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Ultimo Aggiornamento: 17/12/2010 14:22
15/12/2010 17:11
 
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Poteva andare peggio ...




Le conseguenze di Silvio Berlusconi sull’economia

di Tito Boeri

MILANO – Silvio Berlusconi è riuscito a sopravvivere al voto di sfiducia, ma il suo partito è praticamente morto. Non è infatti possibile governare un paese con una maggioranza così scarsa. Almeno non per molto.

La decisione più importante che questo quarto governo Berlusconi è riuscito a prendere è quella di non decidere. Due anni fa’, quando la crisi finanziaria ha colpito il mondo, la scelta di Berlusconi è stata quella di non fare alcun intervento politico al fine di contrastare la Grande Recessione, contribuendo in questo modo alla più importante riduzione della produzione nella storia del dopoguerra italiano, con un ribasso cumulativo del PIL pari al 6,5%. All’interno del G-20, solo il Giappone ha registrato un risultato peggiore.

E’ considerevole il fatto che l’Italia abbia subito una perdita della produzione pari al doppio di quella subita dalla Francia, un altro paese OCSE che, come l’Italia, ha evitato di affrontare alla radice le cause della crisi: una serie di scoppi di bolle immobiliari ed una grave crisi bancaria. Il paradosso è che l’inazione del governo Berlusconi è riuscita a prevenire un maggiore deterioramento del deficit pubblico. Alla luce dell’attuale crisi di debito, che si sta espandendo nell’eurozona, i vantaggi di una politica basata sull’inerzia sono facilmente apprezzabili. Ad oggi, la posizione dell’Italia potrebbe essere di gran lunga peggiore.

I problemi dell’economia italiana e le questioni principali legate alla sostenibilità dell’enorme debito pubblico del paese affondano le radici nella crescita rallentata della produzione potenziale. Come rivela anche la struttura dei credit-default swaps sul debito italiano, gli investitori non sono tanto preoccupati, ad esempio, del budget del 2011, bensì delle condizioni economiche dell’Italia tra 5-10 anni.

E sono proprio questi problemi a medio termine che il governo Berlusconi ha tralasciato. Nessuna delle riforme strutturali necessarie per il miglioramento del potenziale di crescita dell’Italia -come ad esempio le riforme del mercato del lavoro e del sussidio alla disoccupazione, la liberalizzazione dei prodotti di mercato, il miglioramento del sistema educativo e le riforme della pubblica amministrazione al sud- è stata portata a termine, sebbene Berlusconi potesse contare su una solida maggioranza sia alla Camera che al Senato.

Ma perché il governo Berlusconi ha optato per una politica economica così passiva? Una delle ragioni è data dal fatto che il livello del debito italiano non lasciava molto spazio per l’attuazione di una politica fiscale controciclica. Ma si poteva comunque tentare di fare qualche sforzo per stimolare l’economia all’inizio della crisi. Sarebbe stato possibile, ad esempio, stanziare dei sussidi a favore di chi aveva perso il lavoro, utili anche dopo la crisi, attraverso una riforma del sistema d’indennità alla disoccupazione.

Un’altra possibile spiegazione per l’inattività del governo negli ultimi due anni e mezzo è che le misure concordate all’interno della coalizione vincitrice delle elezioni del 2008 non erano adatte ad un paese che si avviava verso una profonda recessione. Non vi era alcuna leadership sulla politica economica in grado di definire le priorità e le misure da implementare per soddisfare le nuove condizioni macroeconomiche.

Durante il primo mese al potere, il governo ha in effetti cercato di fare qualcosa per l’economia. Ha preso tre decisioni che sono, tuttavia, risultate in seguito del tutto sbagliate.

La prima decisione è stata di ridurre le tasse sullo straordinario; misura chiaramente mirata ad aumentare il numero di ore lavorative. Inutile sottolineare che, mentre il livello di disoccupazione aumentava e molti altri paesi diminuivano le ore lavorative per ridurre al minimo la perdita di posti di lavoro, sono state gradualmente eliminate le riduzioni delle tasse sullo straordinario ed accentuate le possibilità di riduzione dell’orario di lavoro.

Lo stesso destino è toccato alla tassa di Robin Hood che, secondo il Ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, avrebbe dovuto costringere le banche ed i produttori di petrolio ad elargire risorse a favore dei poveri. La tassa sulle banche è invece diventata un impegno a sostenere economicamente gli istituti finanziari in difficoltà, tramite i cosiddetti bond Tremonti. E l’aumento della tassa sui produttori di petrolio, da attuare quando il prezzo del petrolio era pari a 160 dollari per barile, è stata procrastinata per la caduta del prezzo per barile a 30 dollari.

L’ultima misura attuata è stata l’abolizione dell’imposta comunale sugli immobili: un’importante fonte di introito per i governi locali. Questa tassa non è ancora stata reintrodotta, ma il governo sta pensando di imporre una serie di nuove tasse sugli immobili allo scopo di recuperare le entrate perse.

In questo modo, l’Italia ha fatto passare 30 mesi senza attuare alcuna riforma strutturale di cui ha estremamente bisogno per ripristinare il suo potenziale di crescita. E’ vero che questo tipo di riforme sono particolarmente difficili da implementare durante un periodo di crisi, ma una serie di riforme simili sono già state attuate a livello dell’Unione Europea proprio durante le fasi di recessione. La realtà dei fatti è che i periodi di flessione sono contesti di politiche straordinarie durante i quali è possibile creare coalizioni più ampie per avviare cambiamenti di lunga portata nella politica economica.

Un governo che persegue un’agenda di riforme dovrebbe, in queste circostanze, informare l’opinione pubblica delle condizioni di emergenza e lanciare un appello alla responsabilità dell’opposizione. Ma il governo Berlusconi ed i media, direttamente o indirettamente controllati dal Premier, hanno scelto una strategia di comunicazione molto diversa. Hanno continuato a minimizzare l’entità della crisi tentando di far credere che l’Italia era ampiamente riuscita a superare la recessione globale.

Questa strategia potrà aver evitato la tragica caduta di popolarità vissuta da altri governi nel bel mezzo della Grande Recessione, ma prima o poi si ritorcerà contro. La delusione di gran parte degli italiani nei confronti del governo Berlusconi sarà ancora più profonda quando capiranno che questo governo non ha mai presentato i fatti per quello che sono.


Tito Boeri è professore di economia presso la Bocconi, Università di Milano, ed è direttore della Fondazione Debenedetti.

©RIPRODUZIONE RISERVATA
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17/12/2010 11:46
 
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ieri ad annozero solito spettacolaccio indecoroso offerto dai nostri pseudopoliticanti

dipietro che da del fascista a larussa e larussa che da del analfabeta a dipietro
poi larussa che da dei vigliacchi ai manifestanti di roma

santoro che come al solito non fa parlare interrompendo ogni minuto

mahhh

17/12/2010 12:30
 
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serafin., 17/12/2010 11.46:

ieri ad annozero solito spettacolaccio indecoroso offerto dai nostri pseudopoliticanti

dipietro che da del fascista a larussa e larussa che da del analfabeta a dipietro
poi larussa che da dei vigliacchi ai manifestanti di roma

santoro che come al solito non fa parlare interrompendo ogni minuto

mahhh





Quando La Russa ha attaccato il pippotto sui "ragazzi in divisa" volevo lanciare qualcosa addosso al televisore.
Poi mi sono ricordato che il televisore è mio ed ho evitato.
Conosco bene gli ambienti militari, ho amici nel settore, mio padre c'ha lavorato "da civile" per settori strategici dell'ambiente militare e ancora oggi ha amici la dentro (e forse ci collabora ancora).

E confermo che sono parecchio incazzati con il ministro "di cui sopra".

Che la pianti con la retorica stucchevole dei "ragazzi a 1200 euro al mese" e pensi a fare il suo dovere.

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Complottismo? No, Grazie!!!
17/12/2010 13:45
 
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_gmp_, 12/17/2010 1:45 PM:

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Ahhhhhh, allora sei te Facts [SM=g9058]
17/12/2010 14:22
 
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dgambera, 17/12/2010 14.13:




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