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La ripresa: gli Usa al palo (Fonte: lastampa.it - di Maurizio Molinari - 30/08/2010)

L'immobiliare americano, da dove la crisi è partita. Finiti i piani di stimolo, le case restano invendute. E il gigante a stelle e strisce ha paura del "doppio tuffo" nella recessione

La Wickapague Road di Southampton avrebbe dovuto diventare un avveniristico villaggio per miliardari a Long Island ma al posto di un grappolo di ville hi-tech con piscina da 30 milioni dollari non vi sono altro che gru immobili, baracche vuote e terrapieni abbandonati. Se questo angolo d’America fotografa la nuova crisi immobiliare che incombe su Wall Street è perché il costruttore Bob Gianos dopo aver investito una fortuna per acquistare 20,2 ettari di terreni nel cuore degli Hamptons - dove i ricchi di New York si rifugiano in vacanza dai tempi del Grande Gatsby - si è trovato improvvisamente a corto di acquirenti, dovendo sospendere i lavori della progettata “Olde Towne” che avrebbe dovuto comprendere da quattro a nove mega strutture in stile coloniale, caratterizzate dalla presenza dei più avanzati ritrovati della tecnologia.

Nel tentativo di liberarsi in fretta della ipotizzata “Billionaire Row” trasformatasi in un vuoto a perdere Gianos ha provato a vendere i terreni mettendoli in vendita alla metà del prezzo di acquisto ma neanche questo è servito per convincere i milionari a impossessarsi di una proprietà stretta fra due piccoli laghi a ridosso dell’Oceano Atlantico, in un luogo fra l’altro dal forte significato storico perché fu proprio a Olde Towne che si insediarono nel 1640 i coloni che fondarono il villaggio di Southampton. Ma richiami all’eredità del passato e ville da capogiro non attirano più i super-ricchi a causa del fatto che «il settore immobiliare non è più un buon investimento» come spiega Dean Baker, direttore del Center for Economic and Policy Research autore di uno studio choc in proposito. «Serviranno almeno 20 anni per rifare i 6 trilioni di dollari di ricchezza immobiliare andati in fumo a partire dal 2005 - dice Baker, riassumendo la conclusione raggiunta - e questo significa che la gente con soldi non considera più la casa come la maniera migliore per investire». Ciò che distingue gli ultimi dati sul crollo delle vendite di case esistenti - che hanno segnato in luglio un arretramento del 27 per cento, il più marcato degli ultimi 15 anni - è infatti che a non acquistare più non è solamente la classe media flagellata dalla disoccupazione al 9,5 per cento ma anche la “upper class” che continua ad avere redditi a sei o sette zeri. «Per chi dispone di danaro gli immobili stanno diventando un peso - aggiunge Stan Humphries, capo economista del sito immobiliare Zillow - perché nello scenario migliore il loro apprezzamento sta al passo con l’inflazione, sono oramai finiti i tempi nei quali gli immobili migliori si rivalutavano del 10 per cento nell’arco di breve tempo».

E’ questa realtà del mercato che spiega perché un crescente numero di star di Hollywood ha deciso di dare in affitto le proprie residenze di lusso: venderle significa rimetterci. L’ultima a puntare sull’affitto, in ordine di tempo, è stata Meg Ryan chiedendo 40 mila dollari al mese per la villa di Bel Air di 7 mila metri quadrati il cui valore stimato nel 2008 era di 19,5 milioni di dollari e ora arriva con difficoltà a quota 14. Cindy Crawford e Rande Gerber hanno compiuto una scelta analoga, chiedendo affitti per 35 mila dollari, visto che vendere le ville implica perdere ricchezza.

«Ciò che sta tramontando è l’idea fiorita dopo la seconda guerra mondiale che essere proprietari di una casa migliori la nostra vita e schiuda prospettive migliori ai figli» osserva l’economista Robert Shiller, mentre il collega dell’Università di Chicago Raghuram Rajan aggiunge: «Negli ultimi 60 anni possedere una casa ha significato avere più crediti e poter consumare di più, ora assistiamo a un rovesciamento di questa tendenza perché gli immobili pesano sulle finanze e costringono i consumi, creano grattacapi, non speranze». A essere in crisi di conseguenza non è soltanto il mercato immobiliare ma uno stile di vita basato sul possesso di case che lo storico Kenneth Jackson nel suo «Crabgrass Frontier» del 1985 identificò con «l’idealizzazione della vita agraria all’origine della società americana», che spingeva ad acquistare proprietà sempre più grandi nei sobborghi lontano dai centri urbani.

Per le famiglie americane di inizio XXI secolo è invece assai preferibile adoperare i soldi guadagnati per acquistare servizi, pagare una migliore istruzione ai figli e aumentare il proprio tenore di vita, magari spendendo più che in passato per l’affitto. E ciò vale anche per i milionari. Si spiega così il fatto che, secondo le statistiche del Bureau of Economic Analysis federale, l’aumento della percentuale di affittuari in un centro urbano sia divenuto un sintomo di una ricchezza crescente nella stessa area: da Columubs in Ohio, a Seattle, nello Stato di Washington. Mentre dove cresce il numero dei proprietari di immobili - da El Paso in Texas a Columbia in South Carolina - il reddito medio delle famiglie è in continua discesa.
[Modificato da marco--- 30/08/2010 09:36]