Anche Soros resta «liquido»
20 luglio 2011
Sono tempi difficili e l'unica cosa certa è che nessuno sa quale sarà l'evoluzione delle cose. L'incertezza regna in Europa e nessuno si crea illusioni, nemmeno dopo una giornata apparentemente tranquilla come ieri. Ma l'incertezza è di casa anche negli Stati Uniti, nonostante l'artificiosa convinzione degli americani che i problemi dei debiti sovrani siano una faccenda del Vecchio continente.
Anche un personaggio leggendario, come George Soros, uno che spesso è riuscito a vedere prima di altri la direzione degli eventi, mostra di capire assai poco in quel che sta succedendo. Il suo fondo da 25 miliardi di $ (Quantum) ha venduto quasi tutto e adesso si ritrova con il 75% di liquidità: pronta ad essere investita da qualche parte, non appena si riuscirà a capire dove. «Trovo la presente situazione parecchio confusa e molto meno prevedibile di quanto fosse nel pieno della crisi finanziaria (del 2008-2009)», aveva confessato ad aprile lo stesso Soros.
Sono passati tre mesi e le cose sono ancora più confuse e non si capisce se gli eventi stiano precipitando o si stia andando verso una soluzione. Il Quantum Fund, tra maggio e giugno, ha mostrato uno dei peggiori risultati tra gli hedge fund e il bilancio di metà anno è in rosso. Non è stato il solo. Anche il Moore Capital, fondato da Louis Bacon, ha perso il 6% nei primi sei mesi del 2011: una sorte comune a quasi tutti i fondi che adattano le loro strategie alle condizioni macroeconomiche. A parte chi opera con gli algoritmi dei sistemi ad alta frequenza, è un po' tutto il mondo degli investitori a sentirsi addosso il peso del dubbio. Lo si vede tra gli hedge fund, poiché la percentuale di chi ha deciso di assumere meno rischi della media è raddoppiata da maggio a giugno (al 26%). Lo si vede nelle analisi dei grandi broker che consigliano di alzare il peso (al 10-20%) della liquidità nei portafogli azionari. È il «prezzo dell'incertezza», commenta Douglas Cliggott del Credit Suisse.
© RIPRODUZIONE RISERVATA di Walter Riolfi