Da noi e' diverso

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(sylvestro)
00giovedì 18 novembre 2010 21:34
(sylvestro)
00domenica 21 novembre 2010 11:38
(sylvestro)
00venerdì 11 marzo 2011 20:31
Italiani ricchi, ma fino a quando?

di Paolo Forcellini

Gli italiani si stanno rapidamente impoverendo? Alcuni dati sulla ricchezza delle famiglie, pubblicati nei giorni scorsi sul “Bollettino” della Banca d’Italia relativo a gennaio, hanno destato commenti preoccupati. L’indebitamento delle famiglie risulta in crescita (più 5 per cento) e anche mediamente più costoso (prima ancora che la Bce abbia posto mano all’aumendo dei tassi d’interesse), mentre sono in flessione (meno 1,7 per cento, all’incirca il medesimo calo della raccolta obbligazionaria) i depositi sui conti correnti del settore privato.

Le associazioni dei consumatori hanno puntato l’indice accusatorio sul sistema bancario che starebbe facendo pagare ai clienti la politica di “finanziamenti spregiudicati” e i maggiori costi dovuti all’inefficienza delle aziende di credito. Ciò può valere per l’aumento dei tassi sui mutui e per i minori interessi riconosciuti sui conti correnti, ma per gli altri fenomeni si tratta evidentemente di un calo del risparmio accompagnato da consumi sostanzialmente stabili. Per questo le forze d’opposizione hanno commentato le notizie Bankitalia sostenendo che “confermano l’accelerazione della contrazione del risparmio netto delle famiglie italiane, conseguenza dell’elevata disoccupazione, dell’assenza di indennità di disoccupazione, dei tagli ai servizi pubblici, degli aumenti delle tariffe, degli effetti dell’inflazione sul potere d’acquisto” (Stefano Fassina, responsabile economico del Pd).

I due tipi di critiche, quella consumeristica e quella politica, contengono indubbiamente un pizzico di verità. Ma una valutazione dell’effettivo stato di benessere delle famiglie italiane, in atto e in prospettiva, esige che si tenga conto di un quadro ben più ampio di quello che possono offrire le piccole variazioni congiunturali di alcuni indicatori. Un primo dato di fatto ineludibile è la ricchezza netta delle famiglie che alla fine del 2009, ultimo dato disponibile, ammontava a 8.600 miliardi di euro, pari a circa 350 mila euro per nucleo. Sotto questo aspetto, nel confronto con gli altri maggiori paesi industrializzati, la posizione italiana è invidiabile. In rapporto al suo reddito disponibile la famiglia italiana media aveva nel 2008 (purtroppo i confronti internazionali sono possibili solo con qualche ritardo) una ricchezza netta 7,84 volte superiore. In altre parole il patrimonio era pari a quasi otto anni di reddito. In Gran Bretagna quel rapporto era pari a 7,68, in Francia a 7,52, in Giappone a 6,97, in Germania a 6,29 (dato 2007), negli Stati Uniti addirittura a 4,76.

Un altro dato conferma e precisa meglio la pole position nostrana (ma poi vedremo che vi sono anche sintomi negativi): tra il 2007 e oggi, cioè al termine di tre anni di profonda crisi, il patrimonio delle famiglie Usa è diminuito di 11 mila miliardi di dollari, cifra corrispondente all’incirca al loro reddito di un anno. Perdite meno rilevanti ma non irrilevanti le hanno subite anche francesi e britannici nel medesimo periodo: ripettivamente 352 e 270 milioni di euro. E le famiglie italiane? Sempre tra il 2007 e il 2010 hanno guadagnato, sia pur poco, in ricchezza: 88 milioni di euro.

Sembra il mondo alla rovescia, dove i ricchi per definizione cedono il passo agli straccioni anch’essi per definizione. Ma non è tutto oro quel che luccica. Innanzitutto perché se si va a guardare la composizione della ricchezza delle nostre famiglie si nota che è sostanzialmente diversa da quella degli altri maggiori paesi: solo in Francia la parte del patrimonio costituita da attività “reali” (leggi: immobiliari) supera di poco quella italiana (5,66 volte il reddito disponibile annuo contro 5,41), mentre per gli altri paesi considerati è largamente inferiore, fino ad arrivare al 2,21 degli Stati Uniti. Ora è noto che una delle caratteristiche principali della crisi di questi anni è stato lo scoppio della “bolla” immobiliare: in Italia, invece, vi è stata tutt’al più una limatura dei prezzi, i valori nominali sono rimasti fermi o leggermente in calo e la bassa inflazione ha moderatamente eroso quelli reali. Ma niente di paragonabile a quanto successo negli States.

Delle due l’una: o in Italia la bolla immobiliare non c’è mai stata, e quindi non poteva scoppiare, oppure l’esplosione o lo sgonfiamento progressivo ma sostanzioso debbono ancora arrivare. Se fosse buona la seconda ipotesi, allora il primato nella ricchezza delle famiglie italiane sarebbe assai effimero, destinato a venir meno in breve tempo. Ma per stabilirlo occorrerebbe un’analisi approfondita di qualità e quantità del patrimonio immobiliare e un confronto fra i diversi paesi che al momento adottano criteri di valutazione disomogenei. Lasciamo quindi aperto l’interrogativo, per la verità piuttosto inquietante
.

C’è un altro fattore che potrebbe aver contribuito a innalzare l’Italia sul podio della ricchezza delle famiglie. Trattasi dell’elevato tasso di lavoro nero che, come noto, dilaga nella penisola, stimato in modo assai variabile fra il 15 e il 30 per cento del prodotto lordo. Se il fenomeno, tanto più aleatorio da quantificare per via della materia trattata, superasse le prudenti valutazioni Istat, ne risulterebbe che il reddito ufficialmente disponibile delle famiglie sarebbe inferiore a quello effettivo e quindi il rapporto tra il patrimonio e il reddito disponibile risultante dalle statistiche ufficiali sarebbe superiore a quello effettivo. Il lavoro nero contribuirebbe a spiegare anche la particolare capacità degli italiani nel risparmiare e nell’accumulare ricchezza familiare, malgrado i loro “bassi” redditi medi dichiarati.

Bolla o non bolla, le prospettive per la ricchezza delle famiglie italiane, comparata con quella degli altri paesi, non sono rosee: non tanto per i piccoli segnali ricordati all’inizio, quanto per un’importante tendenza di fondo che si sta manifestando ormai da quasi un paio di decenni, la riduzione del risparmio. Fino alla fine degli anni Ottanta dell’Italia si poteva dire, modificando leggermente quanto scolpito sul Colosseo quadrato dell’Eur, che era un paese popolato da santi, poeti, navigatori e… risparmiatori. Ancora nel 1990 le famiglie mettevano da parte quasi il 22 per cento del loro reddito. Da allora sta avvenendo una metamorfosi di massa: le formiche si stanno trasformando in cicale. Oggi il tasso di risparmio è al 6,8 per cento, meno di un terzo di vent’anni fa. Complice la crisi, senz’altro, e il desiderio di non contrarre troppo i consumi, ma in altri paesi – come si vedrà – non è andata allo stesso modo.

Se è vero che il legame tra risparmio e ricchezza non è strettissimo e immediato, poiché sul breve-medio periodo la ricchezza è influenzata soprattutto dall’andamento dei valori delle sue componenti, e quindi in particolare dalle variazioni dei mercati dei titoli, dei metalli preziosi, dei beni artistici e degli immobili, è altrettanto vero che sul medio-lungo periodo un basso tasso di risparmio non può non influenzare negativamente il livello del patrimonio detenuto. Per evitare un tale esito infausto occorre innanzitutto che si realizzi una ripresa della crescita del Pil ai livelli di qualche anno fa. Se poi consideriamo la classifica internazionale della ricchezza familiare, il rischio di perdere posizioni è aumentato dal combinato disposto del nostro trend calante di risparmio e di quello crescente di altri paesi, in primis gli Stati Uniti, un popolo di assolute cicale fino a poco tempo fa ma che negli ultimi tempi ha compiuto un’inversione di marcia (dallo zero per cento del reddito disponibile nel 2007, il risparmio ha raggiunto il 6,3 nel 2010).

Inevitabile, prima di concludere l’escursione nella ricchezza degli italiani, evocare i polli di Trilussa (“secondo le statistiche d’adesso/risurta che te tocca un pollo all’anno:/e, se nun entra ne le spese tue,/t’entra ne la statistica lo stesso/perché c’è un antro che ne magna due”): anche il patrimonio si distribuisce in modo del tutto sperequato tra le famiglie come i pennuti del poeta romanesco? La crisi ha indubbiamente contribuito ad accelerare un processo di concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi. Secondo Bankitalia, nel 2009 il decile superiore delle famiglie (il dieci per cento più benestante) possedeva il 45 per cento della ricchezza, mentre ai cinque decili inferiori (il 50 per cento delle famiglie con meno mezzi) ne possedevano solo il 10 per cento.

Quello di una nuova ondata di concentrazione dei patrimoni è da almeno un paio di decenni un fenomeno mondiale, causato anche dallo sviluppo delle nuove tecnologie e dalla globalizzazione. In questo quadro, però, il caso italiano è un po’ anomalo. Innanzitutto perché durante gli ultimi tre anni di crisi la concentrazione (che si misura con un apposito indice statistico, quello di Gini) da noi risulta immutata (0,613). Inoltre e soprattutto perché il peso preponderante dell’immobiliare sulla ricchezza complessiva, in un paese dove quasi l’80 per cento delle famiglie possiede una casa in proprietà, fa sì che le sperequazioni siano in qualche misura attenuate e inferiori a quelle registrabili in nazioni dove prevale la ricchezza costituita da attività finanziarie (il già citato indice di Gini ci conferma che Italia e Francia hanno una distribuzione del patrimonio meno concentrata che Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna).

Morale della “favola”: non fasciamoci la testa solo perché i depositi bancari sono leggermente diminuiti e crescono un po’ i debiti (fra l’altro le famiglie italiane hanno le più basse passività finanziarie), cioè prima di essercela rotta; cerchiamo però di procurarci un casco che ci protegga dai veri pericoli incombenti: la caduta del risparmio e il crollo dei valori immobiliari. Un casco che non potrà chiamarsi altrimenti che “crescita”.

laplace77
00venerdì 11 marzo 2011 21:00
Re: (... peggio, forse molto peggio)
(sylvestro), 18/11/2010 21.34:

http://www.globalpropertyguide.com/real-estate-house-prices/I

www.globalpropertyguide.com/real-estate-house-prices/U





embe'...

in percentuale, da 50 a 120 (140%) e' piu' che da 100 a 220 (120%)...

[SM=g1750163] [SM=g1750163] [SM=g1750163]
laplace77
00venerdì 11 marzo 2011 21:09
Re:
(sylvestro), 11/03/2011 20.31:

Italiani ricchi, ma fino a quando?

di Paolo Forcellini

...

Sembra il mondo alla rovescia, dove i ricchi per definizione cedono il passo agli straccioni anch’essi per definizione. Ma non è tutto oro quel che luccica. Innanzitutto perché se si va a guardare la composizione della ricchezza delle nostre famiglie si nota che è sostanzialmente diversa da quella degli altri maggiori paesi: solo in Francia la parte del patrimonio costituita da attività “reali” (leggi: immobiliari) supera di poco quella italiana (5,66 volte il reddito disponibile annuo contro 5,41), mentre per gli altri paesi considerati è largamente inferiore, fino ad arrivare al 2,21 degli Stati Uniti. Ora è noto che una delle caratteristiche principali della crisi di questi anni è stato lo scoppio della “bolla” immobiliare: in Italia, invece, vi è stata tutt’al più una limatura dei prezzi, i valori nominali sono rimasti fermi o leggermente in calo e la bassa inflazione ha moderatamente eroso quelli reali. Ma niente di paragonabile a quanto successo negli States.

Delle due l’una: o in Italia la bolla immobiliare non c’è mai stata, e quindi non poteva scoppiare, oppure l’esplosione o lo sgonfiamento progressivo ma sostanzioso debbono ancora arrivare. Se fosse buona la seconda ipotesi, allora il primato nella ricchezza delle famiglie italiane sarebbe assai effimero, destinato a venir meno in breve tempo. Ma per stabilirlo occorrerebbe un’analisi approfondita di qualità e quantità del patrimonio immobiliare e un confronto fra i diversi paesi che al momento adottano criteri di valutazione disomogenei. Lasciamo quindi aperto l’interrogativo, per la verità piuttosto inquietante
.

...

Bolla o non bolla, le prospettive per la ricchezza delle famiglie italiane, comparata con quella degli altri paesi, non sono rosee: non tanto per i piccoli segnali ricordati all’inizio, quanto per un’importante tendenza di fondo che si sta manifestando ormai da quasi un paio di decenni, la riduzione del risparmio.
...
Ancora nel 1990 le famiglie mettevano da parte quasi il 22 per cento del loro reddito. Da allora sta avvenendo una metamorfosi di massa: le formiche si stanno trasformando in cicale. Oggi il tasso di risparmio è al 6,8 per cento, meno di un terzo di vent’anni fa.

...

Inevitabile, prima di concludere l’escursione nella ricchezza degli italiani, evocare i polli di Trilussa (“secondo le statistiche d’adesso/risurta che te tocca un pollo all’anno:/e, se nun entra ne le spese tue,/t’entra ne la statistica lo stesso/perché c’è un antro che ne magna due”): anche il patrimonio si distribuisce in modo del tutto sperequato tra le famiglie come i pennuti del poeta romanesco? La crisi ha indubbiamente contribuito ad accelerare un processo di concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi. Secondo Bankitalia, nel 2009 il decile superiore delle famiglie (il dieci per cento più benestante) possedeva il 45 per cento della ricchezza, mentre ai cinque decili inferiori (il 50 per cento delle famiglie con meno mezzi) ne possedevano solo il 10 per cento.

...

Morale della “favola”: non fasciamoci la testa solo perché i depositi bancari sono leggermente diminuiti e crescono un po’ i debiti (fra l’altro le famiglie italiane hanno le più basse passività finanziarie), cioè prima di essercela rotta; cerchiamo però di procurarci un casco che ci protegga dai veri pericoli incombenti: la caduta del risparmio e il crollo dei valori immobiliari. Un casco che non potrà chiamarsi altrimenti che “crescita”.




quoto e commento solo questo: se l'unica speranza contro lo scoppio della bolla anche in italia e' la crescita, allora si che...

[SM=g1747522] [SM=g1747522] [SM=g1747522] [SM=g1747522] [SM=g1747522] [SM=g1747522] [SM=g1747522]
laplace77
00venerdì 11 marzo 2011 21:16
Re:
(sylvestro), 21/11/2010 11.38:





popolazioni:

spagna: 46.954.694

italia: 60.494.632


rapporti (stando a trovit):

spagna: 8,9 annunci di vendita o affitto per 100 abitanti

italia: 10.67 annunci di vendita o affitto per 100 abitanti

e le percentuali di "home ownership" mi pareva fossero simili...

[SM=g7574]
_gmp_
00venerdì 11 marzo 2011 22:29
Re: Re:
laplace77, 11/03/2011 21.09:




quoto e commento solo questo: se l'unica speranza contro lo scoppio della bolla anche in italia e' la crescita, allora si che...

[SM=g1747522] [SM=g1747522] [SM=g1747522] [SM=g1747522] [SM=g1747522] [SM=g1747522] [SM=g1747522]




[SM=g1749718] [SM=g1750483]
(sylvestro)
00sabato 7 aprile 2012 11:08

Da noi e' diverso [SM=g1749711] : e' peggio! [SM=g1750163]

dgambera
00sabato 7 aprile 2012 12:35
Re:
(sylvestro), 4/7/2012 11:08 AM:


Da noi e' diverso [SM=g1749711] : e' peggio! [SM=g1750163]





Questa è solo una parte della conferma che aspetto... per adesso dicono che dei pochi crediti erogati la % che va in sofferenza è più alta che altrove.... adesso aspetto la conferma della seconda parte, ovvero che rispetto ai "non proprietari" in Italia è stato erogato più credito che altrove [SM=g9058]
laplace77
00sabato 7 aprile 2012 13:13
Re: Re:
dgambera, 07/04/2012 12.35:




Questa è solo una parte della conferma che aspetto... per adesso dicono che dei pochi crediti erogati la % che va in sofferenza è più alta che altrove.... adesso aspetto la conferma della seconda parte, ovvero che rispetto ai "non proprietari" in Italia è stato erogato più credito che altrove [SM=g9058]




da quanto e' che diciamo che sono le banche il problema della non-sbolla?

mentre ai e nomismi vari dicono che il (loro) problema e' il credit crunch...

[SM=g2564972]
dgambera
00sabato 7 aprile 2012 14:12
Re: Re: Re:
laplace77, 4/7/2012 1:13 PM:




da quanto e' che diciamo che sono le banche il problema della non-sbolla?

mentre ai e nomismi vari dicono che il (loro) problema e' il credit crunch...

[SM=g2564972]




il fatto è che sono state sempre le banche la causa delle ultime bolle e della crisi globale... altro che funzione sociale... mi sento quasi un black blok [SM=g1765139]
laplace77
00sabato 7 aprile 2012 17:36
Re: Re: Re: Re:
dgambera, 07/04/2012 14.12:




il fatto è che sono state sempre le banche la causa delle ultime bolle e della crisi globale... altro che funzione sociale... mi sento quasi un black blok [SM=g1765139]




non tanto le banche in se' come istituzione,
quanto i loro dirigenti e i controllori pubblici,
che hanno permesso, infervorati dal dogma del liberismo,
che si potessero fare cose "piuttosto dannose"...

vedere (o ri-vedere) Inside Job

[SM=g1750163]


PS: riguardo alla tua recente deriva black-block,
mi sa che ti devi mettere in coda...


Ad alimentare le tensioni , le stime della Uil, sono a rischio oltre 200mila posti di lavoro. "Secondo nostre stime - afferma afferma all'Agi il segretario Luigi Angeletti - quest'anno, senza interventi, sono a rischio oltre 200mila posti. E ancora non abbiamo conosciuto le tensioni sociali più serie che sono quelle che potrebbero essere provocate dai licenziamenti di massa delle persone adulte: eventi che distruggono davvero le vite".

[SM=g7574]


PPS: a chi avesse simili pruriti "ex-ante",
nel senso di prima del licenziamento che distrugge la vita,
consiglierei caldamente questo:



intendo tutto l'album, neh?

[SM=g9128]


PPPS: se il prurito, invece, e' "ex-post",
sconsiglierei il suididio, come visti tanti di recente,
fa piu' audience lo stile all'americana...

[SM=g9128] [SM=g9128] [SM=g9128]

(sylvestro)
00lunedì 9 aprile 2012 17:06
Crisi: preoccupano acquisti bond da banche italiane e spagnole

16:23 09 APR 2012

(AGI) - Roma, 9 apr. - Preoccupano ancora gli acquisti di bond governativi da parte delle banche italiane e spagnole.

L'allarme lo lancia in New York Times, secondo il quale i timori sono diminuiti rispetto a qualche mese fa, ma le "luci rosse" si sono di nuovo accese su Spagna e Italia, i "due paesi piu' suscettibili di un secondo round di problemi". I nuovi dati, secondo il quotidiano americano, mostrano acquisti record di titoli di stato da parte delle banche italiane e spagnole dopo i maxi-prestiti da mille miliardi di euro della Bce alle banche europee. Da novembre a febbraio, secondo il New York Times, le banche spagnole hanno aumentato a 68 miliardi di euro le loro scorte di titoli di Stato e quelle italiane a 58 miliardi di euro, "comprando soprattutto bond dei rispettivi paesi". Il rapporto tra "rischio delle banche e rischio sovrano e' aumentato", assicurano gli esperti di Societe Generale in una nota ai loro clienti. "Le banche prestano ai loro governi e non alle imprese", precisa una nota di Credit Suisse. "Le condizioni nell'area euro", si legge sul New York Times, "non sono cosi' negative come due mesi fa. Il presidente del Consiglio Mario Monti ha calmato i timori dei mercati mettendo in atto un piano di austerita' da 30 miliardi di euro. Alcuni economisti si attendono che l'area euro entri in lieve recessione e non piu' in una profonda recessione come precedentemente temuti, soprattutto ora che l'economia Usa mostra segni di ripresa". Tuttavia, nota l'analista di Credit Suisse Michelle Bradley al New York Times, gli acquisti di titoli di Stato da parte delle banche italiane e spagnole "sono preoccupanti. Basta guardare alla Grecia per vedere come e' finita". (AGI) .
(sylvestro)
00domenica 24 giugno 2012 20:01
Italy and the euro

Are we next?

Italians fret that they may end up going the same way as Spain


Jun 23rd 2012 | ROME | from the print edition




AN ALMOST visible shudder ran through the Italian media on June 19th when official figures showed house sales in the first three months of 2012 falling at an annual rate of 20%. Building lobbyists denied that Italy might see the popping of a property bubble like the one in Spain. Yet Nomisma, a Bologna-based research institute, says there are 700,000 unsold properties in Italy. Although sales have plunged since 2008, prices have remained steady, a mismatch suggesting that Italians’ wealth—and their banks’ mortgage collateral—may not be as great as was thought.

The solidity of its banks is still the best argument for putting Italy in a different risk category to Spain. The markets have largely accepted this distinction. The gap between Spanish and Italian government bond yields widened after Italy once again came to be seen as the safer of the two countries in March. This week it hit 1.2 percentage points but then narrowed sharply. Yet the return demanded by investors for buying Italian debt has been rising steadily, reflecting unease about the country’s future as well as about the euro itself.
One fear is political. Since Mario Monti came to office last November at the head of a non-party, technocratic government, it has become ever harder to predict the outcome of the election due next spring. The parties that have run Italy (ineptly, if colourfully) for the past 20 years were shamed in the eyes of the public by the sober, pragmatic approach of Mr Monti and his team. Support for mainstream parties, particularly Silvio Berlusconi’s People of Freedom movement, has crumbled. This week Mr Berlusconi said this was because of his party’s support for Mr Monti’s austerity measures—suggesting it might reconsider its position.


Mr Monti was put in office to introduce unpalatable measures that would eliminate the budget deficit. As they have taken effect, his popularity has nosedived. Several polls now suggest that the most popular option among voters after the centre-left Democratic Party is the Five Star Movement, led by a comedian and blogger, Beppe Grillo. Few of its candidates have any experience of government, even at municipal level.
The second worry is that the problems of the Italian economy are so deep-rooted that not even the redoubtable Mr Monti can get it moving again, after more than a decade of virtual stagnation. Without growth, Italy will be unable to repay its still-rising public-debt mountain of almost €2 trillion. Its handicaps include corruption, moribund universities, organised crime, socially approved protectionism and a deeply ingrained hostility to competition (when a private rail operator, NTV, launched a new service from Rome’s Ostiense station last week, passengers found their path to the trains blocked by a fence put there by a subsidiary of NTV’s state-owned competitor).
In the immediate future the government’s problem is that it cannot afford to inject public cash into projects designed to stimulate growth if it is to keep a squeeze on the budget deficit. This became clear on June 15th when the cabinet approved a long-awaited growth decree drained of its more ambitious provisions by the treasury. What was left included tax breaks for home improvements and fiscal incentives for companies to hire highly qualified staff, along with measures to boost energy efficiency and ease credit for small firms.
Gian Maria Gros-Pietro, a professor at Luiss University in Rome, points out that the decree contained a measure to slash the tax on bonds issued to fund infrastructure projects. The decree might be modest, he said, but it was nonetheless a step in the right direction after decades in which Italy’s shortcomings have been disguised by a cycle of borrowing and devaluation.
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