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ilsole24ore - Prezzi immobili al top. Allarme da fine bolla

Ultimo Aggiornamento: 27/06/2007 18:50
27/06/2007 18:26
 
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Rapporti BRI (Banca regolamenti internazionali)
www.bis.org/publ/arpdf/ar2007e.htm

Cosa fa la BRI
www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=20.0.1230370478&chId=30

Relativamente al rapporto BRI 2007 ho trovato questo articolo:
finanza.repubblica.it/scripts/cligipsw.dll?app=KWF&tpl=kwfinanza%5Cdettaglio_news.tpl&del=20070624&fonte=RPB&codnew...

Bri: "In Italia debito ostinamente alto - Mutui, famiglie a rischio morosità"

La Bri prevede un rischio di indebolimento del mercato immobiliare
BASILEA - Migliorano i conti pubblici, ma la previsioni del governo sono troppo ottimistiche. Nel suo rapporto annuale la Banca dei Regolamenti Internazionali (Bri) si dice preoccupata per l'elevato debito italiano. "Particolarmente preoccupante è il debito ostinatamente alto di Italia e Giappone, malgrado i bassi tassi di interesse", afferma l'istituto di Basilea. Secondo la Bri, inoltre, ragionevolmente nel 2007 il rapporto deficit/Pil si attesterà al 2,5 per cento, e non al 2,3, come ha invece indicato il governo italiano. Altra fonte di preoccupazione, per l'istituto di Basilea, l'alto tasso di indebitamento delle famiglie italiane: mutui e prestiti hanno accumulato debiti per 300 miliardi, circa 13.000 euro a famiglia, con una crescita di oltre 24 miliardi in soli 12 mesi.

Rate annue in rialzo. L'allarme sull'elevato ammontare di prestiti e mutui, sempre più onerosi a causa dell'aumento dei tassi di interesse, è stato lanciato anche dalla Banca d'Italia, che ha rilevato come il Taeg applicato sui mutui sia in media del 5,44%, mentre quello sui prestiti è del 9,44%. Così, fatti i conti, per le famiglie italiane il pagamento dei soli interessi di una rata annuale rappresenta una tegola da circa 18,4 miliardi. E non tutti ce la fanno.

Prezzi case a rischio ribasso. Dal momento che gli analisti prevedono un ulteriore aumento dei tassi entro la fine di quest'anno, che sarà probabilmente seguito da uno o due ritocchi entro la prima metà del 2008, "la situazione economica avrà un impatto sui redditi delle famiglie - prevede la Bri - Le vendite forzate potrebbero accrescere lo stock di abitazioni offerte sul mercato, esercitando ulteriori pressioni al ribasso sui prezzi". In pratica pagare i mutui sarà più difficile, questo avrà un impatto sui conti delle famiglie ed è facile che immaginare che molti appartamenti finiranno ad ingrossare l'elenco delle aste giudiziarie, provocando se non la temuta 'bolla immobiliare' (il crollo improvviso dei prezzi delle case) perlomeno dei forti ribassi.

Lontano il risanamento dei conti pubblici. Sotto il profilo dei conti pubblici, invece, la Bri fa notare come "il risanamento durevole dei conti pubblici rimane un traguardo distante per la maggior parte dei paesi industriali avanzati. I livelli del debito pubblico sono elevati in molte grandi economie e si prevede che la loro riduzione proceda molto lentamente nel medio termine".

Fondamentale la riforma delle pensioni. Pertanto Basilea raccomanda caldamente la riforma delle pensioni in particolare e del welfare in generale, alla luce dell'invecchiamento della popolazione che si riscontra nei principali Paesi industrializzati. Difficilmente, secondo la Banca, l'aumento degli esborsi della previdenza sociale da un lato e le minori imposte dall'altro potranno "perdurare" alla luce dell'invecchiamento della popolazione. Il rischio - avverte - è che "l'incidenza del debito pubblico potrebbe seguire una spirale al rialzo".

Bene le fusioni bancarie. La Bri ha invece avuto parole di apprezzamento per il processo 'virtuoso' di fusioni bancarie che si è avviato nell'ultimo periodo in Italia, favorito "dalla rimozione di ostacoli effettivi e presunti alle fusioni societarie". Tale processo, osserva la Bri, ha costituito "il fattore singolo più importante alla base della performance delle azioni bancarie".

Cos'è la Bri. La Banca dei Regolamenti Internazionali è stata fondata nel 1930 a Basilea, in Svizzera, per facilitare i pagamenti ai vincitori delle riparazioni dei danni di guerra conseguenti la prima guerra mondiale. E' la più antica istituzione finanziaria internazionale del mondo e rappresenta il principale centro per la cooperazione delle banche centrali. Recentemente ha patrocinato la firma degli accordi sui requisiti patrimoniali minimi per le banche in funzione dei rischi assunti (Basilea-1 nel 1988 e Basilea-2 nel 2004).

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Relativamente al rapporto BRI 2005 ho trovato questo articolo del Sole che parlava apertamente di bolla, già due anni fa.
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ilsole24ore - Finanza e Mercati
Rapporto bri
27 giugno 2005
www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&artId=683392&chId=30

Prezzi immobili al top. Allarme da fine bolla

L'economia mondiale è in crescita vigorosa - il 5% nel 2004, il 4% quest'anno - mentre linflazione è rimasta moderata, nonostante i sostanziali rincari delle materie prime. Ma questa performance eccezionale si accompagna al crescente timore che la situazione possa ben presto cambiare. Le conseguenze di eventuali nuovi rincari del greggio, che oggi ha superato abbondantemente i 60 dollari al barile sulla scia delle elezioni in Iran, potrebbero infatti essere più serie di quanto finora previsto. La situazione attuale mostra significative analogie con quella degli ultimi anni 60, perché proprio in quel periodo nei maggiori Paesi industriali si crearono i presupposti della grande inflazione degli anni 70, a sua volta allorigine delle crisi debitorie che nel decennio successivo hanno colpito molte economie emergenti. Da queste considerazioni parte il Rapporto 2005 della Banca dei regolamenti internazionali (Bri), presentato oggi alla stampa a Basilea dal direttore generale Malcolm D. Knight, già vice governatore della Banca del Canada. che dall'aprile 2003 guida la "banca delle banche centrali".

Occorre intervenire, e presto, per correggere gli squilibri della crescita. Nell'analisi della Bri compare il tema degli immobili che proprio nei giorni scorsi è stato al centro dell'attenzione della stampa anglosassone.«The Economist» ha fatto una copertina-shock sul possibile scoppio della bolla immobiliare, che il settimanale britannico dà come già avvenuta, titolando: «After the fall». Secondo lo studio della Bri, a fine 2004 le quotazioni degli
immobili avevano raggiunto o sfiorato i massimi storici contribuendo ad accrescere al ricchezza delle famiglie, beneficiarie anche della ripresa dei corsi azionari, ma lo sgonfiamento della bolla immobiliare pone dei rischi sui consumi e la spesa delle famiglie.

Conti pubblici italiani
La crescita dei deficit di bilancio, scrive il Rapporto della Bri, nei principali Paesi industriali ha origini diverse, ma essenzialmente di ordine strutturale. Nellarea euro lesigenza di un risanamento dei conti pubblici viene a coincidere con una più debole attività economica: per lItalia il dato di consenso elaborato dagli esperti della Bri sulla base degli ultimi dati di fonte Fmi, Ocse e delle statistiche nazionali, prevede un rapporto deficit/Pil del 3,9% questanno e del 4,3% per il 2006. Il governatore Antonio Fazio, a Basilea per l'assemblea della Bri, ha confermato con i giornalisti che il dato è in linea con le ultime stime della Banca d'Italia che parlano di un rapporto "intorno al 4 per cento". Sia in Italia che in altri Paesi dellUnione, però, debbono ancora essere formalizzati gli specifici provvedimenti necessari al conseguimento degli obiettivi di riduzione del disavanzo.
Negli squilibri della crescita mondiale rientra anche il rendimento dei titoli di Stato in calo, mentre i tassi ufficiali sono in crescita e l'economia vanta dei fondamentali apparentemente robusti. "Un enigma", quello del mercato statunitense, che si è esteso anche ad altri Paesi e che secondo la Bri resta difficile da spiegare. Unanomalia, questa, sottolneata pochi giorni fa anche dal presidente della Fed Alan Greenspan. Forse pesano le progettate riforme sui sistemi pensionistici e sulla contabilità. Un impatto significativo può anche essere scaturito dalla gestione delle riserve delle banche asiatiche, ma la Bri ammette che è difficile valutare la portata di questi fattori. Il Financial Times nel basso livello dei tassi Usa a lungo termine, nonostante i ripetuti rialzi di quelli a breve, vede addirittura dei rischi di deflazione da "anni 30", per leccessiva liquidità e la debole propensione a investire.
Nei giorni scorsi è stata soprattutto la stampa anglosassone a evidenziare gli squilibri della crescita mondiale. Il «Financial Times», ad esempio, nel basso livello dei tassi a lungo termine - giudicati un "enigma" anche dal presidente della Fed Alan Greenspan, nonostante i ripetuti rialzi di quelli a breve - vede addirittura dei rischi di deflazione da "anni 30" (eccessiva liquidità e debole propensione a investire); «The Economist» ha fatto una copertina-shock sul possibile scoppio della bolla immobiliare (che il settimanale britannico dà come già avvenuta, titolando: «After the fall»). Altri ipotizzano invece un periodo di pressioni inflazionistiche e di perturbazioni cicliche per limpennata dei prezzi del petrolio, arrivati a quota 60 dollari al barile e con tendenza a crescere ancora di più.

Il confronto con gli anni 60 e 70
Per gli esperti della Bri «tutte le scelte di politica economica comportano una sorta di "do ut des" e di discrezionalità e quelle nellarea della stabilità macrofinanziaria non fanno eccezione». Conseguentemente il Rapporto suggerisce «unattenzione più sistematica agli squilibri finanziari sia interni sia internazionali». Un cammino che può incontrare ostacoli, che non
dovrebbero però essere insormontabili, «perché i responsabili delle politiche hanno chiaramente imparato dai loro precedenti errori». Infatti «negli ultimi anni 60 e agli inizi degli anni 70 non vi era piena consapevolezza dei costi associati a uninflazione elevata nei Paesi industriali, né veniva adeguatamente percepita la rapidità con cui un cambiamento nelle aspettative inflazionistiche può innescare un circolo vizioso fra salari e prezzi».
Dagli anni 60, spiega il Rapporto della Bri, il mondo è cambiato sotto tre aspetti fondamentali: primo, la globalizzazione delleconomia reale ha
accresciuto enormemente il potenziale di offerta e modificato in modo sostanziale i prezzi relativi , favorendo un ripiegamento dellinflazione; secondo, la deregulation e il progresso tecnologico hanno prodotto un impatto profondo sui sistemi finanziari, che si basano in misura crescente sul mercato piuttosto che sullintermediazione bancaria e sono popolati da società sempre più grandi e complesse; terzo, si è assistito a un riorientamento dei regimi monetari verso lobiettivo prioritario di tenere bassa linflazione.

G3 monetario
Da questi singoli cambiamenti, e forse ancor più dalla loro interazione, discendono nuovi insegnamenti al pari di nuove incertezze, «per cui è possibile che, in futuro, le pressioni deflazionistiche ricorrano con quasi altrettanta frequenza di quelle inflazionistiche». Dall'interazione di queste trasformazioni, aggiunge il Rapporto della Bri «potrebbe crearsi un ciclo "boom and bust" nel sistema finanziario che, a sua volta, genererebbe forze frenanti, con ripercussioni in grado di indebolire in vario modo leconomia reale. E se un simile processo dovesse avere inizio in una situazione di inflazione già bassa, non si possono escludere esiti deflazionistici indesiderati».
Per quanto riguarda la politica monetaria, negli Stati Uniti il perdurare di una forte espansione economica e lo spostamento dei rischi verso possibili pressioni inflazionistiche hanno indotto la Federal Reserve a ridurre il grado di condiscendenza monetaria con una serie di incrementi graduali dei Fed Funds. Nei Paesi della zona euro, invece, la Bce ha mantenuto fermi i tassi ufficiali, in quanto una crescita economica al disotto del potenziale e lapprezzamento delleuro continuavano a moderare le spinte inflazionistiche. La Banca del Giappone, infine, ha tenuto il costo del denaro praticamente a quota zero, poiché fattori economici e finanziari avversi hanno avuto un impatto tale da escludere luscita dalla deflazione. In sintesi negli ultimi dodici-diciotto mesi lindirizzo monetario nelle economie del G3 (sui delicati problemi valutari sta profilandosi un nuovo gruppo Usa-Eurolandia-Giappone) è pertanto rimasto accomodante.
A Basilea, prima della riunione della Bri, il governatore della Banca centrale cinese Zhou Xiaochuan ha invece affermato che i tempi per l'abbandono da parte dello yuan dell'aggancio al dollaro non sono ancora maturi. Zhou ha aggiunto che largomento non figurava oggi allordine del giorno. Gli Usa e altri Paesi da tempo premono invece per una rivalutazione della moneta cinese. Anche il premier Wen Jiabao ha ribadito da Pechino che alla Cina serve ancora tempo per preparare un provvedimento del genere e che il Paese deciderà in autonomia come e quando rivalutare la propria moneta.

Euro e dollaro
Da gennaio a oggi il dollaro è però salito del 12% rispetto all'euro e del 7% rispetto allo yen. Come fa notare l'ultimo numero di «Newsweek», se fino a poche settimane fa il biglietto verde era visto inesorabilmente in declino, per i crescenti "deficit gemelli" degli Stati Uniti (commerciale e di bilancio), dopo il doppio "no" di francesi e tedeschi alla Costituzione europea e perdurando la modesta crescita dell'economia europea, è calato anche l' «appeal» dell'euro come valuta internazionale. Né lo yen giapponese, né lo yuan cinese possono subentrare però aspirare a diventire una possibile alternativa al dollaro, per l'inadeguatezza dei mercati azionari e obbligazionari dei due giganti asiatici, che ancora privilegiano politiche mercantilistiche, mantenendo basso il cambio per incrementare le esportazioni.
Questa settimana la partita sul valutario riparte dal meeting del Federal
Open Market Committee (29-30 giugno), che con buona probabilità rialzerà il costo del denaro di un altro quarto di punto, portando i Fed Funds al 3,25 per cento. Mercoledì scorso invece Banca centrale svedese ha deciso di abbassare i tassi al minimo storico dell'1,5% con una manovra di mezzo punto percentuale. La mossa ha aumentato il pressing sulla Bce, rafforzando l'attesa di un allentamento monetario, anche se lo stesso presidente dell'istituto Jean-Claude Trichet continua a escludere un taglio del costo del denaro. Tuttavia, negli ultimi giorni, sia il ministro dell'Economia tedesco, Wolfgang Clement, sia il suo omologo francese, Thierry Breton, hanno di nuovo espresso l'auspicio di un taglio dei tassi.
I sostenitori di questa linea - si legge sul «Financial Times» - affermano che «l'immobilismo della Bce sui tassi sta impedendo all'economia europea di raggiungere quei ritmi di crescita necessari a ridurre la disoccupazione e a stimolare riforme più ampie». Dall'inizio del mese anche la Bce avrebbe però ammorbidito la sua linea, perché se prima Trichet affermava che un taglio dei tassi «non è un'opzione», ora la politica ufficiale dell'Eurotower è che non ci sono predisposizioni («no bias»), né verso un taglio, né verso un incremento. «Alcuni membri del comitato di politica monetaria della Bce ritengono che un taglio dei tassi nell'eurozona sarebbe poco efficace per la crescita,- chiosa il quotidiano britannico della City - altri invece pensano che nei prossimi mesi una riduzione potrebbe essere giustificata, se non si profilerà la ripresa che ci si attende».

[Modificato da guidoXXXX 27/06/2007 18:50]
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