È la crisi più grave del dopoguerra

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marco---
00martedì 29 gennaio 2008 09:08
Fonte: Corriere del Ticino - 28/01/2008 - di Alfonso Tuor

È la crisi più grave del dopoguerra

Questa settimana la banca centrale statunitense ridurrà di nuovo i tassi di interesse. Questo nuovo taglio, che i mercati prevedono di mezzo punto, si aggiungerà alla riduzione di 75 punti base già decisa la settimana scorsa. Ma ciò non basterà. E a sostenerlo è addirittura il Fondo Monetario Internazionale. Il direttore dell’FMI, Dominique Strauss-Kahn, ha infatti detto che gli strumenti monetari non bastano per superare questa crisi e che bisogna usare anche la leva fiscale (ossia aumento della spesa pubblica e/o tagli delle tasse) per uscire da questa crisi. Del resto, è quanto hanno già cominciato a fare gli Stati Uniti, dove il Congresso a spron battuto ha già approvato un pacchetto di 150 miliardi di dollari di ristorni fiscali.
Questo continuo agitarsi di autorità politiche e monetarie e ora anche delle istituzioni economiche internazionali e questo susseguirsi di convulse decisioni sono del tutto giustificate, poiché quella che si staglia all’orizzonte non è una recessione paragonabile a quelle che si sono succedute in questo dopoguerra, ma in realtà la crisi più grave e pericolosa degli ultimi sessanta anni. Questa recessione non è dovuta all’aumento del prezzo del petrolio o a una politica monetaria restrittiva volta a combattere l’inflazione. Non è nemmeno dovuta a un declino dell’attività industriale o a una minore voglia di spendere dei consumatori. Essa è stata originata ed è responsabilità della nuova ingegneria finanziaria. Per essere più chiari, la crisi del sistema finanziario sta provocando la crisi dell’economia reale, fatta dalle imprese che producono beni o servizi e dalle persone che lavorano e che consumano grazie ai redditi che percepiscono.
Questa è la crisi del sistema finanziario originata, dallo scoppio di un’enorme bolla del credito, di cui i mutui ipotecari subprime sono solo una piccola parte, creata dalla nuova ingegneria finanziaria.
Per capire l’attuale agitazione delle autorità e per capire cosa ci si aspetta, bisogna cercare di individuare almeno a grandi linee le cause di questa crisi. Esse possono essere così sintetizzate: all’inizio di questo decennio le banche centrali dei paesi di vecchia industrializzazione (tra cui anche la nostra BNS) hanno adottato politiche monetarie fortemente espansive per scongiurare il rischio di deflazione generato dal crollo delle borse. In pratica, negli anni scorsi vi era denaro in abbondanza e a basso costo. Queste politiche hanno avuto successo: le economie sono ripartite sia negli Stati Uniti sia in Europa, trainate dall’edilizia e dal settore immobiliare, ma hanno creato le premesse della crisi attuale. Infatti, accanto ad esse vi è stata creazione di ulteriore liquidità da parte del sistema finanziario, attraverso i processi di cartolarizzazione e attraverso una panoplia di nuovi strumenti finanziari (CDO, CDS, ecc.). In pratica, il mondo ha nuotato nella liquidità, con la conseguenza che si sono concessi crediti a destra e a manca e sono diventate interessanti operazioni finanziarie altrimenti non redditizie (ad esempio le operazioni di fusione ed acquisizioni dei fondi Private Equity), si è moltiplicato l’uso della leva (ossia del ricorso al credito) per le attività sui mercati finanziari, si sono moltiplicati gli Hedge Funds e sono stati inventati nuovi e sempre più sofisticati strumenti. In pratica, si è creato un’enorme «Catena di Sant’Antonio», con l’ausilio di fisici e matematici che con astrusi modelli hanno dato una parvenza di serietà scientifica a quella che viene chiamata la nuova ingegneria finanziaria. Ma come in ogni «Catena di Sant’Antonio», i problemi sono cominciati (l’estate scorsa) quando si è incrinata la fiducia (ed è quanto ha fatto la crisi dei subprime). A quel punto il meccanismo si è messo a girare al contrario. Nel nostro caso i titoli, in cui erano stati impacchettati i crediti e che le banche avevano venduto sul mercato, sono tornati nei bilanci delle banche e via dicendo. Le banche si sono ritrovate in pancia nuovi crediti in forma di titoli confezionati da esse stesse, che però oggi nessuno vuole più comprare. Sono state quindi costrette a denunciare perdite miliardarie e a cercare fondi freschi per aumentare il loro capitale. Questo processo ha portato addirittura alla crisi del mercato interbancario. Questi meccanismi hanno fatto sì che la liquidità creata dallo stesso sistema finanziario si contraesse rapidamente e continui a contrarsi anche perché i problemi di solvibilità si stanno estendendo ai titoli legati alle carte di credito, ai leasing e poiché sta entrando in una profonda crisi il mercato dei Credit Default Swap (CDS), ossia il meccanismo attraverso cui gli investitori si assicurano contro il rischio di insolvenza del debitore. Nel frattempo la crisi del mercato immobiliare americano, che si è già estesa a quelli britannico e spagnolo, si è aggravata e ha cominciato a provocare una contrazione economica che è destinata ad aumentare i problemi di insolvenza.
In queste condizioni, come sostiene giustamente l’FMI, il ribasso del costo del denaro è utile, ma non sufficiente per superare la crisi. Esso potrà al massimo attutire la crisi immobiliare, ma non è in grado di rilanciare i consumi delle famiglie e gli investimenti delle imprese. Anche perché è in crisi il canale di trasmissione degli impulsi monetari, ossia il sistema bancario. È quindi corretto, come suggerisce l’FMI, ricorrere alle vecchie politiche keynesiane di rilancio dell’economia attraverso un aumento della spesa pubblica e/o riduzione delle tasse, finanziati attraverso un aumento dei disavanzi pubblici. L’urgenza di queste misure straordinarie è giustificata dalla gravità della situazione. Infatti perdere tempo prezioso può voler dire seguire l’esempio del Giappone, che ancora oggi non è uscito dalla crisi scoppiata all’inizio degli anni Novanta.
dgambera
00martedì 29 gennaio 2008 12:28
Fonte - Il Sole 24 Ore
Vertice a quattro: a Londra tavolo anti-crisi

LONDRA - La dirompente vicenda di Société Générale darà al vertice oggi a Londra dei quattro primi ministri e capi di Stato europei di Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna e del presidente della Ue, José Manuel Barroso, un carattere di urgenza ancora maggiore alla ricerca di una riforma dei mercati finanziari mondiali, travolti dalla crisi di liquidità. In questo senso il presidente francese Nicholas Sarkozy è stato chiaro, affermando ieri che «faremo delle proposte per assicurare trasparenza e moralità al capitalismo finanziario», aggiungendo che «in giro c'è un atteggiamento troppo speculativo che va a detrimento della salute delle imprese ».
Un vertice che è stato preparato settimane fa dagli inglesi è andato così assumendo con il passare degli ultimi giorni i connotati di una riunione di emergenza, anche se è difficile prevedere che coniglio uscirà dal cappello dei cinque leader politici. Per quanto ieri Downing Street ha detto che «ci attendiamo un comunicato congiunto alla fine dei lavori», che si concluderanno nella tarda serata nella residenza del premier inglese, il portavoce del Governo tedesco Ulrich Wilhelm ha gettato acqua sul fuoco di eccessive aspettative affermando che «non ci attendiamo alla fine dell'incontro delle decisioni specifiche».
É un fatto però che i capi di Stato e di Governo si presentano all'appuntamento piuttosto acciaccati: Romano Prodi, l'unico che può vantare di non avere accusato il colpo di una crisi bancaria, è dimissionario. Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha alle spalle il salvataggio della Ikb Bank, scivolata sulla crisi dei mutui subprime, mentre il premier Gordon Brown è alle prese con la crisi di Northern Rock, vittima della stretta alla liquidità. Quanto a Sarkozy, il presidente francese pare trovarsi di fronte alla prova più difficile dei quattro leader dopo il buco da 4,9 miliardi di euro scavato nei conti di Société Générale dal giovane trader Jerome Kerviel.
Nei giorni scorsi, a più riprese, sia Brown sia il cancelliere britannico, Alistair Darling, avevano anticipato i temi di cui volevano discutere, come la necessità di definire meglio il ruolo delle agenzie di rating, di mettere in atto procedure più stringenti per fare fronte a problemi d'insolvenza o crisi di liquidità delle banche e l'imposizione di chiari criteri di valutazione di rischio nei confronti dei prodotti strutturati. Oltre a un profondo ripensamento del ruolo delle grandi istituzioni finanziarie internazionali come il Fondo monetario e la Banca mondiale. Venerdì da Davos Brown aveva nuovamente messo in chiaro l'importanza « di fare chiarezza sui prodotti sofisticati confezionati e venduti dal sistema finanziario».
Con l'andare del tempo e il peggiorare della situazione i temi paiono essere divenuti più generici, forse per dare più mano libera ai capi di Stato e Governo. Ieri, da Roma, ambienti di Palazzo Chigi hanno anticipato temi più ampi come l'interazione della crisi dei mercati finanziari con i nodi dell'economia mondiale ed europea e i rischi di riduzione dei livelli dei consumi e dunque di un rallentamento economico. A ciò si aggiungerà la discussione sulla "governance" con particolare attenzione al ruolo degli organismi finanziari internazionali e l'esigenza di riformarli.
Dietro la facciata di compattezza tra i leader europei vi sono peraltro divergenze d'opinioni e di interessi. Temi comei cambi non verranno toccati, mentre, come è noto, vi è una spaccatura tra tedeschi e inglesi da un lato e francesi e italiani dall'altro sulla sorveglianza, con i primi che vogliono salvaguardare le autonomie nazionali e i secondi che vogliono almeno creare una serie di regole stringenti e condivise. Un tema che non ha avuto grande seguito al meeting del 17 gennaio scorso a Parigi tra ministri dell'Economia dei 4 Paesi europei. Come pure il ruolo delle agenzie di rating sul quale tutti concordavano per una revisione ma con diverse tonalità. La riunione di oggi, un vero "work in progress" data la forte volatilità di una crisi che ogni giorno assume connotati diversi, sarà peraltro propedeutica al G7 di Tokyo del 9 febbraio prossimo. Da qui ad allora c'è da augurarsi che non emergano nuove preoccupanti sorprese.


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Solo l'Italia è ancora tranquilla, o il contraccolpo lo sentiremo dopo e con maggiore intensità?

laplace77
00martedì 29 gennaio 2008 13:33
Re:
marco---, 29/01/2008 9.08:

Fonte: Corriere del Ticino - 28/01/2008 - di Alfonso Tuor

È la crisi più grave del dopoguerra

...

In queste condizioni, come sostiene giustamente l’FMI, il ribasso del costo del denaro è utile, ma non sufficiente per superare la crisi. Esso potrà al massimo attutire la crisi immobiliare, ma non è in grado di rilanciare i consumi delle famiglie e gli investimenti delle imprese. Anche perché è in crisi il canale di trasmissione degli impulsi monetari, ossia il sistema bancario. È quindi corretto, come suggerisce l’FMI, ricorrere alle vecchie politiche keynesiane di rilancio dell’economia attraverso un aumento della spesa pubblica e/o riduzione delle tasse, finanziati attraverso un aumento dei disavanzi pubblici. L’urgenza di queste misure straordinarie è giustificata dalla gravità della situazione. Infatti perdere tempo prezioso può voler dire seguire l’esempio del Giappone, che ancora oggi non è uscito dalla crisi scoppiata all’inizio degli anni Novanta.




interessante analisi, praticamente un comodo riassunto di quello che e' successo, in termini generali...


...curioso anche che l'FMI assuma posizioni keynesiane...

...tuttavia vorrei capire in che senso andranno questi interventi...

...fino a quando c'era wolfowitz la spesa pubblica andava bene solo per le spese belliche e le riduzioni delle tasse erano solo per imprese e superricchi...

...il che non e' assolutamente quello che servirebbe ora...


...ma, particolari implementativi a parte, l'FMI si ricorda di come stanno i bilanci pubblici (americani e non solo), oppure pensa di poter gonfiare ad infinitum il debito pubblico?

e come lo finanzierebbe? chi se li prende i titoli del debito americano, visti i bassi tassi e la prospettiva di un continuo ribasso del dollaro??


mah!

laplace77
00martedì 29 gennaio 2008 13:40
Re: Fonte - Il Sole 24 Ore
dgambera, 29/01/2008 12.28:

Vertice a quattro: a Londra tavolo anti-crisi

...

In questo senso il presidente francese Nicholas Sarkozy è stato chiaro, affermando ieri che «faremo delle proposte per assicurare trasparenza e moralità al capitalismo finanziario», aggiungendo che «in giro c'è un atteggiamento troppo speculativo che va a detrimento della salute delle imprese».

...




trasparenza e moralità al capitalismo finanziario: MUH-AH-AH-AH-AH

in giro c'è un atteggiamento troppo speculativo che va a detrimento della salute delle imprese: come disse il dottore distratto dopo che il paziente era morto...

buffoni, si sapeva da un bel po' che la finanza stava mettendo a rischio l'imprenditoria e che c'era una "riconversione" dall'attivita' industriale alle rendite di posizione...

[SM=g7626]
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