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Case invendute e prezzi a picco addio al mattone come bene rifugio

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2015 12:29
20/07/2014 09:07
 
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In 5 anni tasse raddoppiate e valori scesi del 15%
Il mattone è sempre più leggero. Casa, in cinque anni tasse raddoppiate e valore immobiliare giù del 15% (Fonte: liberoquotidiano.it - 19/07/2014)

Negli ultimi 5 anni la tassazione sulla casa è quasi raddoppiata, mentre il valore economico delle abitazioni è mediamente sceso del 15%. Prendendo come riferimento i dati medi nazionali, l’analisi della Cgia di Mestre dimostra che in un’abitazione di tipo civile (categoria catastale A2) tra il 2010 e il 2014 il valore di mercato è sceso del 15% (da quasi 200.000 a poco meno di 170.000 euro), mentre le imposte ordinarie (cioè quelle generalmente versate da tutti i proprietari, come i rifiuti e la Tasi) sono aumentate del 104% (da 300 a 611 euro).
Pertanto, l’incidenza delle imposte sul valore dell’abitazione è passata dall’1,5 per mille al 3,6 per mille. Ciò vuol dire che l’incremento è stato del 140 per cento. Per un’abitazione di tipo economico (categoria catastale A3), invece, la contrazione media del valore di mercato è stata anche in questo caso del 15 per cento (da quasi 174.500 a poco più di 148.300 euro), mentre il peso fiscale è aumentato dell’88 per cento (da 264 a 495 euro). Pertanto, l’incidenza delle imposte sul valore di questa abitazione è salita dall’1,5 per mille al 3,3 per mille (+ 121 per cento). Sempre nello stesso periodo, fa notare la Cgia, l’inflazione è aumentata del 7,3%. «Oltre alla crisi e al crollo della domanda abitativa, dovuto in parte alla stretta creditizia praticata in questi ultimi anni dagli istituti di credito - osserva il segretario Giuseppe Bortolussi - il valore economico delle case ha subito un forte calo anche a seguito del deciso aumento della tassazione. Fino a qualche anno fa l’acquisto di una abitazione o di un immobile strumentale costituiva un investimento. Ora, chi possiede una casa o un capannone sta vivendo un incubo. Tra Imu, Tasi e Tari gli immobili sono sottoposti ad un carico fiscale ormai insopportabile».
Questa situazione, ovviamente, ha avuto delle ripercussioni molto negative anche per le attività economiche che ruotano attorno al comparto casa. Molti artigiani dell’edilizia, del legno, del settore dell’installazione degli impianti (idraulici, elettricisti, manutentori, etc.) sono stati costretti a gettare la spugna o nella migliore delle ipotesi a ridurre drasticamente il personale alle proprie dipendenze. Se il settore sarà in grado di riprendersi, puntando soprattutto sulla riqualificazione/ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, non ci sono dubbi che gli effetti occupazionali saranno immediati e la ripresa economica potrà subire una forte accelerazione. Ovviamente, conclude la Cgia, è necessario che il carico fiscale sul «mattone» subisca una netta flessione.
[Modificato da marco--- 20/07/2014 09:15]
19/10/2014 10:12
 
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Mattone ancora giù Gli italiani si disfano delle seconde case (Fonte: ilgiornale.it - di
Fabrizio De Feo - 19/10/2014)

È stata nel cuore, nella mente, nel portafoglio e nei progetti di ciascun italiano per decenni. La casa ha sempre rappresentato l'investimento sicuro, l'obiettivo verso cui tendere, sacrificio dopo sacrificio, per raggiungere una stabilità da condividere con la propria famiglia.

Poi arrivò il 2007, la bolla finanziaria, la crescita dei prezzi a livelli stellari e, a seguire, la lunga crisi con la sistematica perdita di valore degli immobili, arrivata oggi a interessare anche le isole più sicure, come le case di pregio, i centri storici, le location di lusso, colpite da un calo delle quotazioni evidente a chiunque metta il naso di tanto in tanto davanti alle vetrine delle agenzie immobiliari.

«Il mercato per muoversi si muove» spiega un agente immobiliare di Roma. «Spesso, però, si tratta di mosse difensive. In tanti vendono le seconde case perché non ce la fanno a sostenerle o perché ritengono che non si tratti nel tempo di un investimento conveniente. Una circostanza che fa aumentare l'offerta di case in vendita, contribuendo alla diminuzione dei prezzi. Inoltre un tempo si poteva mettere in vendita una casa a un prezzo superiore a quello di mercato e c'era chi, magari perché innamorato di una zona, era disposto a pagarlo molto più della quotazione reale. Oggi è difficilissimo che questo accada perché non si ha la certezza di recuperare nel tempo quel valore».

Il bene rifugio, insomma, è davvero travolto dalla crisi e dalle tasse? Le interpretazioni sono molteplici. C'è chi fa notare come il mercato in questo momento storico faccia finalmente i conti con le potenzialità reali degli acquirenti e torni a muoversi dentro un recinto di realismo. Uno smaltimento degli eccessi, insomma. Il problema è che, come fa notare Corrado Sforza Fogliani, presidente di Confedilizia, per chi ha acquistato casa in anni recenti il calo può essere dolorosissimo. «Una volta, una piccola casa, 200mila euro di valore, era un bene monetizzabile rapidamente» spiega a Italia Oggi . «Ora questa riserva di valore si è ridotta a 70mila, se non a 50mila euro. Va da sé che i consumi ne risentano». Sforza Fogliani mette nel mirino l'aumento delle rendite catastali avvenuto nel 2012 con il governo Monti. Un carico da novanta che ha fatto da detonatore e moltiplicatore della crisi. «Quell'aumento venne giustificato col fatto che l'Italia era il Paese che colpiva meno la rendita immobiliare. Oggi come pressione siamo clamorosamente sopra la media: al 2,2% del Pil e del 2,75% sul reddito disponibile contro la media Ocse di 1,27% e 1,59%». Il presidente di Confedilizia cita anche uno studio su quanto l'Imu abbia abbattuto i valori di mercato: «Siamo intorno ai 2mila miliardi, a fronte di un gettito di 24 miliardi».

I segnali che arrivano dal mercato, d'altra parte, sono implacabili. Dopo qualche timido segnale di ripresa, il mercato nel secondo trimestre segna un calo del 3,6%. Una frenata che tocca meno il settore residenziale (-1%) di più le attività commerciali. I prezzi delle case sono ancora in discesa: -4,8% a giugno su base annua. Inoltre la percentuale dei proprietari è ormai passata dall'80% di un tempo al 67%. Bisognerà vedere a questo punto se le misure dello Sblocca Italia - dal bonus del 20% sull'Irpef per chi acquista un'abitazione da dare in affitto a canone concordato, alla definizione del «rent to buy» - avranno un qualche effetto. Ma la stessa relazione tecnica prevede effetti molto limitati su un mercato che avrebbe bisogno di un elettrochoc piuttosto che di una piccola scossa.
10/11/2014 08:57
 
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Crollata dal 70% del 2006 al 24% di oggi la percentuale di chi considera l’immobiliare l’investimento ideale
Mattone in calo, più cash e l’italiano resta formica (Fonte: repubblica.it - 10/11/2014)

Milano - Siamo un popolo di formiche, a dispetto della crisi. Quasi metà degli italiani, il 46%, non vive tranquillo se non mette da parte dei risparmi. Lo rivela l’ultima indagine dell’Acri, l’Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio, realizzata con Ipsos e basata su quasi 1.000 interviste di un campione rappresentativo della popolazione adulta italiana di 18 anni e oltre. Accanto a questi risparmiatori convinti, c’è un 44% di intervistati che dichiara di risparmiare, ma solo se questo non comporta troppe rinunce. Le cicale, coloro che preferiscono godersi la vita senza pensare a risparmiare, sono solo l’8% del campione, in calo rispetto all’11% del 2010. Ma il dato più importante e confortante della rilevazione Acri-Ipsos è quello relativo all’effettiva capacità di risparmiare. La quota di italiani che negli ultimi dodici mesi è riuscita a risparmiare è aumentata di quattro punti percentuali, sono ora un terzo del totale, mentre contemporaneamente si riduce, per il secondo anno consecutivo e in misura consistente, il numero di famiglie in saldo negativo di risparmio, pari a un quarto degli intervistati. «È la conferma che gli italiani sembrano aver trovato un assestamento nella crisi, ridimensionando in gran parte gli acquisti», annotano gli estensori dell’indagine. Quando si passa a esaminare come viene impiegato questo risparmio, si trova una conferma alla forte preferenza per la liquidità che caratterizza il nostro paese: ben due italiani su tre dichiarano di lasciare i propri risparmi liquidi, sul conto corrente. Tolto un 5% che non fornisce indicazioni sui suoi investimenti, tra coloro che invece investono, un 10% utilizza la maggior parte dei risparmi, un altro 20% investe solo una piccola parte. Cambia qualcosa, invece, nelle forme di risparmio utilizzate. È aumentata, infatti, la quota investita in prodotti di risparmio gestito: la percentuale di coloro che dichiarano di aver sottoscritto assicurazioni sulla vita e fondi pensione, più le prime che le seconde, è passata dal 19% al 24% (erano previste risposte multiple) e sono aumentati, sia pure in misura minore, dal 12% al 14%, anche i possessori di fondi comuni. Calano leggermente i possessori di libretti di risparmio, dal 23% al 22% e resta invariata la percentuale di italiani che possiede certificati di deposito e obbligazioni; pesano poco azioni e titoli di Stato, entrambi passati dal 7% all’8%. E oggi, alla luce dell’attuale situazione economica, in quale modo gli italiani pensano sia meglio investire i risparmi? Il “mattone” ha decisamente perso il suo fascino. La percentuale di coloro che considerano l’immobiliare l’investimento ideale, nel corso degli anni, è drasticamente calata: era pari al 70% nel 2006, nell’ultima indagine si colloca al 24%, il valore più basso dal 2001. Non attirano più gli immobili e cresce il numero di intervistati che ritiene sia il momento di investire, ma negli strumenti ritenuti più sicuri, come titoli di Stato, certificati di deposito, obbligazioni e risparmio postale, siamo al 36% del totale, nuovo massimo storico. Gli strumenti finanziari più rischiosi, fondi comuni e azioni, sono indicati solo dall’8% degli intervistati, ma il dato appare in aumento rispetto alle precedenti rilevazioni. Il problema è che resta elevato il numero di intervistati che ritiene sia più opportuno non investire affatto, sono ormai quasi un terzo del totale, nel 2010 pesavano per il 18%. Tra le motivazioni addotte, un 19% ritiene sia meglio mantenere liquidi i risparmi, un 9% dichiara di non sapere come investirli e un 4% pensa sia preferibile spenderli. Vista la tendenza a favorire gli investimenti considerati più sicuri, non stupisce che il risparmiatore italiano sia sempre più attento alla rischiosità dell’investimento, lo dichiara il 43% del totale, una percentuale in aumento rispetto al 2013. Fa riflettere, infine, il giudizio dei risparmiatori italiani sulla tutela del risparmiatore: largamente negativo, il voto medio è 4,6 in una scala da uno a dieci, e il giudizio meno impietoso è quello riservato ai fondi comuni. Non si ritiene neanche che questa tutela possa aumentare nei prossimi cinque anni, a meno che non si attui l’Unione Bancaria Europea, che dà fiducia più delle regole presenti nei singoli paesi dell’Unione. (m.man.) Accanto ai risparmiatori convinti, c’è un 44% di intervistati che dichiara di risparmiare, ma solo se questo non comporta troppe rinunce Gli strumenti finanziari più rischiosi, fondi comuni e azioni, sono indicati solo dall’8% degli intervistati, ma il dato appare in aumento.
[Modificato da marco--- 10/11/2014 09:02]
10/11/2014 18:17
 
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Mattone? No grazie. Gli italiani restano affezionati ai Bot

Roma, (askanews) - Investire nel mattone? No grazie, molto meglio Bot e buoni postali. Gli italiani voltano le spalle agli immobili. Per anni il mattone ha rappresentato l'investimento ideale dove mettere al sicuro i risparmi. Ma oggi non più. Secondo l'indagine realizzata da Ipsos per conto dell'Acri solo il 24% considera ancora l'immobile la forma migliore di investimento. L'anno scorso era il 29% e nel 2006 il 70% degli italiani considerava il mattone l'investimento per eccellenza. La preferenza per gli immobili scende dalle Alpi alla Sicilia ma è nel Nord Ovest che l'indice di gradimento accusa il calo più consistente. In appena un anno dal 30 al 22%. Ma come investono gli italiani? La preferenza rimane per la liquidità. Due italiani su tre prediligono conti correnti, titoli di Stato, libretti di risparmio. Anche per effetto della crisi, gli italiani si rifugiano sempre più verso strumenti di investimento ritenuti sicuri. Il 36% ritiene che in questa fase sono da preferire i vecchi cari Bot e Btp e rispario postale. Sono minoritari ma in aumento dal 5 all'8% gli italiani che si orientano verso strumenti più rischiosi come le azioni e fondi di investimento. Un terzo degli italiani rimane convinto che è sbagliato qualsiasi investimento.




it.screen.yahoo.com/finanza-lavoro/mattone-no-grazie-gli-italiani-164007...
14/11/2014 09:08
 
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Mattone ti odio. Ecco i 6 motivi per i quali è finito l'amore tra gli italiani e la casa (Fonte: ilsole24ore.com - di Enrico Marro - 13/11/2014)

1. Mattone ti odio / Un milione di case invendute, prezzi in caduta libera

Difficile non vedere il crollo del mattone in ogni angolo delle nostre città, ricoperte da cartelli “vendesi “ e ”affittasi” più o meno logori, tra le vetrine vuote dei negozi sfitti. Come spiega Luca Dondi, direttore generale di Nomisma (che martedì prossimo presenterà il terzo rapporto 2014 sul mercato immobiliare), il calo delle compravendite dal 2006 a oggi ha nettamente superato il 50%. Quanto ai prezzi, la riduzione media in termini nominali è “solo” del 20%. Il secondo dato però non illuda: il calo “ridotto” dei prezzi si spiega col fatto che molti venditori continuano a fantasticare per i loro immobili valori completamente fuori mercato. La controprova sta nello stock di immobili invenduti, che è a livelli da film horror: alle circa 500mila case nuove «ultimate o in via d'ultimazione» che non si riescono a piazzare (stima Bankitalia per fine 2013) vanno aggiunte tutte quelle usate. A quanto si arriva? «Si supera di sicuro il milione di immobili sul mercato – stima Dondi – uno stock mai visto in quella che è la crisi più lunga dal dopoguerra».

2. Mattone ti odio / Ottenere un mutuo, mission quasi impossible

Dieci anni fa un muratore africano precarissimo riusciva senza troppi problemi – grazie anche a finanziarie assai generose, di cui ovviamente è rimasto solo il ricordo - ad avere mutui che coprivano il 110% del valore dell'immobile. Oggi per gli italiani, a loro volta sempre più precari, ottenere un finanziamento è un'impresa titanica. Spesso impossibile. «I segnali di allentamento creditizio che si immaginavano per quest'anno sono stati molto più contenuti», spiega il direttore generale di Nomisma, perché le banche, con gli stress test in arrivo, non hanno trasferito la politica monetaria accomodante Bce agli immobili. «I mutui sono ancora sottodimensionati rispetto al passato, con una selettività che esclude una quota consistente della domanda». Come se ne esce? «L'erogazione consapevole dei mutui non deve essere quella esagerata del 2006, ma nemmeno quella iperselettiva del 2013».

3. Mattone ti odio / La giungla insidiosa delle mille tasse

Secondo Nomisma l'elemento fiscale, se escludiamo la componente di investimento, ha avuto un ruolo più contenuto nell'addio degli italiani al mattone. «Sono stati altri i driver di un periodo negativo. Però questo elemento si aggiunge, nella direzione sbagliata, assommando provvedimenti errati e contraddittori». Il giro di vite fiscale ha comunque contribuito a far scendere i prezzi, come mostra quest'analisi di Saverio Fossati e Gianni Trovati sui dati dell'OMI (Osservatorio immobiliare dell'agenzia delle Entrate). E non è finita, perché le giravolte della tassazione sul mattone non danno pace, come spiega quest'altro articolo. I Comuni stanno per costringere 16 milioni di contribuenti a rifare i conti a dicembre, quando pagheranno il saldo Imu con aliquote in gran parte diverse dal 2013 (e dall'acconto di giugno). Nella corsa agli emendamenti allo Sblocca Italia si è poi consumata una farsa sull'Iva al 4% per i lavori di recupero edilizio e di risparmio energetico, pretendendo di recuperare il mancato gettito con l'innalzamento al 10% dell'Iva sull'acquisto delle prime case di nuova costruzione. Peccato che nessuno avesse tenuto conto delle coperture a fine giro e, quindi, in poche ore tutti questi progetti siano stati bocciati dallo stesso Governo. C'è poi la revisione del catasto, che raddoppierà la base imponibile degli immobili con una vaga garanzia di invarianza di gettito (vaga, in particolare, a livello comunale).

4. Mattone ti odio / Le seconde case tracollano, le prime si restringono

Un capitolo a parte meritano le seconde case, oggetto secondo Nomisma di un vero e proprio tracollo. «Il mercato non dà ritorni – sottolinea Dondi - non ci sono prospettive di plusvalenze ma solo certezze di minusvalenze, senza contare che il carico fiscale è aumentato più che sulle abitazioni principali. Sulle prime case invece la tendenza è quella alla riduzione degli spazi, con i tagli medio-grandi (100-120 mq) che soffrono». Ma come, non si potevano acquistare più metri quadrati visto che i prezzi immobiliari sono calati più in fretta dei redditi? «Questo tipo di ragionamento è solo teorico - spiega Dondi - la realtà è che oggi chi non ha risparmio e non può contare su una rete familiare non può in sostanza acquistare, essendo tagliato fuori dal mercato del credito». E probabilmente ha altri problemi ben più concreti dell'acquisto di una casa.

Mattone ti odio / Affitti? Boom degli sfratti per morosità

Butta male anche sul fronte affitti. Il locatario è generalmente di fascia reddituale mediobassa, la più esposta alle difficoltà attuali. «Il rischio di avere un locatario che non paga è quindi sempre più drammatico – nota ancora Dondi. Lo dimostra il costante aumento di sfratti per morosità (l’85% del totale), che aumentano a un ritmo del 10-20% l'anno». Pesa anche una maggior tendenza allo spostamento all'estero dei giovani, spesso indispensabile per trovare lavoro.


6. Mattone ti odio / Ma quando finirà quest'incubo?

Un incubo, insomma. Quando finirà? «Secondo me non ci sono elementi che consentano di dare certezze, sospira Dondi. C'è qualche timido segnale che va monitorato e valutato, ma nulla di più». Alla fine dell'anno scorso si era diffuso un certo ottimismo, dovuto alle prospettive di miglioramento delle prospettive macroeconomiche, ma poi le aspettative sono rientrate con la conferma della recessione anche nel 2014. «Certo, perché è difficile pensare a un mercato immobiliare che si muove in controtendenza rispetto alle dinamiche economiche del Paese. La prospettiva è di un'ulteriore riduzione dei prezzi anche nel 2015, poi una stabilizzazione potrebbe esserci nel 2016. Ma per ora, l'investimento nel mattone viene rimandato in attesa di prospettive più chiare».
22/11/2014 10:02
 
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Investimento immobiliare: crolla il mito? (Fonte: webeconomia.it - 21/11/2014)

L’investimento immobiliare è sempre stato il preferito dagli italiani. Infatti, siamo il popolo che detiene piu case in Europa (circa 130 abitazioni ogni 100 italiani). Inoltre siamo per 85% dei casi proprietari di prima casa contro – ad esempio – il 40% per esempio dei tedeschi.

Numeri impressionanti frutto del boom economico degli anni passati. Il grafico 1 mostra la ricchezza degli italiani: si nota subito come il 60% del patrimonio sia rappresentato da immobili.

Il debito pubblico italiano, al momento pari a 2.168 miliardi di euro, è quattro volte inferiore alla ricchezza degli italiani, la quale – di fatto – rappresenta la principale garanzia contro il fallimento se le cose dovessero peggiorare. Da qui la prima questione che grava sull’immobiliare e, cioè, la questione fiscale. Quando il Governo deve fare cassa prende i soldi dove ci sono e pertanto l’immobile diventa una sorta di bancomat per lo Stato.

Sappiamo tutti che dobbiamo pagare l’IMU sulle seconde case, ma un’altra tegola incombe sugli immobili e cioè la rivalutazione dei valori catastali. La riforma del catasto ormai irreversibile porterà all’aumento delle rendite catastali con cifre impressionanti fino al 400% se non verranno inseriti correttivi.

La questione che illustro ora è sconosciuta ai più ma rappresenterà un impatto devastante sulle quotazioni del mercato immobiliare per i prossimi decenni: la questione demografica.

Il grafico 3 illustra il numero medio di figli per donna. La cifra deve preoccupare: nascono 1,2 bambini per donna. Questo sarà un grosso problema per la sostenibilità del pagamento delle pensioni, ma anche motivo di un ingorgo dovuto al rimbalzo successorio. Per spiegarmi meglio farò un esempio: immaginate che una coppia rappresentata da soggetti A e B metta al mondo un figlio denominato E e allo stesso tempo un altra coppia rappresentata dai soggetti C e D mettano al mondo un figlio denominato F.

A sua volta i figli E ed F si conoscono, mettono su famiglia e generano il figlio denominato G. Le coppie AB e CD sono vissute nell’era del Boom economico ed hanno acquistato una prima casa dove risiedono ed una casetta al mare o in montagna. Vi invito a contare assieme a me le case che alla fine arriveranno al figlio G ultimo dell’imbuto o rimbalzo successorio. A questo punto siamo a 2 case che arrivano al figlio E più due case che arrivano al figlio F. Se la matematica non è un opinione siamo a 4 case.

Queste case passeranno in eredità ai figli E ed F. Al momento però anche i figli E ed F hanno acquistato una casa di proprietà dove risiedono. Il Figlio G ad un certo punto della sua vita sarà proprietario di qualcosa come 5 case!!

Se il figlio G trova una compagna come lui avranno a disposizione ben 10 case che dovranno necessariamente vendere: sono case vecchie, con costi alti da ristrutturazione e difficili da affittare senza eseguire i lavori. Questo fenomeno moltiplicato per centinaia di migliaia di casi genererà un offerta di case impressionante e ne farà abbassare i prezzi.

Un’altra tegola è rappresentata dagli immobili delle banche bacchettate dalla nuova normativa Basilea 3. Anche in questo caso, a fronte del moltiplicarsi degli espropri si verificherà un ingorgo di case da vendere che abbasseranno i prezzi.

Interessante è il punto di vista illustrato in un recente articolo del Il Sole 24 Ore che conferma come l’immobiliare sia un falso mito di sicurezza che stà scemando, un mito che resiste solo nelle convinzioni ma non è dimostrato da dati oggettivi:”Il peso del mattone nella mente dei risparmiatori (e gli effetti che produce)“.

Moltissimi altri elementi scoraggiano poi l’acquisto della casa come investimento da destinare ad affitto. Pensate che nella sola Milano ci sono ben 80.000 alloggi sfitti e, inoltre, sempre stanno nascendo ben 4 Maxi quartieri che deprimeranno ulteriormente gli appartamenti sfitti e di una certa età.

Gli alloggi sfitti perdono di valore mediamente del 3/5% all’anno ed inoltre si stà verificando un altro fattore aggravante e cioè quello del fenomeno delle occupazioni abusive e del degrado sociale del quartiere. Tutte cose che non fanno bene al valore dell’immobile.

Anche chi riesce ad affittare è soggetto a rischi. Infatti a causa della crisi il tasso di morosità è schizzato alle stelle e molte sentenze impediscono lo sfratto con motivazioni di bisogno e morosità incolpevole. Un altro fattore importante da considerare al giorno d’oggi è che per vendere un appartamento i tempi sono molto lunghi e quindi chi ha bisogno di liquidità è costretto a rivolgersi alla banca in attesa di vendere. L’immobile è per definizione illiquido. Esistono per le città inoltre i piani di riqualificazione delle aree di fabbricati obsoleti produttivi ed artigianali (1,5 Mln di Mq a Milano) e delle aree obsolete ex uffici (1 Mln mq a Milano)

Faccio un ultimo esempio prendendo il caso di Milano. La questione degli alloggi Universitari. Milano ha ben 7 Atenei con circa 190.000 iscritti. Ebbene, con la maxi riqualificazione delle aree sopracitate verranno realizzati dei Campus per rispondere all’enorme mola di richiesta degli studenti. Quando questi campus saranno pronti gli immobili dei privati che affittavano agli studenti saranno destinati a scendere di prezzo ed in molti casi a rimanere sfitti. Ultima questione è quella delle spese di ristrutturazione per immobili che invecchiano e la questione del dissesto geologico.

Mi sembra che ciò che è capitato recentemente in Liguria ed in altre Regioni dimostri come anche questo sia un rischio da non sottovalutare. Sono sicuro che la discesa del prezzo delle abitazioni sarà intervallati da anni in cui potrebbero esserci delle parziali riprese ma per motivi demografici spiegati prima la tendenza al ribasso sarà irreversibile.

Molti sono dubbiosi se vendere o non vendere oggi il proprio appartamento concedendo uno sconto. Lascio alla decisione del singolo se valutare di vendere ora seppur con uno sconto o dover decidere di svendere tra qualche anno. Spero di aver offerto degli spunti di riflessione nuovi utili ad eventuali decisioni da prendere in ambito di compravendita immobiliare.
16/12/2014 16:17
 
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Il valore degli immobili è destinato a scendere
Il mattone "rifugio" avrà un futuro difficile (Fonte: Il Gazzettino - di Annamaria Bacchin - 16/12/2014)

Legrenzi, psicologo cognitivo: "Quest’area ha investito tanto sulla casa. Ma il cambiamento ora è strutturale"

Uno dei sondaggi più interessanti degli ultimi anni a giudizio di Paolo Legrenzi, perché «racchiude in sé un’evoluzione statistica di variazioni più che mai significative; percentuali e spostamenti che narrano in pochi grafici, insieme alle percezioni soggettive della crisi, anche quelle oggettive di un momento storico che non è stato - e non è - evidentemente transitorio come la parola crisi dovrebbe definire. Non è più una questione di congiuntura momentanea, ma di cambiamento strutturale e come tale destinato a essere duraturo. Legrenzi, professore di psicologia cognitiva all’Università Ca’ Foscari di Venezia, inizia così a percorrere l’itinerario a Nordest suggerito dai dati raccolti. Attento Lettore e interprete dei tessuto sociale, economico e finanziario contemporaneo, è autore di alcuni saggi che ben sintetizzano le percezioni del presente in rapporto alle dinamiche economiche e finanziarie. Da “L'Euro in tasca, la lira nella mente e altre storie” del 2001 a “Perché gestiamo male i nostri risparmi” del 2013 fino a “Frugalità” (edizioni il Mulino).

Smarriti nel pessimismo o constatazione di un cambiamento strutturale?
"Potremmo dire che il sondaggio è la proiezione di un fatalismo nato dalla constatazione di una situazione che rimane arenata da oltre sei anni e che pare senza via d’uscita ancora per alcuni anni. Di questo ne è convinto ora il 76% degli intervistati. E questa è una lente d’ingrandimento su un Nordest che pare incapace dì vedere la luce di una resurrezione economica e finanziaria."

Un avvilimento diffuso e giustificato?
"Devo dire, purtroppo, che lo scoraggiamento nelle percezioni testimoniate dal sondaggio sembra giustificato. Soprattutto in Italia, e in particolare a Nordest, dove il risparmio delle famiglie è rappresentato per metà dai beni immobiliari, ovvero da beni che oggi non sono certo degli ottimi investimenti. Insomma, il caro vecchio mattone non è più una pietra della felicità, ma un peso di cui oggi, tra l’altro, non ci si può disfare tanto facilmente".

Il futuro?
"Non si prospetta all’insegna di buoni auspici quello legato al risparmio immobiliare. Ed è il presente purtroppo a suggerirci questa visione pessimistica. Oggi si fanno sempre meno figli, cioè vale a dire un minor numero di potenziali acquirenti per il futuro, a fronte di un’offerta di immobili che rimarrà elevata. Risultato: il valore degli immobili è destinato a scendere. E, ripeto, per un territorio particolarmente “impegnato” nell’investimento immobiliare, questo scenario rimane a dir poco scoraggiante."

Ma cosa spinge gli Italiani e il Nordest in particolare a indirizzare i sacrifici di una vita negli investimenti immobiliari?
"Questo è ciò che accade in tutti i Paesi dove il passaggio dalla cultura contadina a quella industriale è avvenuto in modo repentino. E dove la memoria della povertà conduce alla ricerca di una sicurezza concreta per il presente e per il futuro dei figli."

Il luogo fisico che diventa simbolo di protezione e concreto investimento?
"E stato così fino al 2008. La gente comprava prime, seconde e terze case. E oggi quelle seconde e terze case, quelle che avrebbero dovuto essere la certezza per il futuro proprio e dei figli, ora sono quelle più vendute. Sarebbe meglio sarebbe dire svendute. Così i prezzi nelle località di vacanza sono destinati a scendere, frantumando insieme ai risparmi anche i sogni di una vita; quelli che fino a qualche anno fa si pensava non potessero essere mai toccati da alcuna crisi. Ma, ripeto, quella che stiamo vivendo non è una crisi passeggera, bensì un cambiamento strutturale."
12/01/2015 12:29
 
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Il mattone rende sempre meno: metà affitto finisce in tasse e spese (Fonte: ilsole24ore.com - di Cristiano Dell'Oste - 12/01/2015)

Tutti sanno che le imposte sulla casa sono aumentate e gli affitti sono diminuiti. Ma non tutti sanno dove sia meglio (o peggio) possedere un’abitazione da dare in locazione: a Lecco, ad esempio, chi sceglie la cedolare secca – su un contratto a canone libero – vede svanire tra tasse e spese di manutenzione il 47% del canone incassato, e la percentuale arriva al 66% se il proprietario applica la tassazione ordinaria con un’aliquota Irpef medio-alta. Un record, tra i capoluoghi di provincia. Anche se si tratta di un primato tutto sommato relativo, perché altre città come Padova, Viterbo, Torino, Pordenone e Verona seguono a brevissima distanza.

All’estremo opposto, a Messina, le percentuali si abbassano al 37% (cedolare) e al 55% (tassazione ordinaria). Qui, così come a Pistoia, Lucca, Rimini, Sassari e Palermo la somma di Imu, Tasi, imposte sui redditi e spese di gestione si rivela un po’ più leggera in termini relativi. L’elaborazione del Sole 24 Ore del Lunedì considera i canoni medi cittadini rilevati da Nomisma, e li rapporta alla casa-tipo così come risulta in catasto, sia a livello di rendita, sia a livello di superficie. In genere si tratta di appartamenti medio-grandi, nell’ordine dei 100-110 metri quadrati, ma il ragionamento resta valido anche se riferito ad alloggi più piccoli. Una volta individuato l’immobile si conteggiano le aliquote per il 2014 dell’Imu e della Tasi (applicata sulle case locate in un capoluogo su due), le imposte sui redditi (cedolare al 21% o Irpef ipotizzata al 38%, più addizionali e registro) e le spese a carico del proprietario (stimate al 10% del canone) così da arrivare al guadagno netto.
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Le variabili del rendimento

Il risultato di questa elaborazione offre una prima indicazione importante. Ma non dice ancora tutto. Prendiamo il caso di Milano: qui, a fronte di un canone-tipo di circa 13mila euro, al proprietario restano 8mila euro (cedolare) o 5.500 euro (tassazione ordinaria). L’incidenza della tassazione è leggermente sotto la media, ma per capire quanto è effettivamente redditizio l’investimento bisogna confrontare il guadagno con il valore medio di mercato della casa: si scopre così che il ritorno annuo sul capitale investito per l’acquisto dell’alloggio va dal 2,71% (con la cedolare) all’1,87% annuo (con la tassazione ordinaria).

«Parliamo di un rendimento tutto sommato lusinghiero, e lo stesso discorso vale anche per il mercato di Roma, anche se si tratta di un dato che va interpretato con attenzione», commenta Luca Dondi, direttore generale di Nomisma. Innanzitutto, bisogna capire “come si arriva” a queste percentuali. «Le variabili che influenzano il risultato sono tre – prosegue Dondi -. La prima è la redditività lorda della locazione, poi pesa il valore catastale di partenza e, per ultima, l’aliquota Imu definita a livello locale. Va detto, però, che le aliquote non compensano le sperequazioni della base imponibile». In altri termini, per i proprietari è molto più conveniente avere valori catastali bassi anziché aliquote contenute.

Morosità e prezzi in calo

C’è poi un altro aspetto da maneggiare con cautela. Infatti, anche se negli ultimi anni le imposte sono aumentate e i canoni diminuiti, a mantenere su livelli interessanti la redditività netta è stato il calo delle quotazioni. Una bella vittoria di Pirro per la proprietà, perché la diminuzione dei prezzi penalizza chi possiede già un immobile e mette di fronte a un dilemma i potenziali investitori, favorendo sì l’acquisto nell’immediato, ma ipotecandolo in prospettiva.
Oltretutto, non si possono escludere neppure altri aumenti delle imposte: è vero che la legge di Stabilità per il 2015 conferma il tetto massimo delle aliquote Imu e Tasi, ma secondo i dati del Caf Acli in otto capoluoghi su dieci nel 2014 il tetto non era ancora stato raggiunto per le case locate, quindi ci sono i margini per farlo quest’anno.

Ad ogni modo, la vera “avvertenza di lettura” per i rendimenti è quella di considerare il rischio di morosità dell’inquilino e l’impatto delle spese di manutenzione. «L’aumento della morosità è un fenomeno ormai accertato, e non può più essere trascurato quando si tratta di valutare l’investimento», rileva Corrado Sforza Fogliani, presidente di Confedilizia. Per misurare il rischio dei mancati incassi basta considerare che in un caso come quello di Milano bastano quattro mesi di morosità su 12 per dimezzare nell’immediato il rendimento netto per il proprietario (nel caso della cedolare) o addirittura per ridurlo dell’80% (nel caso della tassazione ordinaria).

«Quanto alle spese per lavori straordinari – prosegue Sforza Fogliani – il patrimonio edilizio italiano invecchia rapidamente, in larga parte è stato costruito negli anni 60 e 70 e oggi richiede interventi costosi. Il catasto, fin dall’Ottocento, ha sempre considerato al 30% della rendita l’incidenza delle spese e degli imprevisti, ed è importante che se ne tenga conto anche nella riforma del catasto ora in fase di avvio, visto che oggi i proprietari non hanno la possibilità di dedurle analiticamente». Più in generale, però, secondo Sforza Fogliani «ogni discorso sull’immobiliare non può prescindere dal fatto che la pressione fiscale ha raggiunto punte pari al 70-75% del rendimento lordo, unito con il fatto che oggi di vero mercato non ce n’è».
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