupate della città.
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