Anche Pelliccioli si sta rivelando essere un discreto ribassista-realista
La ripresa? se ne riparlerà (forse) nel 2012!
Guglielmo Pelliccioli - 17/11/2010, 11:41 | Italy
L’evoluzione della crisi (o involuzione secondo alcuni) sta portando ad una progressiva modificazione anche dei protagonisti del mercato, senza distinzione tra consulenti, società ed associazioni.
L’effetto più evidente di questo riposizionamento si muove in due direzioni: offerta di nuovi servizi, sinergie con altri partner.
Chi più chi meno tutti stanno seguendo questa strada dopo aver provveduto ad una ristrutturazione interna e ad un tourn over di manager e collaboratori.
E’ evidente che il percorso delle aziende segue e si adegua a quello del mercato in cui operano e le società del real estate non sono da meno; appare quindi logico, se non addirittura fisiologico, questo processo di adeguamento che è in corso ormai da un biennio. Resta però da capire se le imprese hanno chiaro quale sarà il loro ruolo domani e in quale contesto competitivo opereranno. L’esempio, purtroppo negativo, delle Sgr e dei fondi immobiliari è ormai evidente: quale strategia adotteranno i vertici di queste società è un azzardo, vista l’incertezza del quadro normativo che si prospetta. Forse per la maggior parte di loro l’unica reazione possibile sarà quella di stare ferme in attesa di capire cosa succederà. Le stesse grandi manovre di fusione si sono arrestate, fatta eccezione di quella tra Fimit e First Atlantic, per non rischiare di stringere alleanze che potrebbero rivelarsi pericolose.
Ferma l’industria dei fondi immobiliari, che era quella tutto sommato più dinamica, il resto della comunità immobiliare vive come assediato. Segnali positivi non arrivano dall’economia con gli allarmi-paese che settimanalmente coinvolgono i paesi a noi vicini; non parliamo della politica che sta vivendo una fase di ristagno e di incertezze sconcertanti (lo stesso Marchionne si è chiesto se il governo è in crisi o no); gli investitori esteri, da sempre ben orientati verso l’Italia, ora cominciano a pesare il rischio-paese italiano; i consumi interni compresi quelli di case crescono ma in maniera trascurabile e certo non con grandi basi prospettiche.
Nelle alte direzioni delle società di real estate quindi si vive una fase di estrema delicatezza con progetti ed iniziative che non decollano per ragioni diverse (prima tra tutte quelle di una sostanziale mancanza di liquidità); si aspetta, si traccheggia, si fanno piani ma nulla più! Un segnale emblematico di questa stagnazione arriva dagli studi legali che sono al di sotto dei budget usuali perché non ci sono deal e le ristrutturazioni del debito, quelle possibili, sono già state fatte tutte.
I costruttori sono costretti ad ammettere il fallimento del piano delle grandi opere infrastrutturali e temono che il piano casa con i suoi 3 miliardi di dotazione non darà poi questo gran lavoro: la giornata di protesta indetta per il 1 dicembre è significativa per dimostrare lo stato di prostrazione di queste imprese. Non era mai successo che l’Ance vestisse i panni della protesta in maniera così evidente e che chiamasse intorno a se tutto il mondo del mattone, ivi comprese le società di servizi che aderiscono a Fareimmobiliare.
Come cronisti del mercato registriamo questa situazione di grave pesantezza che comporta una visione negativa del prossimo futuro. Parlare di ripresa a sei mesi o comunque nel 2011 a questo punto diventa più che un azzardo un sogno.