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Grecia - situazione della crisi economica

Ultimo Aggiornamento: 21/07/2015 09:38
03/04/2013 12:19
 
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La Grecia costretta a vendere anche le ferrovie: Atene alla stretta finale con la Troika (Fonte: nocensura.com - 02/03/2013)

Giovedì sono attesi i rappresentanti di Fmi, Ue e Bce per fare il punto sulla situazione e dare il parere sulle due tranche di aiuti - da quasi nove miliardi - per il Paese. Intanto il ministero dello Sviluppo ha annunciato il via libera alla privatizzazione della rete ferroviaria.

Inizia oggi un mese cruciale per la Grecia, alle prese da ben prima di Cipro con piani di austerity "lacrime e sangue" per ottenere il salvataggio internazionale. Atene - dopo aver approvato un piano di alienazione degli aeroporti regionali - si appresta a lanciare la privatizzazione delle sue ferrovie. Il ministero per lo Sviluppo, guidato da Costas Hatzidakis, ha annunciato il lancio della procedura di dimissione della Trainose, che dovrebbe essere completata entro l'inizio del 2014. E' così arrivato il via libera al trasferimento di azioni della società (oggi al 100% statale) all'agenzia greca responsabile per le privatizzazioni, l'Hellenic Republic Asset Development Fund (Hrdaf), che ha già curato altre dismissioni - come quella della lotteria.

Quanto agli incontri internazionali, il governo ateniese dovrà sedersi al tavolo con i rappresentanti della Troika (Fmi, Ue e Bce); questi ultimi sono attesi ad Atene giovedì prossimo. Dall'incontro dipende l'assegnazione delle due tranche del prestito - rispettivamente da 2,8 e da 6 miliardi di euro - di cui il Paese ha assoluto bisogno. Inoltre il tempo a disposizione del governo stringe in quanto ogni decisione a riguardo deve essere presa entro il 12 aprile, giorno della riunione informale dell'Eurogruppo.

Non a caso, anche durante il fine settimana pasquale (in Italia) il premier Antonis Samaras ha proseguito gli incontri con il ministro delle Finanze, Yannis Sturnaras, e gli altri ministri competenti per preparare in ogni dettaglio le risposte da dare ai rappresentanti della troika. Il governo teme infatti che l'insistenza dei rappresentanti dei creditori internazionali, principalmente sui due punti che riguardano 25mila licenziamenti nel settore pubblico entro quest'anno e il prolungamento del pagamento della tassa sulla casa per mezzo della bolletta dell'elettricità anche per il 2013, possa avviare una nuova tornata di dure trattative. Mercoledì prossimo Samaras incontrerà i leader dei partiti alleati di governo, Evanghelos Venizelos del Pasok (socialista) e Fotis Kouvelis di Sinistra Democratica, per fare il punto della situazione e cercare di superare le loro resistenze sui due punti in questione.
22/04/2013 07:08
 
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Articolo segnalato da ziomaoziomao.

Grecia: nascono i “campi di concentramento” per debitori (Fonte: voxnews.info - 22/04/2013)

“Lo stato è in cerca di un campo militare nella prefettura dell’Attica dove mettere i debitori che debbano scontare pene detentive”. Queste le parole del vice ministro della Giustizia Kostas Karagounis che poi aggiunge che il carcere speciale per i debitori servirà a migliorare le loro condizioni di detenzione che saranno più umane.

Sarà il primo “campo di concentramento” per evasori fiscali. E quando si parla di evasori, non parliamo delle multinazionali con sede in Lussemburgo, Irlanda o Lichtenstein, e nemmeno di evasori incalliti, ma probabilmente di normali cittadini che non sono in grado di “onorare” i propri debiti con il Fisco o con la Previdenza Sociale perché sono senza soldi.
Imprenditori che devono scegliere tra pagare gli stipendi o i contributi, cittadini che non sanno se pagare il corrispettivo greco dell’Imu o mandare i figli all’università.

Questi cittadini verranno presi e internati. Con la benedizione dell’Unione Europea. Del resto il governo greco è solo un’estensione, una protesi dell’Unione Europea.

Del resto, la costruzione di queste strutture è “inevitabile”: si prevede infatti un grosso afflusso, in questi campi di concentramento per “evasori”, vista la decisione del Ministero delle Finanze di imporre sanzioni detentive per tutti i debitori con lo Stato di più di 5000 euro.
I debitori avranno la possibilità di cominciare a pagare i loro debiti a rate – scadenza fino a 4 mesi – prima di essere deportati nei campi di concentramento. Dove avranno condizioni “più umane”, rispetto alle normali carceri.

Debiti e Periodo detenzione

5000 + euro – fino a 12 mesi

10.000 + euro – almeno sei mesi

50.000 + euro – almeno un anno

150.000 + euro – almeno tre anni


Napolitano prende già appunti.
[Modificato da marco--- 22/04/2013 07:08]
29/04/2013 15:40
 
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Grecia, 15mila dipendenti pubblici saranno tagliati (Fonte: rainews24.rai.it - 29/04/2013)

Il parlamento greco ha approvato la scorsa notte il taglio di 15mila posti di lavoro nel settore pubblico entro il 2014. La misura, approvata con 168 voti favorevoli e 123 contrari, fa parte delle misure di austerità richieste dai creditori internazionali per il pagamento dell'ultima tranche di aiuti, pari a 8,8 miliardi di euro. Il voto e' giunto a ridosso della fine della sessione parlamentare, prima delle festivita' per la Pasqua ortodossa, mentre migliaia di persone protestavano fuori dal parlamento. I primi ad essere licenziati saranno i lavoratori che hanno subito provvedimenti disciplinari o che hanno fatto dichiarazioni false al momento dell'assunzione.
21/05/2013 07:14
 
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Dracma 5 stelle
Un nuovo partito greco chiede il ritorno alla Dracma e la separazione bancaria (Fonte: movisol.org - 17/05/2013)

17 maggio 2013 (MoviSol) - Lanciato l'8 maggio, il nuovo partito Greco Movimento Democratico 5 Stelle o Dracma 5, chiede alla Grecia di abbandonare l'Euro, tornare alla valuta greca, la dracma, e di attuare una riforma bancaria basata sulla separazione tra banche commerciali e banche d'affari secondo il modello della legge Glass-Steagall.



Un nuovo partito greco chiede il ritorno alla Dracma e la separazione bancaria

Il fondatore del movimento è Theodoros Katsanevas, docente di Economia del Lavoro all'Università del Pireo ad Atene, che era tra i relatori alla conferenza internazionale dello Schiller Institute che si è tenuta in Germania il 13-14 aprile scorso. Il Prof. Katsanevas ha anche firmato la risoluzione "Glass-Steagall, o caos e genocidio" adottata dai partecipanti alla conferenza. Egli non è nuovo alla politica, essendo stato membro fondatore del Partito Socialista Panellenico con cui è stato più volte eletto al Parlamento, ed avendo fatto parte del governo.

Anche se è il nome è simile al Movimento 5 Stelle del populista Beppe Grillo, e le cinque stelle del nuovo partito greco stanno per i cinque punti principali del programma, la formazione di Katsanevas è tutt'altro che sprovveduta. I cinque punti sono: 1) ribaltare il Memorandum del FMI, BCE e dell'UE; 2) tornare alla dracma, 3) facilitare una robusta crescita, 4) ristabilire la dignità nazionale e 5) assicurare la giustizia sociale. Il "Dracma 5" non è retto da un comico e da un pubblicitario ma da un comitato organizzatore, composto da 25 membri, che rappresenta invece uno spaccato della popolazione greca con insegnanti, imprenditori, ingegneri, economisti, docenti universitari ecc.

Il loro programma riconosce chiaramente che il "Memorandum e l'Euro sono tutt'uno" e chiede quindi l'uscita della Grecia dall'Eurozona e l'attuazione di un "piano dettagliato" per la cancellazione del 70% del debito greco.

Dopo aver denunciato "il capitalismo da bisca" e la "santa alleanza dell'economia globalizzata del gioco d'azzardo che erode l'economia reale ed il lavoro umano", il manifesto del partito chiede la separazione bancaria: "Controlli sul sistema bancario, sui flussi di capitale e sulle transazioni finanziarie, e la separazione tra banche commerciali e banche d'affari".



Prof. Theodoros Katsanevas:
"Abolish the Euro and the Monetarist Malpractices of the Casino Capitalism"
["Abolire l'euro e le malepratiche monetariste del capitalismo da bisca"]
(Francoforte, 14 aprile 2013)

All'insegna del "socialismo patriottico dal volto umano e della solidarietà sociale", il manifesto promuove lo sviluppo del potenziale industriale ed agricolo della Grecia con investimenti nell'innovazione tecnologica e l'espansione e lo sviluppo delle sue infrastrutture, nonché la creazione di "centri di formazione internazionali nelle università ed istituti di ricerca che utilizzino gli scienziati greci che eccellono a livello internazionale" e che in questo momento stanno emigrando a migliaia.

Il manifesto chiede inoltre un'alleanza tra Italia, Spagna, Portogallo, Cipro e Grecia per uscire dall'Euro e stabilire rapporti di cooperazione economica e politica. Conclude affermando: "Niente cambia se non ci si batte per la speranza e contro la conquista ed il soggiogamento del paese attualmente in corso".
[Modificato da marco--- 21/05/2013 08:58]
06/06/2013 10:21
 
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Il Fondo monetario internazionale ammette di aver sbagliato nel salvataggio di Atene
Fmi ammette: errori gravi e colpevoli ritardi nel salvataggio della Grecia (Fonte: ilsole24ore.com - di Vittorio Da Rold - 05/06/2013)

«Strettamente confidenziale». Con questa dicitura sulla copertina del rapporto il Fondo monetario internazionale ammette di aver sbagliato nel salvataggio di Atene: l'Fmi ha pesantemente sottovalutato i danni delle misure di austerità prescritte nel piano di salvataggio concesso alla Grecia.

Si tratta del secondo capitolo di quell'errore di valutazione sul peso delle misure di austerità che già aveva adombrato il capo economista Olivier Blanchard quando aveva ammesso che il Fondo aveva usato un moltiplicatore sugli effetti delle politiche recessive sulla crescita dello 0,5, mentre quello vero era dell'1,5. Il risultato? I salvataggi futuri non saranno legati a condizioni tanto distruttive quanto quelle che Atene ha dovuto affrontare.


L'ammissione di colpa è stata scoperta dal Wall Street Journal, che ha avuto accesso a un documento interno timbrato come «strettamente confidenziale» e che dovrebbe essere diffuso domani. Un documento che contrasta pesantemente con le dichiarazioni dal direttore generale del Fondo monetario, Christine Lagarde, che, nel corso di un'intervista rilasciata ieri sera, ha detto che Atene potrebbe tornare sul mercato dei capitali l'anno prossimo.

Ma torniamo al documento del Fondo dove gli autori sostengono comunque che il salvagente lanciato nel 2010 ad Atene «ha dato più tempo all'area euro per costruire una cortina di protezione a beneficio di altri Paesi membri vulnerabili evitando effetti potenziali gravi per l'economia globale». Un aiuto che è costato 47 miliardi di dollari al Fondo, il maggiore aiuto rispetto alla grandezza del paese.

In più occasioni, vari membri del Fondo, così come il numero uno Christine Lagarde, hanno detto apertamente che quel debito era «sostenibile». Ma dal documento confidenziale emerge una realtà molto diversa: che le incertezze legate al salvataggio greco erano «così significative che lo staff era incapace di garantire che il debito pubblico fosse sostenibile con una elevata probabilità».

Il Fondo ammette di essere stato troppo ottimista sulla capacità del governo greco di tornare ad accedere al mercato dei capitali. L'istituto guidato dall'ex ministro dell'Economia francese, critica a posteriori soprattutto i ritardi della ristrutturazione del debito greco, arrivato solo nel maggio del 2012, due anni dopo il via libera al primo salvataggio da 110 miliardi di euro: una ristrutturazione immediata sarebbe costata meno ai contribuenti d'Europa e avrebbe risolto prima i problemi di trasmissione del contagio. Ma la Germania era come paralizzata e timorosa di rompere un tabù: quello di aiutare un paese membro in crisi non di liquidità ma di solvibilità e quindi a rischio bancarotta.

Ma comunque l'operazione di salvataggio ha permesso di guadagnare tempo e di costruire una cortina di salvataggio per proteggere i paesi vulnerabili ed evitare gli effetti severi a tutta l'economia globale. Magra consolazione. La Grecia ha pagato duramente per i ritardi e gli errori di valutazione del Fondo: una ammissione tardiva e inquietante.
[Modificato da marco--- 06/06/2013 10:22]
11/06/2013 20:57
 
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Grecia, per la tv pubblica da stasera fine delle trasmissioni: licenziati in 2.800 (Fonte: ilsole24ore.com - di Vittorio Da Rold - 11/06/2013)

La crisi greca non risparmia nessuno. Il governo greco di Antonis Samaras ha deciso di sospendere le trasmissioni della tv e della radio pubblica, la Ert, la Rai greca, a partire dalla mezzanotte di oggi. Lo ha annunciato il portavoce del governo Simos Kledikoglu, spiegando che la Ert sarà sostituita «da una struttura moderna ma non di proprietà dello Stato», che opererà con personale ridotto mentre ha assicurato che il personale Ert sara compensato con delle indennità.

La clamorosa decisione - saranno licenziati i 2.800 dipendenti - rientra nell'ambito del programma delle privatizzazioni delle aziende a partecipazione statale concordato con la troika (Ue-Bce-Fmi), che spinge senza successo da mesi per la messa sul mercato dei beni pubblici ellenici.
Kedikoglou ha spiegato che «in un momento in cui al popolo greco vengono imposti sacrifici non ci possono essere entità intoccabili che possono restare intatte quando si applicano tagli ovunque».

E la Ert è un caso particolare di «sacche di opacità e incredibile spreco di denaro pubblico. Costa da tre a sette volte le altre tv e ha da quattro a sei volte il personale di altre strutture con ascolti ridotti. Per questo il governo ha deciso di chiuderla». I dipendenti della Ert si sono riuniti in assemblea e hanno dichiarato di essere in autogestione. Inoltre hanno fatto sapere che continueranno le trasmissioni dopo la mezzanotte.

Le forze dell'opposizione vicine a Syriza, sono insorte accusando il Governo di aver eliminato l'ultima voce pubblica rispetto ai privati, che in Grecia in passato sono stati accusati di essere entrati nel campo dei media solo per difendere i loro interessi. La scarsa autorevolezza dell'informazione greca è stata spesso ritenuta uno delle concause della crisi economica.

Alexis Papachelas, direttore del principale giornale conservatore, Kathimerini, aveva dichiarato al Sole 24 Ore nel dicembre 2012 che la bassa qualità dei media greci, in particolare dei talk show televisivi, dove tutti gridano e nessuno spiega o ragiona, era stato una delle cause che aveva favorito l'occultamento delle crisi economica così a lungo.

La mossa del governo non è nuova: l'esecutivo greco in precedenza aveva deciso di licenziare 15mila statali su indicazione della troika. La crisi ha comunque colpito molto duramente le famiglie che si sono viste tagliare salari e pensioni: molti hanno deciso di tornare nelle isole perché non avevano nemmeno i soldi per pagare l'affitto ad Atene, dove vive la metà della intera popolazione.

Senza contare i duri cambiamenti avvenuti nella vita quotidiana delle famiglie greche che hanno dovuto imparare a vivere con poche risorse come racconta la storia di Demetrios, che con tre mutui e mille euro al mese deve pensare con sua moglie al futuro dei suoi due figli.
[Modificato da marco--- 11/06/2013 21:22]
11/06/2013 21:15
 
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Si tratta dell'unico caso in Europa dove non ci sarà più una televisione pubblica
Grecia: il governo chiude Ert, tv di Stato. “Stop alle trasmissioni da martedì” (Fonte: ilfattoquotidiano.it - di Francesco De Palo - 11/06/2013)

Si tratta dell'unico caso in Europa dove non ci sarà più una televisione pubblica. Oltre 2800 lavoratori in esubero. Syriza: "L'emittente appartiene al popolo greco". Il giornalista Deliolanes: "Dà fastidio perché fa concorrenza ai canali privati e cerca di fare corretta informazione".

Colpo di stato? Ennesimo fallimento nel fallimento? Fatto sta che nella Grecia sventrata da tre memorandum e dall’ammissione di colpevolezza di un Fondo monetario internazionale che dice di aver sbagliato i conti del risanamento, accade una primizia europea se non mondiale: il governo decide di chiudere la televisione di stato Ert, ma con il paradosso che l’allarme per la malagestione è lanciato dallo stesso funzionario responsabile di quell’amministrazione, ovvero il portavoce del governo Simos Kedikoglou. “Il governo ha deciso di chiudere Ert – ha annunciato tra lo sgomento dei 2800 lavoratori in esubero-. Si fermano le trasmissioni alla mezzanotte di martedì”.

La situazione è particolarmente tesa, anche perché già da stasera cadrà ufficialmente il segnale televisivo e radiofonico dell’emittente pubblica. Sdegnate la reazione dalla maggior parte dei partiti del paese. Il Syriza di Tsipras parla del “culmine di un ritiro strategico e di un degrado di radiodiffusione pubblica da parte del governo. Ert, però, non appartiene al governo, ma al popolo greco, che paga chiedendo di essere un modello di media indipendenti e pluralistici”. A breve previsto un comizio dello stesso Tsipras fuori dalla sede nazionale di Agios Paraskevi ad Atene, oltre a un presidio per tutta la notte assieme ai lavoratori, che hanno reagito con ira e lacrime già per le strade. Si tratta dell’unico caso in Europa dove non ci sarà più una televisione pubblica.

“In Grecia come è noto c’è un problema estremamente delicato – spiega al fattoquotidiano.it Dimitri Deliolanes, da trent’anni corrispondente in Italia di Ert – perché dall’avvento dei canali privati, dal 1989 in poi, c’è un intreccio fortissimo tra appaltatori e fornitori pubblici da un lato, e informazione dall’altro. Tre categorie racchiuse nella stessa persona, per cui è urgente mettere sotto controllo l’informazione. La tv pubblica dà fastidio per due motivi: in primis perché fa concorrenza a quelli privati e in secondo luogo perché cerca nel suo piccolo di fare corretta informazione”. Poi l’affondo all’esecutivo guidato da Samaras e cosiddetto delle larghe intese con la troika: “Ciò non è più sopportabile da un governo legato mani e piedi agli interessi privati. É una misura assolutamente incomprensibile”. Ma non è tutto, perché l’aspetto più divertente, aggiunge Deliolanes mentre da casa sua è impegnato in questi minuti in un servizio montato in versione fai da te, è che “il portavoce del governo, Kedikoglu, nel suo proclama ha addotto come motivo di chiusura il fatto che Ert non fosse amministrata bene. E lo dice proprio lui che è il responsabile politico di quell’amministrazione”. L’ennesimo paradosso di questa crisi assurda.
[Modificato da marco--- 11/06/2013 21:16]
12/06/2013 09:34
 
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Grecia: Uer chiede ad Atene di revocare chiusura tv pubblica (Fonte: ilmondo.it - 12/06/2013)

L'Unione europea di Radiodiffusione (UER) ha chiesto ufficialmente alla Grecia di revocare la sua decisione di chiudere la radiotelevisione pubblica Ert.

Il presidente dell'UER, Jean-Paul Philippot, e il direttore generale, Ingrid Deltenre, hanno inviato una lettera al premier greco Antonis Samaras invitandolo ad "utilizzare tutti i suoi poteri per annullare immediatamente questa decisione", si legge in un comunicato. "L'esistenza di media del servizio pubblico e la loro indipendenza nei confronti del governo sono fondamentali per le società democratiche", sottolinea l'ente associativo di operatori pubblici e privati del settore della tele-radiodiffusione in Europa.

"Qualsiasi modifica di un certo spessore nel sistema dei media pubblici dovrebbe essere introdotta solo dopo un dibattito aperto ed esaustivo in parlamento e non attraverso un semplice accordo tra due ministri", prosegue l'UER. Pur riconoscendo la necessità di provvedere a tagli di bilancio, le emittenti pubbliche sono più importanti che mai nei periodi di crisi nazionale.
Questo non significa che l'Ert debba essere gestita in modo meno efficiente di un'azienda privata. Ovviamente tutto il denaro pubblico deve essere speso con la massima accortezza", scrivono Philippot e Deltenre.

L'Uer è un ente costituito da 56 aziende del servizio pubblico radiotelevisivo di cui l'Ert è stata membro fondatore nel 1950.

Dalla mezzanotte appena trascorsa la televisione pubblica greca Ert non trasmette più in seguito a un decreto legge immediatamente operativo del governo guidato dal premier conservatore Samaras. Una misura che consente all'esecutivo di procedere a un taglio di circa 2700 posti nella pubblica amministrazione.

Vedi anche: EBU urges greek government to reverse decision on ERT (Fonte: ebu.ch - Geneva, 11 June 2013)
[Modificato da marco--- 12/06/2013 09:52]
12/06/2013 14:06
 
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Il risparmio ipotizzato: 100 milioni di euro. Ne valeva veramente la pena?
Chiusa la tv pubblica greca (ERT). Tutti i dettagli e l’intervento dell’EBU (Fonte: eurofestival.ws - 12/06/2013)

La televisione di stato della Grecia (ERT) ha chiuso i battenti e, dalla mezzanotte, ha smesso di trasmettere, fino a data da stabilirsi. Questo è quanto è accaduto a mezzanotte dopo l’annuncio a sorpresa del governo di Atene, che ha deciso di oscurare tutti i canali della ERT (ET1, NET, ET3, ERT HD, ERT WORLD) oltre a 7 radio ad Atene, 3 a Salonicco e altre 19 stazioni locali in tutta la Grecia (più la parte web, sito ert.gr compreso, web tv e archivio digitale)...

...UPDATE. Con l’intervento di ieri, ERT come ente giuridico non esiste più, motivo per il quale sono stati messi i sigilli ai ripetitori della tv pubblica greca. Secondo indiscrezioni di stampa, ERT sarà rinominato in NERIT SA, acronimo di Nuova Radio, Televisione e Internet ellenica. La nuova entità giuridica è definita dal disegno di legge, come una società di proprietà dello Stato i cui ricavi continueranno a provenire da prelievi riscossi attraverso le bollette dell’energia elettrica, anche se l’importo non è stato specificato. I dipendenti della nuova tv pubblica vengono stimati in un numero tra i 400 e 1.000, con un risparmio della spesa annuale quantificata (sempre secondo il governo greco) in circa 100 milioni di euro.
[Modificato da marco--- 12/06/2013 14:07]
12/06/2013 18:03
 
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La Grecia declassata a Paese emergente, rischio fuga di capitali (Fonte: ilsole24ore.com - di Vittorio Da Rold - 12/06/2013)

E' durata solo 12 anni la permanenza della Grecia nel club delle economie sviluppate: da oggi Atene ha il triste primato di essere il primo paese sviluppato a essere stato declassato a mercato emergente dall'indice MSCI dopo che la Borsa greca ha perso il 91% del suo valore dal 2007. MSCI ha invece introdotto nei paesi emergenti Qatar e Emirati arabi uniti.

La Grecia quindi esce mestamente dall'indice MSCI, dove non sarà più classificata come mercato sviluppato, dato che non è riuscita a soddisfare i criteri minimi in materia di prestiti di titoli, di strumenti di prestito, di vendita allo scoperto e di trasferibilità a breve...
25/07/2013 16:26
 
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Lo stato della Grecia si sfalda: decine di sindaci danno le dimissioni. Sempre piu' forti voci di rivolta popolare. (Fonte: ilnord.it - 25/07/2013)

ATENE - In segno di protesta contro i licenziamenti dei dipendenti delle amministrazioni comunali che rientrano nell'ambito della drastica riforma del settore pubblico varata dal governo per risanare il bilancio dello Stato, 25 dei 38 sindaci della regione della Macedonia (Grecia settentrionale) si sono dimessi.

I primi cittadini hanno rassegnato le dimissioni con una lettera firmata congiuntamente ed inviata al premier Antonis Samaras, al vicepremier Evanghelos Venizelos e ai ministri competenti, come estrema espressione di salvaguardia delle Autonomie locali.

Nella missiva, tra l'altro, si legge: "Le Autonomie locali, per mezzo di una serie di ordinamenti contrari alla Costituzione, all'istituzione delle Autonomie locali e ai principi dell'Unione europea, subiscono dei colpi umilianti che le portano direttamente alla distruzione".

Secondo il presidente dell'Unione dei Sindaci della Macedonia centrale, Simos Daniilidis, presto seguiranno le dimissioni di altri sindaci che vogliono esprimere cosi' la loro contrarieta' ai tagli dei fondi e agli accorpamenti dei comuni decisi dal governo. Da parte loro, i sindaci di 21 isole greche hanno scritto al parlamento chiedendo ai deputati di non votare a favore di un disegno di legge teso a rendere piu' facili gli insediamenti turistici e che danneggerebbero irrimediabilmente il paesaggio. (ANSAmed).


01/08/2013 16:26
 
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Re:
marco---, 25/07/2013 16:26:

Lo stato della Grecia si sfalda: decine di sindaci danno le dimissioni. Sempre piu' forti voci di rivolta popolare. (Fonte: ilnord.it - 25/07/2013)

ATENE - In segno di protesta contro i licenziamenti dei dipendenti delle amministrazioni comunali che rientrano nell'ambito della drastica riforma del settore pubblico varata dal governo per risanare il bilancio dello Stato, 25 dei 38 sindaci della regione della Macedonia (Grecia settentrionale) si sono dimessi.

I primi cittadini hanno rassegnato le dimissioni con una lettera firmata congiuntamente ed inviata al premier Antonis Samaras, al vicepremier Evanghelos Venizelos e ai ministri competenti, come estrema espressione di salvaguardia delle Autonomie locali.

Nella missiva, tra l'altro, si legge: "Le Autonomie locali, per mezzo di una serie di ordinamenti contrari alla Costituzione, all'istituzione delle Autonomie locali e ai principi dell'Unione europea, subiscono dei colpi umilianti che le portano direttamente alla distruzione".

Secondo il presidente dell'Unione dei Sindaci della Macedonia centrale, Simos Daniilidis, presto seguiranno le dimissioni di altri sindaci che vogliono esprimere cosi' la loro contrarieta' ai tagli dei fondi e agli accorpamenti dei comuni decisi dal governo. Da parte loro, i sindaci di 21 isole greche hanno scritto al parlamento chiedendo ai deputati di non votare a favore di un disegno di legge teso a rendere piu' facili gli insediamenti turistici e che danneggerebbero irrimediabilmente il paesaggio. (ANSAmed).





Vendesi, 10k appartamento vista partenone nel centro di atene... [SM=g7728]



La frutta...

e noi?

- Debito pubblico: record a 2.074 miliardi, veleggiamo verso il 130% del Pil;

- Debito aggregato di Stato, famiglie, imprese e banche: 400% del Pil, circa 6mila miliardi;

- Pil: atteso un altro -2% quest’anno. Si aggiunge al -2,4 del 2012;

- Rapporto deficit/Pil: 2,9% nel 2013. Peggioramento ciclo economico Imu, Iva, Tares, Cassa integrazione in deroga lo portano ben oltre la soglia del 3%;

- Prestiti delle banche alle imprese: -5% su base annua nei mesi da marzo a maggio. In fumo 60 miliardi di prestiti solo nel 2012;

- Sofferenze bancarie: a maggio sono salite del 22,4% annuo a 135,5 miliardi;

- Base produttiva: eroso circa il 20% dall’inizio della crisi;

- Ricchezza: bruciati circa 12 punti di Pil dall’inizio della crisi. 200 miliardi circa;

- Entrate tributarie: a maggio -0,7 miliardi rispetto allo stesso mese di un anno fa (a 30,1 miliardi, -2,2%). Nei primi 5 mesi del 2013 il calo è dello 0,4% rispetto ai primi 5 mesi del 2012;

- Gettito Iva: -6,8% nei primi 5 mesi del 2013, un vero disastro;

- Potere d’acquisto delle famiglie: -94 miliardi dall’inizio della crisi, circa 4mila euro in meno per nucleo;

- Disoccupazione: sfondata quota 12,2%, dato peggiore dal 1977;

- Disoccupazione giovanile: oltre il 38%;

- Neet: 2,2 milioni nella fascia fino agli under 30, ragazzi che non studiano, non lavorano, non imparano un mestiere, totalmente inattivi;

- Precariato: contratti atipici per il 53% dei giovani (dato Ocse);

- Ammortizzatori: 80 miliardi erogati dall’Inps dall’inizio della crisi tra cassa integrazione e indennità di disoccupazione...

fonte: la ragioneria dello stato Itagliano...taglia? no... [SM=g7574]


09/08/2013 09:37
 
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Grecia: e ora la troika vuole la confisca delle case
Grecia: e ora la troika vuole la confisca delle case (Fonte: wallstreetitalia.com - 09/08/2013)

Tutto per le lobby, ovvero le banche, che troverebbero fondi per ricapitalizzarsi. Mentre il mercato immobiliare crollerebbe fino a -21%.

ROMA (WSI) - Le misure di austerity che hanno reso agonizzante l'economia della Grecia, evidente, non sono sufficienti. La Troika, che di fatto ha strappato al paese la sua sovranità imponendo nuove regole, e governando aiutato da un esecutivo fantoccio, ora vuole di più: eliminare la regola che vieta alle banche di confiscare le case dei greci.

Si parla, stando alla stampa grecia, di quelle abitazioni che hanno un valore superiore a 200.000 euro e i cui proprietari non riescono a pagare i mutui, proprio a causa delle manovre di lacrime e sangue.

I funzionari della troika - che riunisce i rappresentanti del Fondo Monetario Internazionale, dell'Unione europea e della Bce - vogliono dunque anche questo potere di confisca sulle abitazioni e i creditori internazionali stanno facendo già pressioni al governo guidato dal premier Antonis Samaras.

Il divieto di confisca da parte delle banche si avvicina tra l'altro alla sua scadenza, prevista per la fine del mese.

Di certo se la misura diventasse esecutiva, a guadagnarci sarebbe il mondo delle lobby, ovvero le banche che, in un periodo in un cui fanno fronte a tassi di default sui prestiti erogati superiori al 27% - i cittadini non riescono a onorare i prestiti strangolati dalla disoccupazione, dalla crisi e dalle tasse - potrebbero, con la confisca delle case, ricapitalizzarsi.

Il vice ministro del discastero della crescita Thanasis Skordas ha riferito che il governo di Atene, al momento, starebbe considerando una eliminazione parziale del divieto: Samaras sarebbe pronto a inchinarsi per l'ennesima volta, dunque, ai dettami della troika.

Ma i leader hanno pensato alle conseguenze sul mercato immobiliare? Secondo alcuni studi, la confisca porterebbe il valore della casa a crollare tra il 12% e il 21%.
22/10/2013 16:42
 
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Grecia, ecco come la Troika ha cambiato il lavoro. Ma non l’economia (Fonte: ilfattoquotidiano.it - di Stefano De Agostini - 27/06/2015)

Kostis Bakopoulos, avvocato giuslavorista greco: "L'obiettivo della legge era una maggiore mobilità dei lavoratori, con incentivi alle assunzioni e una diminuzione di costi e oneri dei licenziamenti".

Licenziamenti più facili, espansione del precariato e contrattazione ai minimi termini. Benché diversa nei tecnicismi, dal punta di vista degli obiettivi finali la riforma del lavoro imposta alla Grecia dalla Troika non sembra poi così lontana dal Jobs Act italiano. “L’obiettivo della legge era una maggiore mobilità dei lavoratori, con incentivi alle assunzioni e una diminuzione di costi e oneri dei licenziamenti”, spiega a ilfattoquotidiano.it Kostis Bakopoulos, avvocato giuslavorista greco intervistato a margine del convegno convegno milanese dell’Agi, Avvocati giuslavoristi italiani. Anche la riforma firmata da Giuliano Poletti, con il contratto a tutele crescenti ha reso più semplice, per l’imprenditore, lasciare a casa il dipendente. In Italia, però, si è andati oltre visto che Atene non ha toccato il diritto al reintegro del dipendente in caso di licenziamento illegittimo. Per il resto la rivoluzione greca del diritto del lavoro negli anni della Troika è stata decisamente variegata e capillare.

Innanzitutto, sono state alzate le soglie per i licenziamenti collettivi, ampliando così l’ambito di applicazione dei provvedimenti individuali, meno vincolati dalla negoziazione sindacale e più facili da attuare. A queste modifiche si aggiungono i tagli al termine di preavviso e all’indennità corrisposta in caso di licenziamento, la possibilità di rateizzare la buonuscita, l’estensione del periodo di prova da due a ben 12 mesi dopo l’assunzione, l’abolizione di regimi speciali con maggiori tutele per specifiche categorie di lavoratori, come insegnanti e dipendenti pubblici.

L’altro punto cardine delle riforme chieste dalla Troika in Grecia è stato lo spostamento della contrattazione verso il livello aziendale. “L’obiettivo delle leggi è stato quello di decentralizzare il processo. Ora gli accordi collettivi a livello aziendale prevalgono su quelli di settore”, precisa Bakopoulos. Per raggiungere questo obiettivo, i governi che si sono via via succeduti hanno rotto il sistema dell’applicazione erga omnes degli accordi collettivi, congelato gli aumenti automatici di stipendio basati sull’anzianità, attribuito la determinazione del salario minimo al governo e non più al contratto collettivo nazionale.

Una strada, quest’ultima, che non dispiace affatto a Matteo Renzi il quale non fa mistero di sognare un “sindacato unico”. Del resto la via era già stata segnata dalla Bce nella famosa lettera firmata Jean-Claude Trichet e Mario Draghi e inviata all’allora premier Silvio Berlusconi nel 2011 nella quale si chiedeva, tra il resto, di “riformare la contrattazione collettiva”. Pronta la risposta con un decreto che ha previsto che i contratti aziendali e territoriali operino “anche in deroga alle disposizioni di legge” in materia di mansioni, orari di lavoro, assunzioni e licenziamenti, “ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro”. Renzi, quindi, ha solo raccolto il testimone e la prossima tappa prevede che le parti sociali raggiungano entro settembre un’intesa su un nuovo modello di contrattazione riorientato verso il livello aziendale e sul salario minimo. Se ci saranno ritardi, sarà l’esecutivo a intervenire in questo senso.

Tornando in Grecia, il quadro delle riforme chieste dai creditori si completa con altri provvedimenti che vanno nel senso di una maggiore flessibilità e, quindi, di una più accentuata precarietà del lavoro. E’ stata estesa la durata massima del lavoro interinale e dei contratti a termine consecutivi, che passa da due a tre anni. Ora l’impresa in caso di crisi aziendale può unilateralmente introdurre il lavoro a rotazione, che corrisponde a meno ore per meno salario. A questo si aggiungono il taglio delle retribuzioni per gli straordinari e la possibilità di modifiche più flessibili dell’orario di lavoro.

Gli effetti sull’economia ellenica sono sugli occhi di tutti, mentre gli esperti greci si dividono. “Alcune riforme, specialmente quelle sulla contrattazione, erano e sono ancora necessarie in Grecia – sostiene Bakopoulos – Perché avevamo un sistema inflessibile come nessuno in Europa. I salari continuavano ad aumentare senza seguire la produttività delle aziende. Bisognava cambiare qualcosa”. D’altra parte, il legale ammette che “queste riforme non hanno stimolato ancora la crescita. Ma la ragione principale dello stallo è l’incertezza sull’economia greca, il suo sistema bancario e il suo futuro come Paese dell’Eurozona”. Di tutt’altro avviso è Georgios Dassis, sindacalista e presidente del gruppo lavoratori del Comitato economico e sociale europeo. “Le misure anticrisi messe in atto in Grecia su richiesta della Troika hanno colpito direttamente l’occupazione e la situazione sociale del Paese – spiega Dassis – Immediatamente sono stati applicati licenziamenti collettivi, alle diminuzioni di salari e pensioni si aggiunge la situazione disastrosa del sistema sanitario. Queste misure draconiane non solo non hanno apportato nessun miglioramento, ma gli squilibri strutturali, l’evasione fiscale, il debito pubblico si sono aggravati”.
28/06/2015 10:34
 
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Tsipras, la piccola Grecia sta per abbattere il mostro di Bruxelles (Fonte: ilfattoquotidiano.it - di Paolo Becchi - 27/06/2015)

Alla fine Tsipras è andato a vedere la proposta di Schäuble, uno degli architetti del rigore burocratico, che qualche mese fa che nel suo consueto stile da freddo tecnocrate, aveva quasi sfidato la Grecia a indire il referendum sulle proposte dei creditori.

Tsipras lo ha preso in parola e con una mossa astuta e sorprendente ha rovesciato il tavolo, quando ieri nel suo discorso alla nazione annunciava il referendum che si terrà domenica 5 luglio. Impossibile raggiungere un accordo, le due parti sono troppo distanti e secondo alcuni resoconti la Merkel ad un certo punto della trattativa avrebbe persino zittito Tsipras, che cercava di convincere il consesso degli eurocrati sulla bontà delle sue proposte. Forse è stato in quel momento che Tsipras ha avuto l’idea di sbloccare lo stallo di una trattativa che nei fatti non è mai esistita, in quanto in Europa si dettano le condizioni e i termini da osservare e null’altro.

La piccola Grecia sta facendo crollare i palazzi della tecnocrazia e dell’austerity che erano stati descritti come solidi e incrollabili. Nei mesi passati di questa trattativa, si erano alternate diverse emozioni e sensazioni quando si seguiva l’interminabile melina delle discussioni a Bruxelles. Alcuni non credevano che Tsipras fosse in grado di portare fuori il suo Paese da questo carrozzone impazzito. Altri vedevano in lui quelle doti di saggezza e di sagace diplomazia che un passo alla volta lo mettevano nelle condizioni di non piegarsi ai diktat di Bruxelles. La missione non è ancora compiuta, ma a questo punto la sua è stata comunque una vittoria. Se i greci dovessero votare no alle proposte dei creditori, e ci sentiamo di dire che questa è l’opzione più probabile, ciò starebbe a significare che per la Grecia che non c’è altra via d’uscita dell’abbandono della moneta unica e il premier ellenico sarebbe pienamente legittimato a compiere questo passo. Se invece i greci dovessero votare a favore delle proposte, Tsipras potrà dire di aver interpellato il popolo e potrà applicare quelle proposte che lui stesso aveva definito come irricevibili.

Nel lasso di una settimana il popolo greco potrà scegliere il proprio destino e i pochi giorni che restano per decidere giocano a favore della politica di Tsipras, che si è opposto fermamente a quelle bozze che volevano un taglio verticale della spesa pubblica. Se la volontà dei creditori fosse stata realmente quella di recuperare il proprio credito, il buonsenso avrebbe suggerito di sospendere il pagamento degli interessi per un periodo sufficientemente lungo che avesse consentito alla Grecia di costruire le condizioni della crescita. Non è certo con gli avanzi primari, con il taglio delle pensioni e con le privatizzazioni che l’economia greca potrà tornare a crescere, quando tutte queste misure procicliche hanno il solo effetto di peggiorare ancora di più la già indebolita Grecia. Perché allora questo rifiuto insensato di concedere un po’ di ossigeno alla Grecia? Il dogma dell’euro e dell’austerity è quanto di più pericoloso per le democrazie europee che stanno rischiando di precipitare in quell’abisso che negli anni’20 creò le condizioni per far sorgere il nazismo in Germania.

John Maynard Keynes, uno degli economisti più importanti del’900, nel 1919 quando l’Europa uscì sepolta dalle macerie da una guerra durissima, intuì che addossare riparazioni di guerra troppo onerose alla Germania avrebbe destabilizzato l’economia tedesca e portato l’Europa sull’orlo di un nuovo conflitto. I politici che l’economista britannico definì “pazzi al potere”, non gli prestarono ascolto e preferirono infliggere alla Germania riparazioni gravose che portarono l’economia tedesca all’iperinflazione e alla disoccupazione: la reazione fu il nazismo. La lezione della storia non trova udienza nelle stanze dei governanti e Keynes, profondamente deluso, scrisse queste profetiche parole sugli esiti del Trattato di pace del 1919: “La politica di ridurre la Germania alla condizione di servitù per una generazione, di degradare la vita di milioni di esseri umani, e di privare una nazione intera della felicità dovrebbe essere ripugnante e detestabile, - ripugnante e detestabile anche se fosse possibile, e anche se arricchisse noi stessi. Alcuni la invocano in nome della Giustizia. Nei grandi eventi della storia dell’uomo, e nello svolgimento dei difficili destini delle nazioni la Giustizia non è così semplice. E se anche lo fosse, le nazioni non sono autorizzate, né dalla religione o dalla natura morale, ad addossare ai figli dei loro nemici le malefatte dei genitori dei governanti “. Se si sostituisce “Germania” con “Grecia”, avremo esattamente davanti agli occhi lo stesso scenario.

L’eurocrazia in nome di una giustizia decisa dai mercati finanziari, ha condannato il popolo greco e le future generazioni ad un orizzonte senza tempo, ad un limbo che non lascia né speranze né sogni al paese che fu per davvero la culla della civiltà occidentale, nonostante la dottrina razziale rediviva di Die Welt che rimprovera ai greci di non avere nulla a che fare con gli antichi greci e in quanto tali non degni di appartenere all’Ue. Questa è l’Europa a trazione tedesca che abbiamo di fronte, molto simile ad un apparato totalitario che nei suoi argomenti e portati ideologici non esita a ricorrere al concetto di razza spuria per giustificare la riluttanza della Grecia a piegarsi. Tsipras ha compreso che non può abbandonare il suo paese nelle mani delle tecnocrazie che per loro stessa natura odiano le masse, e chiede al suo popolo di sostenerlo in questa decisiva battaglia per “le nostre future generazioni, per la nostra storia e per la dignità e sovranità della Grecia”. Qualsiasi sarà l’esito c’è un punto fermo in tutto questo, ed è la sconfitta dei vertici europei che dopo mesi di totale rigidità e di assurda inamovibilità, escono sconfitti dalla ferma volontà del governo greco di non proseguire con l’austerity. Questa è una battaglia decisiva che può essere l’inizio del riscatto dei popoli europei che non hanno più intenzione di sposare la povertà in nome di teorie e ideologie che alla prova dei fatti si sono dimostrate fallimentari. Il falso dogma dell’euro irreversibile può davvero essere sconfitto e ora i greci possono dimostrarlo all’Europa intera.
28/06/2015 10:41
 
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Vi svelo tutte le bugie sul debito della Grecia. L’analisi di Salerno Aletta (Fonte: formiche.net - di Guido Salerno Aletta - 28/06/2015)

Siamo al cambio di scena nel corso del secondo atto della tragedia greca: dopo il primo piano di salvataggio del maggio del 2010 ed il secondo adottato nel luglio del 2011, ad Atene il governo di Tsipras ha sostituito quello di Samaras, puntando i piedi sulle riforme già concordate da quest’ultimo in cambio degli aiuti internazionali.

E’ noto che, senza una ristrutturazione del debito greco in essere, il FMI non sembra intenzionato a rinnovare il proprio intervento, che poi dovrebbe essere messo a carico dei governi dell’Eurozona. Questo è il bluff in corso: tutti sanno che Atene non potrà mai ripagare il debito attuale. Intanto, i governi comprano tempo e le banche vendono denaro. A ciascuno, sempre, il suo mestiere.

E’ un gioco delle parti, in cui la Grecia fa la parte del debitore messo alle strette. Si tratta di questo: i prestiti vengono erogati ora dal FMI, ora dal Fondo Salva stati europeo (ESM), a tranche di modesta entità, seguendo un piano di riforme che devono essere adottate dal governo di Atene, mentre nel frattempo si susseguono altrettante scadenze delle precedenti erogazioni. In questo modo, il debitore è sempre a rischio di default, perché non riceve i prestiti che servono a rimborsare i precedenti: sta in mezzo, per pagare gli interessi. Stiamo parlando di pochi miliardi di euro che la Grecia deve rimborsare al FMI entro giugno, con tre scadenze accorpate a fine mese, e che pagherà con le nuove erogazioni europee, che sono condizionate alla approvazione del Piano in discussione a Bruxelles.

Come ha messo in evidenza Papa Francesco nella Enciclica Laudato si’, l’effetto finale della crisi è stato che gli Stati si sono indebitati, salvando le banche e sostituendosi ad esse come nuovi creditori. I creditori storici della Grecia, soprattutto le banche francesi e tedesche, pagando un piccolo pegno (haircut) nella ristrutturazione volontaria effettuata dopo il varo del secondo Piano di salvataggio, hanno scambiato i titoli che avevano in portafoglio, emessi dalla Grecia, con i nuovi emessi dall’ESM, il Fondo costituito dai Paese dell’Eurozona. Ora le banche si sono messe al sicuro, perché ci pensano i governi europei a trattare con Atene, a pretendere il rimborso dei prestiti, e naturalmente a farsi pagare gli interessi che poi saranno versati ai creditori finali: le stesse banche di prima, perché i denari sono i loro.

Gli Stati europei fanno da intermediari, da esattori: i cittadini pagano sui debiti e le banche ringraziano. Giù le maschere!
15/07/2015 12:31
 
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Quando è perché è aumentato il debito pubblico della Grecia
Non occorrono lunghe spiegazioni, il tasso d'interesse sul debito pubblico dei paesi della zona euro è deciso dai mercati, e non dalla banca centrale, BCE, come invece avviene in altri casi.

L'incubo di Draghi: nascondere alla gente il segreto della moneta (Fonte: rischiocalcolato.it - di Maurizio Blondet - 04/08/2012)

...Il tasso del debito pubblico a lungo termine (rosso) segue il tasso direttore (blu) della Banca del Giappone, cioè quello che la banca centrale fa’ pagare alle banche private; i tassi a breve (verde, giallo) sono addirittura avvinghiati al tasso primario. Ciò significa che è la banca centrale d’emissione, e non i «mercati», a decidere quanto pagare d’interesse sul suo debito pubblico. È lo Stato che ha in pugno le banche, e non il contrario. Non c’è speculazione, non c’è «austerità» obbligatoria perchè altrimenti «il Giappone fa’ fatica a finanziarsi» e dovrà indebitarsi a più caro prezzo, «per trovare risparmiatori (investitori) disposti a prestargli». Anzi. Gli investitori fanno a gara per procurarsi buoni del tesoro giapponesi, anche se rendono modestamente...

...Perchè, quanto ai tassi d’interesse che deve versare sul debito pubblico, uno Stato sovrano li padroneggia, senza dover dipendere dai mercati: è propriamente il compito della sua Banca Centrale di regolare i tassi a cui si presta il denaro, attraverso il suo tasso primario...



Il debito pubblico della Grecia fin dal 1998, pre Euro, era nell'intorno del 100% del PIL, vedi Debito pubblico in percentuale del PIL. In corrispondenza della crisi, nell'intorno del 2012, i mercati hanno chiesto alla Grecia tassi d'interesse elevatissimi, vedi Greece Government Bond 10Y.
Conseguentemente il debito pubblico della Grecia è salito drasticamente, il taglio della spesa governativa è stato praticato, vedi Government spending, l'effetto ovviamente è stato pressoché nullo, sarebbe stato come vuotare l'acqua di un lago con un cucchiaio. Ora la Grecia è costretta a lavorare per pagare gli interessi su di un debito che non potrà mai essere abbassato, fermo restando l'attuale (assurdo) sistema monetario europeo.








[Modificato da marco--- 15/07/2015 14:33]
21/07/2015 09:38
 
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La Grecia è in svendita (Fonte: rainews.it - di Francesco Chyurlia - 20/07/2015)

Mentre i riflettori degli osservatori internazionali sono puntati sui rapporti politico-economici tra l’Eurogruppo, la Bce, il Fondo monetario e il governo di Atene, un esercito di investitori senza troppi scrupoli si sta muovendo per fare affari, anzi shopping nella fragile Grecia.

Atene è in saldo. Chi pensasse che la Grecia abbia incassato bene i colpi inferti dalla Troika per farla restare nella zona dell’euro si sbaglia. Anche se le conseguenze delle riforme future su Iva, pensioni e tasse, non si sono ancora palesate sui conti economici di Atene, il paese sta già soffrendo per una nuova forma di colonizzazione strisciante e silenziosa. La paura dell’austerità e di imponderabili conseguenze economiche sta trascinando la Grecia in una logica di “saldi estivi”.

Un esercito di investitori senza scrupoli
Ma questa volta il saldo non riguarda i negozi di scarpe o d’abbigliamento, ma coinvolge pezzi ben più preziosi del tessuto economico del Paese. Mentre i riflettori degli osservatori internazionali sono puntati sui rapporti politico-economici tra l’Eurogruppo, la Bce, il Fondo monetario e il governo di Atene, un esercito di investitori senza troppi scrupoli si sta muovendo per fare affari, anzi shopping nella fragile Grecia. L’interesse per le case greche è cresciuto enormemente e, dal giorno seguente alla proclamazione dell’ormai famoso referendum, se le ricerche immobiliari effettuate da utenti in Grecia sono calate in media del 38% quelle provenienti dall’estero sono aumentate mediamente del 60%. Il gruppo Spitogatos.gr, leader greco per gli annunci immobiliari online (con oltre 600.000 annunci pubblicati da 2.000 agenzie, e oltre 2 milioni di visite), consultato in tutto il mondo, ha potuto valutare come sia mutato l’interesse internazionale nei confronti delle case greche. Nei 3-4 giorni seguenti alla proclamazione della consultazione popolare il traffico dall’estero è cresciuto del 130%, per poi assestarsi ad un incremento medio del 50%, rimasto costante nei giorni seguenti. A guardare con più attenzione alle opportunità del mercato immobiliare ellenico sono le nazioni più vicine o quelle storicamente legate alla Grecia: in primis la Russia, con un aumento del 244% nelle ricerche rispetto al periodo precedente alla proclamazione del referendum, l’Italia (+194%), la Francia (+156%) e la Turchia (+105%). Seguono poi quei Paesi tradizionalmente territorio di emigrazione greca, come gli Stati Uniti (+114%), l’Australia (+105%) e il Canada (+96%).

La Cina punta al porto del Pireo
Ma il business in Grecia non si ferma solo al mercato immobiliare. “La Cina –dice al nostro giornale l’economista Michele Geraci, Direttore del China Economic Research Program presso la Nottingham University Business School China – ha molti interessi su Atene. La Grecia ha bisogno di infrastrutture, di investimenti, trasporti, porti e ferrovie. E la Cina può offrire queste opportunità di investimento”. La Cina, prosegue l’economista, “ha bisogno di un terminale nel porto del Pireo, di cui una società cinese è già concessionaria. e vuole aumentare questa partecipazione sviluppando la nuova ‘via della Seta’ per consolidare interessi in quel mercato”. Ma ciò che stupisce di più è la svendita, a basso costo, di ciò che caratterizza la morfologia della Grecia: le isole.

Il nuovo business internazionale: le isole
Molti sono, infatti, coloro che attratti da cifre relativamente modeste ,al di sotto il milione di euro, decidono di comprarsi un’isola. Soprattutto gli arabi sono interessati a questo shopping. Oltre 50 isole del Mar Ionio o dell’Egeo sono in vendita. Negli ultimi anni, i prezzi sono calati almeno del quaranta per cento. L’emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa al Thani si è recentemente comprato 6 isole greche nello Ionio per la modica cifra di 8,5 milioni di euro. L’ultimo ad acquistarne una è stato l'attore Johnny Depp che, per soli 4,2 milioni di euro, si sarebbe aggiudicato l’isola di Strongyli. Brad Pitt e Angelina Jolie, starebbero per acquistare isola di Gaia, 43 acri di terreno dove sarebbe possibile costruire sei ville.
[Modificato da marco--- 21/07/2015 09:38]
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