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Maaaaaa Dubbbaaaaaiiii...

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2011 14:35
26/11/2009 21:59
 
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2009, fuga da Dubai La crisi arriva anche in paradiso


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Protettorato inglese sul finire del secolo, Dubai divenne uno dei sette Emirati Arabi Uniti nel 1971, ma la sua crescita vertiginosa inizia solo una quindicina di anni fa. E nel corso del tempo si lega sempre meno al petrolio, e sempre più al commercio e al turismo. Lo sviluppo immobiliare è frenetico, fondato su opere mirabolanti e anche più piccoli progetti, che, nell'insieme, arrivano a portare qui quasi un quarto di tutte le gru esistenti nel mondo.

Ma, nel corso del 2009, la crisi economica non ha lasciato scampo. I progetti di edilizia residenziale e commerciale, il cui completamento era previsto tra l'anno in corso e il 2012, sono in forse. Oltre il 50 per cento dei cantieri di Dubai ha subìto gravi ritardi (molti hanno chiuso). Persino la realizzazione del Burj Dabai - l'ultima meraviglia dell'emirato - è stata così accidentata, che la data dell'inaugurazione è stata annunciata e disdetta più volte.

Così il 45 per cento del personale impiegato nell'edilizia ha perso il lavoro. Si tratta per lo più di stranieri - provenienti principalmente da India, Pakistan e Bangladesh - da sempre pagati una miseria e confinati in "campi immensi, riservati alle abitazioni degli operai", e ora costretti a tornare nel Paese d'origine, senza alcuna garanzia.

Come racconta anche Nazzaro nel suo libro, a Dubai "non ci sono sindacati, lo sciopero non è ammesso, si lavora sotto il sole bruciante a 40 gradi". E, se ti licenziano, hai solo trenta giorni per trovarti un altro lavoro, altrimenti sei un clandestino e rischi l'arresto: ecco il perché delle auto abbandonate nel parcheggio dell'aeroporto, con tanto di chiavi inserite. Vero, però, che le morti sul lavoro sono meno che da noi: "Il governo è estremamente sensibile alle critiche. Di fronte ai dossier (come quello della ong Human Rights Watch del 2006, che denunciava la semischiavitù dei lavoratori impiegati nell'edilizia), che sono stati pubblicati in Occidente, hanno cominciato a preoccuparsi e a intervenire".

Il libro di Nazzaro racconta anche la Dubai dove "tutto è tenuto sotto controllo e le pene per chi "sgarra" sono aspre". Se guidi e hai bevuto, per esempio, "innanzitutto vieni frustato e, poi, ti fai almeno tre mesi di galera". Se emetti un assegno in bianco, "finisci dentro e ci resti finché non saldi il debito". Per non parlare dell'adulterio, "punito con il carcere". E questo nel Paese in cui la concentrazione di prostitute è la più alta del mondo.

Difficile, per un occidentale, comprendere certi meccanismi. "I primi tempi mi sentivo accerchiato" spiega ancora Nazzaro. "Poi ho scoperto che la parola tolleranza si può declinare in molti modi. E che questo Emirato ha rappresentato una grande speranza per tante persone, l'idea che un "incontro di civiltà" sia possibile. Ora la scommessa è che quella speranza non crolli miseramente a causa della crisi".
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