Il ritorno degli affitti gli italiani non comprano più casa

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antelope
00lunedì 4 febbraio 2008 22:17
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Il ritorno degli affitti gli italiani non comprano più casa

DI GIAMPAOLO FABRIS

Quasi per incanto, dopo una latitanza che durava da anni, sono ricomparsi i cartelli "affittasi". Che, sino ad un recente passato, si erano rarefatti per lasciare l’assoluto protagonismo al "vendesi". Basta aggirarsi in questi giorni per le città italiane per scorgere, al di là dell’affollamento per i saldi, l’emergenza della nuova cartellonistica.
Gli orientamenti di consumo, anche ad una lettura superficiale se non ci si limita quindi soltanto ad una notarile successione di numeri rappresentano una cartina di tornasole eccezionalmente sensibile. Per riflettere macro fenomeni a monte che riescono a disvelare con maggiore trasparenza di altre, ben più togate, prospettive. Che cosa ci segnalano allora le nuove icone che, come richiamate da un tam tam sotterraneo, stanno popolando le nostre strade?
La prima, forse più banale, evidenza è che il mercato immobiliare ha ormai raggiunto livelli di costo che solo un’economia in fase fortemente espansiva poteva sopportare. Infatti, nonostante la congiuntura non particolarmente favorevole, il prezzo degli immobili in questi anni da quelli più economici ai più prestigiosi ha raggiunto e superato ogni massimo. Una spirale in ascesa che pareva non dover avere mai termine. E’ pur vero che le turbolenze e le incertezze dei mercati finanziari hanno dirottato sul mattone quel che restava di risparmi e di investimenti. Ma adesso i livelli raggiunti sono tali da scoraggiarne l’acquisto, fatti salvo gli investitori istituzionali e gli onnipresenti fenomeni speculativi.
In primissima fila sul banco degli indiziati è il precipitare del potere d’acquisto una realtà, quella di un effettivo impoverimento degli italiani, ormai strutturale e concausa dell’improvviso decollo degli affitti — che costituisce un oggettivo freno alla spesa praticamente in tutti i settori merceologici. Figuriamoci in un settore tanto oneroso come la casa l’acquisto dell’abitazione è in assoluto il più impegnativo nel budget familiare a fronte anche della costante erosione della quota parte del reddito da destinare al risparmio. Un dato non da poco per gli italiani: che si sono sempre distinti, fra i Paesi industriali avanzati, per il più alto livello di possesso della prima casa in Italia quasi un imperativo etico, una doverosità sociale e l’entità dei risparmi. Se si considera che l’acquisto di case è prevalentemente alimentato da famiglie di nuova formazione, il diffondersi del precariato proprio nelle fasce più giovani della popolazione un assetto del mercato del lavoro che non favorisce certo programmi familiari a lungo termine — rende sempre più improbabile l’obiettivo della casa di proprietà. E’ di questi giorni il dato Istat che ¾ dei giovani tra i venti e i trenta anni sono ancora costretti a vivere nella casa dei loro genitori. Quelli cioè che Padoa Schioppa, con squisita sensibilità sociologica, chiama bamboccioni.
Da segnalare anche la comparsa di cartelli d’affitto per singole stanze dell’abitazione da parte di soggetti non riconducibili agli abituali affittacamere per gli studenti o per i nuovi immigrati o alle tradizionali condivisioni tra giovani. Si tratta di famiglie di ceto medio, del tutto insospettabili, che rendono per la prima volta disponibili locali della propria casa una decisione sovente sofferta non solo per questioni di status per far fronte ad una situazione tanto difficile. Il prezzo dei mutui inoltre è diventato così impegnativo circa ¼ delle famiglie italiane risulta indebitato da creare seri problemi a chi ha sottoscritto, in passato, un mutuo a tassi variabili e da scoraggiare l’accensione di nuovi. Anche se si osserva l’offerta di mutui della sconcertante durata di 40/50 anni.
E veniamo così ad un ulteriore protagonista di questa nuova sindrome dell’affittasi. Il sistema bancario che è ancora scosso, e certamente non ha ancora metabolizzato l’effetto subprime, anche se in maniera inferiore che negli Stati Uniti sta dimostrando una cautela sconosciuta in passato nella concessione dei mutui. Una cautela forse doverosa ma che, ancora una volta, attesta la scarsa vocazione imprenditoriale delle banche, vale a dire propensione al rischio pressoché nulla, e una ancora più scarsa sensibilità sociale.

(i grassetti sono miei. Bell'articolo, salvo la scoperta dell'acqua calda finale..? [SM=g7600] )

Arpigneto
00martedì 5 febbraio 2008 13:22
Re:

I tassi bassi, i mutui facili, lunghi e variabili ci hanno rovinato.
Hanno alzato il livello minimo di accesso alla casa....Non ha senso pagare per 30 anni a tasso variabile 800 euro al meso (dopo averne cacciato 80-100 mila) per vivere in un monolocale da 40mq a Ponte di Nona (per intenderci periferia dimenticata, fatiscente e mal servita)

Si ribaltano le cose...Perchè uno compra la casa? Per la tranquillità di avere una proprietà, qualcosa tuo che rimane...senza le incertezze dell'affitto...
Ma se finisco di pagare il mutuo quando sarò pensionato, dov'è la serenità e stabilità? Come posso stare tranquillo nel mio futuro se so che per trent'anni avrò una rata variabile che può crescere che incide anche per metà delle mie entrate?
In questi anni nel cambio affitto-mutuo, invece di cambiare instabilità per stabilità (come era nelle intenzioni di chi ha comprato), abbiamo solo cambiato instabilità temporanea per instabilità permanente legata fino alla pensione ad un mono-bilocale (200.000 euri) con prezzi da villa a Miami (300.000 dollari).

Non credo che le cose potesse continuare così.



antelope, 04/02/2008 22:17:

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Il ritorno degli affitti gli italiani non comprano più casa

DI GIAMPAOLO FABRIS

Quasi per incanto, dopo una latitanza che durava da anni, sono ricomparsi i cartelli "affittasi". Che, sino ad un recente passato, si erano rarefatti per lasciare l’assoluto protagonismo al "vendesi". Basta aggirarsi in questi giorni per le città italiane per scorgere, al di là dell’affollamento per i saldi, l’emergenza della nuova cartellonistica.
Gli orientamenti di consumo, anche ad una lettura superficiale se non ci si limita quindi soltanto ad una notarile successione di numeri rappresentano una cartina di tornasole eccezionalmente sensibile. Per riflettere macro fenomeni a monte che riescono a disvelare con maggiore trasparenza di altre, ben più togate, prospettive. Che cosa ci segnalano allora le nuove icone che, come richiamate da un tam tam sotterraneo, stanno popolando le nostre strade?
La prima, forse più banale, evidenza è che il mercato immobiliare ha ormai raggiunto livelli di costo che solo un’economia in fase fortemente espansiva poteva sopportare. Infatti, nonostante la congiuntura non particolarmente favorevole, il prezzo degli immobili in questi anni da quelli più economici ai più prestigiosi ha raggiunto e superato ogni massimo. Una spirale in ascesa che pareva non dover avere mai termine. E’ pur vero che le turbolenze e le incertezze dei mercati finanziari hanno dirottato sul mattone quel che restava di risparmi e di investimenti. Ma adesso i livelli raggiunti sono tali da scoraggiarne l’acquisto, fatti salvo gli investitori istituzionali e gli onnipresenti fenomeni speculativi.
In primissima fila sul banco degli indiziati è il precipitare del potere d’acquisto una realtà, quella di un effettivo impoverimento degli italiani, ormai strutturale e concausa dell’improvviso decollo degli affitti — che costituisce un oggettivo freno alla spesa praticamente in tutti i settori merceologici. Figuriamoci in un settore tanto oneroso come la casa l’acquisto dell’abitazione è in assoluto il più impegnativo nel budget familiare a fronte anche della costante erosione della quota parte del reddito da destinare al risparmio. Un dato non da poco per gli italiani: che si sono sempre distinti, fra i Paesi industriali avanzati, per il più alto livello di possesso della prima casa in Italia quasi un imperativo etico, una doverosità sociale e l’entità dei risparmi. Se si considera che l’acquisto di case è prevalentemente alimentato da famiglie di nuova formazione, il diffondersi del precariato proprio nelle fasce più giovani della popolazione un assetto del mercato del lavoro che non favorisce certo programmi familiari a lungo termine — rende sempre più improbabile l’obiettivo della casa di proprietà. E’ di questi giorni il dato Istat che ¾ dei giovani tra i venti e i trenta anni sono ancora costretti a vivere nella casa dei loro genitori. Quelli cioè che Padoa Schioppa, con squisita sensibilità sociologica, chiama bamboccioni.
Da segnalare anche la comparsa di cartelli d’affitto per singole stanze dell’abitazione da parte di soggetti non riconducibili agli abituali affittacamere per gli studenti o per i nuovi immigrati o alle tradizionali condivisioni tra giovani. Si tratta di famiglie di ceto medio, del tutto insospettabili, che rendono per la prima volta disponibili locali della propria casa una decisione sovente sofferta non solo per questioni di status per far fronte ad una situazione tanto difficile. Il prezzo dei mutui inoltre è diventato così impegnativo circa ¼ delle famiglie italiane risulta indebitato da creare seri problemi a chi ha sottoscritto, in passato, un mutuo a tassi variabili e da scoraggiare l’accensione di nuovi. Anche se si osserva l’offerta di mutui della sconcertante durata di 40/50 anni.
E veniamo così ad un ulteriore protagonista di questa nuova sindrome dell’affittasi. Il sistema bancario che è ancora scosso, e certamente non ha ancora metabolizzato l’effetto subprime, anche se in maniera inferiore che negli Stati Uniti sta dimostrando una cautela sconosciuta in passato nella concessione dei mutui. Una cautela forse doverosa ma che, ancora una volta, attesta la scarsa vocazione imprenditoriale delle banche, vale a dire propensione al rischio pressoché nulla, e una ancora più scarsa sensibilità sociale.

(i grassetti sono miei. Bell'articolo, salvo la scoperta dell'acqua calda finale..? [SM=g7600] )





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