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Islanda, quando il popolo sconfigge l'economia globale

Ultimo Aggiornamento: 13/06/2015 21:34
24/08/2011 15:10
 
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L'hanno definita una 'rivoluzione silenziosa' quella che ha portato l'Islanda alla riappropriazione dei propri diritti...
Islanda, quando il popolo sconfigge l'economia globale (Fonte: ilcambiamento.it - di Andrea Degl'Innocenti - 13/07/2011)

L'hanno definita una 'rivoluzione silenziosa' quella che ha portato l'Islanda alla riappropriazione dei propri diritti. Sconfitti gli interessi economici di Inghilterra ed Olanda e le pressioni dell'intero sistema finanziario internazionale, gli islandesi hanno nazionalizzato le banche e avviato un processo di democrazia diretta e partecipata che ha portato a stilare una nuova Costituzione.

Oggi vogliamo raccontarvi una storia, il perché lo si capirà dopo. Di quelle storie che nessuno racconta a gran voce, che vengono piuttosto sussurrate di bocca in orecchio, al massimo narrate davanti ad una tavola imbandita o inviate per e-mail ai propri amici. È la storia di una delle nazioni più ricche al mondo, che ha affrontato la crisi peggiore mai piombata addosso ad un paese industrializzato e ne è uscita nel migliore dei modi.

L'Islanda. Già, proprio quel paese che in pochi sanno dove stia esattamente, noto alla cronaca per vulcani dai nomi impronunciabili che con i loro sbuffi bianchi sono in grado di congelare il traffico aereo di un intero emisfero, ha dato il via ad un'eruzione ben più significativa, seppur molto meno conosciuta. Un'esplosione democratica che terrorizza i poteri economici e le banche di tutto il mondo, che porta con se messaggi rivoluzionari: di democrazia diretta, autodeterminazione finanziaria, annullamento del sistema del debito.

Ma procediamo con ordine. L'Islanda è un'isola di sole di 320mila anime – il paese europeo meno popolato se si escludono i micro-stati – privo di esercito. Una città come Bari spalmata su un territorio vasto 100mila chilometri quadrati, un terzo dell'intera Italia, situato un poco a sud dell'immensa Groenlandia.

15 anni di crescita economica avevano fatto dell'Islanda uno dei paesi più ricchi del mondo. Ma su quali basi poggiava questa ricchezza? Il modello di 'neoliberismo puro' applicato nel paese che ne aveva consentito il rapido sviluppo avrebbe ben presto presentato il conto. Nel 2003 tutte le banche del paese erano state privatizzate completamente. Da allora esse avevano fatto di tutto per attirare gli investimenti stranieri, adottando la tecnica dei conti online, che riducevano al minimo i costi di gestione e permettevano di applicare tassi di interesse piuttosto alti. IceSave, si chiamava il conto, una sorta del nostrano Conto Arancio. Moltissimi stranieri, soprattutto inglesi e olandesi vi avevano depositato i propri risparmi.

Così, se da un lato crescevano gli investimenti, dall'altro aumentava il debito estero delle stesse banche. Nel 2003 era pari al 200 per cento del prodotto interno lordo islandese, quattro anni dopo, nel 2007, era arrivato al 900 per cento. A dare il colpo definitivo ci pensò la crisi dei mercati finanziari del 2008. Le tre principali banche del paese, la Landsbanki, la Kaupthing e la Glitnir, caddero in fallimento e vennero nazionalizzate; il crollo della corona sull'euro – che perse in breve l'85 per cento – non fece altro che decuplicare l'entità del loro debito insoluto. Alla fine dell'anno il paese venne dichiarato in bancarotta.

Il Primo Ministro conservatore Geir Haarde, alla guida della coalizione Social-Democratica che governava il paese, chiese l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale, che accordò all'Islanda un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, cui si aggiunsero altri 2 miliardi e mezzo da parte di alcuni Paesi nordici. Intanto, le proteste ed il malcontento della popolazione aumentavano.

A gennaio, un presidio prolungato davanti al parlamento portò alle dimissioni del governo. Nel frattempo i potentati finanziari internazionali spingevano perché fossero adottate misure drastiche. Il Fondo Monetario Internazionale e l'Unione Europea proponevano allo stato islandese di di farsi carico del debito insoluto delle banche, socializzandolo. Vale a dire spalmandolo sulla popolazione. Era l'unico modo, a detta loro, per riuscire a rimborsare il debito ai creditori, in particolar modo a Olanda ed Inghilterra, che già si erano fatti carico di rimborsare i propri cittadini.

Il nuovo governo, eletto con elezioni anticipate ad aprile 2009, era una coalizione di sinistra che, pur condannando il modello neoliberista fin lì prevalente, cedette da subito alle richieste della comunità economica internazionale: con una apposita manovra di salvataggio venne proposta la restituzione dei debiti attraverso il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro complessivi, suddivisi fra tutte le famiglie islandesi lungo un periodo di 15 anni e con un interesse del 5,5 per cento.

Si trattava di circa 100 euro al mese a persona, che ogni cittadino della nazione avrebbe dovuto pagare per 15 anni; un totale di 18mila euro a testa per risarcire un debito contratto da un privato nei confronti di altri privati. Einars Már Gudmundsson, un romanziere islandese, ha recentemente affermato che quando avvenne il crack, “gli utili [delle banche, ndr] sono stati privatizzati ma le perdite sono state nazionalizzate”. Per i cittadini d'Islanda era decisamente troppo.

Fu qui che qualcosa si ruppe. E qualcos'altro invece si riaggiustò. Si ruppe l'idea che il debito fosse un'entità sovrana, in nome della quale era sacrificabile un'intera nazione. Che i cittadini dovessero pagare per gli errori commessi da un manipoli di banchieri e finanzieri. Si riaggiustò d'un tratto il rapporto con le istituzioni, che di fronte alla protesta generalizzata decisero finalmente di stare dalla parte di coloro che erano tenuti a rappresentare.

Accadde che il capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiutò di ratificare la legge che faceva ricadere tutto il peso della crisi sulle spalle dei cittadini e indisse, su richiesta di questi ultimi, un referendum, di modo che questi si potessero esprimere.

La comunità internazionale aumentò allora la propria pressione sullo stato islandese. Olanda ed Inghilterra minacciarono pesanti ritorsioni, arrivando a paventare l'isolamento dell'Islanda. I grandi banchieri di queste due nazioni usarono il loro potere ricattare il popolo che si apprestava a votare. Nel caso in cui il referendum fosse passato, si diceva, verrà impedito ogni aiuto da parte del Fmi, bloccato il prestito precedentemente concesso. Il governo inglese arrivò a dichiarare che avrebbe adottato contro l'Islanda le classiche misure antiterrorismo: il congelamento dei risparmi e dei conti in banca degli islandesi. “Ci è stato detto che se rifiutiamo le condizioni, saremo la Cuba del nord – ha continuato Grímsson nell'intervista - ma se accettiamo, saremo l’Haiti del nord”.

A marzo 2010, il referendum venne stravinto, con il 93 per cento delle preferenze, da chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato dai cittadini. Le ritorsioni non si fecero attendere: il Fmi congelò immediatamente il prestito concesso. Ma la rivoluzione non si fermò. Nel frattempo, infatti, il governo – incalzato dalla folla inferocita – si era mosso per indagare le responsabilità civili e penali del crollo finanziario. L'Interpool emise un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson. Gli altri banchieri implicati nella vicenda abbandonarono in fretta l'Islanda.

In questo clima concitato si decise di creare ex novo una costituzione islandese, che sottraesse il paese allo strapotere dei banchieri internazionali e del denaro virtuale. Quella vecchia risaliva a quando il paese aveva ottenuto l'indipendenza dalla Danimarca, ed era praticamente identica a quella danese eccezion fatta per degli aggiustamenti marginali (come inserire la parola 'presidente' al posto di 're').

Per la nuova carta si scelse un metodo innovativo. Venne eletta un'assemblea costituente composta da 25 cittadini. Questi furono scelti, tramite regolari elezioni, da una base di 522 che avevano presentato la candidatura. Per candidarsi era necessario essere maggiorenni, avere l'appoggio di almeno 30 persone ed essere liberi dalla tessera di un qualsiasi partito.

Ma la vera novità è stato il modo in cui è stata redatta la magna charta. "Io credo - ha detto Thorvaldur Gylfason, un membro del Consiglio costituente - che questa sia la prima volta in cui una costituzione viene abbozzata principalmente in Internet".

Chiunque poteva seguire i progressi della costituzione davanti ai propri occhi. Le riunioni del Consiglio erano trasmesse in streaming online e chiunque poteva commentare le bozze e lanciare da casa le proprie proposte. Veniva così ribaltato il concetto per cui le basi di una nazione vanno poste in stanze buie e segrete, per mano di pochi saggi. La costituzione scaturita da questo processo partecipato di democrazia diretta verrà sottoposta al vaglio del parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni.

Ed eccoci così arrivati ad oggi. Con l'Islanda che si sta riprendendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce o Fmi, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione.

Lo sappiano i cittadini greci, cui è stato detto che la svendita del settore pubblico era l'unica soluzione. E lo tengano a mente anche quelli portoghesi, spagnoli ed italiani.
In Islanda è stato riaffermato un principio fondamentale: è la volontà del popolo sovrano a determinare le sorti di una nazione, e questa deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale. Per questo nessuno racconta a gran voce la storia islandese. Cosa accadrebbe se lo scoprissero tutti?

Vedi anche:
Lezioni Ecuadoriane: se il debito è illegittimo non si paga
La risposta islandese al debito: paghino coloro che hanno provocato il problema
Uscire dall'Euro si deve, oggi!
Mutui, il miracolo islandese
[Modificato da marco--- 01/10/2012 16:02]
24/08/2011 15:19
 
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Dall'Islanda all'Italia, la strada dei diritti per uscire dalla crisi (Fonte: ilcambiamento.it - di Andrea Degl'Innocenti - 19/07/2011)

Cosa può insegnarci la vicenda islandese? Quali le differenze e quali i punti in comune con ciò che potrebbe accadere in Italia? Il percorso di democrazia partecipata e di riappropriazione dei diritti iniziato in Islanda è realmente trasferibile altrove? Cerchiamo di rispondere a queste ed altre domande, per chiarire i dubbi e le perplessità dei lettori sulla 'rivoluzione silenziosa'.

Giorni fa vi abbiamo raccontato in un articolo di come il popolo d'Islanda abbia intrapreso un percorso democratico di riappropriazione dei propri diritti, a scapito della finanza globale. Torniamo a scrivere dell'argomento - visto il grande interesse suscitato - per chiarire alcune delle questioni più controverse della vicenda islandese, così come sono emerse dai commenti dei lettori. Procederemo con ordine analizzando punto per punto ogni aspetto, riproponendo le domande e le curiosità così come ci sono state poste e cercando di fornire una lettura il più possibile realistica di quanto accaduto in Islanda e delle eventuali connessioni con la situazione dell'Italia e del resto d'Europa.

Chi pagherà il debito? Una delle domande più ricorrenti è proprio questa. Già, chi paga? Come spesso accade, le domande più semplici sono anche le più complesse a cui rispondere. Per adesso la risposta è: nessuno. Lo stato islandese si è trovato nella morsa di due diverse forze, l'una che spingeva dall'alto, l'altra dal basso. Esso doveva rispondere da un lato ai propri cittadini, che si rifiutavano di pagare un debito contratto da enti privati (le banche) nei confronti di altri privati (i cittadini inglesi ed olandesi); dall'altro ad accordi internazionali e potentati finanziari che imponevano il pagamento del debito contratto, con qualsiasi mezzo e a costo di ridurre alla fame la popolazione islandese. Alla fine è stato deciso di dare la parola ai cittadini, affermando un principio sancito da molte costituzioni ma la cui applicazione appare quasi un atto rivoluzionario: che la volontà del popolo sovrano è superiore a qualsiasi altro accordo internazionale.

Ci rimetteranno i cittadini inglesi ed olandesi? Sì, in un certo senso. Se il debito non verrà pagato a rimetterci saranno, in parte, anche i contribuenti d'Olanda e Gran Bretagna. I due stati creditori hanno già provveduto a rimborsare i propri cittadini titolari del conto IceSave, che sta alla base della controversia, dunque si sono fatti carico di tale debito. Significa che quei quattro miliardi circa di credito che i due paesi avevano verso l'Islanda non ci sono più, dunque non verranno più considerati nel bilancio statale. Ci saranno delle ripercussioni sui cittadini? Possibile, ma saranno comunque impercettibili. Il peso specifico che questa cifra assume sull'economia britannica o olandese non è paragonabile a quello che avrebbe assunto sull'Islanda. Ciò che conta, però, è che per una volta – forse la prima – si è smentito l'assioma del debito, uno dei mali peggiori che attanaglia le società contemporanee.

Certo, la questione non è affatto semplice, come vedremo più avanti. Inoltre va ricordato che la faccenda del debito islandese non è ancora del tutto chiusa. Nonostante i cittadini islandesi si siano pronunciati per ben due volte sulla questione, è ancora aperta la controversia a livello internazionale, con Inghilterra ed Olanda che si sono tutt'altro che rassegnate a veder sfumare i propri investimenti.

Gli islandesi si erano arricchiti con i soldi delle banche? “Finché le cose andavano bene erano tutti contenti, poi quando si sono messe male nessuno vuole pagare”, è un altro dei commenti ricorrenti. Certo, lo sviluppo sfrenato porta ricchezza e benessere, si sa. Ma è bene notare che: 1. chi si arricchisce veramente è un numero molto limitato di persone e nel caso Islandese le ricchezze accumulate dai banchieri non sono paragonabili con quelle 'di riflesso' degli altri cittadini; 2. chi è responsabile dello sviluppo sfrenato è anche consapevole delle fragili basi su cui esso posa, mentre i cittadini sono spesso indotti a credere che tale sviluppo sia solido e potenzialmente infinito; 3. la critica che rivolgiamo agli islandesi potremmo rivolgerla a noi stessi, visto che anche noi abbiamo goduto di un modello sociale non deciso da noi, ed ora ci prepariamo a pagare il conto (ed immagino non ci verrà fatta una colpa se cercheremo di pagarlo il meno salato possibile).

Il punto qui è un altro. Stiamo uscendo – noi, gran parte del mondo – in modo piuttosto brusco e doloroso da un periodo di crescita sfrenata e di benessere diffuso. Andiamo certamente verso una fase di maggiori ristrettezze, inutile negarlo. La via d'uscita indicata come inevitabile dai potentati finanziari internazionali passa per privatizzazioni, perdita di diritti, rinuncia alla sovranità popolare. L'Islanda indica un'altra via percorribile.

In Italia potrebbe accadere quanto accaduto in Islanda? No, ma ciò non vuol dire che i cittadini italiani – ed europei – non possano imparare niente dalla faccenda islandese, anzi. La dinamica degli eventi è sicuramente dipesa da alcune caratteristiche peculiari del paese nordico. Pochi abitanti (circa 320mila) sparsi su un territorio vasto e ricco di risorse, un'economia con un peso specifico relativamente basso all'interno delle dinamiche europee e mondiali, una situazione - anche geografica – di relativi isolamento e indipendenza e – soprattutto – un debito che ammontava a neppure quattro miliardi di euro. L'Italia ha un debito pubblico di quasi 2mila miliardi, per l'esattezza 1897,472 miliardi (dato relativo al mese di maggio 2011). Se i cittadini italiani decidessero di non pagare quel debito farebbero crollare all'istante l'intera economia europea, e buona parte di quella mondiale.

La questione del debito è cosa decisamente complessa. Per ogni stato col cappio al collo, strozzato dal debito, c'è un paese creditore che senza quel credito si troverebbe nella medesima situazione. È un equilibrio delicato, un castello di carte nel quale basta il crollo di un elemento per scatenare un terrificante effetto a catena. Dunque gli stati si tengono in vita l'un l'altro, alimentando all'infinito i rispettivi debiti, in un meccanismo perverso e senza alcuna prospettiva di uscita.

Cosa può insegnarci la faccenda islandese? In realtà molte cose, alcune delle quali le abbiamo già dette ma le ripetiamo. In primis che la via d'uscita dalla crisi che viene imposta dall'alto non è inevitabile. Da sempre le crisi economiche, necessarie al sistema di sviluppo capitalista – e ancor più a quello consumista – per potersi autoalimentare, hanno avuto come conseguenza una maggiore concentrazione delle ricchezze e del potere nelle mani di pochi, e la perdita dei diritti e dei beni da parte delle popolazioni. Oggi, forse per la prima volta nella storia, i cittadini hanno modo di essere informati e consapevoli di quello che gli sta accadendo attorno. Possono consapevolmente non accettare quello che gli viene imposto dall'alto, decidere di ribellarsi e di non lasciarsi portar via ciò che appartiene loro. La crisi si può trasformare in un enorme incubatore di democrazia.

Siamo ad un bivio, all'inizio di un percorso. L'Islanda ci insegna che il popolo sovrano è in grado di decidere quale strada imboccare. La strada europea, quella degli aiuti da parte di Bce e Fmi e della svendita a privati dell'intero settore pubblico, della rinuncia ai beni comuni e ai diritti; oppure la strada islandese, della riappropriazione dei diritti e del potere decisionale, della democrazia diretta e partecipata che detta l'agenda a quella rappresentativa.

Certo le differenze con lo stato nordico restano molte, ma nella vicenda islandese non dobbiamo pretendere di trovare una soluzione, piuttosto l'indicazione di un percorso. È vero, forse non potremo decidere di annullare il nostro debito estero. Ma potremo usarlo a nostro vantaggio. Questo potrebbe infatti rivelarsi una pericolosa arma a doppio taglio per chi lo usa come strumento neocoloniale per appropriarsi di 'pezzi' di sovranità altrui e rubare i diritti dei popoli. Il debito italiano è una pistola alla tempia dell'Unione europea.

Certo, sarà difficile iniziare un percorso di democrazia partecipata come quello islandese: loro sono 320mila, noi 60 milioni. Ma ci sono segnali confortanti - primo fra tutti quello degli ultimi referendum - che dicono che sulle questioni importanti non è poi così difficile fare fronte comune. L'Islanda ha aperto uno spiraglio, sta a noi creare un varco, e quindi un sentiero realmente percorribile.
[Modificato da marco--- 24/08/2011 15:24]
24/08/2011 17:11
 
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ll colossale inganno del debito pubblico (Fonte: cogitoergo.it - 26/08/2011)

Se volessero davvero risanare il “debito pubblico” la strada da seguire esiste già e l’hanno messa in pratica paesi come l’Argentina 10 anni fa, l’Equador, qualche anno fa e l’Islanda un anno fa (clicca qui).

In realtà hanno ben altro in mente, ossia, continuare in questo sistema in cui una ristretta cerchia di persone “pontifica” che il resto dell’umanità deve fare sacrifici, deve lavorare duramente, deve obbedire alle leggi sempre più oppressive, etc, etc.

L’unica ricetta efficace per risolvere una volta per tutte il “problema” del debito pubblico è svegliarci dall’incubo in cui crediamo di vivere e:

1 – Nazionalizzazione del 94,3% del capitale della Banca d’Italia, senza redenzione delle quote (il 5,7% è già statale.

2 – Emissione straordinaria di Nuove Lire, in sostituzione degli Euro in ragione di 2 a 1 (2 Nuove Lire per 1 Euro).

3 – Lancio di un programma di lavori pubblici locali, definiti dai cittadini attraverso consultazioni dirette, finanziati direttamente dallo stato in Nuove Lire, senza nessun tipo di indebitamento.

4 – Azzeramento del debito con default dei titoli detenuti da investitori esteri e conversione di titoli in euro detenuti da cittadini italiani con titoli denominati in Nuove Lire di valore nominale doppio.

5 – Default dei titoli di stato detenuto dalle banche nazionali. Nazionalizzazione senza redenzione delle quote per quelle banche che dichiarassero fallimento a seguito del default dei titoli di stato posseduti.

Non esiste altra soluzione, i nostri dipendenti al governo lo sanno benissimo e faranno di tutto per NON fare queste riforme e solo e soltanto se saranno costretti le faranno, controvoglia…

La Banca d’Italia NON è di noi italiani perché le sue azioni sono possedute da un cartello di banche private, assicurazioni e finanziarie. Solo il 5% appartiene all’INPS è lo 0,7% all’INAIL

Ma la cosa che sorprende di più è che se andiamo ad analizzare chi sono realmente i soci azionisti delle prime banche italiane, scopriamo che non sono nemmeno italiani, ma sono altre aziende, finanziarie, assicurazioni, etc, etc, di tutto il mondo. Ergo, la Banca d’Italia, non è degli italiani, ma NON è nemmeno di proprietà di banche italiane. I reali proprietari di Banca d’Italia SpA, sono entità impossibili da individuare con sicurezza, ma sono gli stessi che con il medesimo sistema, possiedono le altre banche nazionali…

Sono i veri depositari della nostra Sovranità (clicca qui), sono coloro che decidono quanto vale o non vale il tuo lavoro, il mio e quello di altri 7 miliardi di persone. Se finora avevi pensato di essere libero, rifletti sul fatto che il “valore” del tuo lavoro non lo decidi tu, non lo decide la comunità in cui vivi, non lo decide il governo italiano, i sindacati o l’Europa. No, lo decidono “loro”, che si sono arrogati il diritto di battere moneta in esclusiva e noi glielo permettiamo ogni volta che scambiamo un foglietto colorato con su scritto “BCE ECB EZB EKT EKP”.

Pubblicità ingannevole

Sai cosa significa realmente il concetto di “pubblicità ingannevole?” Secondo me pensi di saperlo, ma non è così, purtroppo…

“Pubblicità ingannevole” significa inculcare in modo profondissimo credenze false al solo scopo di indurci a fare azioni che non faremmo mai, se fossimo correttamente informati. In questo modo, nel tempo, si instaurano delle “reazioni automatiche” alle quali non facciamo più caso, anzi le consideriamo del tutto “normali”.

Vuoi un esempio? Bene, lo hai voluto tu, ricordalo…

Leggi cosa c’è scritto su ognuno dei foglietti colorati che hai in nel portafoglio, vicino alla bandierina europea: “BCE ECB EZB EKT EKP” e NON c’è scritto “Comunità Europea”, o cose simili. No, c’è l’acronimo di una azienda privata, di proprietà di privati, attraverso le banche centrali nazionali che sono possedute da banche private, che fanno ESCLUSIVAMENTE gli interessi dei propri azionisti.

E noi, che siamo convinti che quei foglietti siano “denaro”, siano “ricchezza”, facciamo pubblicità inconsapevole ad una azienda che ha come UNICO SCOPO la massimizzazione dei propri profitti a nostro danno… Hai capito adesso perché dobbiamo lavorare sempre di più per guadagnare sempre di meno? Perché stiamo regalando la NOSTRA VERA RICCHEZZA ad un ristretto gruppo di banchieri!

Torniamo Sovrani nell’emissione del mezzo di scambio economico!

Riprendiamoci la nostra vera Ricchezza e saremo di nuovo Sovrani!
[Modificato da marco--- 26/08/2011 13:34]
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Re:
marco---, 26/08/2011 13.32:

ll colossale inganno del debito pubblico (Fonte: cogitoergo.it - 26/08/2011)

Se volessero davvero risanare il “debito pubblico” la strada da seguire esiste già e l’hanno messa in pratica paesi come l’Argentina 10 anni fa, l’Equador, qualche anno fa e l’Islanda un anno fa (clicca qui).

...

Leggi cosa c’è scritto su ognuno dei foglietti colorati che hai in nel portafoglio, vicino alla bandierina europea: “BCE ECB EZB EKT EKP” e NON c’è scritto “Comunità Europea”, o cose simili. No, c’è l’acronimo di una azienda privata, di proprietà di privati, attraverso le banche centrali nazionali che sono possedute da banche private, che fanno ESCLUSIVAMENTE gli interessi dei propri azionisti.

E noi, che siamo convinti che quei foglietti siano “denaro”, siano “ricchezza”, facciamo pubblicità inconsapevole ad una azienda che ha come UNICO SCOPO la massimizzazione dei propri profitti a nostro danno… Hai capito adesso perché dobbiamo lavorare sempre di più per guadagnare sempre di meno? Perché stiamo regalando la NOSTRA VERA RICCHEZZA ad un ristretto gruppo di banchieri!

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Un distinguo tra quei tre paesi e quelli che oggi soffrono in Europa? L'europa stessa...L'islanda si è salvata anche grazie al fatto che non deve sottostare al signoraggio dell'euro...(come sopra specificato)...

La soluzione è l'ELA ? Stampiamo quintali di Euro? Dai, dai, svalutiamo sta moneta dal valore 'intrinseco' ... [SM=p7579] Che di altre strade non ce n'è, rimangono solo i fuoripista su neve fresca, ma per quelli ci vuole coraggio... [SM=g2594222]
[Modificato da FraMI 30/08/2011 12:30]
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Qualcuno inizia a capire qualcosa...
'Cancellate il debito!': occupata la Borsa di Milano. Domani sciopero generale (Fonte: radiocittaperta.it - 05/09/2011)

Nonostante il duro intervento delle cosiddette forze dell’ordine avvenuto intorno alle 15, prosegue a Palazzo Mezzanotte l’occupazione di alcuni locali della Borsa di Milano.Poco prima di mezzogiorno una decina di attivisti sindacali dell’Usb, di militanti dei centri sociali milanesi e di alcuni collettivi di precari hanno fatto irruzione all’interno di ‘Piazza Affari’, che nel frattempo segnava un meno 3 per cento (mentre scriviamo il tonfo è ancora più catastrofico con un meno 5 per cento…) nell’ennesima giornata nera per i mercati non ancora contenti per i sacrifici e i tagli imposti a lavoratori e giovani dal Governo Berlusconi. E’ proprio per mettere in rilievo il ruolo giocato dalla speculazione finanziaria, dalle banche e dalle istituzioni economiche sovranazionali che è scattata l’eclatante protesta. Mentre gli attivisti si barricavano all’interno di alcuni uffici della Borsa alle finestre sono state appesi bandiere e striscioni che recitano “Noi la crisi non la paghiamo” e “Que se vayan todos, cacciamoli”. Sul monumento che campeggia nella piazza proprio di fronte alla sede del mercato azionario, una mano che mostra l’indice in un gesto inequivocabile, è stato appeso un cartello che dice “From people to austerity”. Subito dopo l’irruzione, alcune decine di attivisti hanno cominciato a distribuire volantini davanti all’ingresso di Piazza Affari, esponendo altri striscioni con su scritto: “Cancellate il debito” e “Rubano ai poveri per dare ai soliti” e ancora ‘Generation debt? Ribelli al debito di cricca e banchieri”. Mentre una delegazione della digos di Milano tentava di sloggiare gli occupanti anche minacciandoli di denuncia, nella piazza gli attivisti montavano tende e gazebo, con l’intenzione di rimanerci a lungo.L'obiettivo, hanno spiegato sindacalisti e attivisti dei centri sociali, è di realizzare un accampamento in piazza e di dar vita ad una serie di iniziative che durino per tutta la notte di oggi – interventi, spettacoli, musica – fino al corteo indetto dai sindacati di base per domattina alle 9 e 30 da Largo Cairoli. Ai microfoni di Radio Città Aperta, Sandro Sartorio della Usb ha confermato che l'occupazione della piazza e della Borsa intende amplificare e sostenere i contenuti dello sciopero generale di domani. “Vogliamo la cancellazione del debito che affligge il nostro paese e l ’Europa intera – spiega Riccardo Germani, della segreteria provinciale dell’USB di Milano - Basta con le politiche del pareggio di bilancio, che impongono ai ceti subalterni enormi e oramai improponibili sacrifici. I nostri conti sono già in rosso grazie a chi attraverso la crisi ha speculato. Non intendiamo pagare nessuna manovra - prosegue il sindacalista - e non vogliamo manovre correttive né tantomeno contromanovre targate da sigle sindacali o partiti di maggioranza o opposizione”. “Per questo – ha aggiunto Germani - "abbiamo bloccato per due ore gli uffici della Borsa. I lavoratori sono stati solidali con noi perché costretti anche loro a contratti precari".Il braccio di ferro con le forze dell’ordine, mentre in piazza sono continuati ad affluire attivisti e lavoratori, è durato finché all’improvviso una nutrita pattuglia di agenti di Polizia sono intervenuti duramente contro il presidio, cercando di sgomberarlo violentemente. I poliziotti hanno tentato di strappare letteralmente due tende, occupate da alcuni manifestanti. Ma i manifestanti hanno resistito e nonostante siano stati pesantemente strattonati hanno resistito convincendo gli agenti a desistere. Al termine dell’intervento si contavano due manifestanti leggermente feriti: un attivista dell’USB e un altro del centro sociale Il Cantiere.Nonostante il tentativo di porre fine all’iniziativa in questo momento è ripreso l’allestimento dell’amplificazione e dell’improvvisato palco che dal tardo pomeriggio vedrà alternarsi artisti, attivisti sindacali e sociali, lavoratori di diversi settori ed esponenti politici mentre gli attivisti che stamattina avevano occupato alcuni locali della Borsa sono usciti e sono stati identificati. Nel frattempo un cordone di poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa si è schierato davanti all’ingresso di Piazza Affari.
13/09/2011 17:08
 
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Re: Qualcuno inizia a capire qualcosa...
marco---, 06/09/2011 11.16:

'Cancellate il debito!': occupata la Borsa di Milano. Domani sciopero generale (Fonte: radiocittaperta.it - 05/09/2011)

Nonostante il duro intervento delle cosiddette forze dell’ordine avvenuto intorno alle 15, prosegue a Palazzo Mezzanotte l’occupazione di alcuni locali della Borsa di Milano.Poco prima di mezzogiorno una decina di attivisti sindacali dell’Usb, di militanti dei centri sociali milanesi e di alcuni collettivi di precari hanno fatto irruzione all’interno di ‘Piazza Affari’, che nel frattempo segnava un meno 3 per cento (mentre scriviamo il tonfo è ancora più catastrofico con un meno 5 per cento…) nell’ennesima giornata nera per i mercati non ancora contenti per i sacrifici e i tagli imposti a lavoratori e giovani dal Governo Berlusconi. E’ proprio per mettere in rilievo il ruolo giocato dalla speculazione finanziaria, dalle banche e dalle istituzioni economiche sovranazionali che è scattata l’eclatante protesta. Mentre gli attivisti si barricavano all’interno di alcuni uffici della Borsa alle finestre sono state appesi bandiere e striscioni che recitano “Noi la crisi non la paghiamo” e “Que se vayan todos, cacciamoli”. Sul monumento che campeggia nella piazza proprio di fronte alla sede del mercato azionario, una mano che mostra l’indice in un gesto inequivocabile, è stato appeso un cartello che dice “From people to austerity”. Subito dopo l’irruzione, alcune decine di attivisti hanno cominciato a distribuire volantini davanti all’ingresso di Piazza Affari, esponendo altri striscioni con su scritto: “Cancellate il debito” e “Rubano ai poveri per dare ai soliti” e ancora ‘Generation debt? Ribelli al debito di cricca e banchieri”. Mentre una delegazione della digos di Milano tentava di sloggiare gli occupanti anche minacciandoli di denuncia, nella piazza gli attivisti montavano tende e gazebo, con l’intenzione di rimanerci a lungo.L'obiettivo, hanno spiegato sindacalisti e attivisti dei centri sociali, è di realizzare un accampamento in piazza e di dar vita ad una serie di iniziative che durino per tutta la notte di oggi – interventi, spettacoli, musica – fino al corteo indetto dai sindacati di base per domattina alle 9 e 30 da Largo Cairoli. Ai microfoni di Radio Città Aperta, Sandro Sartorio della Usb ha confermato che l'occupazione della piazza e della Borsa intende amplificare e sostenere i contenuti dello sciopero generale di domani. “Vogliamo la cancellazione del debito che affligge il nostro paese e l ’Europa intera – spiega Riccardo Germani, della segreteria provinciale dell’USB di Milano - Basta con le politiche del pareggio di bilancio, che impongono ai ceti subalterni enormi e oramai improponibili sacrifici. I nostri conti sono già in rosso grazie a chi attraverso la crisi ha speculato. Non intendiamo pagare nessuna manovra - prosegue il sindacalista - e non vogliamo manovre correttive né tantomeno contromanovre targate da sigle sindacali o partiti di maggioranza o opposizione”. “Per questo – ha aggiunto Germani - "abbiamo bloccato per due ore gli uffici della Borsa. I lavoratori sono stati solidali con noi perché costretti anche loro a contratti precari".Il braccio di ferro con le forze dell’ordine, mentre in piazza sono continuati ad affluire attivisti e lavoratori, è durato finché all’improvviso una nutrita pattuglia di agenti di Polizia sono intervenuti duramente contro il presidio, cercando di sgomberarlo violentemente. I poliziotti hanno tentato di strappare letteralmente due tende, occupate da alcuni manifestanti. Ma i manifestanti hanno resistito e nonostante siano stati pesantemente strattonati hanno resistito convincendo gli agenti a desistere. Al termine dell’intervento si contavano due manifestanti leggermente feriti: un attivista dell’USB e un altro del centro sociale Il Cantiere.Nonostante il tentativo di porre fine all’iniziativa in questo momento è ripreso l’allestimento dell’amplificazione e dell’improvvisato palco che dal tardo pomeriggio vedrà alternarsi artisti, attivisti sindacali e sociali, lavoratori di diversi settori ed esponenti politici mentre gli attivisti che stamattina avevano occupato alcuni locali della Borsa sono usciti e sono stati identificati. Nel frattempo un cordone di poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa si è schierato davanti all’ingresso di Piazza Affari.




mah...

se non ricordo male, il totale delle tasse pagate da lavoratori dipendenti e pensionati e' 143MldEUR, i mancati introiti da evasione viaggiano sui 160MldEUR...

a me quanto sopra sa di vandea, colpevole tra l'altro, visto che spesso e' il "sottoproletariato" quello che "si arrangia" e da' manovalanza all'evasione...

ma vabbe', tanto ormai siamo al default...

[SM=g2232945] [SM=g2232945] [SM=g2232945]
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02/10/2011 14:45
 
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Simili iniziative negli USA
Indignati a New York, 700 arrestati (Fonte: corriere.it - 02/10/2011)

MILANO - Circa 700 persone sono state arrestate sabato sera a New York per aver bloccato il traffico sul Ponte di Brooklyn. Continua la protesta nella Grande Mela contro gli effetti della crisi economica. Fonti di polizia hanno spiegato che i manifestanti «sono stati bloccati perché costituivano una minaccia all'ordine pubblico, sebbene la manifestazione fosse del tutto pacifica».

IN GUARDIOLA - Alcuni dei manifestanti sono stati rilasciati dopo poche ore, mentre altri sono stati trattenuti in attesa dell'udienza davanti al giudice che si terrà entro 24 ore. La protesta era cominciata nel pomeriggio al Liberty Plaza, dove da due settimane va avanti la contestazione degli «indignados di Wall Street», accampati in un parco a pochi metri dalla Borsa di New York, simbolo della finanza internazionale. «Diverse centinaia di persone si sono poi indirizzate verso il Ponte di Brooklyn», ha spiegato la polizia, aggiungendo che la maggioranza manifestanti sono rimasti sul marciapiede senza provocare incidenti. C'erano cartelli scritti a mano che invocano la «fine della Fed», o della banca d'affari Goldman Sachs. «Siamo di tutte le razze, tutti i sessi, tutte le credenze. Noi siamo la maggioranza. Siamo al 99%. E noi non vogliamo stare in silenzio», hanno detto in il loro sito web gli attivisti del movimento «Attenti a Wall Street».
[Modificato da marco--- 02/10/2011 14:47]
04/03/2012 13:26
 
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Gli islandesi mietono i frutti della loro rabbia

3 Marzo 2012



Gli islandesi, che hanno gettato pietre contro il Parlamento nel 2009 esigendo dai loro politici e dai loro banchieri una risposta per il collasso economico e finanziario del paese, stanno raccogliendo i frutti della loro rabbia.

Dalla fine del 2008 le banche dell’isola hanno condonato prestiti equivalenti al 13% del prodotto interno lordo (PIL), cosa che rende più facile ad un quarto della popolazione sopportare il carico del debito, secondo un rapporto pubblicato questo mese dall’Associazione dei Servizi Finanziari d’Islanda.

Potrei dire con sicurezza che l’Islanda ha il record mondiale nell’alleggerimento del debito delle famiglie”, dice Lars Christensen, economista capo per i mercati emergenti della Danske Bank A/S di Copenhagen. “L’Islanda ha seguito l’esempio classico di ciò che si deve fare in una crisi. Qualsiasi economista sarebbe d’accordo”.

I passi verso la resurrezione dell’isola dal 2008, quando le sue banche si dichiararono insolventi con un debito di 85.000 milioni di dollari, si stanno dimostrando efficaci. La crescita dell’economia dell’Islanda supererà, quest’anno, quella della zona euro e del mondo sviluppato, secondo le stime dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE).
Attualmente costa circa lo stesso assicurarsi contro un fallimento in Islanda che contro un possibile problema di credito in Belgio. La maggioranza delle inchieste mostrano ora che gli islandesi non vogliono unirsi all’Unione Europea, sprofondata nel suo terzo anno della crisi del debito.

L’accordo tra il governo e le banche, che sono ancora in parte controllate dallo Stato, ha aiutato i proprietari immobiliari dell’isola, visto che viene condonato il debito che supera il 110% del valore della casa. Oltretutto, dopo un pronunciamento della Corte Suprema nel giugno 2010, i prestiti indicizzati in moneta straniera sono considerati illegali, cioè le famiglie non devono più coprire le perdite subite dalla corona (la moneta nazionale).

Le lezioni della crisi

“La lezione che dobbiamo imparare dalla crisi dell’Islanda è che , se altri paesi ritengono necessario portare a termine una cancellazione del debito, devono considerare il successo che l’accordo sul 110% ha avuto qui” dice l’economista Thorolfur Matthiasson, professore di Economia all’Università di Reykjavik. “E’ l’accordo più vasto che si è portato a termine”, sottolinea. Senza il piano di emergenza, i proprietari di abitazioni si sarebbero visti strangolare sotto il peso dei loro debiti, dopo che il rating del debito sulle entrate era schizzato al 240% nel 2008, ritiene Matthiasson.

L’economia da 13.000 milioni di dollari dell’Irlanda, che si era contratta del 6,7% nel 2009, è cresciuta del 2,9% l’anno scorso e crescerà del 2,4% quest’anno e il prossimo, secondo le stime dell’OCSE. Invece la zona euro crescerà dello 0,2% quest’anno e nell’area OCSE dell’1,6%, secondo le stime di novembre.

Il settore immobiliare, valutato come sub-componente dell’indice dei prezzi per il consumatore, è ora solo del 3% più basso dei valori del settembre 2008, proprio prima del collasso. Fitch Ratings ha alzato, la scorsa settimana, il giudizio sull’affidabilità degli investimenti dell’Islanda, concludendo che “la poco ortodossa politica di risposta alla crisi dell’isola ha avuto successo”.

Le conseguenze legali

Il Procuratore Speciale islandese ha segnalato che potrebbe incriminare circa 90 persone, mentre già più di 200 – tra cui i dirigenti più importanti delle tre banche più grandi – stanno affrontando processi penali. Larus Welding, l’ex direttore esecutivo della Glitnir Bank, che è stata la seconda più grande banca dell’Islanda, è stato accusato in dicembre per aver concesso prestiti illegali e ora sta aspettando di essere processato. L’ex direttore generale della Lansbanki Islands hf., Sigurjon Arnason, è stato messo agli arresti domiciliari mentre il processo penale che lo riguarda continua.

Il giudizio è andato in parallelo con quello svolto negli USA, dove alti funzionari bancari hanno affrontato processi penali per il loro ruolo nel collasso delle ipoteche ad alto rischio note come subprimes.

La Commissione della Borsa Valori ha comunicato che l’anno scorso erano stati sanzionati 39 dirigenti per la loro condotta nei riguardi della crisi del mercato abitativo.

La linea d’azione dell’Islanda per affrontare la crisi si è basata nell’anteporre le necessità della sua popolazione di fronte a quelle dei mercati ogni volta.

Una volta che si rese evidente, nell’ottobre del 2008, che le banche dell’isola erano sull’orlo del fallimento, il governo intervenne, separando completamente i conti nazionali dal problema e lasciando al palo i creditori internazionali. La Banca Centrale impose controlli sui capitali per salvaguardare la corona e nuove banche controllate dallo Stato sono state create partendo da ciò che hanno lasciato gli strozzini falliti.

“C’è ancora una grande quantità di persone che affrontano difficoltà ma, allo stesso tempo, c’è un sacco di gente le cui condizioni stanno migliorando” dice il portavoce di Landsbankinn hf., Kristjansson. “E’ quasi impossibile dire quando ci si dovrà fermare perché è stato sufficiente. Ad ogni nuova misura presa, nascono nuove domande rispetto al futuro” aggiunge.

Quali precursori del movimento globale che ha occupato le piazze di tutto il mondo (come il 15-M in Spagna o le attuali occupazioni di Wall Street a New York), gli islandesi scesero in piazza dopo il collasso economico del 2008. Le proteste si intensificarono all’inizio del 2009, obbligando la polizia ad utilizzare i gas lacrimogeni per disperdere le masse che lanciavano pietre contro il Parlamento e gli uffici dell’allora primo Ministro Geir Haarde. Il Parlamento sta ancora decidendo se proseguire nell’accusa presentata contro di lui nel settembre 2009 per il suo ruolo nella crisi.

Una nuova coalizione, guidata dalla ministra socialdemocratica Johanna Sigurdardottir è al potere dall’inizio del 2009. Le autorità stanno ancora investigando sulla maggior parte dei principali protagonisti della crisi bancaria.

Note.

El Paìs è il maggiore quotidiano spagnolo, di proprietà del Gruppo Prisa. Ha una diffusione di 2,1 milioni di lettori.

(1) Fitch Ratings, Inc./Ltd., è un'agenzia internazionale di valutazione del credito, con due quartier generali, a New York e a Londra.

da: elpais.com; 20.2.2012
(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

Omar Valdimarsson
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04/03/2012 14:59
 
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(sylvestro), 3/4/2012 1:26 PM:

...L’economia da 13.000 milioni di dollari dell’Irlanda, che si era contratta del 6,7% nel 2009, è cresciuta del 2,9% l’anno scorso e crescerà del 2,4% quest’anno e il prossimo, secondo le stime dell’OCSE. Invece la zona euro crescerà dello 0,2% quest’anno e nell’area OCSE dell’1,6%, secondo le stime di novembre...

Consiglio a tutti la lettura, ottimo contributo, grazie! [SM=g1750826]
[Modificato da marco--- 04/03/2012 15:02]
04/03/2012 15:15
 
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Re:
marco---, 3/4/2012 2:59 PM:

Consiglio a tutti la lettura, ottimo contributo, grazie! [SM=g1750826]




non so se ho capito bene il tuo commento dal pezzo che hai messo in evidenza, ma non mi sembra che gli Islandesi abbiano molto da festeggiare. Basta fare 2 calcoli

2008: 100
2009: 93,3
2010: 96
2011: 98,3
2012: 100,66

e si scopre che in 5 anni, se non sbagliano i calcoli, sono cresciuti 0 e questo nonostante abbiano rifilato la fregatura ai creditori.

Lo dico perchè ho già visto qualche campione dell' "Italia ripudia il tuo debito" che ha usato questo articolo per dire che potremmo fare lo stesso anche noi, esultando soprattutto per questo passo


L’accordo tra il governo e le banche, che sono ancora in parte controllate dallo Stato, ha aiutato i proprietari immobiliari dell’isola, visto che viene condonato il debito che supera il 110% del valore della casa

[Modificato da dgambera 04/03/2012 15:19]
04/03/2012 17:14
 
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Re: Re:
dgambera, 3/4/2012 3:15 PM:




non so se ho capito bene il tuo commento dal pezzo che hai messo in evidenza, ma non mi sembra che gli Islandesi abbiano molto da festeggiare. Basta fare 2 calcoli

2008: 100
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e si scopre che in 5 anni, se non sbagliano i calcoli, sono cresciuti 0 e questo nonostante abbiano rifilato la fregatura ai creditori.

...



Scusa, ma che discorso è !?!?!

e allora i paesi zona euro che in 5 anni non sono cresciuti dello 0 ma hanno sfondato abbondantemente i numeri negativi ?

avercela una crescita zero, in italia sarebbe già un bel successone.

PS:
ma se proprio vuoi vedere come si fà a fare politiche economiche serie di ripudio del debito, vai a vederti l'argentina con i suoi tassi di crescita da tigre asiatica.
Altro che la lenta morte di inedia a cui ci siamo condannati con l'euro in mano ai luridi banchieri succhiasangue.

ciao
Mao


[Modificato da ziomaoziomao 04/03/2012 17:15]

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Comica e dannosa. In due parole, l’Unione Europea.
04/03/2012 17:22
 
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Il calcolo non l'avevo fatto, e non contraddico di certo i numeri, la differenza penso che comunque dovrebbe accentuarsi col passare del tempo, nel senso che gli stati che si trovano nell'euro dovranno per esempio tener conto, e rispettare, il Fiscal compact e gli obblighi del MES.
Non essendo io un economista potrei scrivere sciocchezze ma penso che se quanto evidenziato da Barnard in Il più grande crimine corrispondesse al vero, allora il futuro dovrebbe evidenziare problemi un po' per tutti i paesi dell'euro. Non mi sento di andare granché oltre, le mie sono solo ipotesi.

Marco
04/03/2012 17:22
 
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Re: Re: Re:
ziomaoziomao, 3/4/2012 5:14 PM:

dgambera, 3/4/2012 3:15 PM:




non so se ho capito bene il tuo commento dal pezzo che hai messo in evidenza, ma non mi sembra che gli Islandesi abbiano molto da festeggiare. Basta fare 2 calcoli

2008: 100
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e si scopre che in 5 anni, se non sbagliano i calcoli, sono cresciuti 0 e questo nonostante abbiano rifilato la fregatura ai creditori.

...



Scusa, ma che discorso è !?!?!

e allora i paesi zona euro che in 5 anni non sono cresciuti dello 0 ma hanno sfondato abbondantemente i numeri negativi ?

avercela una crescita zero, in italia sarebbe già un bel successone.




Non è crescita 0, ma ritorno al punto di partenza dopo 5 anni. In quei 5 anni che è successo però? Mi riferisco alla gente comune, non ai soliti paraculati.

ziomaoziomao, 3/4/2012 5:14 PM:



PS:
ma se proprio vuoi vedere come si fà a fare politiche economiche serie di ripudio del debito, vai a vederti l'argentina con i suoi tassi di crescita da tigre asiatica.
Altro che la lenta morte di inedia a cui ci siamo condannati con l'euro in mano ai luridi banchieri succhiasangue.

ciao
Mao






A me parli di Argentina? Io sto in parte pagando sulla mia pelle quello che hanno fatto.... ovvero hanno fregato una buona fetta di pianeta... e ciò che è successo da loro non è molto lontano dal percorso di cui sopra .... ovvero, capitombolo iniziale e forte ripresa dopo... ma nel frattempo per strada sono scorsi fiumi di sangue... mi spiace, ma non riesco a condividere idee di questo genere... preferisco meglio l'idea di non sottoscrivere un debito oppure di non prendere impegni oppure di uscire da un impegno preso dopo aver chiuso in maniera pulita la partita... ma imbarcarti in un'avventura prendendo certi impegni e poi, dopo aver pappato, dire "ops, non ce la faccio. Ora cacchi vostri anche i miei" non fa parte del mio modo di essere
04/03/2012 17:42
 
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Re:
marco---, 3/4/2012 5:22 PM:

Il calcolo non l'avevo fatto, e non contraddico di certo i numeri, la differenza penso che comunque dovrebbe accentuarsi col passare del tempo, nel senso che gli stati che si trovano nell'euro dovranno per esempio tener conto, e rispettare, il Fiscal compact e gli obblighi del MES.
Non essendo io un economista potrei scrivere sciocchezze ma penso che se quanto evidenziato da Barnard in Il più grande crimine corrispondesse al vero, allora il futuro dovrebbe evidenziare problemi un po' per tutti i paesi dell'euro. Non mi sento di andare granché oltre, le mie sono solo ipotesi.

Marco




io credo che, dopo il ripudio del debito, alla nazione che prende tale strada, tocchi rientrare negli ambienti da cui è uscita, ma non sarà così facile dopo aver bidonato partner e non... ad esempio, l'Argentina sono anni che cerca di rientrare nei circuiti del credito, ma non può, in quanto considerato stato "canaglia" dal punto di vista finanziario... ancora ha una pendenza da chiudere, quindi non può attingere alle normali fonti di finanziamento a cui accedono gli stati non defaultati.... infatti si fa prestare i soldi da Chavez se non sbaglio, a tassi "amichevoli".... e questo è pagato dalla popolazione... certo... i calcoli si fanno su un debito che è "partito da 0", perchè si ripudia il pregresso, ma la realtà non è questa, perchè il debito pregresso continua ad esistere per i creditori, altro che
04/03/2012 21:55
 
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Re: Re:
dgambera, 3/4/2012 5:42 PM:

io credo che, dopo il ripudio del debito, alla nazione che prende tale strada, tocchi rientrare negli ambienti da cui è uscita, ma non sarà così facile dopo aver bidonato partner e non... ad esempio, l'Argentina sono anni che cerca di rientrare nei circuiti del credito, ma non può, in quanto considerato stato "canaglia" dal punto di vista finanziario... ancora ha una pendenza da chiudere, quindi non può attingere alle normali fonti di finanziamento a cui accedono gli stati non defaultati.... infatti si fa prestare i soldi da Chavez se non sbaglio, a tassi "amichevoli".... e questo è pagato dalla popolazione... certo... i calcoli si fanno su un debito che è "partito da 0", perchè si ripudia il pregresso, ma la realtà non è questa, perchè il debito pregresso continua ad esistere per i creditori, altro che

E' così, sicuramente una volta usciti dal sistema la questione si fa dura sotto determinati aspetti.
Resto però dell'idea che all'interno del sistema monetario qualcosa che non torna c'è, denaro virtuale? Signoraggio? Interessi su denaro inesistente? Commercio del denaro? Non saprei esattamente cosa ma, come scrissi alla fine di questo post, non sono disposto ad accettare che i problemi che abbiamo siano legati alla produzione. Se è vero - e lo è - che fino a pochi anni fa gli Stati erano in grado di accumulare ricchezze, considerando che produzione col passare del tempo (tecnologia) acquisisce sempre maggiore efficienza, come mai ora gli Stati per tirare avanti devono (s)vendere le ricchezze accumulate in passato? In nome di chi o di che cosa? Se col passare del tempo si produce sempre di più ma si ha sempre meno per via dei "tagli" - termine tanto inflazionato quanto nauseante - allora per forza una "falla" dalla quale la ricchezza prodotta se ne va esiste. Qualcosa d'ingiusto, da qualche parte, deve per forza di cosa esserci.

Marco
04/03/2012 22:14
 
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Re: Re: Re:
marco---, 3/4/2012 9:55 PM:

E' così, sicuramente una volta usciti dal sistema la questione si fa dura sotto determinati aspetti.
Resto però dell'idea che all'interno del sistema monetario qualcosa che non torna c'è, denaro virtuale? Signoraggio? Interessi su denaro inesistente? Commercio del denaro? Non saprei esattamente cosa ma, come scrissi alla fine di questo post, non sono disposto ad accettare che i problemi che abbiamo siano legati alla produzione. Se è vero - e lo è - che fino a pochi anni fa gli Stati erano in grado di accumulare ricchezze, considerando che produzione col passare del tempo (tecnologia) acquisisce sempre maggiore efficienza, come mai ora gli Stati per tirare avanti devono (s)vendere le ricchezze accumulate in passato? In nome di chi o di che cosa? Se col passare del tempo si produce sempre di più ma si ha sempre meno per via dei "tagli" - termine tanto inflazionato quanto nauseante - allora per forza una "falla" dalla quale la ricchezza prodotta se ne va esiste. Qualcosa d'ingiusto, da qualche parte, deve per forza di cosa esserci.

Marco




Il motivo è semplice.... il credito facile causa iperinflazione sui beni non di consumo e sui fattori di produzione. Quando si ferma il giochino dei soldi facili, allora comincia l'inflazione sui beni di consumo e la deflazione sui fattori produttivi. Il tutto viene accompagnato da politiche di forte austerità.

Non c'è nessuna falla. Da quel che ho letto in giro è tutto conseguenza delle distorsioni introdotte dal credito facile e dal crollo del paradigma della crescita infinita.
[Modificato da dgambera 04/03/2012 22:23]
04/03/2012 22:37
 
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Re: Re: Re: Re:
dgambera, 3/4/2012 10:14 PM:

Il motivo è semplice.... il credito facile causa iperinflazione sui beni non di consumo e sui fattori di produzione. Quando si ferma il giochino dei soldi facili, allora comincia l'inflazione sui beni di consumo e la deflazione sui fattori produttivi. Il tutto viene accompagnato da politiche di forte austerità.

Non c'è nessuna falla. Da quel che ho letto in giro è tutto conseguenza delle distorsioni introdotte dal credito facile.

Non lo escludo ma, se così fosse, allora la soluzione sarebbe "relativamente semplice", basterebbe operare restrizioni sul credito, e le banche centrali hanno a disposizione i mezzi per operare in questo senso, in primis operando sui tassi, non occorrerebbe pensare a meccanismi "salva stati" permanenti. Ferma restando la mia scarsa conoscenza in materia di economia, alcune mie perplessità restano, per esempio ho seri dubbi sul fatto che il destino della Grecia - dato che si parla di "salvarla" - possa essere migliore se resta all'interno dell'euro, non occorre particolare acume nel dedurre che la Grecia non riuscirà ad onorare i propri debiti. Quando mai sarà possibile ridurre un debito chiedendo in prestito soldi che, attraverso interessi, genereranno nuovi debiti?
Proseguire ha un solo significato, distruzione di un paese, non salvataggio.

Non me la sento proprio di riporre fiducia in questi signori.

Marco
[Modificato da marco--- 04/03/2012 22:40]
04/03/2012 22:43
 
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Re: Re: Re: Re: Re:
marco---, 3/4/2012 10:37 PM:

Non lo escludo ma, se così fosse, allora la soluzione sarebbe "relativamente semplice", basterebbe operare restrizioni sul credito, e le banche centrali hanno a disposizione i mezzi per operare in questo senso, in primis operando sui tassi, non occorrerebbe pensare a meccanismi "salva stati" permanenti. Ferma restando la mia scarsa conoscenza in materia di economia, alcune mie perplessità restano, per esempio ho seri dubbi sul fatto che il destino della Grecia - dato che si parla di "salvarla" - possa essere migliore se resta all'interno dell'euro, non occorre particolare acume nel dedurre che la Grecia non riuscirà ad onorare i propri debiti. Quando mai sarà possibile ridurre un debito chiedendo in prestito soldi che, attraverso interessi, genereranno nuovi debiti?
Mah... non la vedo bene in senso generale.

Marco




No, non basta la restrizione del credito. Quella serve a non creare distorsioni su distorsioni. Facci caso: in questi anni hanno iniettato enormi masse di liquidità, ma hanno solo peggiorato le cose anzichè migliorarle.

Per riassorbire le distorsioni occorre un periodo di deflazione sui beni non di consumo. E questo lo si ottiene con politiche di austerità.

Ripeto: questo da quel poco che ho letto in giro.
04/03/2012 22:51
 
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Ecco a cosa mi riferisco

it.wikipedia.org/wiki/Teoria_austriaca_del_ciclo_economico


Gli economisti austriaci sostengono che le banche centrali siano la causa del cosiddetto ciclo economico, attraverso un costante aumento dell'offerta di moneta (inflazione monetaria) grazie al sistema monetario detto Fiat Currency ovvero la moneta fiduciaria. I risultati di tale politica monetaria sono tassi tenuti artificiosamente bassi, e di conseguenza un boom caratterizzato da una maggiore richiesta di investimenti che in una situazione normale non sarebbero stati richiesti, e quindi una collocazione deficitaria e falsificata di tali investimenti. La correzione di tale situazione, chiamata generalmente recessione, diventa quindi necessaria per una ricollocazione ottimale delle risorse.



In realtà il modo per rientrare sembrerebbe la recessione. Io avevo scritto deflazione. Mi scuso per l'errore
[Modificato da dgambera 04/03/2012 22:51]
04/03/2012 22:53
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re:
dgambera, 3/4/2012 10:43 PM:

No, non basta la restrizione del credito. Quella serve a non creare distorsioni su distorsioni. Facci caso: in questi anni hanno iniettato enormi masse di liquidità, ma hanno solo peggiorato le cose anzichè migliorarle.

Per riassorbire le distorsioni occorre un periodo di deflazione sui beni non di consumo. E questo lo si ottiene con politiche di austerità.

Ripeto: questo da quel poco che ho letto in giro.

Se nel 2008-2009 non avessero inondato i mercati di liquidità probabilmente sarebbe saltato l'intero sistema, penso che sia stata una mossa obbligata, gli effetti dell'austerità presto li vedremo nel senso che, volente o nolente, tutte le scelte stanno convergendo in quella direzione.

Marco
[Modificato da marco--- 04/03/2012 22:53]
04/03/2012 23:03
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
marco---, 3/4/2012 10:53 PM:

Se nel 2008-2009 non avessero inondato i mercati di liquidità probabilmente sarebbe saltato l'intero sistema, penso che sia stata una mossa obbligata,




Certo.... avevano tirato troppo la corda ed hanno provato a fermare il gioco troppo tardi... quindi hanno dovuto fare un'uscita morbida

marco---, 3/4/2012 10:53 PM:


gli effetti dell'austerità presto li vedremo nel senso che, volente o nolente, tutte le scelte stanno convergendo in quella direzione.

Marco




Esatto. Sarebbe alquanto strano che la ricetta sia un pò la stessa ovunque, no? Evidentemente non ci sono altre vie per riassorbire le distorsioni [SM=g6957]
[Modificato da dgambera 04/03/2012 23:04]
04/03/2012 23:19
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
dgambera, 3/4/2012 11:03 PM:

Esatto. Sarebbe alquanto strano che la ricetta sia un pò la stessa ovunque, no? Evidentemente non ci sono altre vie per riassorbire le distorsioni [SM=g6957]

Io spero che con l'austerità le cose possano migliorare ma, fintanto che il tempo non avrà dimostrato nei fatti il contrario, il sospetto che alla base di questo sistema ci sia qualcosa di profondamente ingiusto, quello per me resta.

Marco
04/03/2012 23:28
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
marco---, 3/4/2012 11:19 PM:

Io spero che con l'austerità le cose possano migliorare ma, fintanto che il tempo non avrà dimostrato nei fatti il contrario, il sospetto che alla base di questo sistema ci sia qualcosa di profondamente ingiusto, quello per me resta.

Marco




Infatti c'è (stato) qualcosa di profondamente ingiusto.... ma più che alla base a monte... ed è stato l'oceano di liquidità che ha inondato tutti i settori dell'economia dal 1999 al 2008... un decennio di pura follia
05/03/2012 08:09
 
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Re: Re: Re: Re:
dgambera, 3/4/2012 10:14 PM:




Il motivo è semplice.... il credito facile causa iperinflazione sui beni non di consumo e sui fattori di produzione. Quando si ferma il giochino dei soldi facili, allora comincia l'inflazione sui beni di consumo e la deflazione sui fattori produttivi. Il tutto viene accompagnato da politiche di forte austerità.

Non c'è nessuna falla. Da quel che ho letto in giro è tutto conseguenza delle distorsioni introdotte dal credito facile e dal crollo del paradigma della crescita infinita.




Ciao Dgambera,

Per prima cosa mi dispiace della tua dissavventura con i tango bonds, capisco la tua incazzatura.

ma questo fà un pò parte del gioco, da sempre il creditore quando accetta di dare i suoi soldi accetta anche il rischio di non rivederli più indietro è un pò nella natura delle cose.

I tango bonds offrivano loculliani interessi, pertanto era da mettere in conto anche un rischio intrinseco all'investimento, certo che la cosa fà incazzare ma è sempre successo e sempre succederà.

piuttosto oggi la situazione più assurda è la protezione totale e indiscutibile dei creditori, anche nel caso della grecia dove questi pretendono 300% di interessi senza rischiare il sederino perchè coccolati da tutti.... questa sì che è una cosa veramente strana.

www.rischiocalcolato.it/2012/02/vi-presentiamo-il-bond-greco-che-tremare-tutto-il-mondo-fa-il-termometro-ateni...

per il resto,

io non sono d'accordo su NULLA che riguarda la scuola austriaca, anche perchè nei fatti non ne azzeccano mai una manco per sbaglio.

quello che dici sopra è semplicemente senza nessun senso economico, è semplicemente un'atto di fede.

Che iniezioni di liquidità ad cazzum possano solo fare danni è sicuramente vero, ma da qui a dire che queste finiscono "...iperinflazione sui beni non di consumo e sui fattori di produzione..." ce ne passa.

le cosa vanno valutate secondo i livelli di potere, cosa che la scuola austroungarica ben se ne guarda dall'analizzare; secondo questi tecnocrati da quattro soldi l'economia è fatta da un misterioso "mercato", dimenticandosi che il "mercato" ha nomi e cognomi e siede nei governi e nelle istituzioni sovranazionali.

l'iniezione di liquidità è finita in tasca ai soliti noti, non ha creato nessuna inflazione, non ha toccato i fattori di produzione ... ha semplicemente gonfiato a discmisura le tasche di questi personaggi.

pertanto la soluzione è semplice, far fallire questi cialtroni e stampare i soldini virtuali per coprire i buchi creati da queste merde nell'economia reale.

altro che deflazione e cavamenti di sangue per pagare il conto delle merde bancarie, o peggio per far felici le seghe mentali degli austroungarici viennesi.

Tù stai auspicando il crollo economico e sociale di una nazione solo per far felice una teoria strampalata che và a vantaggio dei banco-gansters che hanno creato tutto questo casino.

io non posso esser d'accordo con una simile posizione.

ciao
Mao















[Modificato da ziomaoziomao 05/03/2012 08:10]

--------------------------------------------------
Comica e dannosa. In due parole, l’Unione Europea.
05/03/2012 09:28
 
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Re: Re: Re: Re: Re:
ziomaoziomao, 3/5/2012 8:09 AM:




Ciao Dgambera,

Per prima cosa mi dispiace della tua dissavventura con i tango bonds, capisco la tua incazzatura.

ma questo fà un pò parte del gioco, da sempre il creditore quando accetta di dare i suoi soldi accetta anche il rischio di non rivederli più indietro è un pò nella natura delle cose.

I tango bonds offrivano loculliani interessi, pertanto era da mettere in conto anche un rischio intrinseco all'investimento, certo che la cosa fà incazzare ma è sempre successo e sempre succederà.




fair enough... infatti non ho fatto causa alla banca, ma causa all'Argentina che in maniera del tutto cialtronesca ha ristrutturato con ricatti e ricattucci vari il debito.... una cosa è fallire perchè non si hanno più soldi, un'altra è cercare di fottere la gente [SM=g6957]

ziomaoziomao, 3/5/2012 8:09 AM:


io non sono d'accordo su NULLA che riguarda la scuola austriaca, anche perchè nei fatti non ne azzeccano mai una manco per sbaglio.




A me leggendo qualcosina qua e là sembra che facciano scopa con ciò che è accaduto invece

ziomaoziomao, 3/5/2012 8:09 AM:



quello che dici sopra è semplicemente senza nessun senso economico, è semplicemente un'atto di fede.

Che iniezioni di liquidità ad cazzum possano solo fare danni è sicuramente vero, ma da qui a dire che queste finiscono "...iperinflazione sui beni non di consumo e sui fattori di produzione..." ce ne passa.




Perchè? Cosa è successo dal 1999 al 2008? Dove è finita la liquidità iniettata nei mercati grazie ai tassi tenuti bassissimi? Cosa è successo ai fattori di produzione, in primis il lavoro?

ziomaoziomao, 3/5/2012 8:09 AM:


l'iniezione di liquidità è finita in tasca ai soliti noti, non ha creato nessuna inflazione, non ha toccato i fattori di produzione ... ha semplicemente gonfiato a discmisura le tasche di questi personaggi.

pertanto la soluzione è semplice, far fallire questi cialtroni e stampare i soldini virtuali per coprire i buchi creati da queste merde nell'economia reale.




Chi? Intendi le banche?

ziomaoziomao, 3/5/2012 8:09 AM:



altro che deflazione e cavamenti di sangue per pagare il conto delle merde bancarie, o peggio per far felici le seghe mentali degli austroungarici viennesi.

Tù stai auspicando il crollo economico e sociale di una nazione solo per far felice una teoria strampalata che và a vantaggio dei banco-gansters che hanno creato tutto questo casino.

io non posso esser d'accordo con una simile posizione.

ciao
Mao




Ti toccherebbe rileggere meglio ciò che scrivo. Non vedo dove avrei auspicato qualcosa. Io ho solo riportato quella che secondo me è una chiave di lettura di ciò che è accaduto e che sta accadendo. Punto. Se poi vuoi sapere se secondo me le politiche recessive sono quelle che ci vogliono per riassorbire le distorsioni, allora la mia risposta è NI.

Infine, una cortesia che ti chiedo: nei tuoi post potresti attenerti al succo anzichè farli diventare coloriti con appellativi vari nei confronti di chi non ti conviene ("tecnocrati da quattro soldi", "questi cialtroni", "queste merde", "merde bancarie", "seghe mentali", "stai auspicando il crollo economico e sociale di una nazione solo per far felice una teoria strampalata che và a vantaggio dei banco-gansters")? I tuoi post risultano di difficile lettura perchè tocca filtrare ed interpretare parecchio. Ho compreso benissimo la tua posizione, ne prendo atto e la metto nella categoria "opinioni rispettabili" come ho fatto con la mia, ma non vorrei che si arrivasse a regolar tenzone per far passare ognuno la propria idea. [SM=g9058]
[Modificato da dgambera 05/03/2012 09:30]
05/03/2012 09:50
 
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Re: Re: Re: Re: Re:
ziomaoziomao, 3/5/2012 8:09 AM:

...io non posso esser d'accordo con una simile posizione.

ciao
Mao

Mi sono espresso con toni più pacati ma, in estrema sintesi anch'io non concordo, non sono cioè dell'idea che si debba far pagare alla popolazione il prezzo della speculazione, che in sostanza è il punto dal quale la scelta islandese è partita. E' del tutto evidente, per come è stato concepito il sistema economico, che anche vessando la popolazione con tagli e austerità il problema del debito pubblico non sarà risolto. Non amo improvvisare teorie in economia perché non ne ho la competenza, ma i ragionamenti elementari che ho proposto nei miei ultimi post sembrano indicare che qualcosa che non torna per forza di cose da qualche parte c'è. In tutta franchezza, quando sento per TV parlare di sacrifici e austerità la mia indignazione si rinnova ogni volta, la produzione la parte del proprio dovere la fa, le risorse, quindi, ci sarebbero. E' del tutto evidente che austerità, tagli e svendita di interi Stati non hanno senso, se non quello di arricchire pochissimi soggetti.

A chi dobbiamo tutti questi soldi? Ognuno di noi il proprio dovere lo fa già, ogni santo giorno, i parassiti non sono i PIGS ma il sistema finanziario.
Penso che siamo di fronte a un furto legalizzato, ne' più, ne' meno.

Marco
05/03/2012 09:54
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re:
marco---, 3/5/2012 9:50 AM:

Mi sono espresso con toni più pacati ma, in estrema sintesi anch'io non concordo, non sono cioè dell'idea che si debba far pagare alla popolazione il prezzo della speculazione, che in sostanza è il punto dal quale la scelta islandese è partita. E' del tutto evidente, per come è stato concepito il sistema economico, che anche vessando la popolazione con tagli e austerità il problema del debito pubblico non sarà risolto. Non amo improvvisare teorie in economia perché non ne ho la competenza, ma i ragionamenti elementari che ho proposto nei miei ultimi post sembrano indicare che qualcosa che non torna per forza di cose da qualche parte c'è. In tutta franchezza, quando sento per TV parlare di sacrifici e austerità la mia indignazione si rinnova ogni volta, la produzione la parte del proprio dovere la fa, le risorse, quindi, ci sarebbero. E' del tutto evidente che austerità, tagli e svendita di interi Stati non hanno senso, se non quello di arricchire pochissimi soggetti.

A chi dobbiamo tutti questi soldi? Ognuno di noi il proprio dovere lo fa già, ogni santo giorno, i parassiti non sono i PIGS ma il sistema finanziario.
Penso che siamo di fronte a un furto legalizzato, ne' più, ne' meno.

Marco




Ok, tutto condivisibile, ma ora ti faccio una domanda: quando questo stesso sistema finanziario iniettava ingenti risorse nel sistema eravamo pure di fronte ad un furto legalizzato oppure andava bene?
05/03/2012 10:28
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
dgambera, 3/5/2012 9:54 AM:

Ok, tutto condivisibile, ma ora ti faccio una domanda: quando questo stesso sistema finanziario iniettava ingenti risorse nel sistema eravamo pure di fronte ad un furto legalizzato oppure andava bene?

Se per "ingenti risorse" intendi l'eccesso di liquidità che ha alterato gli equilibri del sistema economico, ossia il denaro che poi ha favorito le speculazioni, sono dell'idea che anche questo sia stato ingiusto. Una bolla speculativa altro non è che inflazione localizzata, questo forum è rappresentativo del "caso immobiliare".
Tempo fa la speculazione si accontentava (si fa per dire) di operare in maniera più circoscritta, era facoltà dell'individuo scegliere se rischiare o meno con l'acquisto di bond Parmalat, azioni legate alla "new tecnology" o altro, ora, invece, la speculazione sta coinvolgendo Stati interi, quindi nella sostanza nessuno si può sottrarre da questa speculazione che divora Stati a suon di tagli e austerità, e questo, secondo me, è il problema principale.

Marco
05/03/2012 11:12
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
marco---, 3/5/2012 10:28 AM:

Se per "ingenti risorse" intendi l'eccesso di liquidità che ha alterato gli equilibri del sistema economico, ossia il denaro che poi ha favorito le speculazioni, sono dell'idea che anche questo sia stato ingiusto. Una bolla speculativa altro non è che inflazione localizzata, questo forum è rappresentativo del "caso immobiliare".
Tempo fa la speculazione si accontentava (si fa per dire) di operare in maniera più circoscritta, era facoltà dell'individuo scegliere se rischiare o meno con l'acquisto di bond Parmalat, azioni legate alla "new tecnology" o altro, ora, invece, la speculazione sta coinvolgendo Stati interi, quindi nella sostanza nessuno si può sottrarre da questa speculazione che divora Stati a suon di tagli e austerità, e questo, secondo me, è il problema principale.

Marco




Concordo quasi su tutto.... la speculazione fa schizzare (apparentemente) alle stelle l'economia (nelle aree in cui la liquidità è convogliata ovviamente) e poi lascia le macerie dietro, perchè la cura alle distorsioni che crea è dura. Ciò in cui divergiamo secondo me è che io penso che la cura sia necessaria per uscirne (e il brutto è che non vedo altre vie d'uscita), tu (e non solo) no, arrivando a proporre anche il ripudio del debito creato dal benessere precedente (anche se apparente o artificiale o quel che si vuole).

Secondo me, andrebbe fatta più "prevenzione" (prima di far gonfiare bubboni enormi, andarci cauti) per il futuro, ma non credo ciò avverrà, perchè c'è di mezzo l'avidità umana.
[Modificato da dgambera 05/03/2012 11:13]
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