Repubblica — 21 aprile 1997: IL PESO DEL MATTONE

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00sabato 4 ottobre 2008 15:25
Il grande crollo è finito
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IL PESO DEL MATTONE


Repubblica — 21 aprile 1997 pagina 1 sezione: AFFARI & FINANZA
Il grande crollo è finito. La rovinosa caduta delle quotazioni degli immobili fra il 1992 e oggi, che ha bruciato il 30 per cento del valore di case, uffici e negozi, si è fermata. Il giudizio degli esperti è unanime, ma non lenisce le ferite di chi ha visto sfumare una parte importante del proprio patrimonio, fino al punto di dover vendere o chiudere la propria impresa. L' elenco delle società immobiliari in difficoltà o uscite di scena è lungo: si va dal gruppo di Renato Della Valle alla Fincasa 44 di Renato Bocchi, dalla Akros di Gianmario Roveraro alla Sci della famiglia Romanengo, dalla Gifim di Jody Vender alla Premafin di Salvatore Ligresti. In Borsa i titoli di tutte le società di questo tipo sono scese ai minimi storici. Dal fronte politico, poi, arrivano grandi novità. Il governo ha presentato un disegno di legge di riforma degli affitti, che dovrebbe definitivamente liberalizzare e rilanciare il settore a vent' anni dalla legge sull' equo canone. La verità è che il mercato immobiliare è entrato in una fase di transizione, al termine della quale niente sarà più come prima.
IL CROLLO E' FINITO, MA NON C' E' UN VERO MERCATO Non sarà più come prima la rosea aspettativa, peraltro sempre soddisfatta dalla realtà, che qualunque ammasso di mattoni e cemento possa rivalutarsi più dei titoli di Stato o anche soltanto più dell' inflazione. Non sarà più come prima l' idea, che sembrava far parte del patrimonio genetico degli italiani, che comunque convenga acquistare un immobile invece che investire i propri soldi in altro modo e andare in affitto. Il cambiamento epocale che ci sta di fronte si può riassumere in una semplice, banale domanda che si sentirà sempre più risuonare nelle stanze in cui si trattano le compravendite da parte di operatori e famiglie: "Quanto rende?". Mentre prima si chiedeva: "Quanto costa?". "In passato - spiega Roberto Mostacci, direttore del Cresme, uno dei più accreditati istituti di ricerca immobiliare - le cose funzionavano così: chi comprava per investimento si accontentava di rendimenti stracciati del 2-3 per cento, tanto l' affare era assicurato dalle rivalutazioni in conto capitale. Oggi chi investe guarda prima di tutto al rendimento, che deve essere almeno del 6-8 per cento. Il prezzo è dunque diventato una variabile dipendente". Sono bastati quattro anni per far cambiare fisionomia al mercato, che forse non ha ancora trovato una nuova stabilità, ma che certo non è più quello di prima. I fattori che hanno scosso dalle fondamenta il vecchio sistema sono vari, ma due sono quelli principali: da una parte l' introduzione di un' imposta patrimoniale sulla casa (l' Ici) e dall' altra i patti in deroga. Da quel momento si è ricreato un mercato dell' affitto, che ha sottratto spazio all' acquisto, e sono riapparse case che per tanto tempo erano state tenute sfitte. Una tenaglia con due morse, da una parte la pressione fiscale dall' altra la possibilità di spuntare buoni rendimenti dopo decenni di equo canone, ha schiacciato i proprietari e li ha costretti a uscire allo scoperto. Molti immobili sono stati immessi sul mercato della vendita e dell' affitto proprio mentre le condizioni generali del paese cambiavano e si entrava in un periodo di bassi consumi, alta disoccupazione, crisi del commercio e del terziario. Inoltre, si è verificato un formidabile raffreddamento dell' inflazione, oggi scesa al 2 per cento. E si sa che un' alta inflazione aiuta il mattone: precise statistiche hanno dimostrato che quando i prezzi al consumo aumentano molto e per lungo tempo - com' è stato in Italia ma anche in Spagna e in Grecia negli anni 70 e 80 - le famiglie sono spinte ad acquistare più case. Questo cocktail di elementi ha fatto emergere un' offerta superiore alla domanda. E i prezzi sono crollati.
Depurati dall' inflazione, sono scesi anche del 30 per cento nelle principali città. E non solo per il segmento residenziale, che è quello che interessa soprattutto le famiglie. Ma anche per tutti gli altri segmenti dell' immobiliare, dai negozi agli uffici e ai capannoni industriali, dove fior di operatori - promotori (cioè coloro che studiano la valorizzazione di un' area dall' acquisto alla costruzione), società immobiliari (che acquistano e gestiscono immobili), costruttori - avevano investito miliardi su miliardi in attesa di un ritorno. Ma invece del ritorno c' è stata la debacle. Il commercio, soprattutto quello tradizionale, è entrato in crisi, gli uffici si sono svuotati, i capannoni industriali sono rimasti invenduti, anche per lo spostamento di molte produzioni fuori dall' Italia. Chi aveva comprato immobili per rivenderli è rimasto con il classico cerino acceso in mano ed è fallito, trascinando nelle difficoltà anche le banche, le quali avevano prestato soldi con garanzie "reali", basate cioè sul mattone. Fin qui il passato. Ma il futuro? E mai possibile che i prezzi non cresceranno più? E se accadrà, quando sarà? La risposta degli esperti è unanime: sì, certo, prima o poi i prezzi risaliranno, forse fra due o tre anni, ma nulla sarà più come prima. Quei boom sfrenati del passato verrannno sostituiti da moderate crescite. Non si comprerà più tutto quello che c' è ma la domanda resterà molto selettiva e mirata, com' è del resto già oggi: soltanto immobili che danno buone garanzie di reddito e quindi a prezzo equo, soltanto beni posti in aree strategiche. "Per poter ripartire - dice Piero Carrer, ordinario di Estimo all' Università di Firenze e insegnante alla Bocconi - il mercato deve cambiare. Mancano dei veri promotori immobiliari, manca una vera cultura della gestione. E, soprattutto, mancano gli strumenti: il leasing immobiliare è quasi sconosciuto, i Fondi immobiliari non sono ancora partiti. Eppure proprio i Fondi potrebbero creare un nuovo mercato, come dimostra anche il tentativo che sta facendo lo Stato di vendere i suoi immobili attraverso questo strumento". Mancano anche operatori che facciano le valutazioni. "I prezzi così bassi - dice Mostacci - stanno di nuovo attirando l' interesse degli investitori internazionali - ma in Italia, salvo rare eccezioni, non c' è chi faccia stime affidabili. Per ripristinare un vero mercato, occorrono su questo punto regole severe, sul modello anglosassone: ad esempio, chi fa le stime non deve avere alcun interesse a vendere questa o quella cosa, in modo che l' investitore possa comprare tranquillamente". - Adriano Bonafede

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