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Spread ed economia reale ai minimi. Qualcosa non torna (Fonte: it.ibtimes.com - 03/12/2012)

Quando si parlava di spread, ci veniva subito in mente il balzo sui 550 punti base nelle ultime fasi del Governo Berlusconi; poi il Governo Monti tocca anch'esso quota 500 e torna a 280 per poi risalire oltre i 400 punti. Una vera e propria altalena quella dello spread, un andamento incostante e caratterizzato da alti e bassi. C'è un problema molto importante che riguarda lo spread e il contemporaneo andamento dell'economia reale.

L'economia reale, da quando c'è il Governo Monti, non ha visto miglioramenti sostanziali e non sembra che vi siano forti segnali di una ripresa nel breve periodo. Inoltre il potere d'acquisto delle famiglie è sempre più ridotto mentre le imprese faticano sempre a più a sopravvivere in una crisi sistemica come quella attuale. A questo punto, come mai lo spread non ha mai visto un andamento lineare e continuo verso l'alto?

La risposta è più semplice di quanto possiamo immaginare: l'economia reale e lo spread sono tra loro slegati. Può sembrare strano ma è così. Quando le istituzioni partecipano alle aste dei titoli obbligazionari, fanno un prezzo e un rendimento a loro comodo affinché questi titoli vengano in parte detenuti e in parte piazzati sul mercato secondario.
Data la sete di liquidità delle banche, la propensione a "battere cassa" sui mercati è molto alta e non è difficile incontrare ora un promotore finanziario che ci propone proprio dei Btp, titoli che ora sono ben visti grazie al differenziale in diminuzione e al buon rendimento percentuale.

Il problema è proprio lo spread visto come indicatore di rischio e misura di sicurezza dell'investimento. I movimenti dello spread si basano sui movimenti di capitali degli istituzionali sul mercato secondario dei titoli di Stato, movimenti non correlati all'andamento dell'economia reale, così come l'andamento dei mercati azionari. Molti potrebbero rispondere a tale "provocazione" dicendo che i mercati si muovono in anticipo rispetto l'economia reale, ma in realtà le aspettative degli operatori cambiano di giorno in giorno (si chiama sentiment) rendendo gli strumenti quotati dei pessimi indicatori di stato di un'economia.
[Modificato da marco--- 04/12/2012 09:11]