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Lampedusa, "l'altra verità" raccontata in un video. Quella che non fa comodo a sciacalli e finti buonisti

Ultimo Aggiornamento: 23/11/2016 15:07
23/07/2015 09:15
 
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Rimosso il prefetto che ha difeso i cittadini (Fonte: magazinedonna.it - 20/07/2015)

Francesco Borgonovo (Libero) Come ampiamente previsto da Libero, il famigerato piano B del governo sull’immigrazione sta finendo dritto nel lato B degli italiani. Ai quali è richiesto, in sovrappiù, di sopportare il dolore – e la beffa – in silenzio. Nel caso in cui la popolazione intenda ribellarsi, infatti, arrivano leste le reprimende sul piano morale (l’accusa di razzismo) e pure su quello fisico (robuste manganellate). Agli immigrati è concesso protestare – come accaduto ieri in Veneto e nei mesi scorsi in varie zone d’Italia -qualora la sistemazione individuata per loro non li soddisfi: se nelle camere c’è troppo caldo; se mancano parabole e pay tv; se il menu non è gustoso.

Gli italiani, invece, non devono alzare la voce. Come spiegava ieri il Corriere, la linea ribadita dal Viminale ai prefetti «è quella della fermezza: le proteste dei cittadini non potranno in alcun modo fermare la sistemazione dei migranti nei luoghi individuati». Lo ha detto apertamente il prefetto di Roma Franco Gabrielli, e del resto questa è la posizione di Matteo Renzi. Espellere, non si espelle nessuno: ma sull’accoglienza non ci devono essere tentennamenti, gli stranieri vanno presi senza fiatare.

Quando ciò non avviene, arrivano appunto le ruvide contromisure. Emblematici sono i casi di Treviso e Roma. La scorsa settimana, gli abitanti di un complesso residenziale della provincia trevigiana si sono rivoltati contro la decisione della prefettura di collocare oltre cento immigrati in alcuni appartamenti vuoti del loro caseggiato. E in effetti era giustificata la rabbia di chi vedeva scaricati i clandestini tra le famiglie con bambini. La tensione si è tramutata in rivolta, e la rivolta è sfociata nel rogo di materassi e arredi vari presi dagli appartamenti destinati agli immigrati. Il prefetto di Treviso, Maria Augusta Marrosu, sulle prime ha minacciato di denunciare i cittadini protestatari, poi ha deciso di andare incontro alle loro richieste, e ha trasferito gli stranieri in una caserma. Insomma, ha dato ragione alla popolazione, e puntualmente ieri è giunta la ricompensa. Angelino Alfano – pare su pressione di Renzi – ha annunciato: «Nel prossimo Consiglio dei ministri sostituiremo il prefetto di Treviso».

La linea della fermezza va mantenuta, costi quel che costi. A Roma, a Casale di San Nicola, venerdì scorso ci sono state altre proteste. I cittadini si sono rifiutati di farsi carico dell’ennesimo pullman di immigrati. Ed ecco che sono intervenute le forze dell’ordine, e sono volate manganellate e spintoni, anche su pensionati e casalinghe. Gli agenti – lo dicono vari testimoni – hanno cercato fino all’ultimo di evitare le maniere forti. Non a caso, ieri, il sindacato di polizia Coisp ha rilasciato un comunicato di fuoco. Secondo i poliziotti è «assurdo che ci venga chiesto di alzare i manganelli contro gente perbene che si sente abbandonata dalle istituzioni e che tenta di difendere la propria casa». Il segretario del sindacato, Franco Maccari, al Tempo, ha detto che gli agenti sono «costretti ad interventi di ordine pubblico di cui non possiamo che vergognarci». In sostanza, pure i poliziotti sono stanchi di fare la parte dei cattivi di fronte a proteste che ritengono legittime. Non voglio menare la «gente perbene».

Dai grandi giornali italiani, però, queste persone «perbene» sono – da giorni – trattate alla stregua di una manica di imbecilli. Il Corriere, in un reportage da Casale di San Nicola pubblicato domenica, non ha trovato di meglio che titolare: «I fascisti ci hanno usato per avere una ribalta». Gli intervistati, casalinghe e pensionati, raccontavano di non avere appartenenza politica, di essere scesi in strada a protestare spontaneamente e di averne rimediato una scarica di botte. Ma tutto ciò è passato in secondo piano: l’importante, per il giornalone di via Solferino, era stigmatizzare la presenza tra la folla di attivisti di Casa Pound, i quali avrebbero «strumentalizzato» la protesta. Dunque i cittadini sono, nella migliore delle ipotesi, stupidi che si fanno sfruttare; nella peggiore sono razzisti. Lo sostiene apertamente La Stampa, che ieri dava la parola allo storico Giovanni De Luna. Secondo l’esimio professore, nel nostro Paese manca «cultura dell’ospitalità» (sì, certo: peccato che alle frontiere non respingiamo nessuno). Non solo: tra gli italiani serpeggia anche il «razzismo», celato dietro slogan come «padroni a casa propria», personificato dai soliti rappresentanti di Lega e Casa Pound. Così va sostenuta la linea dura del governo: insultando chi si ribella. E fingendo che il problema immigrazione non esista. Ieri, per esempio, Repubblica titolava su due paginone: «Sbarchi in aumento solo dell’8%». Poi, via col solito mantra: gli altri Paesi accolgono più di noi, gli allarmi sono fasulli eccetera. Come se 82.932 ingressi di stranieri (lino al 17 luglio) contro i 76.634 dello scorso anno fossero pochi. Inoltre, ben nascosto nell’articolo del giornale di Ezio Mauro, compariva anche un altro dato: i richiedenti asilo sono quasi 85mila, cioè il 40% in più di dodici mesi fa.

Ancora una volta, si cerca di nascondere le grane sotto il tappeto. Si preferisce scaricare le responsabilità su fascisti e italiani rimbambiti che si fanno intortare dalla propaganda. In verità, a fare propaganda è la stampa italiana che ha recepito in blocco la linea renziana. Se si raccontano storie di immigrati, bisogna puntare su quelle strappalacrime. Le proteste degli italiani, invece, vanno ridimensionate o irrise. Non stupiamoci, poi, se in Europa ci trattano da fessi: siamo i primi a comportarci da profughi della democrazia.
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