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Chiesa e immobili

Ultimo Aggiornamento: 15/02/2013 09:04
16/05/2007 14:40
 
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La Chiesa possiede il 20-22 % del patrimonio immobiliare italiano...
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Ratzinga Muratore. La Chiesa possiede il 20-22 % del patrimonio immobiliare italiano...

Un quarto di roma è intestato a diocesi, enti e società del vaticano.
I primi acquirenti di beni della curia sono il Santander e il Bilbao, via Opus Dei

Parte dellinchiesta di Sandro Orlando per il settimanale Il Mondo

L'ultimo a essere venduto è stato un immenso complesso monastico sulla Camilluccia, alle spalle di Monte Mario. Nella stessa arteria a nord ovest della Capitale, zona Trionfale, un tempo tappezzata di rifugi per pellegrini e lazzareti, l'immobiliarista casertano Giuseppe Statuto si è portato via un ex convento del XVIII secolo di importante valenza storica, con una superficie di quasi 5 mila metri quadri, ed inserito in un'area naturale tre volte più grande.

Ma Statuto, l'enfant prodige dei nuovi palazzinari romani, l'unico a non essere sfiorato dalle disavventure giudiziarie dei «furbetti del quartierino», in arte Stefano Ricucci e Danilo Coppola, deve avere buoni santi in Paradiso.
Davvero: anche perché è uno dei rari operatori del settore ad avere accesso agli affari immobiliari della Chiesa. E così con la sua Michele Amari e le altre controllate attive nella Capitale (Bixio 15, Diemme Immobiliare, Derilca, Egis) in questi anni è andato collezionando immobiili di pregio dismessi da congregazioni religiose, ordini e confraternite.

La svolta è arrivata alla fine del 2002, con la nomina del cardinale Attilio Nicora alla presidenza dell'Amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa), uno dei due pilastri economici del Vaticano, insieme all'Istituto per le Opere di religione (Ior), la banca pontificia.
Una holding, l'Apsa, che a Roma risulta proprietaria di beni per pochi milioni, perché iscritti a bilancio al costo storico, e accatastati sempre come popolari o ultrapopolari, pur situandosi in pieno centro.

Attraverso società come la Sirea, che ha intestati due palazzi in piazza Cola di Rienzo, valutati neanche 3 milioni e dati in affitto alla Direzione investigativa antimafia; la Edile Leonina, con locali per altri 3 milioni, occupati dal Viminale; e la Nicoloso da Recco, titolare di quattro appartamenti, dal valore nominale di appena 50 mila euro. Ma che invece ha un potere di indirizzo enorme sull'immenso patrimonio che fa capo alla Chiesa e agli oltre 30 mila enti religiosi che operano sul territorio.

Un patrimonio sfuggito a ogni censimento, nei quasi ottant'anni seguiti al Concordato che dal 1929 regola i rapporti tra Stato e Vaticano. Come aveva sottolineato anche Francesco Rutelli, all'indomani della revisione dei Patti lateranensi.
In un acceso dibattito parlamentare dell'aprile 1985 sulla legge che istituiva il Fondo edifici di culto, l'allora deputato radicale aveva fatto mettere agli atti l'interminabile elenco dei palazzi posseduti dagli enti ecclesiastici nella sola città di Roma per dare la consistenza reale dei beni della Curia.

E rovesciare così quella visione di una confessione «poverella» che aveva spinto la Dc ad accollare allo Stato mille miliardi di lire (dell'epoca) di spese l'anno, per il mantenimento dei luoghi adibiti a culto.
Poi Rutelli è diventato sindaco, e con la pioggia di finanziamenti pubblici arrivata con il Giubileo del 2000, 3.500 miliardi di lire per parcheggi e sottopassi, restauri di cappelle e palazzi, ristrutturazioni edilizie e nuovi alloggi per pellegrini, ha dato il suo contributo all'ulteriore espansione terrena della Chiesa.

[Quattrocento istituti di suore, 300 parrocchie, 250 scuole cattoliche, 200 chiese non parrocchiali, 200 case generalizie, 90 istituti religiosi, 65 case di cura, 50 missioni, 43 collegi, 30 monasteri, 20 case di riposo, altrettanti seminari, 18 ospedali, 16 conventi, 13 oratori, 10 confraternite, sei ospizi.
Sono quasi 2 mila gli enti religiosi residenti nella Capitale, e risultano proprietari di circa 20 mila terreni e fabbricati, suddivisi tra città e provincia.]

Un quarto di Roma, a spanne, è della Curia. Partendo dalla fine di via Nomentana, all'altezza dell'Aniene, dove le Orsoline possiedono un palazzo di sei piani da oltre 50 mila metri quadri di superficie, mentre le suore di Maria Ripatrarice si accontentano di un convento di tre piani; e scendendo a sud est per le centralissime via Sistina e via dei Condotti, fino al Pantheon e a piazza Navona, dove edifici barocchi e isolati di proprietà di confraternite e congregazioni si alternano a istituzioni come la Pontificia università della Santa Croce.

E ancora, continuando giù per il lungotevere e l'isola Tiberina, che appartiene interamente all'ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio.E poi su di nuovo per il Gianicolo, costeggiando il Vaticano fino sull'Aurelia Antica dove si innalza l'imponente Villa Aurelia, un residence con 160 posti letto, con tanto di cappella privata e terrazza con vista su San Pietro, che fa capo alla casa generalizia del Sacro Cuore.

È tutto di enti religiosi. Un tesoro immenso che si è accumulato nei decenni grazie a lasciti e donazioni: più di 8 mila l'anno scorso nella sola area di Roma città. Ma non cè solo la Capitale. La Curia vanta possedimenti cospicui anche nelle roccaforti bianche del Triveneto e della Lombardia: a Verona, Padova,Trento. Oppure a Bergamo e Brescia, dove gli stessi nipoti di Paolo VI, i Montini, di mestiere fanno gli immobiliaristi.

«Il 20-22% del patrimonio immobiliare nazionale è della Chiesa», stima Franco Alemani del gruppo Re, che da sempre assiste suore e frati nel business del mattone.
Senza contare le proprietà allestero.
«A metà degli anni 90 i beni delle missioni si aggiravano intorno ai 800-900 miliardi di vecchie lire, oggi dovrebbero valere dieci volte di più», osserva limmobiliarista Vittorio Casale, massone conclamato che allepoca era stato chiamato dal cardinale Jozef Tomko a partecipare ad un progetto di ristrutturazione del patrimonio di Propaganda Fide, il ministero degli Esteri del Vaticano.

Dicevamo del cardinale Nicora. Legatissimo ad Angelo Caloia, il banchiere del Mediocredito centrale che si è fatto interprete del rinnovamento dello Ior dopo il crack dell'Ambrosiano, Nicora è stato per tutti gli anni '90 «assistente spirituale e stimolatore» di un ristretto cenacolo milanese, il gruppo Cultura Etica e Finanza, nato per «porre a confronto il cattolicesimo col travolgente imporsi del primato economico-finanziario», come ha scritto Giancarlo Galli nel suo informatissimo libro sulla Chiesa e il capitalismo (Finanza bianca, 2004).
Arrivato al vertice dell'Apsa, Nicora ha cercato di fare ordine nel portafoglio immobiliare della Santa Sede, con le stesse logiche dei banchieri da lui frequentati.

[&&&&&&&&..]

Scoperto con il Giubileo, il fenomeno del turismo religioso si è conquistato lattenzione crescente delle alte sfere della Chiesa.
Intorno a questo nuovo business si è sviluppata lOpera romana pellegrinaggi di monsignor Liberio Andreatta, cui fa capo lagenzia viaggi Quo Vadis.
Insieme al gruppo Cit la Santa Sede aveva anche messo a punto un progetto molto ambizioso per creare a Pietrelcina, il luogo natio di Padre Pio, un polo turistico religioso, con 76 milioni di investimenti: poi la crisi delloperatore viaggi ha fermato tutto.
Ma che il settore sia in crescita lo dicono le cifre: in tutto il paese si contano circa 3.300 case per ferie gestite da enti religiosi, con un giro d'affari annuo stimato in 4,5 miliardi, e 200 mila posti letto.

Di questi 5 mila sono a Roma, città che solo a Pasqua registra più di 600 mila pellegrini.
Oltretutto il calo delle vocazioni ha svuotato abbazie e monasteri, che sono più di 2 mila in tutta Italia, e questo proprio mentre gli ordini venivano chiamati a rispondere ad una nuova razionalità economica.
È un boom che ha moltiplicato i cantieri per trasformare antichi conventi e collegi religiosi in case di accoglienza e veri e propri alberghi, soprattutto nella Capitale.

E così un palazzo del Borromini di proprietà delle suore Oblate di Santa Maria dei Sette dolori in Trastevere si avvia a diventare un hotel con 62 camere.
Sempre a Trastevere è già in funzione il San Giuseppe di vicolo Moroni, mentre il Collegio gregoriano di via San Teodoro, che s'affaccia sul Palatino, verrà dato in gestione a terzi dopo la riconversione.

È una febbre edilizia che finora è stata gestita con riservatezza da pochi intermediari di fiducia, primo tra tutti il gruppo Re, Religiosi ed ecclesiastici, di Vincenzo Pugliesi e Franco Alemani.
Una realtà nata più di vent'anni fa, con lo slogan «non dannatevi per vendere un convento», che si è specializzata nella compravendita e ristrutturazione di beni ecclesiastici e oggi ricava dall'attività con ordini e congregazioni una trentina di milioni l'anno (su un fatturato complessivo di 55 milioni).

«La prima richiesta che ci arriva», spiega il vicepresidente Alemani, «è vendere sempre dando la prelazione alla Chiesa».
È per questo che sono bandite le aste mentre a dirigere la controllata cui fa capo il business religioso, la Re spa, è stato chiamato di recente l'erede di una delle famiglie che contano in Spagna, Antonio Fraga Sanchez.
I primi acquirenti di beni della Curia sono proprio loro, il Santander e il Bilbao, da sempre a braccetto con il potentissimo Opus Dei.

BENI IMMOBILI
All'incirca il 20-22% del patrimonio immobiliare italiano fa capo alla Chiesa. Un quarto di Roma è intestato a diocesi, congregazioni religiose, enti e società del Vaticano. Solo le proprietà che fanno capo a Propaganda Fide (il «ministero degli Esteri» del Vaticano che coordina l'attività delle missioni nel mondo) ammontano a 8-9 miliardi.
Negli ultimi due anni il Vaticano ha cominciato a fare trading immobiliare, vendendo beni per quasi 50 milioni. Nel 2006 a Roma si sono registrate più di 8 mila donazioni di beni immobiliari, in provincia sono state 3.200. Il doppio rispetto a una città come Milano. Il più grande intermediario immobiliare che lavora con la Chiesa, il gruppo Re spa, realizza da questa attività circa 30 milioni di fatturato.

PATRIMONI
Il patrimonio gestito dallo Ior, la banca del Vaticano, e l'Apsa, sfiora i 6 miliardi.

TURISMO
In tutta Italia si contano 200 mila posti letto gestiti da religiosi, con 3.300 indirizzi, tra case per ferie, hotel, centri di accoglienza per pellegrini. il giro d'affari è stimato in 4,5 miliardi.
In tutto il paese si contano più di 2 mila monasteri e abbazie. A Roma sono 5 mila i posti letto ufficialmente disponibili in ex conventi e collegi religiosi. Il giro d'affari del turismo religioso nella Capitale è stimato intorno ai 150 milioni di euro.
16/05/2007 14:45
 
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Scusa, cosa c'entra con la bolla immobiliare?

E poi ripeto, per l'ultima volta, che per gli articoli c'è l'apposita sezione.

Macs
[Modificato da |Macchese| 16/05/2007 14:48]
Di questi tempi è più facile trovare una buona moglie che un trilocale a un buon prezzo
16/05/2007 14:57
 
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Serve a sapere che un solo soggetto possiede il 20-22% di un intero asset territoriale nazionale, ed il 25% dell'intero asset romano, e relativa valorizzazione, il tutto collegato con una rete di grossi operatori, leggerissimamente interessati.
Se non c'entra qualcosa con la bolla.. [SM=g7628]

Comunque se vuoi spostalo pure, che io non ho i rights.
14/06/2011 14:07
 
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immobiliarista, 16/05/2007 14.40:

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«A metà degli anni 90 i beni delle missioni si aggiravano intorno ai 800-900 miliardi di vecchie lire, oggi dovrebbero valere dieci volte di più», osserva limmobiliarista Vittorio Casale, massone conclamato che allepoca era stato chiamato dal cardinale Jozef Tomko a partecipare ad un progetto di ristrutturazione del patrimonio di Propaganda Fide, il ministero degli Esteri del Vaticano.

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BANCAROTTA: ARRESTATO IMMOBILIARISTA VITTORIO CASALE...
14-06-2011

«ABBIAMO UNA BANCA(ROTTA)!»

fabio
18/08/2011 21:22
 
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Vaticano immobiliarista. sfratti, permute e 1000 nuovi alloggi (Fonte: idealista.it - 18/08/2011)

la vena immobiliare del vaticano è nota e adesso trova una nuova conferma. come risultato di una permuta con il comune di roma, a cui andrà un terreno da destinare ad un parco pubblico, al vaticano andranno aree edificabili corrispondenti a 1000 nuovi alloggi per il mercato romano

il comune di roma ha siglato con i vertici ecclesiastici una permuta secondo cui il vaticano cede la tenuta acquafredda, 60 ettari alle porte della città, in cambio di terreni edficabili, ancora da individuare, da 65.625 mq, corrispondenti a circa 1000 abitazioni

la tenuta acquafradda è attualmente abitata da dieci famiglie di agricoltori a cui è già sopraggiunto l'annuncio di sfratto. da un lato con questo accordo il comune tutela una zona di roma che sarà a disposizione di tutti i cittadini, dall'altra si ritrova in mano la patata bollente degli sfratti
[Modificato da marco--- 18/08/2011 21:22]
22/08/2011 09:12
 
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Immobili, quanti sono quelli della Chiesa e quante tasse pagano? (Fonte: quotidianocasa.it - 22/08/2011)

Si stima che l'evasione fiscale in Italia abbia raggiunto limiti intollerabili. Ne prende atto anche la Conferenza episcopale italiana che per bocca del suo presidente, Angelo Bagnasco, auspica una lotta decisiva per debellare il fenomeno che crea ingiustizie e immoralità. Giusto. E gli immobili della Chiesa? Perché tanta indulgenza?

Recentemente il presidente della CEI (Conferenza episcopale italiana), Angelo Bagnasco, si è detto stupito per le cifre impressionanti raggiunte dall’evasione fiscale in Italia (vedi Corriere della sera del 19 agosto 2011).

Ne consegue, secondo il porporato, che uno dei cardini su cui fondare la ripresa del Paese sia proprio la lotta all’evasione fiscale.

Sante parole!

Sull’evasione fiscale però le cifre sono soltanto ipotetiche, mentre sui benefici fiscali concessi a vario titolo al patrimonio immobiliare della Chiesa Cattolica (e soltanto a quella) non ci sono ipotesi da fare, ma semplicemente dati di fatto da registrare, e incontrovertibili.

Lo sapevate, per esempio, che grazie alla “Legge Bucalossi” (la n.10 del 1997) e al Testo unico in materia edilizia (decreto legislativo 6 giugno 2001, n. 380) il patrimonio immobiliare ecclesiastico cresce e si sviluppa pesando come una cappa sulle spalle “inconsapevoli” dei cittadini?

All’argomento dedica ampio spazio Lettera 43 che, cito testualmente, spiega come funziona il meccanismo: «In virtù di queste disposizioni, infatti, i Comuni destinano dal 7 al 9% degli oneri di urbanizzazione secondaria (pagati da chi effettua interventi di costruzione o trasformazione edilizia) per finanziare la costruzione o il riammodernamento di immobili ecclesiastici».

E lo sapevate che esiste una legge della Regione Lombardia, la n.12/2005, che (cito dalla stessa fonte) «impone ai Comuni di versare l’8% [degli oneri di urbanizzazione sostenuti dai cittadini, ndr] agli “enti istituzionalmente competenti in materia di culto della Chiesa Cattolica”»?

Stando così le cose, recupero dell’evasione fiscale a parte, che ne direste se, per porre rimedio alla crisi, lo Stato cominciasse ad annullare i privilegi concessi da tutti i Governi alla Chiesa Cattolica?

Non sarebbe questo un modo concreto per recuperare ingenti somme per l’immenso patrimonio immobiliare per il quale la Chiesa non versa allo Stato un euro, neppure per gli edifici che niente hanno a che vedere con il culto?
30/08/2011 08:30
 
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30/08/2011 09:07
 
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Il Cantiere dell'Arcobaleno (Fonte: carlocasamassima.wordpress.com - 26/08/2011)

SPECIALE CHIESA SPA-Da L’Espresso tutto quello che avreste voluto sapere sui privilegi economici della Chiesa: insomma, basterebbe recuperare un po’ di questi soldi per non avere più bisogno di far fare sacrifici ai poveri

Ci sono gli aspirantati, i commissariati, le case sante, le pie società, le arcidiocesi, le curie generalizie, le arciconfraternite e i capitoli. Poi: i seminari pontifici, i pellegrinaggi, i vescovadi, gli stabilimenti, i sodalizi e le postulazioni generali. E ancora: i segretariati, gli asili, le confraternite, le nunziature e le segnature apostoliche... È accuratamente nascosto dietro una babele di migliaia di sigle spesso imperscrutabili il patrimonio immobiliare italiano della Chiesa, il più grande del mondo intero, che alcuni arrivano a stimare nell’iperbolica cifra di un miliardo di metri quadrati.

Un tesoro comunque immenso, ormai circondato dalla leggenda e che costituisce uno dei segreti meglio custoditi del Paese. Da sempre. E più che mai oggi, nel momento in cui intorno a questa montagna di mattoni, e alla Santa Evasione, legalizzata sotto forma di elusione, infuria una polemica politica al calor bianco. E che potrebbe presto trasferirsi clamorosamente nelle aule del Parlamento.

Un’ici radicale – “Quante divisioni ha il Papa?”, chiedeva Joseph Stalin a chi gli riportava le accuse del Vaticano. Si vedrà quando il Parlamento sarà chiamato a votare la maxi manovra balneare da 45 miliardi abborracciata dal governo per tentare di far fronte alla crisi economica. I radicali hanno infatti presentato un emendamento che farebbe cadere l’esenzione dall’Ici, l’imposta comunale sul mattone, per tutti gli immobili della Chiesa non utilizzati per finalità di culto (quelli cioè in cui si svolgono attività turistiche, assistenziali, didattiche, sportive e sanitarie, spesso in concorrenza con privati che al fisco non possono opporre scudi di sorta).

SANTA EVASIONE

Una partita decisiva per la Santa Casta della Chiesa e per il suo vertice, una pletorica nomenklatura autoreferenziale e interamente formata per cooptazione che, secondo tutti i sondaggi più recenti, rischia di strappare alla partitocrazia la palma dell’impopolarità nazionale. Dopo averle già scippato il primato in termini di costo per la collettività.

L’altra casta – Anni di trattative con la politica, spesso sfociati in accordi di favore ai confini con la legalità, hanno infatti assicurato alla Chiesa un pacchetto di privilegi che, tra sovvenzioni statali dirette e indirette (quelle garantite attraverso gli enti locali) ed esenzioni fiscali vale – secondo i calcoli di Curzio Maltese (“La Questua”) – quattro miliardi e mezzo l’anno, 500 milioni in più rispetto all’apparato politico (ma in un altro libro Piergiorgio Odifreddi arriva addirittura a una cifra doppia). Una parte consistente di questa ricchissima torta deriva proprio dall’esenzione sull’Ici.

Un privilegio che una prudentissima analisi dei Comuni ha valutato in un mancato gettito fiscale compreso tra i 400 e i 700 milioni di euro l’anno (ma secondo Odifreddi le esenzioni fiscali immobiliari del Vaticano valgono invece dieci volte di più: 6 miliardi) e per il quale Roma rischia una salata condanna a Bruxelles per aiuti di Stato. Se il bonus venisse abrogato, allora anche tutto il resto potrebbe essere messo in discussione. In Vaticano è dunque allarme rosso. Anche perché la crociata lanciata dai radicali sta guadagnando consensi.

SAN PIETRO E IL VATICANO

Nei giorni scorsi l’incauta sortita contro l’evasione fiscale del capo dei vescovi, Angelo Bagnasco, ha suscitato una reazione forte in un Paese chiamato al sacrificio per fronteggiare la crisi. Nel giro di poche ore, su Internet decine di migliaia di firme (120 mila solo su Facebook) sono comparse in calce alla proposta di presentare al Vaticano il conto della manovra. Così ora anche il vertice dei Pd propone di dare una sforbiciata ai bonus della Santa Sede. Che ha spedito i suoi al contrattacco: “Vogliono tassare la beneficenza”, s’è lamentato il direttore di “Avvenire”, Marco Tarquinio, facendo balenare la prospettiva di una chiusura della Caritas.

Quanti santi in parlamento – I nemici sono forse più agguerriti di sempre. Ma la Chiesa è tutt’altro che disarmata: nei palazzi del potere romano il Vaticano dispone da sempre di una lobby formidabile, trasversale all’intero schieramento partitico e pronta a scattare al primo cenno di comando. Quella che lesta è entrata in azione, nell’autunno 2007, con il governo di Romano Prodi, per spazzare via con 240 voti contrari (contro appena 12 a favore) un emendamento della stessa maggioranza che avrebbe costretto gli enti ecclesiastici a pagare l’odiata Ici.

La stessa che pochi mesi prima, stavolta a Montecitorio, era riuscita a mobilitare 435 voti intorno agli interessi fiscali della Chiesa. E che all’inizio di quest’anno ha strappato la conferma dello sconto milionario, inizialmente soppresso, anche nell’Imu, la nuova imposta destinata a sostituire l’Ici dal 2014. “Oggi c’è più attenzione mediatica rispetto al passato, ma alla fine non se ne farà nulla”, dice sconsolato il deputato radicale Maurizio Turco, uno degli alfieri della battaglia contro i privilegi del Vaticano.

Grazie all’otto per mille – Il pessimismo dei radicali è più che giustificato se si guarda alla storia dell’altro grande privilegio strappato dalla gerarchia ecclesiastica allo Stato e quindi in ultima analisi ai cittadini. Quello dell’otto per mille, messo a punto nel 1985 (con la consulenza di Giulio Tremonti) in sostituzione della cosiddetta congrua, e cioé dello stipendio di Stato ai sacerdoti.

GIUBILEO

Un marchingegno furbetto: in teoria ogni contribuente può destinare la sua percentuale a una delle confessioni che hanno firmato l’intesa con lo Stato; in pratica funziona come un gigantesco sondaggio d’opinione, al termine del quale si contano le scelte effettuate, si calcolano le percentuali ottenute da ogni soggetto e in base a queste si ripartiscono tutti i fondi, compresi quelli di chi non ha espresso alcuna preferenza. Così, se coloro che mettono una croce sono solo una minoranza rispetto al totale, nel 2007 la Chiesa (attraverso la Conferenza episcopale) s’è vista assegnare l’85,01 per cento del montepremi.

Non solo: ogni tre anni, secondo la legge, una commissione avrebbe dovuto valutare la congruità del gettito ed eventualmente rivedere la percentuale destinata alla Chiesa. Dell’organismo s’è subito persa ogni traccia. Eppure i numeri dicono che tra il 1990 e il 2008 l’incasso della Cei è salito di cinque volte (da 210 a 1003 milioni), mentre la spesa dei vescovi per il sostentamento dei preti è poco più che raddoppiata (da 145 a 373 milioni). La Chiesa dunque ci guadagna, eccome. Ma nessuno pensa di chiedere ai suoi dignitari di tirare la cinghia, come tocca fare ai comuni mortali.

Mattone nascosto – Logico dunque attendersi che la rete protettiva della Chiesa avvolga anche la partita Ici. Del resto, sono passati più di trent’anni da quando Gianluigi Melega è stato congedato dalla direzione de “L’Europeo” dopo la pubblicazione, alla fine del 1977, dell’inchiesta sugli immobili della Chiesa a Roma intitolata “Vaticano spa”. Ma da allora nulla o quasi è cambiato. Appartamenti, uffici, negozi, capannoni e garage di proprietà della Chiesa sono sempre irrintracciabili. Tuttora una mappa del tesoro non esiste: un emendamento del radicale Turco alla Finanziaria 2008, che prevedeva un censimento del mattone vaticano, è stato considerato neanche meritevole di voto. Amen.

LA CASA DEL PIO SODALIZIO DEI PICENI IN CUI ABITAVA TREMONTI

In barba a ogni esigenza di trasparenza, di fatto la Chiesa, proprio come i sindacati, non si sogna neanche di predisporre un bilancio consolidato. In quello della Santa Sede, per esempio, non sono compresi i numeri del governatorato della Città del Vaticano, né quelli dello Ior, delle conferenze episcopali e degli ordini religiosi. Così, chi si cimenta nel seguire le tracce delle singole sigle si ritrova davanti a un groviglio che avrebbe disorientato anche il mago Houdini.

Quanto alle poche cifre ufficiali, compulsarle è davvero tempo perso: farebbero alzare il sopracciglio anche a un bambino. Per farsi un’idea basta provare a spulciare i conti dell’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica: si legge di un portafoglio immobiliare di 430 milioni (dati 2006), capace di produrre un reddito di 36 milioni, a fronte di 18 di spese. Decisamente, i conti non tornano: vorrebbe dire infatti che l’Apsa è in grado di spremere dai suoi palazzi un rendimento dell’8,4 per cento, più di quattro volte superiore a quello che, in media, portano a casa gli enti previdenziali italiani. E dato che nessuno è così fesso da gonfiare artificialmente le proprie entrate, si deve supporre che sia il valore iscritto in bilancio a essere sottostimato di almeno tre quarti.

Un miliardo di metri quadrati – In mancanza di dati certificati, bisogna affidarsi alle valutazioni, più o meno spannometriche che siano. Quelle del gruppo Re (Religiosi ecclesiastici), da sempre vicino alla gerarchia vaticana nel business del mattone, attribuiscono alla Chiesa il 20-22 per cento dell’intero patrimonio immobiliare italiano, che è pari a 4,7 miliardi di metri quadrati. Se fosse vero (“La stima mi pare comunque esagerata”, è la pallida smentita del presidente dell’Apsa, Domenico Calcagno) si arriverebbe appunto intorno a un miliardo di metri quadrati, per un valore appossimativo di 1.200 miliardi di euro.

VATICANO, SALA CLEMENTINA

Per altri immobiliaristi non si va invece oltre i 100 milioni di metri quadrati: che tradotti in euro varrebbero comunque tre volte la manovra economica di quest’estate. Le inchieste condotte sul campo danno in ogni caso l’idea di un patrimonio davvero sconfinato. Secondo i dati raccolti dal solito Turco, che ha passato due anni a setacciare il catasto, solo a Roma la Chiesa avrebbe in portafoglio 23 mila immobili. E le sue proprietà sarebbero in continua crescita, dato che nel 2008 ha beneficiato di qualcosa come 8 mila donazioni (esentasse, ça va sans dire). Così, nel 2010, Propaganda Fide (una sorta di ministero degli Esteri vaticano, accreditato di immobili per complessivi 9 miliardi di euro) risulta intestataria a Roma di 2.211 vani e 325 terreni.

Alla fine, comunque, tutte le indagini si sono arenate davanti ai depistaggi messi in campo dalla gerarchia vaticana. Non solo, per esempio, a Roma le proprietà sono suddivise tra una miriade di soggetti (circa duemila, tra cui 325 ordini femminili e 87 maschili). Di più: anche quelle che fanno capo a una stessa sigla risultano ben mimetizzate. È il caso dei possedimenti di Propaganda Fide, che usa come schermo alle sue proprietà 48 denominazioni sociali diverse, sia pure sempre con lo stesso codice fiscale.

Destra e sinistra pari sono – Quello sull’Ici e il Vaticano (che in base al concordato non paga tasse sugli edifici di culto come le chiese) è un tormentone che va avanti da anni. Esattamente dal 2004, quando a mettere provvisoriamente fine alla diatriba tra comuni e Chiesa è intervenuta una sentenza della Cassazione, che ha dato ragione ai primi. A ribaltare il verdetto, a fine 2005, ci ha pensato il governo di Silvio Berlusconi, che, pressato dai vescovi, ha ribadito l’esenzione. L’anno dopo è toccata a Prodi, autore di un capolavoro di ambiguità all’italiana, in base al quale lo sconto vale solo per gli immobili in cui non si esercita un’attività esclusivamente commerciale.

Vaticano guardie svizzere prelati

Basta dunque che una qualunque struttura, per esempio turistica, abbia una piccola cappella incorporata et voila: il gioco è fatto (secondo i comuni, oggi infatti la Chiesa paga solo nel 10 per cento dei casi in cui dovrebbe). Tutto regolare, ha stabilito all’epoca una commissione istituita dall’allora ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. L’Unione europea, però, non l’ha bevuta.

Ma Bruxelles indaga – A quel punto, su iniziativa dei soliti radicali, la partita s’è dunque trasferita a Bruxelles. Che, dopo aver costretto la Spagna ad abolire l’esenzione Iva per la Chiesa, ha invece archiviato per due volte la pratica italiana. Ma è stata poi costretta a riaprirla quando gli autori della denuncia si sono rivolti alla Corte di giustizia.

Nel mirino della commissione Ue (per la quale alcuni parlamentari italiani hanno invocato tutti seri la scomunica) ci sono, oltre all’esenzione Ici, lo sconto del 50 per cento sull’Ires concesso agli enti della Chiesa che operano nella sanità e nell’istruzione (valore: circa 500 milioni l’anno) e l’articolo 149 del Testo unico delle imposte sui redditi, che, in base a una logica stringente, conferisce a vita agli enti ecclesiastici la qualifica (e i relativi benefici fiscali) di enti non commerciali, indipendentemente dalla loro reale attività. Turco spera in Bruxelles più che in Roma: “A livello tecnico”, dice, “i funzionari si sono già espressi, con un pollice verso alla normativa italiana”.

VATICANO

Resta il fatto che la Santa Casta della Chiesa sta giocando la sua partita con un mazzo di carte truccate. “Amministrare i beni della Chiesa”, si legge in un solenne documento sottoscritto dai vescovi e datato 4 ottobre 2008, “esige chiarezza... su questo fronte, tuttavia, dobbiamo ancora crescere”. Sante parole, davvero.

2 – E LO STATO PAGA UN’IRES SUMISURA
Sono 998 le Opere pie e società di mutuo soccorso che hanno beneficiato della riduzione dell’aliquota Ires (dal 33 al 16,5 per cento) per il 2006. Tutte insieme hanno risparmiato 12 milioni e 929 mila euro. I 133 ospedali hanno invece evitato di mettere mano al portafogli per 16 milioni e 899 euro.

Una redazione in parrocchia – Nove milioni,781 mila,901 euro e 78 centesimi. È il totale dei contributi all’editoria incassati per il 2006 dai giornali che fanno capo alla Chiesa. Al primo posto nella classifica si piazza “Avvenire” (6.300.774 euro), seguito da “Famiglia Cristiana” e “Il Giornalino” (entrambi della Periodici San Paolo e a quota 312mila euro), “L’Aurora della Lomellina” (Diocesi di Vigevano: 45.197 euro), “L’Appennino Camerte” (Arcidiocesi di Camerino: 40.780 euro) e “Porziuncola Assisi” (8.995 euro).

3 – DALL’ACQUA GRATIS ALLO SCONTO DEL CANONE
Nel carnevale di prebende rastrellate nel tempo dalla Chiesa non mancano neanche le curiosità.

Un canone rai molto speciale – È quello che si applica (in base a un decreto del ministero dello Sviluppo economico sui televisori installati fuori dagli appartamenti) agli apparecchi degli istituti religiosi: 185 euro e 10 centesimi per il 2009,meno della metà rispetto ai 370 euro e 17 centesimi richiesti ad affittacamere e campeggi a una o due stelle.

L’acqua di pantalone – I giardini del Vaticano sono da sempre molto rigogliosi. Grazie anche a un’innaffiatura abbondante. I preti non lesinano di certo. Tanto non pagano. La bolletta,e vai a capire perché,tocca infatti allo Stato (articolo 6 dei Patti Lateranensi),che negli anni scorsi s’è anche fatto carico di arretrati per oltre 50 milioni di euro.

VATICANO

Il lasciapassare scontato – Nel 2006 il Comune di Roma ha ceduto alle pressioni e ha concesso alle auto del Vaticano il pass per il centro al prezzo politico di 55 euro. Ai comuni mortali costa esattamente dieci volte di più. «Usare la parola privilegio è totalmente sbagliato»,ha detto il 29 agosto il presidente della Cei,Angelo Bagnasco,Regalìe fa meno casta?

4 – BENEDETTO SIA IL SACRIFICIO: COLLOQUIO CON FRANCO GARELLI
“Per gli italiani è ben chiaro il ruolo di supplenza sociale svolto dalla Chiesa nel nostro Paese. Per di più a costi inferiori rispetto a quelli che dovrebbe accollarsi al suo posto lo Stato. Poi è inevitabile che nei momenti di crisi ci sia un occhio più critico rispetto a certi privilegi”, dice Franco Garelli, docente di sociologia a Torino ed esperto di temi religiosi.

Gli italiani vorrebbero la cancellazione dei vantaggi fiscali concessi negli anni alla Chiesa?
“Le ricerche più recenti dicono che molti si chiedono perché per esempio la Chiesa non debba pagare l’Ici sulle strutture utilizzate per le attività commerciali in concorrenza con i privati. Diverso, ovviamente, è il discorso per gli immobili di culto, dove vale anche l’esempio di altri Paesi”.

Vaticano

A cosa si riferisce?
“Per non andare troppo lontano, nella laicissima Francia le chiese sono di proprietà dello Stato, che quindi provvede a mantenerle. Da noi non è così e quindi alcune agevolazioni concesse agli enti ecclesiastici continuano comunque a riscuotere il consenso da parte della maggioranza”.

In questo quadro, secondo lei cosa dovrebbe fare oggi la Chiesa in Italia?
“Premesso che ci sono Paesi in cui ma Chiesa ottiene più che da noi, ritengo che dovrebbe partecipare al sacrificio comune imposto dalla crisi. Magari decidendo di rinunciare unilateralmente a qualche vantaggio”.
22/01/2013 13:50
 
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Il Vaticano e la ricchezza immobiliare nascosta, creata coi milioni di Mussolini (Fonte: wallstreetitalia.com - 22/01/2013)

Il Guardian svela la ricchezza immobiliare, per un valore di 680 milioni di euro, divisa tra Regno Unito, Francia e Svizzera e la mette in relazione con il dittatore. Nella foto Papa Benedetto XVI.

LONDRA (WSI) - "Pochi turisti sanno che il negozio di Bulgari a New Bond street o la sede della banca Altium Capital all’incrocio tra St James’s Square e Pall Mall hanno a che fare con il Vaticano", scrive David Leigh sul Guardian. Ma questi edifici in alcuni dei quartieri più eleganti di Londra fanno parte dell’incredibile ricchezza immobiliare del Vaticano, che è in gran parte segreta.

Leigh denuncia le proprietà immobiliari del Vaticano nel Regno Unito, in Francia e in Svizzera per un valore complessivo di 680 milioni di euro, secondo le stime del Consiglio d’Europa. Ma soprattutto mette in luce i collegamenti tra la ricchezza dello stato pontificio e l’eredità di Benito Mussolini, che nel 1929 avrebbe regalato un patrimonio alla chiesa di Roma per ottenere il riconoscimento del regime fascista dalle gerarchie ecclesiastiche.

Secondo lo storico dell’università di Cambridge John Pollard, i soldi di Mussolini furono molto importanti per le casse pontificie. Pollard nel suo libro "Money and the Rise of the Modern Papacy" dice: "In quel momento le finanze pontificie sono state messe al sicuro, non si sarebbero più impoverite".

Attraverso lo studio dei documenti d’archivio Leigh è riuscito a ricostruire le intricate vicende finanziare che hanno portato all’acquisizione di numerose proprietà immobiliari a Londra a Parigi e in Svizzera.

Gli investimenti di Mussolini e gli altri possedimenti del papa in giro per il mondo sono controllati da Paolo Mennini che gestisce a Roma un’unità speciale all’interno del Vaticano chiamata Apsa (Amministrazione del patrimonio della sede apostolica).

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Internazionale - che ringraziamo - esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
15/02/2013 09:02
 
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Chiesa, 2mila miliardi di immobili nel mondo (Fonte: ilsole24ore.com - 15/02/2013)

Il suo patrimonio mondiale è fatto di quasi un milione di complessi immobiliari composto da edifici, fabbricati e terreni di ogni tipo con un valore che prudenzialmente supera i 2mila miliardi di euro. Può contare sullo stesso numero di ospedali, università e scuole di un gigante come gli Stati Uniti. Ha oltre 1,2 milioni di "dipendenti" e quasi un miliardo e duecento milioni di "cittadini".

Questo Paese immaginario dotato delle infrastrutture di un big dell'economia occidentale e della popolazione della Cina va sotto il nome di Chiesa. Un universo dietro al quale non c'è solo e unicamente il Vaticano, ma una galassia di satelliti fatta di congregazioni, ordini religiosi, confraternite sparse ovunque nel mondo che, direttamente o attraverso decine di migliaia di enti morali, fondazioni e società, possiedono e gestiscono imperi immobiliari immensi che nessuno forse è in grado di stimare con precisione e che sono sempre in costante metamorfosi.
Un patrimonio dove l'elenco dei beni, la maggior parte sicuramente no-profit ma una discreta fetta anche a fini commerciali, sembra non esaurirsi mai: chiese, sedi parrocchiali, case generalizie, istituti religiosi, missioni, monasteri, case di riposo, seminari, ospedali, conventi, ospizi, orfanotrofi, asili, scuole, università, fabbricati sedi di alberghi e strutture di ospitalità per turisti e pellegrini e tante, tantissime abitazioni civili in affitto. Un universo intorno al quale gravitano nel mondo 412mila sacerdoti e 721mila religiose – senza contare centinaia di migliaia di laici - che assistono 1 miliardo e 195 milioni di fedeli.

Secondo il gruppo Re, che da sempre fornisce consulenze a suore e frati nel mattone, circa il 20% del patrimonio immobiliare in Italia è in mano alla Chiesa. Un dato quasi in linea con una storica inchiesta che Paolo Ojetti pubblicò sull'Europeo nel lontano 1977 dove riuscì per la prima volta a calcolare che un quarto della città di Roma era di proprietà della Chiesa. Un patrimonio immenso che però non si ferma appunto alla sola capitale dove ci sono circa 10mila testamenti l'anno a favore del clero e dove i soli appartamenti gestiti da Propaganda Fide – finita nel ciclone di alcune indagini per la gestione disinvolta di alcuni appartamenti – valgono 9 miliardi. La Curia vanta possedimenti importanti un po' ovunque in Italia e concentrati, tra l'altro, in gran numero nelle roccaforti bianche del passato come Veneto e Lombardia.

Quindi se oggi il valore del patrimonio immobiliare italiano supera quota 6.400 miliardi di euro – come qualche giorno fa ha registrato il rapporto sugli immobili in Italia realizzato dall'Agenzia del territorio e dal dipartimento delle Finanze – si può stimare prudenzialmente che solo nel nostro Paese il valore in mano alla Chiesa si aggiri perlomeno intorno ai mille miliardi (circa il 15%). Se a questa ricchezza detenuta in Italia – dove pesa l'eredità di un potere temporale durato per quasi duemila anni – si aggiunge il patrimonio posseduto all'estero fatto di circa 700mila complessi immobiliari tra parrocchie, scuole e strutture di assistenza la stima, anche stavolta più che prudenziale, può raddoppiare almeno a 2mila miliardi. Numeri, questi, che nessuno conferma dall'interno della Chiesa perché per molti neanche esiste una stima ufficiosa. Ma da ambienti finanziari interpellati la cifra sembra apparire congrua. Cifra a cui si devono aggiungere, tra l'altro, investimenti e depositi bancari di ogni tipo. Questi sì ancora meno noti.
[Modificato da marco--- 15/02/2013 09:04]
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