Prezzi in calo del 30% con punte del 50% ...

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guido.zip
00lunedì 4 febbraio 2008 16:47
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... Negli anni 90 ... (che avevate capito?) ... ma oggi è diverso!!!!

La paura non farà 90 !!!!!!!!!

www.selpress.com/rassegne/borsaimmobiliare/04022008/4C06...

"Prezzi in calo del 30%, con punte del 50% ... il ricordo suscita inevitabilmente alcune domande: potrà accadere ancora? E soprattutto, che fare?"

segue una tabella-spauracchio, dove si vede addirittura un calo annuo del -16.20% nel 1993 (media italiana).



Infine il simpatico Mario Breglia: "Con un mercato degli affitti così alto, che dovrà scendere del 30% per tornare in linea con le retribuzioni attuali, l'acquisto per investimento resta una azzardo "

Poi il resto dell'articolo è molto rassicurante (oggi è diverso ... gli immigrati, le coppie separate, blablabla), ma qualche verità comincia ad emergere.

Fino a qualche mese fa il mantra era "il mattone non cala mai, storicamente non è mai sceso, al massimo si può fermare per un pò"

Comunque è un'utile spunto di riflessione per chi considera irrealistici cali del 50% nelle zone più surriscaldate.

Articolo anche in allegato

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laplace77
00lunedì 4 febbraio 2008 20:11
dati per grafici correlazioni

thx guido
laplace77
00martedì 5 febbraio 2008 11:55
WSI: prezzi in cal del 25%

ringrazio stoneisland per le segnalazioni:


FONTE: Wall Street Italia

PREZZI IMMOBILIARI: CALO PREVISTO -25%

Un articolo pubblicato nell'ultimo numero di BusinessWeek sostiene che i prezzi delle case in America potrebbero calare tra il 25% e il 30% nei prossimi 2-3 anni, "tornando ai valori che avevano nel 2000 al netto dell'inflazione".

I prezzi delle case si sgretolano

Un articolo pubblicato nell'ultimo numero di BusinessWeek sostiene che i prezzi delle case in America potrebbero calare di un ulteriore 25% nei prossimi 2-3 anni, "tornando ai valori che avevano nel 2000 se si tiene conto dell'inflazione". L'articolo cita estesamente David A. Rosenberg, economista di Merrill Lynch, che spiega: "Noi vediamo il potenziale per un calo compreso tra il 25% e il 30% dei prezzi immobiliari nei prossimi due anni".

E poi e' citato Chris Flanagan, capo della ricerca di JP Morgan Chase (asset-backed securities group) il quale predice a sua volta che i prezzi delle case negli Stati Uniti scenderanno del 25%, con un bottom non prima del 2010. Ian Shepherdson di High Frequency Economics, sostiene addirittura che un crollo del 40% non lo soprenderebbe affatto, si legge sempre nello stesso articolo. Anche perche' nel lungo termine e' statisticamente dimostrato che i prezzi immobiliari salgono, depurati del'inflazione, dello 0.4% all'anno, e cio' significa che i prezzi delle case negli Stati Uniti (ma anche in Italia, Gran Bretagna e Spagna) sono saliti negli ultimi anni a livelli altissimi e in tempi molto accelerati, staccandosi completamente e in modo assurdo dal trend storico. Corollario? Adesso il pendolo va dall'altra parte.




fonte: Yahoo - BusinessWeek

Why home prices could drop 25% more on average before the market finally hits bottom

Why home prices could drop 25% more on average before the market finally hits bottom

As Washington policymakers struggle to keep the U.S. out of recession, the swirling confusion over the housing market is making their job a lot tougher. Will American consumers keep shopping or be forced to pull back? Will banks lend freely or be hamstrung by mortgage defaults? What are the best policy options right now? Those and other important questions simply can't be answered without a good idea of whether home prices will rise, flatten out, or keep dropping.

Some experts have begun to suggest that a bottom is in sight. Pali Research analyst Stephen East wrote in a research note to his firm's clients on Jan. 25 that "the sun is not shining very brightly, but at least the worst of the storm has likely passed." With optimism budding, Standard & Poor's beaten-down index of homebuilder stocks soared 49% from Jan. 15 through Jan. 29.

But it's considerably more likely that the storm is still gathering force. On Jan. 30 the government said annual economic growth slowed to just 0.6% in the fourth quarter as home construction plunged at a 24% annual rate. The Standard & Poor's/Case-Shiller 20-city home price index fell 7.7% in November from the year before, the biggest decline since the index was created in 2000.

And that could be just the start. Brace yourself: Home prices could sink an additional 25% over the next two or three years, returning values to their 2000 levels in inflation-adjusted terms. That's even with the Federal Reserve's half-percentage-point rate cut on Jan. 30.

While a 25% decline is unprecedented in modern times, some economists are beginning to talk about it. "We now see potential for another 25% to 30% downside over the next two years," says David A. Rosenberg, North American economist for Merrill Lynch (MER), who until recently had expected a much smaller slide.

Shocking though it might seem, a decline of 25% from here would merely reverse the market's spectacular appreciation during the boom. It would put the national price level right back on its long-term growth trend line, a surprisingly modest 0.4% a year after inflation. There's a recent model for this kind of return to normalcy after the bursting of a financial bubble. The stock market decline that began in 2000 erased most of the gains of the boom of the second half of the 1990s, leaving investors with ordinary-sized returns.

Why might housing prices plunge violently from here? Remember the two powerful forces that pushed them up: lax lending standards and the conviction that housing is a fail-safe investment. Now both are working in reverse, depressing demand for housing faster than homebuilders can rein in supply. By reinstituting safeguards such as down payments and proof of income, lenders have disqualified thousands of potential buyers. And many people who do qualify have lost the desire to buy. "A down market is getting baked into expectations," says Chris Flanagan, head of research in JPMorgan Chase's (JPM) asset-backed securities group. "People say: I'm not buying until prices are lower.'" He predicts prices will fall about 25%, bottoming in 2010.

Nobody can be sure how far prices will decline. Still, if prices drop that much, it could mean big trouble for the U.S. economy, which is already on the brink of recession. It would blow a hole in the balance sheets of banks and households, slicing more than $5 trillion off household wealth. That's roughly the size of the drop in stock market wealth from the peak in early 2000, a big reason for the recession of 2001. Yale economist Robert J. Shiller, a longtime housing bear, points out that a housing decline that started in 1925 and ran until 1932 weakened banks and contributed to the Great Depression, which started in the U.S. in 1929.

[continua...]




FONTE: Wall Street Italia

LA MATTANZA SUBPRIME E' SOLO ALL' INIZIO

Finora le perdite legate al debito subprime ammontano a circa $150 miliardi. Ma il buco finale rischia di essere ben più grande, addirittura superiore ai $1.000 miliardi, quando si include l’intero mondo del credito. E in borsa.

(WSI) – Finora le perdite legate al debito subprime ammontano a circa 150 miliardi di dollari, ma il buco finale rischia di essere ben più grande, addirittura superiore ai 1.000 miliardi quando si include l’intero mondo del credito. Insomma, la bomba ha la miccia lunga, e potrebbe deflagrare in modo clamoroso nei prossimi 18 mesi. D’altronde, fioccano le peggiori previsioni persino da parte di quelle istituzioni che negli anni scorsi indulgevano a una visione ottimistica, come le agenzie di rating. In settimana la Standard & Poors ha annunciato che le passività generate dai subprime minacciano di superare i 265 mld di dollari, mano a mano che la «cancrena» si estende alle banche regionali e alle aziende di credito estere. Va ricordato che in altre crisi del passato, la portata delle svalutazioni apparve intereramente solo a posteriori. Viene in mente il terremoto delle casse di risparmio, fra gli anni ’80 e ’90. Inizialmente, la stima delle perdite convergeva sui 10 mld di dollari, poi se ne contarono 200.

Non è facile in questo momento trovare fonti autorevoli e trasparenti che possano parlare di credito. Su troppi analisti aleggia il sospetto di un radicale conflitto di interessi. Non per Bob McKee, capo economista della Independent Strategy, influente società di consulenza con sede a Londra.

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Dr. McKee, il pasticcio dei subprime ha causato perdite di 150 miliardi di dollari. Quale sarà il resoconto tra un paio d’anni?

Noi pensiamo che il consuntivo oscillerà fra i 500 e i 1.300 miliardi, se guardiamo a tutta l’economia globale. Lo sbocco più inquietante si avrà in caso di recessione in Nord America, perché allargherebbe il perimetro dei problemi ai derivati, al consumo e alle istituzioni creditizie europee.

Sono cifra iperboliche. Come ci si arriva?

Un passo per volta. Intanto analizziamo i finanziamenti subprime, vero epicentro della crisi. Questo tipo di debito vale negli Stati Uniti circa 1.500 miliardi di dollari. Se le perdite fossero nell’ordine del 15%, la cifra è di 225 miliardi, non lontana da altri calcoli in circolazione. Poi c’è il segmento "prime", i mutui di prim’ordine.

Teme anche qui un’emorragia?

Non un’emorragia, ma qualche ammaccatura. In America il valore delle case è diminuito del 7-10% nel 2007. In caso di recessione ci saranno meno posti di lavoro. Inoltre la bolla immobiliare non è solo un fenomeno statunitense.

A cosa si riferisce esattamente?

Per esempio all’Europa. La curva dei prezzi residenziali vira verso il basso nel Regno Unito, nei Paesi baltici, in Spagna, in Irlanda e nell’Est Europa. Altrove vacilla. Il quadro d’insieme suggerisce che le perdite in Europa potrebbero essere intorno al 10% per i mutui meno solidi. Qualcosa come 150 miliardi di dollari.

Il risultato totale?

Sono 450 miliardi sui prestiti sub-prime e altri 200 su quelli "prime".

Insomma morti e feriti...

Se il tracollo immobiliare precipiterà gli Usa in recessione, le ripercussioni non si limiteranno ai prestiti ipotecari. Ci sono i prestiti aziendali. La storia suggerisce che quando il pil Usa subisce una flessione, il tasso di default raggiunge il 3% in quel campo. Cioè altri 200 miliardi di perdite. Poi c’è il mercato dei derivati sul credito con un valore figurativo di 44 mila miliardi di dollari, per un credito sottostante di circa 5 mila. Il 4% potrebbe finire gambe all’aria con altri 200 miliardi di passivo.

E il credito al consumo?

Quello Usa vale 2 mila 500 miliardi. In recessione, il 5% delle pendenze rischia di non essere onorato. Altri 200 mld.

In settimana le cosiddette monolines, cioè le società di riassicurazione che garantiscono alle emissioni obbligazionarie la tripla A, hanno mostrato dei crateri nei propri bilanci. Quali conseguenze?

In base ai miei calcoli, le svalutazioni e l’abbassamento del rating origineranno 50-70 miliardi di passivo.

Insomma sono 1.300 miliardi di rosso. Ma senza recessione?

Se prevale uno scenario di atterraggio morbido le perdite si dimezzeranno a 500-600 miliardi di dollari.

Quale l’impatto di un buco da 1.300 miliardi sull’economia globale?

È circa il 2,5% del pil mondiale. Ciò vuol dire che nel prossimo biennio il ritmo di sviluppo calerebbe dell’1-1,5% l’anno. Ma il guaio è che i danni si concentreranno nel settore finanziario.

Dal quale dunque è opportuno rimanere alla larga?

Sì, perché il rapporto fra rischio e rendimento appare inadeguato.

Nell’evenienza peggiore, di quanto calerebbero le Borse occidentali?

Ancora del 25% rispetto ai livelli attuali.

In cosa è opportuno investire?

Conviene accumulare posizioni nel lungo termine. Qualsiasi cosa accadrà alla congiuntura nei 18 mesi venturi, ci sarà comunque bisogno di energie e carburanti alternativi. Oppure in Asia le società che si occupano di ripulire le acque o l’aria. Chiunque fa un salto a Pechino o a Shanghai si rende conto di come abbattere l’inquinamento sia uno dei nodi più impellenti delle società in via di sviluppo.

Qualche investimento più facile?

L’oro ha un grande potenziale di lungo termine. Il traguardo dei 1.000 dollari l’oncia è a portata di mano perché l’inflazione ha rialzato la testa, la Federal Reserve apre i rubinetti della liquidità e il dollaro fatica a ritrovare il suo equilibrio.

I titoli del debito europei costituiscono un porto sicuro nella fase corrente?

In parte sì, ma solo quelli di migliore qualità. Il raffreddamento della congiuntura dovrebbe favorire un moderato rialzo delle loro quotazioni.

La Fed è impegnata in un radicale sostegno all’economia e ai mercati con rapidi tagli dei tassi d’interesse. È una cura appropriata?

Cos’altro potrebbe fare? La cura è appropriata, ma il male è così profondo che richiede una certa fase di tribolazione.




allego simpatica shot...
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