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Dubai, bolla esplosa

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2013 20:29
29/12/2010 09:05
 
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Nella torre deserta tra le nuvole di Dubai. Dopo un anno il grattacielo dei record è ancora vuoto (Fonte: ilsole24ore.com - di Angelo Mincuzzi - 29/12/2010)

Gli uomini della sicurezza spuntano all'improvviso dal prato, dagli alberi e da non si sa dove. Sono in cinque, vestito scuro e ricetrasmittenti in mano. «Mi spiace, deve andar via»: gentile ma irremovibile, l'agente indica la strada per l'uscita. Già. I guardiani della fortezza sono pagati per questo: difendere il simbolo di Dubai, il Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo, 828 metri di altezza, uno spillo di vetro e acciaio che si arrampica sul cielo dell'emirato, 160 piani, 900 appartamenti, 144 residenze firmate Armani e il primo hotel al mondo disegnato da re Giorgio. Eppure questi uomini difendono un deserto.

A un anno dall'inaugurazione, 825 dei 900 appartamenti del Burj Khalifa sono ancora vuoti. Disabitati. Nessuno vive nel simbolo di Dubai. La torre dei record, espressione dell'orgoglio dell'emiro Al-Maktoum, è oggi la metafora della città-stato, concentrato di record negativi che hanno trasformato la gazzella del Golfo in un lento e frastornato bradipo.

Il grattacielo oggi si vende a prezzi da saldo. Il valore degli appartamenti è crollato della metà, gli affitti del 40 per cento. Un'abitazione di una stanza e 80 metri quadri è passata di mano qualche giorno fa per 450mila euro, vale a dire 5.600 euro al metro quadro, bruscolini rispetto alle quotazioni di un appartamento nel centro di Milano o di Roma.
Bisogna salire al 124° piano del Burj Dubai per capire il vero volto dell'emirato: pochi attimi di ascensore alla velocità di 64 metri al secondo, verso il punto panoramico più alto del mondo. Fuori, l'unico suono è quello del vento. La città sembra un'enorme e muta spianata con i grattacieli assediati dal colore indefinito della sabbia, sbiadito dalla luce del sole. A colpo d'occhio Dubai rivela oscenamente le sue vergogne: scheletri di cemento abbandonati, il volto butterato dagli enormi crateri dove forse nessun palazzo verrà mai costruito.

Sul mare, gli effetti della crisi. Ecco ciò che resta di Palm Deira, quella che doveva essere la più grande delle tre isole a forma di palma, una lingua di 14 chilometri insinuata nel Golfo, con centinaia di edifici e un milione di abitanti. Nulla. Palm Deira è stata cancellata. Poco più a sinistra ecco The world, l'arcipelago di 300 isolette che avrebbero riprodotto i cinque continenti del globo. Poche gocce di sabbia in procinto di essere divorate dal mare: il progetto è stato parzialmente cancellato, nessuno sa quando i lavori riprenderanno. E poi - oltre il Burj al-Arab, il grattacielo a forma di vela, oltre Palm Jumeirah, l'unica palma artificiale a essere stata completata - ecco il tratto di costa di Palm Jebel Ali, che doveva ospitare un milione e settecentomila abitanti, ma l'isola non c'è. E non c'è neppure il Waterfront, settanta chilometri di costa, un'isola grande due volte Hong Kong. Cancellati pure loro. Per ogni cento progetti immobiliari registrati nel 2008, quasi 70 sono stati annientati con un tratto di penna. I soldi non ci sono. Il debito di 109 miliardi di dollari accumulato dal governo di Dubai e dalle sue società controllate per realizzare sogni faraonici ha già mietuto le sue vittime.
Si torna giù, verso il rumore della città. In macchina la Sheikh Zayed Road, l'arteria perennemente intasata che con le sue dodici corsie taglia trasversalmente l'emirato, mostra una calma insolita. Per le feste di Natale molti occidentali sono tornati a casa, lasciando respirare per pochi giorni l'aria di Dubai. Al lati della strada ci sono edifici costruiti a metà e abbandonati da tempo. In altri cantieri si lavora ancora, a ritmi rallentati. Si procede verso ovest e si arriva a Dubai Marina, un "quartiere in", spiagge, bar, ristoranti all'aperto, negozi e una concentrazione spaventosa di Ferrari e Lamborghini.

Scritte gigantesche campeggiano su alcuni grattacieli, accompagnate da numeri di telefono visibili a centinaia di metri, e le parole sono sempre le stesse, monotone come una cantilena: to let, vendesi, to rent, affittasi. All'ingresso del Trident Grand Residence, decine di piani già finiti e completamente vuoti, il cartello è l'immagine della disperazione: Now leasing & selling: affittasi e vendesi. Ora. Subito. Seduto nel suo salotto di casa, Ciro Arianna, managing director della Alyans Real Estate, snocciola le cifre dei saldi immobiliari: «I prezzi delle case sono scesi di più del 50% dai picchi del 2008 – racconta – e oggi chi è con l'acqua alla gola, vende la sua casa al 25-30% in meno del prezzo di mercato. Posso scommettere che le quotazioni caleranno ancora del 15-20% prima del Ramadan, ad agosto, poi il mercato si assesterà a fine anno».

A Dubai Marina, una delle poche zone che tirano davvero, le abitazioni meno prestigiose si possono acquistare per 1.600 euro al metro quadro, molto meno che al Gallaratese o a Baggio, quartieri della periferia milanese, la metà che al Gratosoglio, altra area periferica del capoluogo lombardo. Nessun confronto tra il grigio di Milano e la bellezza di queste spiagge.

Ma Dubai Marina è il top. Il vero disastro sono i progetti che sorgono nelle zone interne di Dubai. Sulla Emirates Road, l'autostrada che attraversa tutte le città-stato degli Emirati arabi, a mezz'ora di strada dalla sabbia assolata di Dubai Marina, c'è International City, un enorme quartiere residenziale che ospiterà 60mila abitanti, dove strade e palazzi richiamano l'architettura di paesi come la Cina e la Gran Bretagna, l'Italia e la Russia. Lo standard non è certo degno delle zone più rinomate di Dubai e la popolazione è composta principalmente di asiatici, pakistani e filippini. Non ci sono le piscine e i beauty center dei condomini di Downtown e Jumeirah, ma le abitazioni sono dignitose. Qui una casa si può averla a un prezzo stracciato: 700 euro al metro quadro. Dall'altra parte della città, dopo Palm Jumeirah, a Discovery Garden, sono in vendita 250 palazzine, ognuna di 90 appartamenti. Prezzo: mille euro al metro quadro. Dubai non è mai stata così alla portata di mano come adesso.
È il motivo che fa dire a Charles Neil, chief executive officer di Landmark Properties nell'emirato, che è questo il momento di acquistare. «Guardiamo all'altra faccia della medaglia – invita Neil -. Con i prezzi così bassi si possono fare buoni affari. Nel 2011 saranno consegnate altre 30mila abitazioni residenziali, e i prezzi scenderanno ancora. In alcune aree come Dubai Marina, Dubailand, Silicon Oasis e Sports City, dove questi appartamenti verranno immessi sul mercato, le quotazioni caleranno del 15-20%. E allora i prossimi saranno i mesi giusti per comprare, prima che il mercato si riprenda, prima che i venditori, fiutando l'aumento dei prezzi, decidano di aspettare per guadagnare di più».

Dal grande albergo a forma di vela, si imbocca la strada che porta verso l'interno, a sud. Quindici minuti di auto per entrare nel vero dramma di Dubai. Si lasciano i grattacieli di Downtown e di Dubai Marina alle spalle, e la strada è un immenso cantiere sabbioso percorso da camion polverosi che trasportano cemento. Si prosegue oltre, verso quello che doveva diventare il cervello pensante dell'emirato: Dubai Biotech, l'area dedicata alle biotecnologie, dove centinaia di aziende e ricercatori avrebbero dovuto disegnare i nuovi orizzonti della medicina. Ma qui non c'è niente che assomigli alla Dubai del futuro. Due torri gemelle, non ancora finite si stagliano verso il cielo in mezzo al nulla. Intorno soltanto sabbia. E rovi. E desolazione. Dubai Biotech non esiste e nessuno sa se mai esisterà. A poche centinaia di metri da questa landa assolata, nuclei di villette a un piano riempiono il paesaggio. Alcune sono ancora in costruzione, altre sono finite e dipinte con colori vivaci. Ma nessuno ci abita. Come il Burj Khalifa sono fantasmi di pietra, circondati da cumuli di sabbia. La città è piena di spazi costruiti ma vuoti come questi. L'immobiliare a Dubai non ha mai seguito le normali logiche di mercato.

«Molti palazzi sono vuoti perché sono stati acquistati da investitori sauditi che non hanno alcun interesse a venderli o ad affittarli», dice Lorenz Ziller, titolare di una società di brokeraggio immobiliare. E così succede che una torre di 42 piani con 170 appartamenti all'ingresso di Palm Jumeirah, resti vuota per tre anni: un edificio del valore di 50 milioni di euro, che soltanto per la manutenzione costa 600mila euro all'anno. In quale altro paese si lascerebbe immobilizzato un investimento del genere?

Il fenomeno assume proporzioni inimmaginabili nel settore commerciale. Secondo alcune stime il 50% degli uffici di Dubai è ancora vuoto. Gli affitti sono scesi di più del 50% e diminuiranno ancora dopo che saranno consegnati i nuovi progetti. «Guardi questo palazzo – dice Ahmet Kayhan, chief executive officer di Reidin.com, una società che fornisce informazioni sul mercato immobiliare agli operatori di Dubai -. Qui il tasso di occupazione degli uffici è fermo al 33 per cento». La torre è nuova, ha 37 piani e sorge a Dubai Media City, la zona dove sono concentrate agenzie pubblicitarie e di comunicazione, tv, giornali, agenzie di stampa. È a soli dieci minuti da Dubai Marina, ma gli uffici sono vuoti. «Il mercato degli affitti andrà ancora giù - aggiunge Kayhan – anche se per il futuro sono ottimista. L'immobiliare è un mercato ciclico e non credo che nei prossimi mesi il calo sarà così consistente come qualcuno sostiene. Il 2011 sarà un anno migliore degli ultimi». Forse Kayhan è una voce fuori dal coro, ma intanto il Burj Khalifa sembra destinato a restare vuoto a lungo. Chi ha comprato un appartamento valutato due anni fa, al culmine della bolla, 1,6 milioni di euro, si ritrova con un bene che ne vale 600mila. In tanti hanno rinunciato, perdendo quel 30% del prezzo già versato prima della consegna. Perché pagare qualcosa che è ormai fuori mercato? E così la torre dei record resta sola. Deserta. Sorvegliata da uomini che non proteggono nessuno.
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