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Case invendute e prezzi a picco addio al mattone come bene rifugio

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2015 12:29
12/05/2012 15:14
 
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Ringraziando stelafe per questa segnalazione.

Gli italiani non amano più il mattone (Fonte: economy2050.it - 05/04/2012)

Il settore immobiliare, in stasi da anni, affronta un deciso periodo di contrazione, che durerà a lungo. Crolla il mercato di sostituzione e quello delle case per investimento.Una serie di elementi fanno ritenere che il mercato sarà molto diverso all’uscita dalla crisi.

Uno dei luoghi comuni più radicati in Italia è che l’investimento immobiliare paga sempre ed il suo ritorno è superiore a qualsiasi investimento finanziario di pari rischiosità. Economy2050 ritiene che questa convinzione sia basata soprattutto su aspetti emotivi e psicologici, non sulla valutazione del mercato del mattone. Anche a causa dell’assenza di un listino che riporti le quotazioni giornaliere di un mercato ufficiale, come per gli investimenti finanziari.

Il mattone, l’investimento preferito dagli italiani, quello che in teoria non dovrebbe tradire mai, è entrato in una spirale senza precedenti. I dati sui prezzi, relativi al periodo aprile-giugno 2011, hanno segnato un calo del -2%. Il secondo trimestre 2011, su cui si hanno dati più completi, ha mostrato i segni impietosi della crisi: rispetto al 2008 si registra un -33% di compravendite, un -40% di nuova produzione, un -21% sui prezzi in media nazionale. Un disastro mai sperimentato dal mercato immobiliare italiano: contemporaneo calo dei prezzi, delle compravendite e delle costruzioni, mentre cresce solo il costo dei mutui. A dimostrazione anche del fatto che mercato immobiliare, del credito e finanziario non siano così decorrelati come potrebbe apparire a prima vista. Secondo i dati ISTAT più recenti, diffusi a metà marzo, il terzo trimestre 2011 ha segnato un -18,1% dei mutui accesi per l’acquisto di immobili rispetto allo stesso trimestre del 2010: i mutui non garantiti da ipoteca immobiliare segnano un –34,6%, quelli garantiti da ipoteca -6,7% (relativi soprattutto agli immobili residenziali). Il dato peggiora in modo significativo il -8,1% del secondo trimestre 2011 ( peggior dato dal 2009). L’ISTAT conferma il difficile momento attraversato dall’Italia durante l’estate scorsa, caratterizzato da manovre finanziarie e salita dei tassi bancari. A fronte del calo dei mutui, il periodo luglio-settembre ha visto una ripresa (+4%) nel numero delle compravendite di immobili nel terzo trimestre, dopo ben quattro trimestri negativi.

Ormai ci sono segni evidenti che il punto più basso non è stato ancora toccato e l’impressione è che nei prossimi mesi molti tenteranno la fuga dall’investimento immobiliare, accentuando i movimenti al ribasso dei prezzi. I dati relativi all’ultimo trimestre 2011 e al primo del 2012 saranno sicuramente, a detta degli operatori, peggiori. Si salveranno, secondo gli esperti, solo alcune nicchie di particolare pregio. Secondo l’ANCE, l’Associazione dei costruttori edili, i prezzi del 2011 sono tornati ai livelli del 2000.

Insomma, sembra che non siamo di fronte semplicemente ad una fase congiunturale negativa, ma piuttosto che il mercato immobiliare italiano sta cambiando struttura, e anche rapidamente.

A determinare la apparente e improvvisa disaffezione delle famiglie italiane una pluralità di fattori che penalizzano il settore.

Innanzitutto le banche che si sono fatte più guardinghe, perseguendo politiche prudenziali nella concessione dei crediti, specie nel settore immobiliare.
La spirale di decrescita e riduzione sensibile del potere d’acquisto delle retribuzioni in cui è entrata l’Italia rende i prezzi delle abitazioni eccessivi rispetto al reddito disponibile, a maggior ragione in un contesto di scarsezza di prestiti bancari.
Il mercato è probabilmente prossimo alla saturazione della domanda di prime case: l’85% degli italiani possiede una casa di proprietà.
Sembra essere entrata in crisi la domanda di sostituzione: il 60% del boom immobiliare dei primi anni Duemila era dovuto chi vendeva per ricomprare un immobile più adatto alle sue esigenze. Oggi questa componente si sta letteralmente fermando.
Le nuove norme sulla trasparenza dei movimenti bancari penalizzano fortemente il settore. I prezzi delle abitazioni hanno resistito negli anni di crisi anche perché il settore intercettava una buona parte di sommerso; oggi i movimenti di somme cospicue in contanti sono più difficili, la tracciabilità toglie un grosso flusso di denaro all’immobiliare.
Le nuove normative creano continuamente costi di gestione e manutenzione più elevati: si pensi alle nuove disposizioni per il risparmio energetico.
La disponibilità di immobili (offerta) potrebbe essere arrivata vicino al punto di saturazione, di equilibrio: nessuno ha mai contato quanti edifici vuoti vi siano in Italia e dati in materia non esistono. Secondo alcune stime due milioni di unità abitative, ma forse anche addirittura 7-8 milioni. Dati comunque elevati rispetto ai 60 milioni di italiani (minori inclusi).
La crisi economica italiana, che di fatto fa sentire il suo peso nel settore immobiliare dal 2009, sta allungando le liste delle esecuzioni immobiliari. Questa maggiore offerta a prezzi strutturalmente ribassati (oggi anche di abitazioni nuove) influisce e influirà nella determinazione del prezzo anche sul mercato privato.
Anche il sistema giudiziario, con i suoi tempi e le sue sentenze che spesso non tutelano i proprietari-locatori, inizia ad essere percepito come fattore di rischio non secondario nella decisione di acquisto immobiliare a scopo investimento. Se per ottenere uno sfratto per morosità occorrono anni (se lo si ottiene), si deve rinunciare al canone per anni pur continuando a pagare le imposte nel medesimo periodo.
La imminente riforma relativa al sistema estimativo catastale ha un influenza disincentivante sull’acquisto immobiliare, specie nell’attuale incertezza delle modalità esatte di definizione del valore (fiscale) di un immobile.
Ma probabilmente il vero tsunami del settore immobiliare è e sarà l’IMU, da pochi mesi introdotta. L’imposta municipale sulle seconde case potrà raggiungere il 1,06% del (nuovo) valore catastale: il rischio è che il mercato degli affitti salti, anche a causa della domanda piuttosto fiacca. La tassazione troppo elevata cambia di fatto i parametri della redditività nell’immobiliare: o si riesce ad incrementare la pigione (ed oggi non è possibile), o viene meno la convenienza economica del mattone.

La conclusione è che chi compra casa oggi lo fa principalmente per abitarla. Al contrario, finora la casa era stata vista come il miglior bene d’investimento. Dopo che tra il 1995 e il 2010 il mattone ha reso più dell’oro (che si sia formata una bolla immobiliare anche in Italia?), oggi improvvisamente cambiano le condizioni di contesto. L’obiettivo di chi acquistava la seconda casa a scopo di investimento e la dava in affitto era di ottenere una rendita al netto delle spese attorno al 4-5% (anche utilizzando il nero), tanto poi l’immobile si sarebbe rivalutato e sarebbe stato vendibile in ogni momento. Oggi queste certezze non ci sono più: in particolare tutti gli osservatori concordano che il valore degli immobili si deprezzerà ancora per qualche anno, come è prevedibile che aumenteranno i casi di morosità. Insomma, oggi non basta più comprare e attendere per guadagnare, con penalizzazioni anche forti nei prezzi delle case di minor pregio.

La frenata del mercato forse indica che molti investitori si stanno chiedendo se valga la pena sempre e comunque l’acquisto del mattone, quando esistono bond che rendono quell’ambito 4-5% senza troppi rischi e senza pagarci tasse sopra. Dal punto di vista dell’offerta, l’impressione è che i proprietari di immobili cerchino di liberarsi del mattone, nel tentativo di fare cassa; a non si trovano compratori, visto che una ricerca congiunturale della Banca d’Italia di fine 2011 evidenziava che il 40% degli italiani riteneva che i prezzi sarebbero calati a breve.

Quindi possiamo affermare che il mercato immobiliare è in trasformazione, anche per effetto delle nuove misure fiscali: si dovrà ora trovare un nuovo equilibrio, che tenga conto della saturazione del mercato (troppi immobili già esistenti e troppi proprietari), della capacità di spesa degli acquirenti in cerca di prima casa, della redditività netta dell’investimento nel mattone.

E’ probabile che, a prescindere dalla recessione, la trasformazione sarà radicale. Emergeranno nuove tendenze, come ad esempio le cooperative per l’autocostruzione delle case, ovvero singoli cittadini che si uniscono per costruire assieme con notevole risparmio sui costi. La risalita delle quotazioni sarà comunque lunga, incerta e soprattutto lontana; solo l’esplosione (improbabile) dell’inflazione potrebbe dare una forte spinta ai prezzi.

E chissà se la irrazionale predilezione degli italiani a investire la loro ricchezza (si veda il post Economy2050 “La crisi fa diminuire la ricchezza delle famiglie italiane”) nel mattone rispetto agli strumenti finanziari (che spesso sono molto meno rischiosi, a parità di rendimento effettivo netto) non ne tragga giovamento. Sempre che nel prossimo o remoto futuro vi sia una ricchezza diffusa da investire.

Vedi anche: Tira brutta aria per il mercato immobiliare italiano
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