Rio teme la bolla
Brasile: crescono i consumi, i prezzi e i debiti.
di Piero Armenti
Gli affitti a Rio sono più alti che a New York.
Per andare da San Paolo e Rio de Janeiro occorre un’ora. Lungo questa tratta, coperta da continui voli di linea, si muovono gli investitori brasiliani, si forma il Pil del Paese, si costruisce il sogno del miracolo verdeoro.
Sono in tanti a volare, in giacca e cravatta: businessman che hanno voglia di investire, di guadagnare, di spendere. E per farlo devono indebitarsi.
San Paolo è il cuore finanziario, dove si produce un terzo del Pil mentre Rio de Janeiro rappresenta la vetrina per il mondo, una ineguagliabile capitale culturale.
AFFITTI PIÙ CARI CHE A NY.
Sono in tanti a cercare un ufficio a Rio Janeiro e San Paolo. Lo dimostra il fatti che a febbraio scorso la Cushman&Wakefield ha osservato un sorprendente sorpasso: nel 2010 la città carioca ha superato New York per il valore degli affitti degli uffici, in un solo anno i prezzi sono aumentati del 47%, e Rio si è piazzata al quarto posto dopo Hong Kong, Londra e Tokyo, nonostante sia una megalopoli del sud del mondo, con stipendi medi che non superano i 400 euro mensili (ma più spesso sono la metà).
Il mercato immobiliare non ha conosciuto nessuna battuta d’arresto negli ultimi quattro anni, né è stato intaccato dalla crisi dei subprime nordamericani.
L’ascesa dei prezzi immobiliari è vertiginosa e in parte imprevedibile: a Copacabana un monolocale che nel 2007 valeva 100 mila dollari, ora viene piazzato sul mercato a 300 mila, mentre i gli affitti sono raddoppiati nel giro di quattro anni.
Aria da mutui suprime: tassi di interesse al 39%
Il Pil brasiliano crescerà nel 2011 tra il 4 e il 5%.
Alcuni analisti temono però che si tratti di una bolla immobiliare. Poche nazioni hanno conosciuto negli ultimi anni l’incrociarsi di tanti fattori positivi, e la Belle Epoque brasiliana si consoliderà con il Mondiale di calcio del 2014 e le Olimpiadi del 2016. Ma non mancano i motivi di allarme. I brasiliani si stanno indebitando ad alti tassi d’interesse, ma possono permetterselo?
«C’è un tasso di interesse reale che oscilla tra il 20 e il 25%. La situazione del Brasile è simile a quella della crisi dei subprime negli Stati Uniti. Il credito viene concesso a consumatori che non potranno ripagarlo», aveva lanciato l'allarme l’investitore inglese Paul Marshal.
Anche il debito per la prima casa, che nel 2006 assorbiva 25% del reddito familiare, a novembre scorso ha raggiunto il 40%.
L'IMPENNATA DELL'IMMOBILIARE.
La corsa al mattone ha fatto impennare i prezzi. Per gli appartamenti poco costosi, sicuramente ha inciso il programma di Lula, Minha Casa Minha Vida, che dal 2009 al 2010 ha raddoppiato la concessione dei crediti, ma a far la parte del leone ci ha pensato il settore privato.
Il gioco è semplice: le banche concedono crediti a un tasso di interesse consistente (in media 39%), con cui si mettono al riparo dalla percentuale di morosità che in Brasile è tradizionalmente alta.
DEBITO PARI AL 46% DEL PIL. Ma non tutti sono catastrofisti, e per molti il paragone con gli Stati Uniti non regge. Come ha fatto notare il professore dell’Università di Campinas, Fernando Nogueira da Costa, «il credito immobiliare del 2011 è pari solo al 15% del Pil, mentre in Spagna arrivava al 60%».
In effetti i brasiliani si indebitano in maniera crescente, ma ancora al di sotto di molte economie avanzate. Il debito privato rappresenta il 46% del Pil, contro il 165% degli Sati Uniti.
Il boom della classe media creata da Lula
Dilma Rousseff, dal primo gennaio 2011 presidente del Brasile (Ap Images).
A indebitarsi non è certo lo Stato, il cui debito pubblico è inferiore al 50% del Pil (da far invidia a tanti Paesi europei), ma la classe media, che cerca di acquistare beni durevoli. E poi gli investitori. La Nestlé, per esempio, ha annunciato un investimento di 70 milioni di euro nell’industria del latte, mentre l’armatore italiano Ferretti ha incrementato la sua presenza in Brasile, per la produzione di barche lussuose che nel Mediterraneo nessuno vuole più.
INVESTIMENTI: +8,9%. Secondo il Banco Bradesco l’84% degli imprenditori, nonostante gli alti tassi di interesse, stanno investendo, e l’incremento per il 2011 sarà dell’8,9%.
Durante i due mandati, Lula ha lavorato per consolidare proprio la middle class, che nel 2007 per la prima volta ha superato i poveri (46% contro 39%). Che è, soprattutto, una classe di consumatori: per gli appartamenti accende i mutui, per gli elettrodomestici usa le carte di credito che hanno interessi altissimi che oscillano tra l’8 e il 9% al mese. Le vetrine dei grandi store, Casas Bahia, mostrano oramai solamente il prezzo già diviso per 12 comode rate da pagare con Visa o Mastercard.
Restano, però, alcuni dubbi sulla tenuta di questo miracolo carioca. Il Financial Times ha sottolineato l’incremento a maggio della percentuale di morosità (+8%). Sempre inferiore alla media brasiliana, ma superiore alle altre economie in via di sviluppo.
DILMA VUOLE CRESCERE. I giornali locali hanno risposto per le rime al quotidiano britannico: non c’è da preoccuparsi. L’incremento dei cattivi pagatori è la normale conseguenza dell’aumento del tasso d’interesse nominale.
Il Banco Centrale lo ha innalzato quattro volte quest’anno, facendolo arrivare al record di 12,25%, per frenare i debiti, i consumi, e tenere sotto controllo l’inflazione, che quest'anno dovrebbe oscillare tra il 6 e il 7%.
Per Dilma Rousseff ora la priorità è continuare a crescere contenendo l’inflazione (il Pil dovrebbe aumentare quest’anno tra il 4 e il 5%). Bisogna evitare di erodere i salari della classe media che, nonostante il boom, dal 2002 al 2008 sono aumentati solo dell’8%.
Giovedì, 23 Giugno 2011