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Fonte: corriere.it - di Elisabetta Soglio - 31/07/2009
Ringraziando Newco (FOL) per la segnalazione dell'articolo

Expo, il Piano B abbatte torri e padiglioni

Non arriveranno 27 milioni di visitatori, forse 12 milioni e in gran parte lombardi o comunque italiani

MILANO — Cala l’austerity sull’Expo. La crisi si fa senti­re, Saragozza è stato un mez­zo flop, i conti dei turisti atte­si a Milano 2015 e degli in­troiti previsti vanno ridimen­sionati. Per questo, il governo sta pensando ad una ipotesi al­ternativa, un piano B, all’in­segna del risparmio ma in grado comunque di garanti­re un livello alto all’Esposi­zione internazionale. Meno soldi da spendere in struttu­re, insomma, più sobrietà co­me impongono il momento e il tema scelto, quello del­l’alimentazione e della soste­nibilità ambientale.

La cartellina datata 30 giu­gno, con tanto di cifre, raf­fronti e considerazioni, è già anche sulla scrivania del mi­nistro Giulio Tremonti e rias­sume il lavoro svolto da una cordata di rappresentanti del mondo dell’imprenditoria e della finanza uniti da una stessa preoccupazione: che il progetto originario di Expo sia troppo ambizioso. I primi numeri rivisti sono quelli dei turisti attesi: a Saragozza ne sono arrivati poco più di 5 milioni, la metà di quelli aspettati. Così a Milano non caleranno 27 milioni di ospi­ti: saranno forse 12, la mag­gior parte dei quali lombardi o comunque italiani. Una preoccupazione tal­mente diffusa che sempre più iscritti si erano converti­ti al partito dei pentiti: di quelli, insomma, che pensa­no «magari avesse vinto Smirne».

Ma, oltre al fatto che i concorrenti turchi bene­dicono il giorno in cui i giudi­ci dell’Expo decretarono la lo­ro sconfitta, la locomotiva è ormai in corsa e non può es­sere fermata. Avanti, dun­que. Ma in un altro modo. Prendiamo i conti. La spe­sa prevista per Expo supera i 3 miliardi di euro per le aree espositive, gli alberghi, i col­legamenti e la gestione del­l’evento: le cosiddette opere essenziali. Denaro che verrà sborsato da Stato, enti locali, Camera di commercio e pri­vati. Ma si può risparmiare, valorizzando tra l’altro lo spi­rito incarnato dal tema «Nu­trire il pianeta, energia per la vita» sicuramente proiettato su un’attenzione al sociale e ai bisogni dei Paesi meno svi­luppati. Come? Anzitutto riveden­do l’ipotesi di una maxi strut­tura sull’area già individua­ta, che tra l’altro all’indoma­ni di Expo potrebbe trasfor­marsi in una cattedrale nel deserto inutile e inutilizzata. Gli stand potrebbero così ve­nire ospitati negli spazi di Rho-Pero, magari ampliati, facendo contratti di un anno per trasferire le manifestazio­ni espositive in calendario in altre città italiane, che a lo­ro volta sarebbero valorizza­te e riprenderebbero ossige­no in un momento di crisi generalizzata. Sul terreno de­stinato all’Expo andrebbe in­vece realizzato un prefabbri­cato sicuramente meno co­stoso: alla fine del 2015, dun­que, la struttura potrebbe ve­nire smontata e trasportata in Paesi in via di sviluppo con cui, grazie ad Expo, so­no stati fatti contratti di col­laborazione: per realizzare una scuola, un ospedale, un centro per bambini senza fa­miglia e altro ancora.

Il pia­no B prevede poi la rinuncia a tutto quanto fa spettacolo: le torri (per altro, ipotesi già accantonata), le scenografie, le musiche, il catering. Me­glio concentrarsi sulle opere che resteranno alla città, a partire dalle infrastrutture viarie ma senza allargarsi troppo: la M6, per intender­si, resta nel cassetto e anche sulla linea 4 ci sono forti dubbi rispetto alla sostenibi­lità economica. Unica con­cessione potrebbe essere il salvataggio del progetto del­le vie d’acqua, che tra l’altro piace molto a Umberto Bos­si. Tradotto in euro, il rispar­mio sarebbe di oltre 1 miliar­do e 600 milioni di euro. Sol­di che al limite, se si trovano davvero, potranno essere de­stinati a investimenti per il futuro: per mandare i nostri ragazzi a studiare all’estero oppure per creare quell’arti­gianato specializzato di cui Milano ha molto bisogno e che potrebbe segnare il rilan­cio produttivo di una città ormai abbandonata dall’in­dustria.

È chiaro che dietro alla vi­cenda si muove anche la poli­tica. E questo nuovo asse in formazione avrebbe, attraver­so il ministro Tremonti, la be­nedizione di Bossi e del suo luogotenente in Lombardia, Giancarlo Giorgetti. Un asse che parla più al governatore Roberto Formigoni che al sindaco Letizia Moratti. E lo schieramento si capirebbe anche dalla ripartizione dei ruoli: con Formigoni che po­trà gestirsi le infrastrutture, la società di Lucio Stanca che gestirebbe la parte organizza­tiva e il marketing, il gover­no che reggerebbe i cordoni della borsa e darebbe la linea all’evento. E la Moratti? Di certo il sindaco continuerà ad avere il ruolo di ambascia­trice di Expo e terrà i contatti con le altre nazioni. Per il re­sto, come dice qualcuno con una punta di veleno, «non le lasceranno neppure da sce­gliere il colore dei cappelli­ni».

Vedi anche:
Expo 2015 - alcuni articoli a confronto
Milano, il libro dei sogni dei progetti urbanistici (Fonte: la Repubblica - Affari & Finanza - 26/10/2009)

Marco
[Modificato da marco--- 26/10/2009 22:54]