Analisi del mercato immobiliare italiano, come è andato il 2011 e le prospettive per il 2012

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marco---
00venerdì 11 maggio 2012 09:18
Ringraziando stelafe per questa segnalazione

Analisi del mercato immobiliare italiano, come è andato il 2011 e le prospettive per il 2012: i prezzi (Fonte: edilbox.it - Paolo D'Alessandris - 13/03/2012)

Come dicevamo nel precedente intervento, il prezzo delle abitazioni è ancora oggi un argomento controverso e sostanzialmente non del tutto trasparente. E’ del tutto evidente che la formazione del prezzo avviene nel libero mercato ma le carenze del mercato italiano sono tutte orientate alla mancanza di informazioni indipendenti riguardo al livello, alla dinamica e alla formazione del prezzo di una casa. In questa sede parleremo di livello e dinamica dei prezzi poiché la questione della formazione del prezzo prevede un più ampio spazio.



Le valutazioni sulla dinamica dei valori nel 2011 vede per tutti i Centri Studi il consuntivo al primo semestre e la previsione per la conclusione dell’anno o l’annualizzazione delle variazioni semestrali. Si è scelto di presentare l’ultima valutazione effettuata da ogni Centro. Rilevazioni, stime e previsioni per il 2010 indicano una ulteriore riduzione dei prezzi, in questo caso più ampia per Nomisma (-3,1% annualizzato) e Gabetti (tra 1,6% e -2,6%), meno intensa per CRESME (-0,8% in valori correnti e -3,6% in valori costanti), e Tecnocasa (-1%). Scenari Immobiliari comunica un “consolidamento” dei valori e UBH non indica una dinamica.

Proponiamo, per rendere più chiara la differenza tra i rilevatori non ufficiali, un confronto su quanto è stato pubblicato da parte dei Centri Studi; tra il 2006 e il 2009 si rilevano dinamiche abbastanza omogenee soprattutto grazie alle nette revisioni al ribasso operate da alcuni Centri Studi.

Come esempio più evidente si riepilogano le stime Nomisma per gli anni 2008 – 2010 come diffuse alla fine di ogni anno e come poi sono state riviste a posteriori:

2008 - dal +4,2% diffuso a fine 2008 si scende al -3,7% / -3,5%
2009 - dal -2,6% / -2,8% diffuso nel 2009 si scende al -4,1%
2010 - dal -0,9 diffuso a fine 2010 si scende al -1,6 / -1,8%

Per quanto concerne la rilevazione semestrale CRESME, effettuata su tutti i capoluoghi di provincia, è stata ulteriormente rafforzata attraverso il raddoppio della base analizzata che ora supera le 50 mila offerte di vendita. L’integrazione con simulazioni di acquisto è effettuata a campione per determinare l’effettivo prezzo richiesto e la possibilità di trattativa. Si tratta, pertanto, di immobili realmente in vendita a fine 2011 che hanno restituito un valore medio di compravendita, per l’intero territorio nazionale pari a 1.750 €/mq. I nuclei delle città metropolitane si collocano in media a 3.020 €/mq (le 14 città metropolitane), i comuni delle cinture urbane delle città metropolitane quotano 1.690 €/mq, solo poco di più rispetto ai capoluoghi di medie e piccole dimensioni (1.610 €/mq); infine i comuni “di provincia” quotano 1.370 €/mq.

I dati rappresentati in numero indice (con base 1992 = 100) evidenziano come il prezzo di ogni zona sia variato rispetto al massimo storico del mercato italiano che si colloca all’apice del precedente ciclo immobiliare. Dopo il forte calo dei prezzi del 2009 (-9,1% in termini correnti e -9,8% in valori reali) e la relativa minor discesa nel 2010 (-2,5% in termini correnti e -4,0% in valori reali) il prezzo medio nazionale tende a stabilizzarsi nell’anno in corso (-0,8% in termini correnti e -3,6% in valori reali) ma i temi più importanti, oggi, sono dati dalla pesante e crescente erosione dei valori reali portata dai tassi di inflazione, dalla precarietà della posizione italiana sullo scenario internazionale e dalla riduzione del reddito disponibile delle famiglie. Il primo tema legato alla perdita di valore della moneta si esplica in tassi che stanno subendo incrementi sensibili e sono previsti in ulteriore aumento (+2,8% il 2011 ma +3,4% il tendenziale a gennaio 2012). Il secondo tema è costituito dal deterioramento delle condizioni di credibilità internazionale del debito italiano e l’incognita sulla capacità di risposta del tessuto politico, economico e sociale alle sollecitazioni che arrivano dall’Europa e dai settori finanziari (e ultimamente anche politici) internazionali; il terzo tema è relativo alla riduzione dei redditi delle famiglie. In questi termini non del tutto improbabili, lo scenario peggiore sarebbe la saldatura tra i tre fattori di rischio che porterebbe alla creazione di una miscela estremamente pericolosa per il mercato immobiliare, tanto da bloccare il mercato stesso per anni in una condizione di deflazione dei prezzi e calo della domanda.

La disamina del 2011 mostra, dunque, che si tratta del primo anno dall’inizio della crisi in cui si inizia a vedere l’effetto di logoramento che può mettere in atto la perdita di valore della moneta; si tratta di quello che è già stato sperimentato sul mercato immobiliare italiano tra il 1995 e il 1998 quando, con valori nominali in lieve incremento, il valore reale delle abitazioni rimase inchiodato per quattro anni sui minimi del periodo. I capoluoghi di provincia (non città metropolitane) segnano una variazione superiore a quella nazionale (-5,4% in valori costanti e -2,6% a prezzi correnti) superiore anche a quello delle corone delle città metropolitane (-5,2% in valori costanti e -2,4% a prezzi correnti). Le città metropolitane, invece, pur ottenendo un comportamento migliore (-4,6% in valori costanti e -1,8% a prezzi correnti), vedono un netto peggioramento rispetto allo scorso anno in cui il -0,4% nominale poteva far pensare ad una imminente ripresa.

L’analisi di lungo periodo consente il raffronto con il valore massimo del precedente ciclo (1992) e con il minimo (1998) da cui è partito l’attuale ciclo immobiliare; l’incremento tra il 1992 e il 2011 è pari al +1,1% in valori costanti (+65,4% in termini correnti); le stesse variazioni rispetto al 1998, anno in cui i prezzi erano al minimo del ciclo in valori costanti, risultano +8,1% e +44,5%. Le variazioni in termini correnti ci permettono di apprezzare l’incremento complessivo di prezzo ma i valori calcolati su base costante esprimono la rivalutazione effettiva al netto dell’inflazione monetaria.

A livello medio nazionale il 1992 resiste in qualità di massimo storico dei prezzi delle abitazioni ma ha già perso parte del suo smalto poiché gli ambiti territoriali più rappresentativi sono già scesi al di sotto di tale valore. I comuni delle corone metropolitane erano scesi per primi al di sotto dello storico valore già nel 2009 ed attualmente si trovano al -13,4%; i capoluoghi metropolitani da quest’anno si collocano al 2,6% in meno rispetto al massimo del 1992; i comuni medio – piccoli sono ad un passo dal capitolare e mantengono un 2,4% di margine; sembrano aver fatto un vero e proprio salto di scala i capoluoghi di media dimensione che erano cresciuti in misura particolarmente ampia fino al 2007 e i comuni turistici.



Le prospettive 2012 – Se si evita il double dip avremo prezzi congelati e l’inflazione eroderà i valori

La stabilizzazione tentata dal mercato durante la prima parte del 2010 non ha trovato seguito e ci si trova nuovamente in fase recessiva. Probabilmente siamo vicini al raggiungimento dei minimi di mercato ma resta in gioco la possibilità di un “double dip” per il 2012; l’incertezza è ai massimi livelli. In termini di compravendite siamo al -33% tra il 2006 e il 2011 e rispetto ai prezzi siamo al -21,5% tra il 2007 e il 2011 in valori costanti e la discesa non è finita. Le prospettive non sono positive anche tenendo conto delle decrescenti possibilità reddituali di gran parte della domanda insoddisfatta.

marco---
00venerdì 11 maggio 2012 09:18
Analisi del mercato immobiliare italiano, come è andato il 2011 e le prospettive per il 2012: Le Compravendite (Fonte: edilbox.it - di Paolo D'Alessandris - 15/02/2012)

Con questo primo intervento sul mercato immobiliare inauguriamo una sezione che si svilupperà raccontando i temi di più stretta attualità ma che, di tanto in tanto, proporrà flash back di approfondimento storico relativi al mercato immobiliare residenziale italiano e flash forward su quelle che sono le prospettive dello stesso nel medio termine.

La recente dinamica del mercato immobiliare abitativo ci parla di una crisi che dura ormai da cinque anni e mezzo; in pochi si sono accorti che le compravendite stavano calando già dal secondo semestre 2006 e, anche a causa della rielaborazione dei dati da parte dell’Agenzia del Territorio[1], nessuno aveva rilevato l’effettiva ampiezza del calo del mercato tra il 2007 e il 2009.

Attenendosi strettamente ai dati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) dell’Agenzia del Territorio, si può rilevare che l’ultimo anno positivo è stato il 2006 (+1,2%) anche se già si possono leggere evidenti segni di flessione con un primo semestre in crescita sostenuta (+4,9%) e un secondo semestre in calo (-2,2%). Ma ancor più indicativi erano i segnali provenienti dal territorio con il forte rallentamento dei comuni capoluogo (-1,7% a livello nazionale), in modo particolare del Centro-Sud; i comuni non capoluogo continuavano a crescere al ritmo del +2,5% sull’onda delle nuove costruzioni. La crisi sferza il mercato durante i tre anni successivi (-7,0% nel 2007, -15,5% nel 2008 e -10,9% nel 2009) con piccole differenze territoriali nei primi due anni e con il segnale di ripresa nel 2009 che proviene, come sempre, dai capoluoghi (-7,8% contro il -12,2% dei comuni di provincia). Il miglior comportamento dei capoluoghi è diffuso su tutte le aree territoriali e preannuncia il risultato positivo del 2010 che, a fronte della variazione nulla a livello nazionale (+0,4%) segna un promettente +5,2% nei capoluoghi.



Il 2010, per molti operatori del mercato, è la luce alla fine del tunnel ma si rivelerà una falsa speranza poiché già nella seconda parte dell’anno e nei primi due trimestri del 2011 si torna a scendere. Il 2011, nei dati dei primi tre trimestri, mostra un nuovo -3,3% con tutte le aree territoriali in negativo; la scomposizione trimestrale vede il terzo trimestre in lieve incremento (+1,4%) a fronte dei primi due in calo. Il Nord presenta una dinamica di maggior tenuta (-2,4%) con i capoluoghi in calo lieve (-0,5%) e gli altri comuni in linea col dato nazionale (-3,2%). Il Centro-Sud, invece, torna a soffrire con cali che superano il 3% e arrivano al -5,0% nei comuni non capoluogo del Sud.



L’effetto della crisi 2007 – 2011 è sintetizzato come segue:

il numero di compravendite si è ridotto di oltre il 30% rispetto al picco del mercato del 2006;
la crisi delle compravendite ha investito tutto il territorio nazionale ma con maggiore intensità il Nord (-34% al Nord, -29% al Centro e -30% al Sud);
il calo più intenso si è verificato nei comuni non capoluogo (-35%) e in misura più moderata nei capoluoghi (-26%);

I dati definitivi per il 2010, le informazioni sui primi nove mesi del 2011 e le ultime rilevazioni effettuate dal CRESME indicano che ci si trova in bilico tra il definitivo atterraggio del mercato su un livello di poco inferiore a quello del 2010 e una nuova caduta. Ad oggi, le prospettive per il 2012 sono improntate all’estrema prudenza con cui si muove la domanda di abitazioni in attesa di occasioni, l’effetto depressivo sul fronte della proprietà immobiliare dato dalla re-introduzione della “patrimoniale” (IMU) con rendite catastali rivalutate (+60% per le abitazioni) indiscriminatamente sull’intero territorio, al rischio che corrono i venditori di non riuscire a realizzare il prezzo richiesto. Proprio il “fattore prezzo” è un argomento controverso poiché le fonti forniscono andamenti contrastanti e livelli differenti…ma ne parleremo nella seconda parte dell’intervento.
[1] I dati relativi al numero di transazioni normalizzate (NTN) pubblicati dall’OMI – Agenzia del Territorio sono stati rielaborati nella seconda metà del 2011 e presentano differenze di entità non trascurabile con un innalzamento del numero di transazioni (nel 2004, ad esempio si contano circa 24 mila compravendite in più rispetto alle precedenti elaborazioni) e una revisione intensa per l’anno 2007 in cui la variazione rispetto al 2006 passa dal -4,6% a -7,0%.
marco---
00venerdì 11 maggio 2012 09:33
I mutui casa: –46% nel 2012 (Fonte: edilbox.it - di Paolo D'Alessandris - 02/05/2012)

Le erogazioni di mutui secondo Banca d’Italia

Secondo le informazioni pubblicate da Banca d’Italia, le erogazioni di nuovi finanziamenti per l’acquisto di abitazioni sono risultate pari a 52,1 miliardi di Euro nel 2011 con un calo dell’11,9% rispetto al 2010 che segue al +5,9% del 2010 (ma nei due anni precedenti si erano avute riduzioni del 7,5% nel 2009, del -9,1% nel 2008 e -0,6% nel 2007). Un altro dato da tenere in considerazione è costituito dall’elevata incidenza delle erogazioni dovute alla surroga di mutui già in essere che incrementa il quantitativo erogato dal 2007 in poi ma fa riferimento a mutui già in essere per immobili già sottoposti ad ipoteca. La surroga di mutui è stata una componente importante del mercato del credito tra il 2008 e il 2010 arrivando a coprire anche il 20% / 25% delle erogazioni complessive tra il 2009 e il 2010.



La domanda di mutui casa da parte delle famiglie nei dati CRIF - Assofin

Un altro indicatore sulla dinamica delle nuove richieste di mutui casa è costituito dall’indice CRIF-Assofin che diffonde mensilmente le variazioni tendenziali annue. Secondo tale indicatore la richiesta di mutui nel 2009 era in crescita del 7,2% medio annuo con un picco elevato di crescita a fine anno. Nel 2010 la richiesta si sarebbe fermata mantenendo la media annua al +0,2% grazie al bimestre ottobre – novembre che registravano incrementi di circa il 15%. I dati 2011 indicano un calo notevole della richiesta di mutui con un secco -18,8% e con una accentuazione proprio negli ultimi mesi che puntavano verso un dimezzamento della domanda. Il 2012, nei dati del primo trimestre, confermano in pieno la dinamica della fine del 2011 con un tendenziale che fa segnare il -46%. E’ prevedibile che le prossime rilevazioni tenderanno ad un ammorbidimento di questa dinamica recessiva poiché il credit crunch ha dispiegato i sui effetti negativi sui muti casa proprio nel 2011 e il mercato creditizio si è già contratto pesantemente.



L’altalena tra tasso fisso e variabile dettata dai tassi di interesse

La composizione dei nuovi mutui stipulati annualmente secondo il tipo di tasso scelto dal mutuatario evidenzia che l’offerta di tipologie di finanziamenti differenziate è di relativamente recente introduzione sul mercato italiano. Il tasso variabile inizia ad essere utilizzato a partire dal 1986, in un periodo di inflazione ancora elevata ma in rapida riduzione rispetto ai valori a due cifre dei primi anni ’80.



I mutui a tasso variabile ottengono un crescente utilizzo negli anni successivi grazie al progressivo contenimento dell’inflazione tanto da superare in quantità i mutui a tasso fisso già a partire dal 2001. Va considerato anche che dal 1999 vengono introdotti i mutui a tasso misto che ottengono un iniziale successo ma che, dopo aver raggiunto il 20% di incidenza sul totale nel 2001, vedono ridurre il proprio peso fino al 2010. Il periodo più recente, tra il 2005 e il 2011, è il più interessante perché dimostra l’accresciuta concorrenza nel settore bancario e l’aumento di mobilità dei mutuatari che scelgono il tasso più conveniente del momento. In realtà non si tratta di una effettiva maggior consapevolezza o di un aumento delle competenze in merito ai finanziamenti da parte delle famiglie ma di una ricerca del massimo bilanciamento tra basso livello della rata di rimborso e minimizzazione del rischio. E’ infatti evidente che chi ha scelto di stipulare un mutuo a tasso variabile tra il 2003 e il 2005 non lo ha fatto prevedendo i tassi futuri ma rilevando la convenienza del momento.

Proprio nel periodo 2003 – 2006 i mutui erano principalmente stipulati a tasso variabile (tra il 64% e il 77%) con il tasso fisso che si posizionava al minimo storico nel 2004 con solo il 7%. Nel 2008, grazie alla forte riduzione dei tassi ma anche alla eliminazione delle penali di estinzione e all’introduzione della surroga, i mutui a tasso fisso tornavano al 75% delle stipule. Dal 2009 i mutui a tasso variabile tornano ad essere i più richiesti e passano dal 20% al 60%.

Va anche considerato l’aspetto dei tassi: da simulazioni su MutuiOnLine si osserva che i tassi di interesse richiesti dalle banche sono schizzati verso l’alto e da tassi variabili all’1,95% ottenibili nel 2008, oggi non si scende al di sotto del 3,6% (TAEG) con uno spread minimo del 2,6% sull’EURIBOR; il tasso fisso che per un breve periodo è stato sotto al 4%, oggi si colloca minimo al 5,8% (TAEG) con uno spread minimo del 3,0% sull’EURIRS; gli spread massimi si collocano al 3,9% per il tasso variabile (su EURIBOR) e al 5,1 (su EURIRS); alcuni operatori del mercato commentano gli spread massimi ritenendo che alcuni istituti bancari si sono tirati fuori dal mercato dei mutui casa ed ora “stanno alla finestra”.
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