ARMAGGEDDON ECONOMICO-FINANZIARIO...?

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00venerdì 14 novembre 2008 20:22
Per far fronte alla crisi:
corde e sapone!


di: Alberto B. Mariantoni ©


Come alcuni lettori ricorderanno, nella conclusione di un mio recente articolo sulla crisi economica in corso (Speculatori e “fili spinati”… – consultabile sul sito www.gliscomunicati.com/content.asp?contentid=1135), mi ero sarcasticamente permesso di suggerire all’ “uomo della strada”, di incominciare ugualmente a speculare in Borsa, cercando eventualmente di investire i suoi magri o superstiti risparmi, nei valori azionari di qualche fabbrica di… “recinti di sicurezza”!

Ebbene, quella che nello spirito di quell’articolo doveva essere, e rimanere, una goliardica battuta, si sta rivelando, ai miei occhi, una “misura” che – anche se fosse realmente applicata… – sarebbe assolutamente insufficiente o inadeguata.

In altre parole, vista la “piega” che stanno prendendo gli avvenimenti, avrei dovuto molto più probabilmente incitare il medesimo “uomo della strada”, a destinare l’insieme delle sue attuali risorse, ad una rapida e generalizzata incetta di corde e di sapone!

Ed ora, se i lettori avranno un minimo di curiosità e di pazienza, tenterò di spiegare loro, pure il perché!

Cominciamo con ordine…

A. Cosa sappiamo di questa crisi

A causa del monopolio dell’informazione che le banche e la finanza internazionale sono riuscite ad imporre ai media ed ai politici corrotti che continuano ad amministrare i nostri Paesi per conto terzi, sappiamo che l’attuale crisi borsistica mondiale avrebbe preso inizio – a partire dal 2007 – dall’inattesa “deflagrazione” di una specifica “bolla finanziaria”: quella, in particolare, dei Subprime mortage o Subprime lending rate o Subprime loan (o Crediti ipotecari a rischio) statunitensi.

Per riassumere, diciamo che – come l’industria nucleare USA non ha avuto affatto scrupolo, nel recente passato, di trasformare le scorie radioattive delle sue centrali atomiche (che, fino a quel momento, avevano rappresentato degli onerosi costi…), nel cosiddetto “uranio impoverito” (che, pur appartenendo alla medesima “famiglia” di rifiuti tossici, è miracolosamente diventato commercializzabile ed impiegabile nell’industria militare e, di conseguenza, fonte di importanti ed attraenti guadagni! Il tutto, naturalmente, in barba a chi, dalla Bosnia alla Serbia, dall’Iraq all’Afghanistan, senza esserne mai stato informato, continua invariabilmente a morirci o è già passato, da tempo, a “miglior vita”..), così, con un simile espediente – il sistema bancario ed assicurativo statunitense, con una serie di furbesche ed ingannevoli operazioni di “ingegneria finanziaria”, ha creduto bene (per il “bene” dell’Umanità, s’intende!) trasfigurare le innumerevoli insolvenze immobiliari che figuravano in “rosso” sui suoi bilanci, in frazioni di credito esigibile che, a loro volta, sono state inserite in “pacchetti finanziari” liberamente negoziabili e vendibili sui mercati.

In altri termini, il suddetto genere di “galantuomini” – per non pagare lo scotto dei loro macroscopici errori di valutazione dell’andamento commerciale del mercato immobiliare americano e continuare comunque ad arricchirsi, anche sui sogni della povera gente – avrebbe preferito titolarizzare l’insieme delle sue passività, commercializzandole e vendendole, sul libero mercato, come se fossero dei veri e propri crediti esigibili.

Il perché le Banche del mondo occidentale abbiano accettato di acquistare e, successivamente, di rivendere ai loro ignari o beoti clienti, quei “fagottini avvelenati”, è facile da spiegare.

Come pochi sanno, infatti, le Banche – per ogni euro o dollaro di credito (liquidità, azioni, obbligazioni, montaggi finanziari, crediti restituiti, ecc.) che affluisce ai loro sportelli – possono liberamente emettere, a loro volta, 9 euro o dollari di credito scritturale. Un credito, cioè, che – pur accrescendo gli attivi nominali delle Banche – non incrementa la massa monetaria dei Paesi dove queste ultime operano e, quindi, non contribuisce, in nessun modo, a produrre, a loro svantaggio, pregiudizievoli fenomeni di inflazione (rispetto al PIL o Prodotto interno lordo), né di deprezzamento degli effettivi valori numerari che esse stesse detengono.

Quel credito, però, anche se scritturale, resta comunque un credito che, a sua volta, come abbiamo visto, è in grado di generare altri crediti, e così via, fino all’infinito. Permettendo, così, alle nostre care e “filantropiche” Banche di aumentare esponenzialmente la loro potenziale tesoreria e, di conseguenza, il loro sconfinato potere di influenza, sia sulle “controfigure politiche” che ufficialmente dirigono le nostre Nazioni, sia sui media, sia sull’insieme dei gangli vitali delle nostre società.

Sempre sulla base di ciò che ordinariamente ci viene raccontato, la crisi finanziaria in corso sarebbe soprattutto “esplosa” a causa della sfrenata ed incalcolabile moltiplicazione e diffusione dei succitati “pacchetti finanziari”, in quanto la loro eccessiva e sproporzionata presenza sui mercati, avrebbe successivamente provocato:

1. una crisi di sfiducia degli investitori privati (che, accortisi dell’inconsistenza intrinseca dei “titoli” che avevano precedentemente acquistato, avrebbero disperatamente tentato di disfarsi di quei “velenosi pacchetti”, cercando di rivenderli, anche a prezzi stracciati, alle medesime Banche che glieli avevano venduti);

2. una crisi di liquidità delle Banche che avevano commercializzato e smerciato quei “pacchetti” (in quanto, queste ultime, ad un certo momento, vista la vasta affluenza di richieste di vendita di quei “titoli”, non sarebbero più state in grado di riacquistare, in moneta frusciante, i vari “pacchetti” che avevano allegramente rifilato ai loro clienti);

3. il fallimento di un certo numero di istituti bancari e finanziari (quelli che avrebbero commercializzato e venduto, a terzi, il maggior numero di quei “pacchetti finanziari”, senza essere in grado di riscattarli);

4. una generalizzata crisi di sfiducia inter-bancaria (in quanto, le medesime Banche che – congiuntamente e concordemente non si erano per nulla fatto scrupolo di turlupinare il mondo intero – avrebbero incominciato a non avere più reciprocamente fiducia le une con le altre, chiudendosi a “riccio” e rifiutando di farsi mutuamente credito, per non rischiare di sprofondare in un improvviso e catastrofico fallimento);

5. il conseguente ed inevitabile crollo, in fine, delle borse mondiali, dal 2007 ad oggi (crollo che sarebbe principalmente dovuto, sia alla generalizzato, precipitosa e comprensibile fuga di ogni tipo di investitore da quel genere di mercati che alla caduta a picco, nelle quotazioni internazionali, dei valori azionari della maggior parte delle Banche, degli Istituti finanziari e delle Compagnie assicurative del mondo.

B. Il preteso intervento salvifico dei nostri Stati

Che cosa ci dicono, a proposito di questa crisi, i “camerieri delle banche” (cioè, i noti zimbelli politici di destra, di sinistra e di centro), con l’indispensabile “cassa di risonanza” della stampa nazionale ed internazionale, anch’essa al servizio dello stesso padrone?

“Non vi preoccupate… Pensiamo a tutto, noi. La crisi in corso, è grave ma, senz’altro passeggera e superabile. Mantenete i vostri titoli azionari che, prima o poi, risaliranno nelle loro quotazioni borsistiche. Non fatevi prendere dal panico. Non ritirate i vostri soldi dalle banche, poiché sono i nostri Stati che garantiscono l’intangibilità dei vostri risparmi. I nostri Stati, inoltre, sono pronti a costituire dei fondi illimitati (sic!) per sostenere – con interventi puntuali e mirati – sia la liquidità delle banche che il rilancio dell’economia reale”.

Tutte bugie, naturalmente. Per giunta, recitate a piacere (anche se, quasi sempre, a comando…), sulla falsa riga di un medesimo “copione” che continua inalterabilmente ad essere diffuso dalla medesima “regia”!

Sapendo, infatti, che l’economia è quasi sempre mossa dalla psicologia, i sunnominati “maggiordomi” – con le loro ridondanti, melodrammatiche ed imbonitrici chiacchiere da “Porta a Porta” o da “Anno Zero” (gli imprescindibili e preventivi “sfiatatoi” di ogni possibile ed incontrollata protesta popolare o “valvole di sicurezza” del sistema) – tentano sfacciatamente di venderci “lucciole” per “lanterne”. Tentano, cioè, di farci credere che gli Stati del blocco occidentale (Stati Uniti, Unione Europea, Giappone, Corea del Sud, Taiwan, ecc.) – che di sé per sé, da anni, sono già in bancarotta fraudolenta (come sappiamo, appunto, la maggior parte dei nostri Stati, da tempo, ormai, non è più in grado di pagare il debito interno, né l’interesse di quel debito, né le ordinarie spese di esercizio delle sue ordinarie attività, né i lavori pubblici che ha già ordinato o vorrebbe realizzare, né le pensioni degli aventi diritto, né le casse integrazione o le indennità dei disoccupati, né le spese dei servizi sociali, né i budget delle Università, né gli stipendi delle Forze dell’ordine, ecc.) – sarebbero comunque in condizione di evitare la catastrofe economica generalizzata dei nostri Paesi, salvando contemporaneamente:

– sia le banche del nostro spazio economico che sono già, in larga misura, in ufficioso o informale fallimento (nessuno ha il coraggio di rivelarlo ma, negli USA, in questo momento, sono potenzialmente in questa particolare situazione, all’incirca 150 banche di primaria importanza e più di 3.000 banche regionali; in Europa, all’incirca 70/80 banche; in Giappone e nel Sud-Est asiatico, più di 100);

– sia i nostri depositi bancari privati che – non solo non potranno essere totalmente garantiti, come mendacemente si pretende (per verificare, vedere: www.youtube.com/watch?v=Tq71qzZIPGc) ma, pur ammettendone l’eventualità – hanno gia perso, e continueranno progressivamente a perdere nei prossimi mesi, una considerevole frazione del loro iniziale potere di acquisto;

– sia il nostro apparato industriale e commerciale che – oltre a non essere più competitivo sui mercati internazionali (mercati che la maggior parte degli imprenditori occidentali, per rincorrere il profitto per il profitto, ha ampiamente incoraggiato, organizzato e sviluppato attraverso uno sfrenato e suicida trasferimento della sua tecnologia ed una dissennata ed opportunistica de-localizzazione delle sue strutture in un certo numero di Paesi, un tempo emergenti ed oggi largamente ed irrimediabilmente competitori!) – conosce addirittura, all’interno degli spazi economici nazionali, un’irreversibile, anchilosante e costringente situazione di saturazione della domanda e di forte e generalizzata recessione.

Il tutto – ci viene sottolineato – potendo essere facilmente e cumulativamente “sistemato”, con un’ulteriore e massiccia emissione, e vendita al pubblico, di pacchi di “foglietti di carta colorati” o promesse di pagamento o Buoni del Tesoro dei nostri Stati che come abbiamo visto, da anni, ormai – per diretta e reiterata ammissione dei loro stessi responsabili – risultano essere completamente insolvibili!

Insomma, senza troppo infierire, sarebbe come pretendere – considerandoci tutti dei poveri mentecatti – che un fallito possa, allo stesso tempo – non solo togliere d’impaccio altri falliti, ma addirittura – scongiurare la catastrofe economica che minaccia i nostri Paesi, con il solo ed indiscriminato aumento delle sue precedenti e già incolmabili passività ed insolvibilità.

Se si escludono, infatti, i circa 600 miliardi di dollari recentemente promessi dalla Cina per tentare di salvare il sistema monetario internazionale, i miliardi di dollari ufficialmente annunciati dalla FED (700) e dalla BCE (550), sono, e resteranno, soltanto chiacchiere!

C. Quello che i succitati “camerieri” non ci dicono

Come le persone di buon senso se ne saranno senz’altro accorte, l’attuale crisi finanziaria – i cui primi effetti tangibili hanno già incominciato a farsi sentire sulla pelle di tutti – non è assolutamente paragonabile con quelle che abbiamo già conosciuto negli ultimi 21 anni. E meno ancora, con quella del 1929.

Nulla di comparabile, infatti, con il Black Monday (o Lunedì Nero) del 19 Ottobre 1987; né con la crisi degli Junk Bonds (o Titoli Spazzatura) del 1989-1990; né con la crisi statunitense del 1991; né con quella italiana del 1992; né con quella messicana del 1994-1995; né con quella dei Mercati asiatici e/o dei Long Terme Capital Management (LTCM) e/o del Mercato russo del 1997-1999; né con quella delle Dot-com (o Società web) del 2000; né con quella argentina del 1998-2002; né con quella innescata dal fallimento della Società statunitense Enron (2000-2001); né tanto meno con quella del crollo dei mercati occidentali, dopo il cosiddetto “attacco all’America” dell’11 Settembre 2001.

Nulla di equiparabile nemmeno, con il terribile crack di Wall Street del 24 Ottobre del 1929: il tristemente celebre “giovedì nero” della storia della Borsa americana.

Ad occhio e croce – se proprio volessimo fare dei raffronti – si può tranquillamente affermare che la crisi che ha incominciato a rivelarsi al grande pubblico nel mese di Settembre 2008 (ma che era già velenosamente latente nei cassetti della maggior parte delle banche del mondo, dal mese di Aprile del 2007), equivale – allo stato attuale dei fatti (ma potrebbe senz’altro peggiorare, nei giorni e mesi che seguiranno…) – ad all’incirca 10 volte il disastro economico che la maggioranza delle popolazioni statunitensi ed europee ebbero già la iattura di dovere dolorosamente subire e sopportare, a partire dal 1929.

Il perché, dell’incredibile ampiezza dell’attuale crisi, è presto spiegato.

Nel 1929, e fino a tutti gli anni ‘50, la finanza mondiale e la quasi totalità delle strutture industriali e commerciali del nostro Pianeta erano essenzialmente monopolizzate dagli Stati Uniti e dai Paesi dell’Europa occidentale.

Tra gli anni ’50 e ’90, la maggior parte delle medesime strutture era sostanzialmente un po’ più diluita e concentrata nelle mani degli Stati Uniti, dell’Europa comunitaria (UE), del Giappone e di alcuni Paesi del Sud-Est asiatico.

Da dieci o quindici anni a questa parte, invece, Stati Uniti, Unione Europea, Giappone e Paesi del Sud-Est asiatico, non rappresentano più, complessivamente, nel raffronto internazionale, che un modesto quarto (quinto?) delle effettive potenzialità economiche e finanziarie del resto del mondo. I Paesi del blocco occidentale essendo stati ormai largamente e collettivamente sorpassati da un insieme di altre Nazioni, come la Cina, l’India, la Russia, il Brasile, il Sud-Africa, l’Indonesia ed alcune tra le più ricche Petro-monarchie arabe del Golfo.

D. L’incubo americano

Come sanno perfettamente coloro che fino ad oggi hanno preferito opportunisticamente o irresponsabilmente tacere (e continuano colpevolmente a farlo…), la “bolla finanziaria” che è recentemente esplosa negli USA a causa dell’alto grado d’insolvibilità dei famosi Subprime, è unicamente lo “scoppio” di un primo e semplice “detonatore”. Mentre la “santa barbara” vera e propria del brigantesco e truffaldino sistema economico e finanziario statunitense – oltre ad essere fisicamente innescata e con le micce già fumanti… – rischia inevitabilmente e fragorosamente di “brillare”, da un momento all’altro…, sulle nostre teste, senza nessun particolare preavviso.

Altro che “sogno”… americano.

Tenuto conto della situazione, meglio sarebbe se incominciassimo semplicemente a parlare di atroce ed angoscioso incubo!

Per chi ancora non lo sapesse, infatti, negli USA, in questo momento, stanno ugualmente e pericolosamente “covando sotto la cenere” – e, quindi, in corso di imminente e devastante detonazione… – tutta una serie di perniciose ed infettive “pustole finanziarie”.

Tra queste: la “bolla” dei RMBS (Residential Mortgage Backed Securities o Operazioni accorpate a dei prestiti immobiliari d’abitazione); quella dei CMBS (Commercial Mortgage Backed Securities o Operazioni accorpate a dei prestiti immobiliari commerciali); quella degli Hedge founds (o Fondi speculativi di copertura – “strumenti finanziari” che la maggior parte degli operatori di borsa preferisce confidenzialmente definire “cavallette” o “locuste”, a causa della loro intrinseca o peculiare pericolosità/nocività); quella dei CFO (Collateralised Fund Obligation o Operazioni accorpate a parti di Hedge founds o a fondi interamente formati da Hedge founds); quella dei CDO (Collateralized Debt Obligation o Operazioni garantite da debiti diversi); quella dei CBO (Collateralised Bond Obligation o Operazioni garantite da obbligazioni); quella dei CCO (Collateralised Commodity Obligation o Operazioni accorpate a delle opzioni su materie prime); quella dei CDS (Credit Default Swap o Operazioni di scambio, in caso di carenza di credito); quella dei CLO (Collateralized Loan Obligations o Debiti accorpati a prestiti d’impresa); quella dei CFXO (Collateralised Foreign Exchange Obligatiosn o Operazioni accorpate ad opzioni su valuta); quella dei WBS (Whole Business Securitisation o Operazioni accorpate a flussi d’attività industriale o commerciale); e, dulcis in fundo, quella delle Carte di credito (American Express, Visa, Diner’s, ecc.) o credito al consumo: un “bubbone”, quest’ultimo, che – a detta degli esperti di questo settore – trascenderebbe di gran lunga, in ampiezza e tragicità, gli “ascessi tossici” dei Subprime, dei RMBS, dei CMBS e degli Hedge founds riuniti.

Ora, se a questo grappoletto di “bombe finanziarie” ad orologeria (che creerebbe immancabilmente un “buco nero” di all’incirca 4.000 miliardi di dollari e polverizzerebbe, in qualche ora, i caveaux della maggior parte delle banche del mondo…), sommiamo:

- i miliardi di miliardi di dollari (sembra più di 50 miliardi di miliardi!) generati dal giro d’affari dei “derivati standard” (come i “plains vanilla”…), dei “derivati over the counter” (o fuori borsa) e dei “derivati esotici” (o derivati fuori standard);

- i più di 10.300 miliardi di dollari di Debito pubblico interno (o US National Debt – per una stima più aggiornata, vedere: www.dollardaze.org/blog/ - www.dollardaze.org/blog/?post_id=00050);

- i 2.740,3 miliardi di dollari di Buoni del Tesoro (Treasury bills, Treasury bonds e Treasury notes – per controllarne le cifre, dall’Agosto 2007 ad Agosto 2008, e per Nazioni creditrici, vedere: www.treas.gov/tic/mfh.txt);

- i circa 900 miliardi di dollari del Deficit della bilancia commerciale;

- i centinaia di miliardi di dollari di contributi che Washington, dalla metà degli anni ’70, continua allegramente a promettere… ma, ostinatamente e furfantescamente a non versare all’Organizzazione della Nazioni Unite (ONU);

- le decine e decine di miliardi di dollari, in biglietti di banca, direttamente razziati (con tanto di autotreni con rimorchio, rigorosamente scortati da G.I. in armi!) dai forzieri della Banca nazionale irachena, nel 2003; nonché gli all’incirca 367.020.000.000 di dollari indebitamente falcidiati allo Stato iracheno e truffaldinamente ricavati, negli ultimi 67 mesi (cioè, dall’Aprile 2003), dalla vendita in proprio, sui mercati liberi, al prezzo medio di 60 dollari al barile, degli all’incirca 3 milioni di barili di petrolio al giorno prodotti da questo Paese (altro che le cifre “astronomiche”… che gli USA avrebbero dovuto complessivamente sborsare – sempre per il “bene” dell’Umanità! – per riuscire ad occupare l’Iraq, scacciarvi il regime di Saddam Hussein, tentare di contrastarvi la proliferazione del terrorismo, esportarvi la democrazia e continuare, per quasi 6 anni, ad assicurarvi la “ricostruzione” ed il mantenimento dell’ordine pubblico!);

- i milioni e milioni di tonnellate di carta straccia (il cosiddetto US-dollar che – dal 1971 – non solo non corrisponde più a nulla, in termini concreti, ma, dal Gennaio 2007, il suo esclusivo produttore e profittatore – la Federal Reserve – rifiuta perfino di rivelare l’effettiva money-supply: vale a dire, la reale e complessiva quantità di carta-moneta che è settimanalmente stampata e liberamente messa in circolazione sui mercati!) con cui hanno abbondantemente e criminalmente inondato il mondo, negli ultimi 37 anni…;

- la somma globale che ne risulta… che cosa ci lascia intuire o dedurre?

Senza doverci tanto spremere le meningi, ci permetterebbe immediatamente di individuare e comprendere che cosa sono stati e continuano invariabilmente ad essere o a rappresentare nel mondo, i famosi Stati Uniti d’America.

I nostri cari States, infatti – contrariamente all’immagine hollywoodiana che tendono ordinariamente a diffondere sul loro conto gli aspiranti sub-yankees di destra, di sinistra o di centro dei diversi “partiti americani” dei nostri Paesi – sono soprattutto dei volgari truffatori, parassiti e mangiaufo.

In altre parole, gli Stati Uniti – grazie alla servile, ossequiante ed ottemperante collaborazione, dapprima delle Banche centrali dei diversi Paesi dell’Europa occidentale e di quella del Giappone (le Nazioni “liberate” dagli USA…, nel 1945, per intenderci!) e, in seguito, della Banca Centrale Europea (BCE) e di quelle del Sud-Est asiatico, e pur tendendo a consumare di più (116% del PIL) di quanto ordinariamente riescono a produrre – sono praticamente riusciti, negli ultimi 30-37 anni, sia a conservare il loro ormai infondato ruolo di superpotenza economica e politica internazionale che a mantenere e far durare nel tempo (e… largamente al di sopra dei loro mezzi), l’essenziale dei livelli di vita della loro cosiddetta american way of life. E questo, semplicemente a credito o, se si preferisce (volendo essere più triviali…), sfacciatamente ed impunemente a “sbafo” o a “scrocco”!

Gli USA, insomma – sfornando sistematicamente e parassiticamente all’incirca 3,7 dollari di debito, per ogni dollaro effettivamente generato dalla loro economia produttiva – non hanno affatto esitato, per all’incirca 8 lustri, a “scaricare” la quasi totalità dei costi del loro zotico e smargiasso solipsismo e delle loro vanagloriose ed anacronistiche velleità di dominio mondiale, su una larga parte della loro popolazione (attualmente, 37 milioni di Americani – pari al 12,5% degli attuali 305 milioni di abitanti di questo Paese – vivono in uno stato di persistente indigenza o addirittura al di sotto della soglia di povertà; questo, naturalmente, senza contare la drammatica situazione della maggior parte delle famiglie americane che è attualmente indebitata a più del 140% dei suoi ordinari introiti, i 10 milioni di disoccupati ed i 67 milioni di cittadini che non sono in grado di pagarsi nessun tipo di assicurazione sanitaria) e l’insieme delle economie delle diverse Nazioni del blocco occidentale e di quelle del resto del mondo.

E. Un reale Stato canaglia

“Poverini… Che cosa avrebbero potuto o dovuto fare d’altro, gli USA – ci potrebbero ribattere i soliti noti del “partito americano” – per cercare di preservare ed espandere la libertà e la democrazia, nel mondo”?

Questo genere di considerazioni, a prima vista, potrebbe apparire, ai più, come un’inclemente o crudele boutade o un’ironica ed insultante presa in giro.

Invece, se riflettiamo un attimo, ci accorgiamo che è praticamente impossibile riuscire ad inficiare il significato ed il senso di quel genere di ragionamenti. E, dunque, essere contemporaneamente in grado di dare torto ai farabutti che tendono a diffonderli.

Come pretendere, infatti, che una “Nazione” (o semplice Simulata Societas?), come gli Stati Uniti d’America, possa, in qualche modo, essere o diventare diversa da quello che è sempre stata? Oppure, chiedere o imporre ai loro attuali o futuri rappresentanti, di rinunciare volontariamente ad esercitare la bisecolare “missione civilizzatrice” che essi stessi (e prima di loro, i loro antenati…) hanno sempre scelto di praticare?

Intendiamoci… Se il vessato e manipolato “uomo della strada” dei nostri svirilizzati e colonizzati Paesi riuscisse almeno a ricordare ciò che ha mangiato ieri o l’altro ieri, sarebbe ugualmente in condizione di rammentare chi sono, e sono sempre stati, in realtà, gli Stati Uniti d’America. E potrebbe simultaneamente richiamare alla sua memoria i “principi” ed i “valori” su cui questi ultimi, sin dall’inizio della loro storia, hanno preferito fondare la loro esistenza e/o cercato di realizzare o di consolidare l’insieme delle loro fortune materiali.

Il povero “uomo della strada”, per le ragioni che sono le sue, non essendo purtroppo in grado di farlo, prenderò, io, in questa occasione, la libertà (con i rischi che attualmente ne potrebbe comportare…) di rievocargli brevemente (per maggiori dettagli, vedere: it.youtube.com/watch?v=5aEOm1lRLD0), qualche stralcio essenziale del loro “illustre” ed “esaltante” passato.

Come, ad esempio: il feroce e premeditato sterminio di 85 Nazioni indiane; la tratta mercantile ed il sistematico sfruttamento di milioni di schiavi espressamente deportati dall’Africa; la morte per fame di milioni di cittadini americani (sembra più di 7 milioni…) all’epoca della Grande depressione; le centinaia di guerre organizzate sul loro continente e nel mondo (per occupare o annettere terre o imporvi la loro influenza); la mirata ed opportunistica sponsorizzazione, in tempi successivi, del bolscevismo, del nazional-socialismo e del maoismo (per meglio potersi creare degli alter ego ad hoc e sperare di potere risolvere – come poi è avvenuto… – i loro problemi economici interni, con la guerra, la “guerra fredda”, gli assedi economici, gli scudi stellari, i radar anti-missile, ecc.); i calcolati, “provvidenziali” (per loro, naturalmente!) e convenienti interventi nei due Conflitti mondiali; il cinico ed inumano annientamento di popolazioni civili (Dresda, Amburgo, Hiroshima, Nagasaki, ecc.) e la distruzione sistematica dell’Europa e del Giappone; il furbesco e redditizio “Piano Marshall” per riconvertire, a costo zero, la loro industria militare, in quella civile; gli efferati ed abominevoli crimini perpetrati nel corso della Guerra di Corea e di quella del Viet-Nam; la sottomissione e l’infeudazione, manu militari, della maggior parte degli Stati e dei Governi dell’America Latina, dell’Asia, dell’Oceania e dell’Africa; la creazione e la manutenzione di più di 720 Basi militari ed installazioni logistiche nel mondo (per tentare di assicurare la perpetuazione del loro squallido e bottegaio imperialismo); i ricatti continui e costanti nei confronti delle Petro-monarchie arabe (soprattutto, per rifilare loro armamenti costosissimi e desueti, nonché per obbligarle a vendere il loro “oro nero” a Washington, a prezzi “politici” o scontati); il sotterraneo e lucroso sostegno militare ad entrambi i contendenti della Guerra Iraq-Iran (1980-1988), per indebolire reciprocamente gli eventuali e futuri avversari di Tel-Aviv; l’organizzazione della “trappola” dell’invasione irachena del Kuwait (2 Agosto 1990) e dell’insieme delle manigances successive – come il coinvolgimento dell’ONU (risoluzione 678 del 29 Novembre 1990), la formazione di una Coalizione militare di 34 Nazioni, senza parlare del Desert Shield (o “Scudo nel Deserto” – dal 7 Agosto 1990 al 16 Gennaio 1991), del Desert Storm (o “Tempesta del Deserto” – la campagna di bombardamenti a tappeto sul Kuwait e l’Iraq, a partire dal 17 Gennaio 1991) e del Desert Sabre (o “Lancia nel Deserto” – la “liberazione” del Kuwait e la prima invasione militare dell’Iraq) – per tentare di rilanciare la loro economia, già in pesante recessione, in quegli anni; i lanci di missili sul Sudan e l’Afghanistan; l’invasione dell’Afghanistan contro i Talebani (che non si erano voluti piegare alle esigenze dell’UNOCAL); l’invenzione, a tavolino, di un comodo “nemico virtuale” (la fantomatica ed inafferrabile al-Qā'ida o “La Base”; in realtà, il nome di un banale “data-base” di combattenti arabi e musulmani reclutati, addestrati, armati e fatti affluire in Afghanistan dalla CIA, nel corso della guerra contro i Sovietici, negli anni ‘80/’90), per giustificare ufficialmente gli auto-attentati dell’11 Settembre 2001 che erano stati concepiti, invece, per far sparire le prove documentali del fallimento, già in corso, in quell’epoca, delle principali Banche statunitensi; la pretestuosa trovata delle pericolosissime e mai ritrovate “armi di distruzione di massa” dell’Iraq (per invadere una seconda volta questo Paese, impadronirsi delle sue ricchezze ed eliminare, dalla lista dei potenziali nemici di Israele, il Regime di Saddam Hussein); il fittizio e studiato lancio del Global War on Terror (GWOT) o “Guerra globale” ed “infinita” contro il terrorismo (per distrarre l’opinione pubblica dalle reali problematiche che affliggono gli USA); la perfida ed iniqua distruzione del Libano, della Somalia, dei Balcani, dell’Afghanistan e dell’Iraq; l’esecrabile e nefando rifiuto di mettere un termine al più che sessantennale genocidio della popolazione palestinese e l’ “altruistico” e forsennato finanziamento e potenziamento dei loro più spietati e quotidiani aguzzini (i cosiddetti “buoni” dell’entità settaria e razzista d’Israele!); le infondate e pretestuose accuse che continuano ad essere gratuitamente deversate contro l’Iran; l’ignobile e segreta organizzazione dell’aggressione militare contro la Russia (nell’estate 2008), da parte del Governo del georgiano Saakashvili; le subdole e gratuite provocazioni contro la Cina, prima, durante e dopo le Olimpiadi del 2008; le macchinose e delinquenziali truffe finanziarie perpetrate, come abbiamo visto, negli ultimi 30-37 anni, ai danni del mondo intero; et j’en passe…

Ora, avendo bene a mente questo genere di background, quale cittadino italiano/europeo, degno di questo nome, accetterebbe di considerare gli USA come il primo e più sicuro alleato dell’Italia e dell’Europa? Oppure, tollererebbe che si continui sistematicamente ad inviare i giovani militari dei nostri eserciti nazionali, per alimentare, con la loro “carne da cannone”, le cosiddette “guerre per la pace” scatenate, nel mondo, per scopi prettamente economici, da questo genere di delinquenti? O ancora, ammetterebbe di sacrificare – con il harakiri dell’euro e della sterlina segretamente intrapreso dalla BCE e dalla Bank of England (che stanno attualmente acquistando, a più non posso, sui mercati borsistici, la cartastraccia statunitense, per tentare di sostenere il valore intrinseco dei milioni di tonnellate di carta-igienica/dollari che detengono nei loro forzieri!) e la drammatica recessione economica e sociale che inevitabilmente ci attende – l’avvenire del suo stesso popolo, per tentare di salvare, dal tracollo, un tale Stato canaglia?

Credo molto pochi… Eccezion fatta, naturalmente, per quei soliti ed incalliti traditori dei loro rispettivi Popoli-Nazione che, dal 1945, continuano invariabilmente a figurare sul libro paga dei nostri colonizzatori.

Eppure, grazie alla corruzione che impera sovrana tra i nostri politici e tra i redattori dei nostri media, gli USA continuano a passare, agli occhi dell’opinione pubblica, per il principale ed indispensabile “motore” (anche se attualmente, severamente grippato…) del sistema capitalista mondiale.

Questo, come se il capitalismo statunitense ed il capitalismo europeo fossero i “figli gemelli” della stessa madre o i due elementi integrativi o complementari del medesimo meccanismo.

F. Gangsters si nasce

Ma dico: lo si vuole capire o no che il sistema capitalista statunitense – sempre così adulato ed esaltato dai nostrani “domestici” degli interessi della Casa Bianca – non ha mai avuto niente a che fare o a che vedere con l’originario, efficace e, sotto certi aspetti, proficuo (e meno criminale…) sistema capitalista europeo?

Come è facile poterlo accertare (sempre che lo si voglia fare…), infatti, il Capitalismo americano – all’opposto del Capitalismo europeo o “renano” (un Capitalismo che potremmo definire di risparmio preventivo e di investimento produttivo; di guadagno e di ri-investimento endogeno; nonché di espansione industriale e commerciale, graduale e progressiva) – è sempre stato e continuerà invariabilmente ad essere, un Capitalismo di rapina. Un qualcosa, cioè, che tende caratteristicamente a rassomigliare, come due gocce d’acqua, al classico, cupido, canagliesco, chiassoso e concitato “attacco alla diligenza” della maggior parte dei films Western da pidocchietto.

Quella sua particolare maniera di essere, di esistere e di agire, è sicuramente ed indelebilmente inscritta nel DNA della società americana, sin dall’epoca (1637) del primo grande “affare fondiario” che fu realizzato, sui suoi territori, dai coloni olandesi della Westindische Compagnie (WIC), guidati dall’allora avventuriero e mercenario, di origine francese, Peter Minuit.

Sto parlando, per l’esattezza, della celebre ed “onorevole” acquisizione, presso la sprovveduta tribù pellerossa dei Lenape – in cambio di una consistente manciata di perline di vetro colorato, alcuni scampoli di stoffa e qualche cianfrusaglia in ottone (per un valore complessivo di all’incirca 60 guilder o 24 dollari!) – degli all’incirca 22.000 acri di terra dell’isola di Minnahanock o "isola con molte colline" (l’attuale Manhattan Island, nella baia di New York). Oggi, uno dei più cari ed inabbordabili spazi abitativi (se si considera il prezzo al metro quadrato) che esistono in tutti gli USA!

E’ evidente, dunque, che se si riesce a cogliere e ad inquadrare, nella sua giusta dimensione, la particolare logica di quell’ “affare”, si riesce ugualmente a capire chi sono e come tendono usualmente ad agire o ad operare, la maggior parte delle élites di quel Paese e, nel campo del business, i managers e gli unscrupulous speculators del sistema capitalista americano.

Negli USA, infatti, l’unica formula di “riuscita”… che conta, è: tutto, subito e con passione!

Quel tutto, subito e con passione…, ovviamente, essendo sempre e comunque inteso o interpretato, a danno e dispregio di chiunque – dall’esterno dei loro soggettivi ed arbitrari interessi (ad esempio, la “dottrina Monroe” o la “dottrina Brzezinski”) – non sia d’accordo con l’egoistica e pregiudiziale strategia di sistematica truffa, frode, estorsione, appropriazione indebita e spoliazione che è metodicamente perseguita ed applicata dai loro Establishments politico-economici pro-tempore. Democratici o Repubblicani, è kif-kif!

G. L’ultimo tentativo di rapina

Così stando le cose, e vista la paludosa ed impacciante recessione economica nella quale gli States si stanno rapidamente ed inesorabilmente inabissando, mi viene l’atroce e fondato sospetto che i responsabili di quel Paese – per non accettare l’ineluttabile declino del loro Paese – stiano comunque tentando di “architettare” qualcosa.

Quel “qualcosa”… – se riflettiamo – potrebbe essere, ad esempio, la messa a punto di una nuova e più feroce strategia di rapina (soprattutto, se non abbiamo il coraggio di smascherarla rapidamente e contrastarla a tempo!). Ufficialmente presentata, come l’unica e possibile soluzione della crisi. E come al solito, perpetrata soprattutto ai danni dell’insieme delle economie del resto dei Paesi del mondo.

Questa, dunque – se la mia intuizione non mi tradisce – potrebbe essere la possibile falsariga dell’eventuale attuazione della suddetta estorsione:

a. gli Stati Uniti – nel corso delle settimane che seguiranno – si sforzerebbero di convincere la maggior parte dei responsabili delle principali economie del mondo che è assolutamente indispensabile – per trovare un’adeguata e duratura soluzione alla crisi – risanare/moralizzare (sic!) il sistema bancario e finanziario internazionale, uscito dagli accordi di Bretton Wood del 1944;

b. durante lo stesso periodo, si ingegnerebbero altresì di:

1. dimostrare l’impossibilità, per loro stessi ed il resto dei Paesi del blocco occidentale, di potere in qualche modo contribuire, con le proprie forze, a risanare efficacemente e rilanciare concretamente il presente sistema monetario e, di conseguenza, il sistema economico e produttivo del mondo;

2. proporre una serie di soluzioni – in un primo tempo, totalmente inaccettabili – come la nascita di una nuova moneta di riferimento e/o di un nuovo sistema monetario internazionale (sotto l’egida di Washington, naturalmente!);

c. siccome quel genere di proposte non potranno essere accolte dalla maggioranza dei Paesi del G-20, gli Stati Uniti, da qui ad Aprile/Maggio 2009, incomincerebbero segretamente a “cavalcare la crisi” (come d’altronde, già stanno facendo…) e – con l’ausilio di una serie di ulteriori e “pilotati” crack borsistici – farebbero in modo che quest’ultima possa ulteriormente e progressivamente aggravarsi; e questo:

1. sia per peggiorare maggiormente la situazione dell’economia produttiva dei diversi Paesi del mondo (mancanza di investimenti, recessione, chiusura di aziende, aumento della disoccupazione, contrazione dei consumi; dunque, altri fallimenti, altra disoccupazione ed altra recessione);

2. sia per far concretamente pesare sulle spalle della gente comune, gli effetti tangibili (graduale e crescente impoverimento delle classi medie, abbassamento degli attuali livelli di vita; malessere sociale, rivolte del pane, ecc.) della suddetta crisi;

d. l’inevitabile e sostanziale depauperazione della maggior parte degli abitanti dei diversi Paesi del mondo e, soprattutto, di quelli del Blocco occidentale (Stati Uniti compresi…), obbligherebbe quelle popolazioni – progressivamente ridotte all’indigenza ed alla disperazione – sia a piegarsi a nuove e draconiane (attualmente, ancora considerate inaccettabili…) condizioni di lavoro e di retribuzione (che, con il tempo, tenderanno a restituire “concorrenza” all’apparato industriale e commerciale dell’Occidente!) che a fare pressione sui rispettivi governi nazionali, per costringerli ad accettare, anche obtorto collo, l’iniziale diktat statunitense della soluzione della crisi;

e. quel diktat – che sarebbe ufficialmente contrabbandato come Nuovo Ordine Economico Mondiale – potrebbe principalmente consistere:

1. in una rigorosa e controllata svalutazione del dollaro e dell’euro (ad esempio: da 1 milione di dollari o di euro, a semplicemente 1 dollaro/euro);

2. ed in un consequenziale ed automatico azzeramento della maggior parte dei debiti che sono stati fino ad ora contratti, sia dagli Stati Uniti d’America che dagli altri Paesi del blocco occidentale;

f. le eventuali svalutazioni del dollaro e dell’euro contribuirebbero ugualmente a falcidiare (o deprezzare drasticamente…) il valore intrinseco delle incalcolabili quantità di dollari e di euro che sono state rispettivamente accumulate, negli ultimi 25 anni, dalla Cina, l’India, la Russia, il Brasile, il Sud-Africa, l’Indonesia e le più ricche Petro-monarchie arabe del Golfo;

g. quella svalutazione, inoltre:

1. concorrerebbe a fare repentinamente retrocedere, nell’arco di pochi giorni, l’insieme delle succitate Nazioni, alla loro situazione finanziaria che ha preceduto il lancio della globalizzazione;

2. e permetterebbe, agli Stati Uniti d’America – grazie alla loro sempre efficiente e minacciante potenza militare (strettamente coadiuvata, sul terreno, dalle forze militari-mehariste della maggior parte degli Stati valvassini del Blocco occidentale) – di ri-conquistare il primo posto nella graduatoria delle potenze economiche e finanziarie del mondo.

I. Pickpockets per vocazione o War-Mongers per necessità

Se questo è realmente il “piattino” che gli Stati Uniti d’America ci stanno segretamente allestendo, la recente e super mediatizzata elezione (4 Novembre 2008), a Presidente formale del Paese, del candidato Barak Obama – che, nel corso dell’avvenuta campagna elettorale, era stato preventivamente e collettivamente appoggiato dai finanzieri della City e di Wall-Street, dal compesso militare-industriale statunitense e dalle lobbies giudaiche che garantiscono, negli USA, gli interessi politici e militari di Israele nel Vicino-Oriente – potrebbe essere “letta” ed effettivamente interpretata come un accadimento assolutamente opportuno e funzionale al succitato “piano di rapina”.

Alla luce di quel possibile “piano”, infatti, sarebbe senz’altro plausibile che l’attuale neo-Presidente Obama possa essere stato appositamente proiettato (da ex sconosciuto…) sul davanti della scena politica e fatto eleggere ad hoc dai suoi sponsors, per fargli soprattutto giocare il ruolo di “imbonitore di servizio” della società statunitense. E, di conseguenza, farlo consapevolmente o inconsapevolmente contribuire, con le sue note e allettanti promesse da New-Deal, a neutralizzare, attenuare o contenere – nella fase della prevista recessione dell’economia statunitense e del consequenziale abbassamento dei livelli di vita della popolazione – l’immancabile malcontento dei milioni di diseredati neri ed ispanici che, altrimenti, con l’aggravarsi degli effetti della crisi, non esiterebbero affatto ad insorgere (come è già avvento, in occasione di altre inquietudini, negli anni ’80 e ’90, ad Atlanta, Denver, La Vegas, Los Angeles, San Francisco, New York, ecc.) e seminare il panico e distruzione all’interno dei territori statunitensi, compromettendo così, sul nascere, le successive ed indispensabili fasi del medesimo “progetto di rapina”.

Sempre se teniamo conto del “piano” in questione, ci rendiamo conto che per gli strateghi di Washington – una volta potenzialmente eliminata la possibilità di una pericolosa e destabilizzante rivolta interna – non vi sarebbe più altra incognita, per riuscire a portare a buon fine il loro taglieggiamento, che l’eventuale reazione della Cina, dell’India, della Russia, del Brasile, del Sud-Africa, dell’Indonesia e delle più ricche Petro-monarchie arabe del Golfo. E, tra quei Paesi, quella – sicuramente più rischiosa – della Cina, dell’India e della Russia: tre potenze nucleari che – dopo avere lungamente operato/lavorato, nonché instancabilmente fornito, nell’ultimo quarto di secolo, prodotti, servizi ed energia alla maggior parte dei Paesi del blocco occidentale – potrebbero pure non essere d’accordo a farsi supinamente azzerare il valore intrinseco dei loro immensi averi in dollari o in euro, e reagire duramente.

Anche in questo caso, però, quel genere di reazioni non dovrebbe troppo turbare il “sonno” dei possibili organizzatori della suddetta ruberia.

Per gli Stati Uniti, infatti, riuscire simultaneamente ad imporre al mondo – attraverso una fraudolenta svalutazione del dollaro e dell’euro – la cancellazione delle loro insanabili passività interne e l’eliminazione della potenza finanziaria delle Nazioni concorrenti, oppure ritrovarsi semplicemente e “candidamente” ad essere “vittime” di una possibile aggressione militare da parte di qualcuno dei succitati Paesi, contribuirebbe analogamente a fare loro ottenere un medesimo ed identico risultato: quello, in particolare, di potersi artificialmente e rapidamente ricostruire una facile e robusta salute economica, e quindi, riuscire a riaffermare la loro supremazia.

In tutti i casi, conoscendo chi comanda realmente negli USA, potrei perfino aggiungere che la guerra, per gli gnomi di Wall-Street ed i nauseabondi scarafaggi dell’apparato militare ed industriale del Paese, non sarebbe affatto un problema. Anzi, come per il passato, potrebbe addirittura rappresentare una migliore e più gradita soluzione!

Perché, dunque, le corde ed il sapone?

Ve lo lascio immaginare…

Alberto B. Mariantoni ©



jolnar76
00lunedì 17 novembre 2008 09:26
fazioso

anche se interessante in alcuni punti.
nazionalsindacalista
00mercoledì 26 novembre 2008 15:48
Il Falò delle Banalità di Eugenio Benetazzo


Pubblicato il 20/11/2008

Le emittenti nazionali fanno ormai a gara ad organizzare nei loro palinsesti la tal puntata di turno incentrata sulla crisi finanziaria del 2008, invitando uno stuolo di politici e pseudo giornalisti finanziari improvvisati economisti che fino a qualche mese fa se ne uscivano con sparate del tipo "tanto l'economia europea è sana e la crisi dei mutui più di tanto non cagionerà danno al nostro sistema bancario". Opinionsiti degni di un titolo di laurea honoris causa rilasciato dall'Università per Barbieri di Paperopoli. Adesso sono diventati tutti catastrofisti e terroristi finanziari, alla faccia del falso ottimismo e garantismo che si sciorinava nei dibattiti pubblici sino a qualche semestre fa. Una fenomenale opera di banalizzazione e volgare semplificazione di quanto sta accadendo che non consente di spiegare in modo esaustivo a livello socioeconomico e macroeconomico l'attuale scenario di mercato.

Mi piace in particolar modo come vengono dipinti e rappresentati i mutui subprime (che tra l'altro esistono da decenni) ovvero come mutui erogati agli homeless che girano con le buste ed i carrelli della spesa rubati a qualche jet market. Niente di più fuorviante: quando in realtà rappresentano mutui erogati a soggetti che hanno un credit score (punteggio di merito creditizio) inferiore a 670 punti (su una scala valori che va da 500 a 850), in seguito a tardivi o mancati pagamenti su prestiti precedentemente concessi o impegni di pagamento verso utenze di servizi primari (bollette della luce, gas e telefono). Dai subprime si devono distinguere i mutui "nodocs" ovvero "no documents" quelli concessi a soggetti privi di un lavoro a tempo indeterminato e senza mezzi patrimoniali propri, mutui che erano sin dall'inizio destinati ad essere titolarizzati (faccio notare che questa tipologia di mutui ipotecari li hanno erogati anche in Italia ai cosi detti precari, i nuovi morti di fame in giacca e cravatta).

Sappiate comunque che oltre il 25 % della popolazione americana rientra nella categoria di affidamento subprime, mentre il restante 75 % si divide nelle altre due fasce: i soggetti prime e midprime. Tuttavia l'apoteosi di questo falò di banalità propinatoci dai media nazionali l'abbiamo con le spiegazioni sull'origine della crisi (secondo loro passeggera) riconducibili ad una semplice argomentazione: le banche americane che hanno prima concesso mutui a tutti e successivamente hanno cartolarizzato all'inverosimile. Niente di più fuorviante ! L'attuale scenario che stiamo vivendo non rappresenta infatti una crisi generale del sistema finanziario quanto piuttosto una fase terminale che scaturisce dalla convergenza delle conseguenze economiche e sociali causate dal WTO. L'Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization), nata dalle ceneri del GATT (un sistema multilaterale di accordi internazionali per favorire il commercio mondiale voluti dagli USA nel 1947 per controllare e dominare l'economia di tutto il pianeta) ha uno scopo principe ovvero promuovere la globalizzazione di tutti i mercati, tanto finanziari quanto alimentari. Un mercato globalizzato presuppone l'abbattimento di tutte le barriere commerciali (dazi e restrizioni doganali) unito all'abolizione dei sussidi all'agricoltura assieme alla libera circolazione dei capitali.

Proprio il WTO ha reso conveniente e possibile le tanto famigerate delocalizzazioni produttive che hanno rappresentato sia per gli USA quanto per l'Unione Europea un autentica emorragia di posti di lavoro e capitali a favore di paesi come la Cina e l'India che adesso vengono considerate le due fabbriche del pianeta. Le grandi corporations industriali, sfruttando le economie di scala attraverso i ridicoli costi di manodopera di questi paesi, hanno potuto in questo modo aumentare a dismisura i loro profitti a parità di output produttivo, il quale poteva venire assorbito solo dai mercati occidentali statunitensi ed europei. A fronte di questo diabolico arricchimento di pochi si è contrapposto un drammatico depauperamento in Occidente a causa della polverizzazione dei posti di lavoro ed a causa della concorrenza spietata di prodotti e beni di consumo importati che spazzano via per convenienza economica sul prezzo quelli autoctoni.

La trasformazione del tessuto sociale ed imprenditoriale tanto negli USA quanto in Europa, che adesso devono convivere con il mostro che hanno creato ovvero un esercito di impiegati ed operai senza alcuna prospettiva lavorativa ed una occupazione a singhiozzo, ha lentamente impoverito il paese creando nuove sacche di povertà e disagio sociale a ritmo costante. Solo con il ricorso al debito questi zombie globalizzati hanno potuto continuare a consumare come prima, fino a quando non si è raggiunta la saturazione finanziaria. Nessuno ha fatto ancora notare come in questi ultimi anni tutto è stato venduto a rate, dalle abitazioni alle vacanze alle isole tropicali, causa estinzione della capacità di risparmio, soprattutto nelle giovani generazioni. Il peggioramento dello scenario planetario porterà ad un consistente ridimensionamento dei fatturati delle imprese a cui faranno seguito un crollo del gettito fiscale ed un aumento vertiginoso della disoccupazione.

Le borse in questi termini ci possono aiutare a leggere il futuro: si comportano letteralmente come un termometro che misura la temperatura dello stato febbrile, i loro continui crolli rappresentano un sensibile ridimensionamento delle proiezioni degli utili attesi in futuro e quindi della capacità di fare profitto per le aziende nei prossimi anni. Dalla contrazione del credito bancario concesso alle imprese passando per il crollo del mercato dei consumi, le aspettative future sono tutt'altro che confortanti. Per comprendere la gravità di quanto stiamo vivendo vi voglio ricordare che durante la Grande Depressione degli anni Trenta oltre il 60 % della popolazione mondiale era impiegata nel settore primario (agricoltura) e le donne non avevano una presenza consistente nel mondo del lavoro visto che la società era organizzata attorno al modello della famiglia patriarcale. Oggi l'1 % del pianeta mantiene il restante 99 % sul piano alimentare, mentre la società è caratterizzata da una spiccata presenza della donna nel mondo lavorativo a cui si deve affiancare il modello di famiglia mononucleare che ha sostituito quella patriarcale. Se in futuro dovessimo descrivere all'interno di un libro quest'epoca infelice e la sua futura evoluzione, adesso ci troveremmo a leggere la prefazione.

nazionalsindacalista
00lunedì 1 dicembre 2008 20:48
Dopo l'Islanda il turno dell'Ungheria? E le banchette italyote che hanno investito nell'est?

Ungheria a rischio bancarotta: fiorino in caduta libera per effetto della crisi a Wall Street


23 ottobre 2008
"Non siamo mica l’Islanda", ripetono gli ungheresi. Ma dopo la drammatica giornata di ieri alcuni cominciano a dubitare. A sorpresa, la Banca centrale magiara ha alzato il tasso di sconto di 300 punti, portandolo all’11,50% nel disperato tentativo di salvare il fiorino dal collasso.




La valuta nazionale, nel mirino della speculazione, ha sfondato il muro dei 280 nei confronti dell’euro, quando un mese fa ne servivano 240. L’ultima asta dei Buoni del tesoro è andata deserta, come a dire che nessuno si fida più di Budapest, sull’orlo della bancarotta. Certo, l’Ungheria non è come Reykjavik. Ma se «fallisse» sarebbe anche peggio perché la sua economia, le sue banche, i suoi mercati sono strettamente collegati con il resto dell’Europa, Italia compresa.
Mentre András Simor, governatore della Banca Centrale, andava in tv per rassicurare, appunto, che «L’Ungheria e l’Islanda sono simili nel senso che sono entrambi piccoli Paesi, ma a parte questo non ci sono altre somiglianze», migliaia di cittadini ungheresi seguono con la pelle d’oca il crollo della borsa. «Avere un'abitazione privata ai tempi del socialismo reale era il sogno proibito dei miei genitori - dice Zsuzsa Kopács, 37 anni, manager -. Io me la sono acquistata ma ora rischio di perdere tutto. Non riesco più a pagare le rate, mi tagliano stipendio e incentivi. Tanti giovani come me vedono d’un tratto svanire il miraggio del benessere».
Per evitare che la malattia del fiorino diventi epidemia dell’economia reale ieri, il governo di centrosinistra, è intervenuto proprio sul fronte dei mutui, firmando un accordo con le banche per tutelare i cittadini nel panico. I clienti potranno allungare la durata dei mutui a un tasso fisso per arginare il crollo del fiorino e il balzo dei tassi. E chi si trova in difficoltà, o senza lavoro, può temporaneamente saltare le rate.
Il premier Gyurcsány, uomo ricchissimo nonostante la fede di sinistra, ha appena perso la maggioranza in Parlamento. Ma cerca alleanze bipartisan per superare l'emergenza. Sabato scorso ha convocato un vertice nazionale straordinario invitando opposizione, sindacati, industriali, banchieri, economisti. Praticamente tutti, sessantasei cervelli riuniti nella bellissima Accademia delle Scienze in riva al Danubio. L’obiettivo era rassicurare i mercati e scoraggiare gli speculatori che stanno sparando sul fiorino come se fosse la croce rossa. Ma è finita male. Dopo sei ore di discussione, il miraggio dell'unità nazionale è svanito. Viktor Orbán, leader dell'opposizione ha detto: «Lo Stato è al limite della bancarotta e tutta la colpa è di Gyurcsány. La soluzione migliore è un nuovo premier con elezioni anticipate». Il settimanale «Hvg» ha commentato, giustamente: «Il vertice doveva mostrare l’unità nazionale in un momento difficile e invece ha fatto vedere solo contrasti, è un invito agli speculatori: attaccateci pure».
Per scongiurare crisi di liquidità la Bce ha messo a disposizione dei fratelli ungheresi 5 miliardi di euro, per dimostrare, come dice Gyurcsány «che Budapest ha alleati potenti». Intanto le banche crollano in borsa come castelli di carte. Otp, il primo istituto commerciale, ha dimezzato il valore in pochi giorni. Un’analisi sottolinea che tra i Paesi della Nuova Europa, l’Ungheria con i tre Baltici, è quello con il sistema bancario meno stabile. L’85% dei depositi sono controllati da banche estere. Tedesche, austriache e italiane. Intesa-San Paolo, per esempio, controlla Cib Bank (la seconda del Paese) e Unicredit UniCredit Bank (settima). I rischi per noi, garantiscono i due colossi italiani, sono minimi, i bilanci addirittura in nero, ma se la crisi si acuisse potrebbe essere una gatta (seppure magiara) da pelare in più.
Quando uscì dal socialismo, con una delle rivoluzioni più vellutate dell'Est, l’Ungheria sembrava la più favorita ad avvicinarsi rapidamente ai parametri dell’Occidente. Antica tradizione industriale, ottimo livello di istruzione, buona qualità della vita. Ma gli alti tassi di crescita economica arrivati con la democrazia non si sono tradotti in ricchezza diffusa. I sogni di lusso della nuova borghesia sono stati erosi dall’alta inflazione. Dopo tre anni di austerità per diminuire il debito pubblico (nel 2006 il deficit era al 9% del Pil; ora è sceso a circa il 3%), il governo di centrosinistra aveva finalmente annunciato di abbassare le tasse, per aumentare benessere e consumi. Ma con i tempi che corrono ha dovuto fare marcia indietro. «Avremo bisogno di programmare per il prossimo anno un budget improntato a estrema cautela e modestia», ha spiegato Gyurcsány, congelando, come buon esempio, gli stipendi dei ministri.
Non solo tasse ferme e salate, ma addirittura meno spesa sociale, finora considerata un principio intoccabile. Il ministro delle Finanze János Veres taglia un miliardo di euro alle spese pubbliche. E’ un passo verso i parametri di Maastricht, ma anche una cura dolorosa per i più deboli. Quel milione e più di sottoproletari e disoccupati, che non sono mai riusciti a riciclarsi dopo la fine dell’industria di Stato che garantiva un posto a tutti, rischiano di diventare ancora più poveri. Saranno di nuovo loro, come quando sono cadute le stelle rosse, a pagare il prezzo della crisi globale, a essere immiseriti nelle pensioni, nella sanità, nella scuola.
La stessa giovane società civile rischia d’appestarsi. Forse non è un caso che tornino slogan di ultradestra, che sboccino rigurgiti antisemiti, che nella puszta sperduta i proletari con le teste rasate facciano a botte con i rom, nel nome della corona di Santo Stefano. Persino la rinomata industria dell’hard rischia grosso. Chi conosce l’italiano scherza col gioco di parole: «Anche il porno andrà in crisi perché alle attrici crollano le borse sotto gli occhi». Come ai tempi del comunismo, come ai tempi delle tante catastrofi vissute da questa piccola, meravigliosa nazione, il «vicc», la barzelletta, resta l’unica arma per difendersi. Ma è una garanzia, come l’acqua del Danubio.
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