L'immobiliare (italiano) è morto. Viva l'immobiliare!

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00martedì 24 aprile 2012 10:32
L'immobiliare (italiano) è morto. Viva l'immobiliare! (Fonte: linkiesta.it - di Andrea Guarise - 24/04/2012)

Le Roi est mort, vive le Roi! Questa l’espressione usata per la prima volta nel 1422 alla morte di Carlo VI di Francia, e per l’avvento al trono di Carlo VII. Ebbene, dopo 590 anni, questa formula è più che attuale per molteplici settori della vita cultura ed economica del nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda il settore immobiliare italiano.

Brevissimo excursus storico: dal secondo dopoguerra fino al 2007, con varie fasi cicliche, qual è stata indubbiamente una (non voglio dire LA, ma ci siamo vicini) delle maggiori industrie del nostro Paese? L’edilizia, con tutte le varie figure professionali legate al mattone. Pensiamoci: il muratore, il carpentiere, il serramentista, il pavimentista, l’elettricista, l’idraulico, il mobiliere, ecc… la filiera è molto lunga. Il settore delle costruzioni pesa circa per il 12% del PIL: l’Italia per molti anni è stato il Paese del mattone, come ben riportano le infografiche sulle nuove costruzioni e sul consumo di suolo pubblicate qui su Linkiesta. Parliamo francamente: è una situazione ancora sostenibile?

No, punto.


Riprendiamo alcuni spunti dell’ultimo articolo di Antonio Vanuzzo:

il settore delle costruzioni è fermo: -47,5% i permessi di nuove costruzioni;
le famiglie italiane proprietarie di un immobile sono 19,5 milioni;

Primo commento: la percentuale di proprietà immobiliari nel “portafoglio” delle famiglie italiane è la più alta in Europa. Razionalmente: siamo ancora sicuri che la costruzione di nuove edifici residenziali sia necessario?

Altro spunto, sempre dall’articolo di Vanuzzo:

finché il credito non è classificato come “sofferenza”, cioè fino a quando il costruttore continua a pagare il finanziamento, o la famiglia le rate del mutuo, la banca considera la posizione sottostante in bonis anche se il valore dell’immobile scende rispetto alla perizia condotta per stimare la garanzia ipotecaria, che di conseguenza ne copre una percentuale inferiore

Ma qual è allora la situazione reale di questo aspetto, che bene o male influenza il mercato delle vendite e dei valori immobiliari?

Dalle statistiche pubblicate da Banca d’Italia a fronte di 1.509 miliardi di finanziamenti a famiglie e imprese, i mutui sono il 55% (831 miliardi) ma quelli supportati da garanzie reali sono 524 miliardi. Ipotizzando che all’origine il rapporto tra valore stimato dell’immobile e mutuo sia stato del 50% per le imprese (capannoni) e dell’80% per le famiglie (abitazioni) si arriva a un valore teorico delle garanzie di 774 miliardi con un rapporto di LTV (loan-to-value) del 68%.



Ipotizziamo ora che i valori di mercato abbiano già subito nel corso degli ultimi 4-5 anni un’erosione del 20% (in molti casi anche superiore a giudicare dai tentativi di realizzo giudiziari) e che l’effetto dell’introduzione dell’IMU possa provocare una ulteriore riduzione dei valori di mercato del 25% (un valore che alcune fonti contestano e altre giudicano persino conservativo).
Il grafico sottostante mostra l’effetto sui bilanci bancari:



Il grafico - con stime approssimative - mostra che il valore delle garanzie, oggi ancora capiente, si porterebbe al di sotto del valore dei mutui erogati, causando una discesa del LTV dal 118% di oggi all’89% e un potenziale gap di garanzia di 59 miliardi di euro. Non siamo alla situazione del mercato spagnolo, ma senza dubbio è più che un campanello d’allarme per il sistema bancario.

Morale: chi ha in mano oggi direttamente - sì, parlo di proprietà diretta - e indirettamente - tramite mutui ai privati, e alle imprese di costruzione - il settore immobiliare italiano?

Le banche, esattamente, che più dell’IMU possono incidere sulle valutazioni attuali del comparto immobiliare. In un articolo del 12 marzo 2012 accennavo al fatto che le valutazioni, rispetto al 2007, dovevano scendere di un 20%, e se questa ipotesi si avverasse saremo di fronte indubbiamente ad un forte scossone.

Ma se l’immobiliare è “morto”, cosa si può fare per risollevarlo? Qualche spunto:

“riforma burocratica”: staremo a vedere le mosse del Governo sulla riforma catastale, sperando che le buone intenzioni non si trasformino in un pasticcio come l’IMU. Solo per fare un esempio, banale: è ancora sostenibile che in questa materia ci siano 20 (una per ogni regione italiana) normative differenti? Almeno la definizione di metro quadrato dovrebbe essere uguale in tutta Italia;

“coraggio delle banche”: non è più rimandabile il sostenere situazioni di sviluppo immobiliare che sono ormai voragini, anche se indubbiamente questa situazione determinerà il fallimento delle società meno solide, colpendo da ultimo migliaia di lavoratori del settore (situazione che comunque è già in atto). Il nodo del finanziamento alle imprese ed ai privati è cruciale: il ruolo delle banche in questo momento è troppo passivo. Ci vuole coraggio;

“togliamoci il salame dagli occhi”: ogni tipologia di mercato non può crescere all’infinito, senza correzioni, e non fa eccezione il mercato immobiliare. È impensabile che il valore delle case, non faccia altro che salire all’infinito (come mi è capitato di vedere in qualche “business plan”, che definire business plan sarebbe fin troppo). Anche le paure dell’ANCE, che si è subito affrettata a smentire il calo dei valori dovuto all’IMU, in seguito alle stime del Presidente del Censis dei giorni scorsi, per paura di effetti ancora più devastanti sui propri associati, andrebbero trasformate in coraggio per trovare vie d’uscita e ristrutturazione di un settore intero. Sono le ristrutturazioni degli immobili, di interi quartieri, delle città, il vero motore delle sviluppo futuro.

Altre suggerimenti, più tecnici, rientrano nell’ambito consulenziale-professionale, per cui ci fermiamo qui, ma oggi più che mai, bisogna che ognuno di noi faccia proprie queste parole, di una persona con un bel po’ di Q.I.
Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi.

La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere “superato”’. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza.

L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita.

Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito.
È nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo.

Invece, lavoriamo duro.

Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.

Albert Einstein
Vedi anche: Effetto Imu: crolla del 20% il valore degli immobili
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