Europa, colonia di Berlino (Fonte: lettera43.it - di Barbara Ciolli - 04/06/2012)
I dettagli di un piano segreto dei leader dell'Unione europea per ristrutturare l'Eurozona, diffusi in una bozza di 156 pagine dalla stampa tedesca e poi smentiti da Bruxelles, non sono che l'ultimo caso di fughe di notizie dai palazzi di Bruxelles, presto rimesse in discussione negli inconcludenti summit europei.
Prima delle indiscrezioni sulla road map, erano circolate voci su un piano tedesco per salvare i Paesi dell'euro, con un programma di crescita plasmato a immagine e somiglianza degli interessi di Berlino. Prima ancora, era trapelato lo sgomento del capo dell'eurogruppo Jean-Claude Juncker che, stanco del tira e molla tra i 17 leader, aveva invitato il premier italiano Mario Monti e poi il potente ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, a prendere il suo posto.
LA GERMANIA NAZIONALISTA. Anche di questo, non si è più saputo niente. E sull'Europa in confusione continua a pesare una spada di Damocle: in assenza di un accordo complessivo, o di una guida forte, alla fine i cambiamenti per cambiare pelle all'Ue rischiano di ridursi ai rigidi diktat di Berlino.
Non una grande novità. «Accettare che siano dati più poteri alla Banca centrale europea, rendendola più simile alla Fed americana, in cambio di maggiori controlli fiscali sugli Stati e sulle banche da parte delle autorità di Bruxelles». È questa la posizione «abbastanza chiara» della Germania. Almeno secondo Alberto Martinelli, professore di Politica globale e Sistemi politici di governo all'Università Statale di Milano.
Smentite di rito a parte, questa è infatti la direzione verso cui sta andando l'Ue.
Visti gli scarsi poteri delle istituzioni europee, «pur facendo il minimo necessario per non far implodere l'area euro», ha spiegato il politologo a Lettera43.it, il rischio è che «la Germania di Angela Merkel prosegua nella sua ottica nazionalista, ostacolando le misure risolutive».
DOMANDA. Esiste un rischio di germanizzazione di Eurolandia?
RISPOSTA. Sono convinto che la stessa Merkel creda nella necessità di salvare l'euro, di concerto con gli Stati membri. E sia consapevole dei danni, anche per il suo Paese, di un crollo della moneta unica.
D. Però?
R. Va anche detto che la cancelliera ha una visione a breve termine. Sa che una crisi controllata dell'euro ha anche dei vantaggi economici per la Germania. E, soprattutto, in vista delle elezioni del 2013, sa che la maggioranza dei tedeschi è contraria agli eurobond e alla condivisione del debito.
D. Dunque la road map europea sarà un piano fedele ai diktat di Berlino?
R. Non esattamente. La direzione mi sembra piuttosto quella di un compromesso.
D. In che termini?
R. La Germania accetta una Bce più simile al modello americano, in cambio di un'unione bancaria che dia più poteri di vigilanza a Bruxelles. E in cambio dell'unione fiscale tra i Paesi.
D. Poi ci sono il terzo e il quarto pilastro del piano. Uniformare il modello di welfare degli Stati e cedere all'Ue la sovranità nei settori chiave di Difesa ed Esteri.
R. In linea di principio, non dispiace pensare a un'Europa con un sistema sociale comune, con sistemi di spesa pubblica omogenea. Così come a politiche ministeriali comuni.
D. Ma con qualche paletto.
R. Certo, a patto che queste non finiscano per essere solo ricette rigide, dettate dall'alto.
D. È l'accusa mossa alla cancelliera Merkel. Perché le politiche di forza hanno preso così il sopravvento a Bruxelles?
R. Purtroppo i ruoli politici dell'Ue sono deboli. Al di là delle capacità dei singoli, José Manuel Barroso, a capo della Commissione europea, per esempio, non ha margini d'intervento. E, del resto neppure, Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, è un personaggio di primo piano.
D. Juncker, alla guida dell'Eurogruppo, ha persino proposto più volte di essere sostituito da altri leader europei.
R. Frustrazione, nel constatare la sua scarsa di influenza di capo. Tra le righe, con le sue esternazioni, Juncker chiedeva poteri reali, non apparenti.
D. Questo vuoto di gestione centrale alimenta da sempre i giochi nazionali degli Stati, le speculazioni finanziarie e la diffusione di notizie false.
R. Smentite o meno, credo che con il piano si vada comunque verso un accentramento dei ruoli, anche attraverso l'elezione diretta del presidente della Commissione europea.
D. C'è il rischio di uno sbilanciamento di Bruxelles verso gli Stati forti (Germania, Olanda, Finlandia e Austria, ndr), con un'Europa a due velocità?
R. Sì, allo stato economico attuale, la possibilità che si crei un nucleo forte e una periferia dell'Eurozona è concreta.
D. Da cosa dipenderà?
R. Soprattutto dal ruolo che giocheranno, nelle trattative, il neo-presidente francese François Hollande e un premier stimato in Europa come Mario Monti.
D. I tedeschi vanno arginati?
R. Credo che persino Merkel ne sia consapevole. La Germania può tornare a essere una grande potenza europea, solo a patto di non rievocare conflitti, paure e fantasmi del passato.
D. Anche la cancelliera, dunque, alla fine potrebbe smussare le sue posizioni?
R. Di certo cercherà di difendere l'euro. Anche se, per ragioni di consenso elettorale, potrebbe fare solo quel tanto che basta, per non far precipitare la situazione.