Le banche hanno alimentato i subprime

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marco---
00lunedì 25 maggio 2009 09:35
La fonte di questo articolo era TGFIN, purtroppo l'originale non è più disponibile, propongo quindi questa copia dell'articolo nella speranza che sia conforme all'originale.
Nell'occasione ringrazio immobiliarista per la segnalazione di questo articolo.

Le banche hanno alimentato i subprime

Com'era prevedibile, i mercati finanziari non si sono ancora stabilizzati. La scorsa settimana, grazie alla sostanziale dose di eroina sintetica ricevuta dalle banche centrali, v'erano stati alcuni giorni di temporanea calma. Troppi sono i nodi che ancora devono passare per il pettine, l'altalena continuerà ancora per qualche mese. Il capitalismo non è un pranzo di gala, quindi meglio adattarsi alle oscillazioni ed apprenderne qualche salutare lezione.
L'analogia con l'eroina è scherzosa solo a metà: in una prospettiva che vada al di là del dopodomani non è ovvio che le ripetute iniezioni di liquidità effettuate dalle banche centrali siano benefiche. Da un lato perché confermano che la politica del "troppo grande per fallire" viene ancora seguita nonostante ripetute analisi, anche dall'interno del sistema, ne abbiano evidenziato le perniciose conseguenze.


Dall'altro perché iniettando una grande quantità di denaro a breve termine non solamente si corre il rischio di tenere in piedi istituzioni finanziarie che invece dovrebbero fallire (ripetendo così gli errori giapponesi del 1993-2003), ma si rischia anche e soprattutto di creare le condizioni future per un'ulteriore "bolla inflazionistica locale" simile a quella che sta esplodendo ora.
Chiariamo anzitutto che, viste le circostanze, quanto sta succedendo è sia fisiologico che prevedibile. Per quanto grave sia, come ogni situazione di dissesto finanziario è, non implica né la fine della globalizzazione, né un altro 1929, né nessun'altra delle baggianate che sono state scritte e che non vale la pena di discutere. Che quanto sta avvenendo sia fisiologico lo si intende considerando i fatti.

Corre l'anno 2002 ed un signore vorrebbe comprarsi una bella casa. Purtroppo ha un reddito che è quello che è e, soprattutto, ha fatto spesso il furbo con le rate della fiammante Mustang che ancora guida. Ha un lavoro solido, spera in una promozione nei prossimi due o tre anni e pensa che fra un paio d'anni il suo "credit score" sarà migliore. Inoltre, è convinto che la casa possa valere un 15-20% in più fra due anni. Un mutuo 2/28 risolve tutti i problemi: tasso d'interesse molto basso (attorno al 14% o persino meno) per i primi due anni, poi il riaggiustamento verso l'alto.
Ma tra due anni, pensa lui, le cose saranno cambiate. Questo è un caso estremo, il caso più comune è quello di un signore che in situazioni analoghe va per un Arm 5/1 (un mutuo cioè con un tasso fisso per i primi 5 anni che diventa variabile dal sesto in poi) con, magari, un po' di ammortizzazione negativa nei primi anni.

Questo tipo di oggetti è esploso a partire dal 2002 e nel 2005/2006 ha fatto la parte del leone. La ragione, banale, era che i tassi d'interesse a breve erano bassissimi fino a tutto il 2004: tutte le banche avevano una grande quantità di denaro a basso prezzo da prestare per qualche anno.
Son passati tra i 5 ed i 2 anni da allora. Per molte persone quell'aumento tanto atteso non si è materializzato, per altre il "credit score" non è migliorato e per altre ancora il valore della casa non è aumentato come speravano. Fra coloro che avevano acceso tali ipoteche queste brutte cose sono successe tutte assieme ad uno persona ogni cinque o sei: Ti si originano i mancati pagamenti che stanno creando tutto il dramma degli ultimi due mesi.
La soluzione facile (vendere la casa recuperando il valore del credito) non risulta possibile perché il mercato immobiliare Usa è stagnante: mettere tutte quelle case sul mercato farebbe solo crollare i prezzi, cosa che in molte aree sta avvenendo.
Queste ipoteche, è vero, sono state rivendute, spezzettate e sciolte nel sistema ma la diversificazione via cartolarizzazione non è avvenuta in modo sufficiente ed il rischio rimane concentrato in certe istituzioni. II problema è che non risulta immediatamente ovvio quali siano queste istituzioni e di quanto siano esposte a questo tipo di rischio. Da qui la fisiologica incertezza che percorre i mercati finanziari da circa tre mesi.

Misfatti ce ne son stati, ovviamente. Qualcuno ha truffato, e tanti hanno preso rischi giganteschi sulla base di aspettative poco furbe. Niente di nuovo sotto il sole: se qualcuno non risica, nessuno alla fine rosica. Le società di rating, ancora una volta, si sono rivelate non affidabili. La supervisione bancaria non è risultata sufficiente, visto che non sappiamo dove risieda il rischio in questo momento. Domanda ingenua: perché le banche centrali non fanno loro il rating delle istituzioni finanziarie e degli strumenti che queste emettono, visto che comunque dovrebbero controllarle ed hanno tutto l'interesse perché non falliscano?


Anche le regole che le società finanziarie seguono per informare i propri clienti lasciano evidentemente a desiderare. Persino la modellistica che gli operatori utilizzano per calcolare il loro grado di diversificazione e la loro esposizione a differenti tipi di rischio è risultata essere deficiente, non v'è dubbio alcuno.
Infine, i brillanti e forse troppo rapidamente arricchiti "operatori finanziari" dovrebbero sostituire le loro patinate letture con quelle di noiose riviste accademiche dove dei grulli impoveriti si dilettano a riscoprire che molte relazioni economiche, ed i tassi d'interesse in particolare, tendono ad essere mean-reverting. Questi sono problemi gravi, senza dubbio, ma da soli non avrebbero potuto causare il maremoto di questi mesi. La responsabilità originaria risiede altrove.

Essa siede nella Federal Reserve Usa e, in misura molto minore, nella Bce. Come ho detto, la bolla dei mutui 2/28, Arm 3/1, 5/1 e via dicendo nasce tra il 2001 ed il 2002, in contemporanea e come conseguenza dell'ingiustificata diminuzione dei tassi a breve attuata da Greenspan, con l'appoggio di Duisenberg sul lato europeo.

Negli Usa tale iniezione di denaro avvenne direttamente "nelle vene" del sistema finanziario, ossia nelle aziende che qperano a Wall Street e paraggi.
Come negli anni '60 e'70, in preda alla convinzione di poter moltiplicare pani e pesci laddove non vi sono nemmeno scatole di sardine, tra i12001 ed il 20041e banche centrali cercarono di generare inflazione nel tentativo di stimolare la crescita economica.
Si rileggano i giornali del tempo: lo spettro della deflazione veniva agitato da banchieri centrali ed economisti keynesiani d'ogni sorta per chiedere maggiori iniezioni di moneta e tassi a breve i più bassi possibile. Ebbero successo: i tassi a breve oscillarono attomo, e perfino sotto, 1'1% per circa tre anni.

Tale "successo" distorse la struttura a termine, creando incentivi fortissimi per operazioni finanziarie che avevano una natura speculativa, nel senso di "approfittare d'una situazione anomala, temporanea ed artificialmente creata". Il denaro a breve non costava nulla ed era abbondante. Una serie di innovazioni finanziarie (la cui introduzione risaliva ad almeno un decennio prima) permetteva di emettere Arm di vario tipo rivendendoli subito dopo. Così facendo si spuntavano facilmente 200-250 punti base di differenza per i primi 2-3 anni, più le commissioni: una montagna di soldi. Il rischio si trasferiva al mercato, generando ulteriori incentivi ad emettere mutui di questo tipo. Nel frattempo, una campagna mediatica a cui la Federal Reserve non era aliena, ripeteva il mantra dell'era dei tassi d'interesse bassi. La conseguenza è stata una bolla inflazionistica localizzata nel mercato immobiliare.

Domanda ovvia: perché un'inflazione localizzata, che porta alla bolla, e non la tradizionale inflazione aggregata?
Risposta: perché il denaro non l'han prestato a "tutti" ma solo ad "alcuni" e questi se lo son tenuto, o l'hanno usato, a loro vantaggio.
Il denaro che la Federal Reserve (e la Bce) ha pompato tra il 2001 ed il 2004, per le modalità tecniche con cui lo ha fatto e per la disponibilità di quegli strumenti finanziari che ho menzionato in precedenza, s'infilò tutto nel settore finanziario-immobiliare, via sistema bancario. E ci rimase. In un certo senso circolò all'interno di un sistema chiuso di tubature.

L'alta liquidità dei mutui ipotecari, grazie a Mbs e cose simili, aiutava a sostenere tale sistema chiuso, anzi ne aumentava la potenza. Abbiamo quindi visto sia poca crescita in M2, sia poca inflazione fuori dal settore immobiliare. Abbiamo visto invece l'effetto classico d'una iniezione straordinaria di moneta in un mercato in cui la quantità di beni a disposizione non può crescere rapidamente: sono esplosi i prezzi delle case.


Infine, poiché non vi è stata inflazione generalizzata e gli altri prezzi nominali non son cresciuti proporzionalmente, la bolla inflazionistica è esplosa. Se l'inflazione fosse stata aggregata non vi sarebbe stata una bolla; per definizione una bolla altro non è che inflazione localizzata. Per sostenerla servono aspettative "bollistiche", certo, ma senza una straordinaria disponibilità di moneta/credito la bolla si sgonfierebbe subito o sarebbe accompagnata da deflazione negli altri comparti del sistema economico. Per comprendere questa ultima affermazione considerate un'economia con solo due beni - per esempio patate e pomodori - e carta moneta.

Se il mercato delle patate è relativamente chiuso (chi vende patate poi compra patate d'un diverso colore) e il prezzo in dollari delle patate aumenta del 100% al giorno, servono sempre più dollari per comprare e vendere lo stesso numero di patate.
Se la quantità aggregata di dollari rimane costante e non vi sono particolari miracoli nella velocità di circolazione della moneta (cosa della quale non v'è evidenza alcuna nel periodo 2001-2006) questi dollari addizionali devono essere sottratti al mercato dei pomodori, dove osserveremo dunque una caduta del prezzo nominale dei pomodori.

Se invece immettiamo moneta, e la facciamo circolare solo fra chi compra patate e vende patate, allora il prezzo delle patate va alle stelle mentre quello dei pomodori non cambia o cambia molto poco (cambia quando qualche venditore di patate nominalmente arricchito si reca al mercato dei pomodori).
Un balzo dell'80% Negli Usa, tra il 2001 e il 2006, i prezzi delle case sono aumentati tra il 60% e l'80%, in media nazionale. I valori dei mutui erogati sono aumentati in proporzione, alimentati dall'iniezione di denaro a buon mercato.

Poiché tale denaro è stato prestato a banche che hanno trovato redditizio investirlo quasi solamente in ipoteche, i redditi nominali nel resto dell'economica non sono aumentati che di poco.
Non c'è stata inflazione il che, paradossalmente, in questo caso risulta essere un problema:
le rate nominali dei mutui, alla fine, si pagano con i redditi nominali di coloro i quali tali mutui hanno acceso. Appena i tassi d'interesse si sono alzati - per quanto avrebbero potuto rimanere a valori attorno al 2% con un'inflazione che viaggia al 3%? - i percettori di tali redditi non sono stati in grado di pagare le nuove rate sui loro mutui artificialmente gonfiati.

L'aria che la Federal Reserve aveva artificialmente pompato nel settore immobiliare, in omaggio rituale al dio keynesiano delle politiche monetarie attive, è fuoriuscita dal pallone, rivelandosi per quello che era: inflazione localizzata. Ed è venuto giù di tutto.
Dove si gonfierà, per poi esplodere, la terza bolla inflazionistica? Non lo voglio scoprire ... ridateci Volcker e le regole monetariste, per favore.
(sylvestro)
00domenica 1 agosto 2010 10:58
Aiuto, tornano i subprime


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