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Governo Monti: tagli, tasse, sacrifici, risanamento delle finanze e crescita

Ultimo Aggiornamento: 08/04/2013 10:26
27/06/2012 21:01
 
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Considerazioni sul raggiungimento degli obiettivi e sull'utilità dei provvedimenti adottati
Sei mesi di inutili sacrifici imposti agli italiani dal fallimentare governo Monti (Fonte: qelsi.it - 01/06/2012)

Sei mesi di tempo non sono sufficienti a caratterizzare definitivamente l’azione di un governo, ma rappresentano un periodo sufficientemente significativo per valutarne correttezza d’impostazione in relazione alle problematiche da affrontare, nonché per valutare l’efficacia della politica intrapresa misurata sui risultati già acquisiti od attesi nel breve-medio termine, o intravedibili in prospettive di largo respiro temporale. Cosa è allora successo in questi sei mesi? Per fare un confronto oggettivo ci affidiamo alla logica razionale ed all’obbiettività delle cifre e dei dati rilevati agli inizi di gennaio 2012 ed adesso a fine maggio.
A gennaio l’indice di borsa FTSE Mib stava a quota 15.500, ora è sceso sotto quota 13.000 ed i titoli si sono svalutati mediamente del 18%. Lo spread tra i Btp decennali e le Bundesobligazionen che era schizzato a 575 punti il giorno in cui è stato “dimissionato” Berlusconi, s’è poi assestato attorno a 450 punti, con puntate sopra a 500, scendendo solo per qualche giorno sotto quota 400 ma mantenendosi molto al di sopra del valore medio attorno ai 300 punti fatto registrare dal precedente governo. Nel frattempo abbiamo perso trentamila imprese, per lo più piccole imprese industriali, laboratori artigianali e negozi a conduzione familiare, e la produzione industriale è crollata quasi del 10%.

La disoccupazione che a fine 2011 faceva registrare un dato dell’8,6%, con il 31% di quella giovanile e di oltre il 40% quella della donne, ora ha raggiunto quota 10%, con punte del 38% tra i giovani e superiore al 50% tra le donne. E questi dati non tengono neanche conto dei tre milioni di persone che si arrangiano o si fanno mantenere da genitori, amici, parenti o comunità, in quanto hanno pure perso la speranza di trovare un lavoro ed hanno smesso di cercarlo. Il debito pubblico a fine novembre 2011, con la manovra del precedente governo, era tornato sotto quota 1900 mdi, precisamente a 1898 mdi di euro come rilevato da Bankitalia, dopo che a luglio del 2011 si era raggiunta la quota record di 1911.
Un trend nettamente in discesa che ha subito una drastica inversione di rotta col governo Monti: il 27 aprile di quest’anno ha sfondato quota 2.000 miliardi di euro, portando l’indebitamento, cioè il rapporto tra debito e PIL, dal 119,3% lasciato in eredità dal duo Berlusconi-Tremonti ad oltre il 125 %, perché nel frattempo il PIL s’è ridotto di quasi l’1 %.

La pressione fiscale media, un triste primato mondiale del quale il Paese farebbe volentieri a meno, è passata dal 43,7% all’attuale 47,8%, cioè è cresciuta, anziché ridursi per concedere fiato alle imprese e respiro alle famiglie. L’unico dato che tiene è quello relativo all’export che è cresciuto del 4,3%, ma questo non è certo un merito di questo governo, che anzi nessuna attenzione ha dedicato alle imprese che lavorano soprattutto sull’estero. In un momento di grave difficoltà con una pesante contrazione dei consumi interni, l’export rappresenta la valvola di sfogo che permette a molte aziende ed al loro indotto di sopravvivere. Ma Monti, anziché promuoverle ed incentivarle che fa? Le tassa, addossando loro i costi dei nuovi ammortizzatori sociali, ed innalzando i costi per il lavoro precario, anziché ridurre quelli dei contratti a tempo indeterminato.
Quindi, nonostante una tassazione lacrime e sangue, non solo sono ulteriormente peggiorati tutti i parametri ed i dati macroeconomici, ma addirittura è cresciuto il debito pubblico, la spesa pubblica e gli sprechi sono rimasti tali e quali, anzi pure questi aumentati di un po’, mentre non si registra nessun segnale positivo per disoccupazione, produzione industriale e consumi interni. Niente, nessuna prospettiva di ripresa, nonostante i ripetuti inviti arrivati a Monti da tutte le parti, dalla Bce, dall’FMI, dalla Banca d’Italia, da Obama, esperti ed economisti di mezzo mondo, persino adesso da Rehn e Barroso, i capobanda rigoristi della UE. In compenso, con i partiti sollevati dalla responsabilità di governo e quindi dediti alla tutela dei propri interessi, la corruzione ha raggiunto livelli inusitati ed intollerabili, mentre cresce l’allarme sociale per la sicurezza e la recrudescenza di micro e macro criminalità, del terrorismo rosso, dell’eversione, ed ha ripreso pieno vigore l’immigrazione clandestina, tutte problematiche queste destinate a non ricevere nessuna attenzione da un governo di tecnici incapaci ed inesperti.

Sul piano personale, il prof varesino ha bruciato la cambiale in bianco di una credibilità che molti erano stati generosi nell’assegnarli nonostante fosse tutta da dimostrare. In pochi mesi ha perso tutto, ha commesso gaffes incredibili, l’ultima quella di “concedere” ai terremotati la sospensione, non la cancellazione, dell’Imu su immobili che non esistono più! Una macabra e grottesca presa in giro. Anche per questo il suo indice di gradimento sì è inabissato nella Fossa delle Marianne, mentre la sua credibilità in ambito internazionale è scesa a zero come dimostra la fuga di imprese e di capitali dall’Italia, cui gli investitori non concedono più alcuna fiducia, e gli insulti apparsi su quella stampa internazionale che prima di conoscerlo lo osannava.
Monti, se conserva un briciolo di lucidità, deve capire almeno che non si può continuare a mantenere il Paese in una situazione di recessione e di completo fallimento come questa.

Monti ha sbagliato sin dall’inizio quando ha dedicato tutte le attenzioni del governo ai fatui problemi finanziari, senza capire che i debiti non si pagano con le tasse, il cui gettito sta infatti diminuendo nonostante l’aggravio delle aliquote e l’arrivo dell’Imu, ma con il lavoro, creando ricchezza con la quale impostare un sano e sostenibile piano di rientro. In Giappone l’indebitamento ha raggiunto il 215 % del PIL, ma nessuno si preoccupa di mettere nuove imposte o di inasprire quelle già esistenti. Ma si preoccupano invece, e tanto, di sostenere la produzione, l’occupazione e di migliorare in tempi di crisi il sistema di ammortizzatori sociali. La finanza è carta straccia, sono le imprese, il lavoro, il sistema produttivo, l’economia a creare valori aggiunti e ricchezza. A questo avrebbe dovuto dedicarsi, mettendo a frutto il sostegno della maggioranza bulgara di cui disponeva in Parlamento per avviare la crescita e le riforme per ammodernare il Paese delle quali era bravissimo a disquisire quando frequentava salotti e televisioni radical chic. Invece ha fatto l’esatto contrario e pretende pure di convincerci, con sotterfugi contabili e menzogne, che ha ragione lui e che noi siamo degli “ingrati” nei suoi confronti. Per gli italiani, grandi lavoratori, gente che se motivata sa dimostrarsi forte e coraggiosa, non è insopportabile dover affrontare i sacrifici che tutti sanno essere necessari per uscire da questa crisi, ma è la dimostrata inutilità di questi sacrifici ad essere intollerabile ed insopportabile. A che è servito questo governo che ha fallito su tutti i fronti senza riuscire ad avviare una misura, una sola, per la ripresa e lo sviluppo economico e sociale del Paese? Solo a toglierci pure la speranza ed il gusto della vita.


[Modificato da marco--- 27/06/2012 21:03]
28/06/2012 09:31
 
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Ritirare il debito pubblico emettendo moneta (Fonte: laprovinciadicremona.it - 20/06/2012)

Egregio direttore,
c’è una soluzione all'austerità, ai sacrifici, ai default, ai fallimenti, alla disoccupazione, alla depressione, ai suicidi e alla violenza per strada?

Certo: per risolvere la questione europea e soprattutto quella italiana si può emettere moneta e usarla per ritirare debito, con la Banca Centrale Europea che "emette moneta" e compra titoli di Stato. In questo modo il debito pubblico si riduce. Emetti ad esempio 400 miliardi di euro e li usi per ritirare 400 miliardi di Btp. Dove vanno allora a finire poi questi Btp e questa moneta? I Btp finiscono attività a bilancio della Bce, a cui corrisponderà ovviamente una passività equivalente nei confronti delle banche europee, assicurazioni, fondi e cittadini che glieli vendono. E questi enti e soggetti privati che li vendono si ritroveranno invece di Btp che rendono un 5% ad esempio degli euro che rendono 0%. Fine.
È semplice, non è alchimia, non è un trucco, è se vuoi ingegneria finanziaria, ma è basata sul meccanismo della moneta attuale che è un accredito della Banca Centrale nei confronti di una banca per conto dei suoi clienti. La creazione di moneta è un accreditare i conti che le banche tengono presso la Banca Centrale e può essere fatto senza restrizioni. Se lo fai però per ritirare debito pubblico non crei inflazione sui beni di consumo perché è carta che si scambia con carta, o più precisamente sono saldi di conti di deposito a risparmio che rendono un 6% presso la Bce o Banca d'Italia che vengono sostituiti da incrementi dei saldi di conti correnti sempre presso la Bce o Bankitalia. Sono in qualche modo partite di giro, ma questo perché i titoli di Stato, il debito dello Stato è un fatto artificiale, è debito emesso da un soggetto che può emettere moneta.
Il debito pubblico non ha senso! Se tu come famiglia potessi emettere moneta per pagare ti indebiteresti? Se lo facessi come famiglia dovrebbero interdirti o internarti. E però da alcuni decenni lo Stato si indebita costantemente sui mercati, pagando i tassi che i creditori impongono, pur potendo finanziarsi senza interessi. Lo Stato avrebbe potuto finanziare i suoi debiti semplicemente con accrediti presso Banca d'Italia (quello che le anime semplici chiamano stampare moneta).
Bisogna, con un ritardo di 30 anni, ora mettere fine a questa follia e ritirare il debito pubblico facendolo assorbire alla banca centrale. Sia il debito emesso che la moneta emessa alla fine sono solo accrediti presso la banca centrale nel sistema monetario moderno. La differenza è che il debito costa un 5 o 6% l'anno e la moneta costa 0%. Perchè devi far pagare allo Stato 6% l'anno per 40 anni per cui poi il debito pubblico di 2mila miliardi dell'Italia è fatto solo di interessi se puoi evitarlo? È chiaro che questa soluzione, di ritirare debito pubblico emettendo moneta, inflaziona i mercati dato che riduce i rendimenti e fornisce liquidità da investire.
Ovvio, tanto è vero che Inghilterra e Usa che l'hanno adottata: dal 2.009 hanno borse che sono salite di un 30% in più di quelle europee e di un 60% in più di quella italiana e spagnola.

B. Orso
(Cremona)
30/06/2012 21:16
 
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Modern Monetary Theory
La Rivoluzione che viene dagli Usa (Fonte: repubblica.it - di Federico Rampini - 21/02/2012)

Le grandi crisi partoriscono grandi idee. Così fu dopo il crac del 1929 e la Depressione. Per uscirne, l'Occidente usò il pensiero di John Maynard Keynes, scoprì un ruolo nuovo per lo Stato nell'economia, inventò le politiche sociali del New Deal e la costruzione del moderno Welfare State. Oggi siamo daccapo. L'eurozona sprofonda nella sua seconda recessione in tre anni. Gli Stati Uniti malgrado la ripresa in atto pagano ancora i prezzi sociali elevatissimi della Grande Contrazione iniziata nel 2008 (almeno 15 milioni di disoccupati). Ma dall'America una nuova teoria s'impone all'attenzione. Si chiama Modern Monetary Theory, ha l'ambizione di essere la vera erede del pensiero di Keynes, adattato alle sfide del XXI secolo.

Ha la certezza di poter trainare l'Occidente fuori da questa crisi. A patto che i governi si liberino di ideologie vetuste, inadeguate e distruttive. È una rivoluzione copernicana, il cui alfiere porta un cognome celebre: James K.Galbraith, docente di Public Policy all'università del Texas e consigliere "eretico" di Barack Obama.
James K. Galbraith è figlio di uno dei più celebri economisti americani, quel John Kenneth Galbraith che fu grande studioso della Depressione e consulente di John Kennedy.

Il nuovo Verbo che sconvolge i dogmi degli economisti, assegna un ruolo benefico al deficit e al debito pubblico. È un attacco frontale all'ortodossia vigente. Sfida l'ideologia imperante in Europa, che i "rivoluzionari" della Modern Monetary Theory (o Mmt) considerano alla stregua di un vero oscurantismo. Quel che accade in questi giorni a Roma e Atene, l'austerity imposta dalla Germania, per i teorici della Mmt non è soltanto sbagliata nei tempi (è pro-ciclica: perché taglia potere d'acquisto nel bel mezzo di una recessione), ma è concettualmente assurda.

Un semplice esercizio mette a nudo quanto ci sia di "religioso" nella cosiddetta saggezza convenzionale degli economisti. Qualcuno ha provato a interrogare i tecnocrati del Fmi, della Commissione Ue e della Banca centrale europea, per capire da quali Tavole della Legge abbiano tratto alcuni numeri "magici". Perché il deficit pubblico nel Trattato di Maastricht non doveva superare il 3% del Pil? Perché nel nuovo patto fiscale dell'eurozona lo stesso limite è stato ridotto a 0,5% del Pil? Chi ha stabilito che il debito pubblico totale diventa insostenibile sotto una soglia del 60% oppure (a seconda delle fonti) del 120% del Pil? Quali prove empiriche stanno dietro l'imposizione di questa cabala di cifre? Le risposte dei tecnocrati sono evasive, o confuse.

La Teoria Monetaria Moderna fa a pezzi questa bardatura di vincoli calati dall'alto, la considera ciarpame ideologico. La sua affermazione più sconvolgente, ai fini pratici, è questa: non ci sono tetti razionali al deficit e al debito sostenibile da parte di uno Stato, perché le banche centrali hanno un potere illimitato di finanziare questi disavanzi stampando moneta. E non solo questo è possibile, ma soprattutto è necessario. La via della crescita, passa attraverso un rilancio di spese pubbliche in deficit, da finanziare usando la liquidità della banca centrale. Non certo alzando le tasse: non ora.

Se è così, stiamo sbagliando tutto. Proprio come il presidente americano Herbert Hoover sbagliò drammaticamente la risposta alla Grande Depressione, quando cercò di rimettere il bilancio in pareggio a colpi di tagli (stesso errore che fece Franklin Roosevelt nel 1937 con esiti nefasti).
Il "nuovo Keynes" oggi non è un profeta isolato. Galbraith Jr. è solo il più celebre dei cognomi, ma la Mmt è una vera scuola di pensiero, ricca di cervelli e di think tank. Così come la destra reaganiana ebbe il suo pensatoio nell'Università di Chicago (dove regnava negli anni Settanta il Nobel dell'economia Milton Friedman), oggi l'equivalente "a sinistra" sono la University of Missouri a Kansas City, il Bard College nello Stato di New York, il Roosevelt Institute di Washington. Oltre a Galbraith Jr., tra gli esponenti più autorevoli di questa dottrina figura il "depositario" storico dell'eredità keynesiana, Lord Robert Skidelsky, grande economista inglese di origine russa nonché biografo di Keynes.

Fra gli altri teorici della Mmt ci sono Randall Wray, Stephanie Kelton, l'australiano Bill Mitchell. Non sono una corrente marginale; tra i loro "genitori" spirituali annoverano Joan Robinson e Hyman Minsky. Per quanto eterodossi, questi economisti sono riusciti a conquistarsi un accesso alla Casa Bianca. Barack Obama consultò Galbraith Jr. prima di mettere a punto la sua manovra di spesa pubblica pro-crescita, così come fece la democratica Nancy Pelosi quando era presidente della Camera. Ma la vera forza della nuova dottrina viene dai blog. The Daily Beast, New Deal 2.0, Naked Capitalism, Firedoglake, sono tra i blog che ospitano l'elaborazione del pensiero alternativo. Hanno conquistato milioni di lettori: è una conferma di quanto ci sia sete di terapie nuove, e quanto sia screditato il "pensiero unico".

La Teoria Monetaria Moderna è ben più radicale del pensiero "keynesiano di sinistra" al quale siamo abituati. Perfino due economisti noti nel mondo intero come l'ala radicale che critica Obama da sinistra, cioè i premi Nobel Paul Krugman e Joseph Stiglitz, vengono scavalcati dalla Mmt. Stephanie Kelton, la più giovane nella squadra, ha battezzato una nuova metafora… ornitologica. Da una parte ci sono i "falchi" del deficit: come Angela Merkel, le tecnocrazie (Fmi, Ue), e tutti quegli economisti schierati a destra con il partito repubblicano negli Stati Uniti, decisi a ridurre ferocemente le spese. Per loro vale la falsa equivalenza tra il bilancio di uno Stato e quello di una famiglia, che non deve vivere al di sopra dei propri mezzi: un paragone che non regge, una vera assurdità dalle conseguenze tragiche secondo la Mmt.

Poi ci sono le "colombe" del deficit, i keynesiani come Krugman e Stiglitz. Questi ultimi contestano l'austerity perché la giudicano intempestiva (i tagli provocano recessione, la recessione peggiora i debiti), però hanno un punto in comune con i "falchi": anche loro pensano che a lungo andare il debito crea inflazione, soprattutto se finanziato stampando moneta, e quindi andrà ridotto appena possibile. Il terzo protagonista sono i "gufi" del deficit. Negli Stati Uniti come nell'antica Grecia il gufo è sinonimo di saggezza. I "gufi", la nuova scuola della Mmt, ritengono che il pericolo dell'inflazione sia inesistente. Secondo Galbraith Jr. «l'inflazione è un pericolo vero solo quando ci si avvicina al pieno impiego, e una situazione del genere si verificò in modo generalizzato nella prima guerra mondiale». Di certo non oggi.

Il deficit pubblico nello scenario odierno è soltanto benefico, a condizione che venga finanziato dalle banche centrali: comprando senza limiti i titoli di Stato emessi dai rispettivi governi. Ben più di quanto hanno iniziato a fare Ben Bernanke (Fed) e Mario Draghi (Bce), questa leva monetaria va usata in modo innovativo, spregiudicato: l'esatto contrario di quanto sta avvenendo in Europa.
[Modificato da marco--- 30/06/2012 21:19]
06/07/2012 11:41
 
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L'Italia come l'Argentina 10 anni fa
Ora si che sembrate l'Argentina (Fonte: comedonchisciotte.org - 31/03/2012)

L'Italia come l'Argentina 10 anni fa

Le polemiche italiane sull’articolo 18 hanno per gli argentini uno sgradevole sapore di déjà vu e lo stesso dicasi per le reazioni nei confronti del governo tecnico di Mario Monti. Se la nostra esperienza può servire a qualcosa eccone un breve resoconto. Il presidente Carlos Menem (1989-1999) abolì le leggi a tutela dei lavoratori che garantivano diritti ottenuti dopo decenni di lotte sociali, cosa questa che non aveva osato fare nemmeno la dittatura militare (1976-1983).

Il tecnico che preparò la riforma del mercato del lavoro fu Domingo Cavallo, incaricato di porre fine al “populismo peronista”.

In Italia settori che si considerano progressisti o comunque facenti parte di una delle anime della sinistra, hanno accolto con sollievo il rappresentante delle banche e di quel mitologico personaggio che va sotto il nome di“Merkozy”. Dicono sia un uomo serio, che gode di notevole prestigio in Europa e che ora non bisogna più vergognarsi di essere italiani.

La situazione ha qualche analogia con l’Argentina di 20 anni fa anche se in Argentina il problema non era il bunga bunga, ma la superinflazione.

Stabilendo il rapporto di parità tra dollaro americano e peso argentino, Cavallo fece calare immediatamente l’inflazione e avviò un programma di riforme il cui scopo era quello di migliorare la competitività dell’economia. La brusca stabilizzazione così ottenuta permise a Menem, che somigliava più a Berlusconi che a Mario Monti, di vincere le elezioni successive e di portare avanti un programma di smantellamento delle conquiste sociali, di liberalizzazione finanziaria, di deregulation e di privatizzazioni che causò indebitamento con l’estero per sostenere la finzione secondo cui un peso valeva quanto un dollaro, deindustrializzazione e dismissione delle industrie pubbliche.

La flessibilità del lavoro fu una delle pietre angolari di questo modello.

La perdita di stabilità del lavoro e la legalizzazione dei contratti a tempo determinato o a salario ridotto senza benefici sociali per i nuovi lavoratori ridussero il costo del lavoro e fecero lievitare i profitti delle imprese il cui contributo al sistema pensionistico subì una drastica riduzione. Di conseguenza il sistema pensionistico venne privatizzato e i fondi pensione gestiti dalle grandi banche. Anche Cavallo era un uomo rispettato negli ambienti finanziari internazionali e Menem prometteva che con questa politica l'Argentina sarebbe divenuta un paese del primo mondo, realizzando una vecchia ossessione argentina.

Avvenne l'esatto contrario. Invece di registrare aumenti di produttività, il settore industriale entrò in crisi profonda. La chiusura di moltissime attività produttive, che non potevano competere con le importazioni a prezzi molto bassi, fece lievitare la disoccupazione fino a livelli mai toccati in Argentina.

Quando Fernando De la Rua successe a Menem (1999-2001), al salvatore tecnico, Domingo Cavallo, fu affidato il ministero dell’Economia. Il modello economico collassò definitivamente nel dicembre 2001.

Il tasso di disoccupazione toccò il 25%, le banche confiscarono i depositi dei correntisti, i prestiti del FMI furono utilizzati per finanziare il salvataggio.

Dei grandi capitalisti che riuscirono far uscire dal Paese migliaia di milioni di dollari prima che il sistema bancario presentasse il conto ai comuni cittadini. Quando venivano licenziati i lavoratori smettevano di versare i contributi al loro fondo pensione e i loro conti correnti andavano in rosso anche per le esose commissioni delle banche.

Le banche,disponendo di una elevata liquidità, cominciarono a prestare denaro a tassi molto alti allo Stato che si era svenato trasferendo risorse al sistema pensionistico. Circa tre milioni di lavoratori che avevano raggiunto l’età della pensione rimasero senza lavoro e senza pensione.

Nestor Kirchner disse molte volte che era stato eletto presidente con un numero di voti (alle elezioni del 2003 ottenne il 22% al primo turno e Menem si ritirò prima del secondo turno prevedendo una clamorosa sconfitta) inferiore al numero di disoccupati. Il programma suo e della sua vedova Cristina Fernandez de Kirchner che governerà dal 2007 e verrà rieletta nel 2011 con il 54% dei voti, consisteva nell’abolire poco alla volta tutte le riforme introdotte dal governo tecnico di Cavallo: i diritti dei lavoratori furono ripristinati, le pensioni, che erano state congelate nel decennio precedente, furono incrementate due volte l’anno in misura superiore all’inflazione, il sistema pensionistico divenne nuovamente pubblico e vennero integrati i lavoratori che erano stati esclusi dal mondo del lavoro. Mentre nel decennio precedente solo il 50% dei lavoratori che arrivavano all’età della pensione riuscivano a ottenere un assegno pensionistico, oggi tale percentuale è superiore al 90%. I salari dei lavoratori sono i più alti dell’America Latina e il costo del lavoro per unità di prodotto è inferiore rispetto al 2001 in quanto sono aumentati la produttività e i profitti delle imprese.

Questa sorprendete realtà coincide con quella tedesca: sono gli alti salari a stimolare gli investimenti e la produttività.

Horacio Verbitsky, scrittore e giornalista dirige il Centro Studi Giuridici e Sociali di Buenos Aires
[Modificato da marco--- 06/07/2012 11:42]
08/08/2012 09:03
 
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Pil, disoccupazione, spread Tutti numeri che inchiodano Monti (Fonte: liberoquotidiano.it - 08/08/2012)

Consumi mai così giù, produzione industriale al palo, un esercito di disoccupati: i dati del fallimento.

Le dichiarazioni del prermier al Wsj arrivano nel giorno in cui l'Istat ha diffuso i disastrosi dati sul prodotto interno lordo, mai così male dal 2009, e ha certificato che l'Italia è in recessione.
Le dichiarazioni di Mario Monti al Wall Street Journal sul baratro in cui sarebbe finita l'Italia ("lo spread a 1200 punti") se Berlusconi fosse rimasto al governo sono, come per contrappasso arrivate proprio il giorno in cui l'Istat con i dati sul Pil ha ufficializzato che l'Italia è in recessione. Il pil italiano nel secondo trimestre è crollato del 2,5% su base annua, la peggiore flessione dal 2009. Ma questo dato è solo uno dei tanti numeri che, messi danno la fotografia di Un Paese allo stallo. Il Pil ma anche il crollo della produzione industriale (-8,2% a giugno, -22% per il solo settore auto), i consumi sono al palo, la disoccupazione è ormai al 10,8%.
Numeri che raccontano un Paese immobile e che lasciano poco spazio alla speranza se si considera che parallelamente la pressione fiscale tra Imu, patrimoniali, aumento delle bollette, è aumentata (dal 42,6% al 45,1%) ed è destinata a salire ulteriormente nel 2013. La sua ricetta non ha portato i risultati sperati neanche sui mercati finanziari che restano sospesi ai diktat tedeschi con gli spread sempre pronti a schizzare sopra i 500.
08/09/2012 22:15
 
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Tutti i numeri di Monti, professor fallimenti (Fonte: liberoquotidiano.it - 31/08/2012)

Pil, inflazione, disoccupazione e produzione industriale: da quando è arrivato lui la situazione economica è peggiorata.

Il Pil italiano marcia sette volte peggio di un anno fa rispetto alla media dell’area dell’euro. Il rapporto fra debito e Pil è peggiorato di quasi quattro punti percentuali ed è peggiorato di due punti anche rispetto alla media degli altri 16 Paesi che vivono di euro. L'inflazione è cresciuta di un punto e mezzo percentuale ed è più che triplicata la distanza dagli altri paesi. La disoccupazione è cresciuta di 2,7 punti percentuali portando l'unico indicatore che rendeva l’Italia virtuosa rispetto alla media Ue alo stesso livello degli altri. La produzione industriale è caduta in nove mesi di 3,7 punti e si è allargata di due punti anche qui la distanza rispetto alla media dell'eurozona.

I numeri di Eurostat sono impietosi, e raccontano una verità diametralmente opposta rispetto ai titoli dei giornali italiani, e alla propaganda.
Da quando Mario Monti è diventato presidente del Consiglio, la situazione dell'economia italiana è sensibilmente peggiorata anche rispetto alle ultime convulse settimane del governo di Silvio Berlusconi con Giulio Tremonti che reggeva il timone dell’Economia. La cura Monti non solo non si è rivelata una medicina utile per i conti pubblici italiani, ma al contrario è stata un veleno che ha danneggiato pericolosamente la struttura economica di un paese magari sotto attacco della speculazione, ma in cui gli indicatori fondamentali tenevano ancora. Non è stata una congiuntura più avversa che in passato a segnare un fallimento che emerge senza possibilità di dubbio da tutti gli indicatori economici - nessuno escluso. È stata proprio l’agenda Monti, la serie di provvedimenti adottati dal governo in carica, ad aggravare la situazione generale del Paese invece di migliorarla come si raccontava e certo si sperava.

Il contrario - Certo, la congiuntura internazionale non ha aiutato. Ma questa riguarda tutti i paesi europei in eguale misura, e non solo l'Italia. Anche lì c’è recessione, la produzione industriale cade, la disoccupazione aumenta, l'inflazione cresce, si fatica a tenere a freno il debito pubblico. Ma in Italia va peggio che altrove. E soprattutto nella caduta la distanza su tutti gli indicatori dell’economia italiana fra l’Italia e gli altri paesi dell’euro si è notevolmente allargata oggi rispetto a un anno fa. Questo dipende solo ed esclusivamente dalla cura scelta dal governo Monti che non ha centrato gli obiettivi proposti, provocando danni collaterali che la realtà ha mostrato assai più gravi dei possibili benefici. È fallito proprio il cuore della missione che il premier si era dato: portare l’Italia più vicino agli altri paesi dell'area dell’euro. Purtroppo è accaduto il contrario: l’Italia era in Europa nel settembre 2011 assai più di quanto non accada un anno dopo...
09/09/2012 09:42
 
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Re:
marco---, 08/09/2012 22.15:

...

Pil, inflazione, disoccupazione e produzione industriale: da quando è arrivato lui la situazione economica è peggiorata.

...



Diciamo che si e' collocato nella scia dei disastri gia' in atto, non e' che prima di lui fossero rose e fiori e c'e' chi aveva gia' fatto peggio ...










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09/09/2012 10:04
 
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Re: Re:
(sylvestro), 9/9/2012 9:42 AM:

Diciamo che si e' collocato nella scia dei disastri gia' in atto, non e' che prima di lui fossero rose e fiori e c'e' chi aveva gia' fatto peggio ...

E dunque accettiamo gli "effetti collaterali" dell'austerità sebbene il farmaco, nella migliore delle ipotesi (che auto forzatura scriverlo) non abbia effetti?
Aspetta, aspetta... mi scrivo già io la replica: senza Monti l'Italia ora sarebbe in una situazione ben peggiore.
Feci questa affermazione al di fuori del forum qualche giorno prima che uscisse l'attesa notizia: Monti al Wsj: senza di me lo spread sarebbe a 1.200
Ammetto che non occorreva un genio nel prevederla, visti gli evidenti peggioramenti della situazione non sarebbe mancato un autoreferenziale elogio indiretto.

Comunque chi crede nell'austerità di Monti può godersi in pace il suo operato, dato che sarà ben difficile metterlo in discussione, purtroppo, aggiungo io.
09/09/2012 10:14
 
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Re: Re: Re:
marco---, 09/09/2012 10.04:

E dunque accettiamo gli "effetti collaterali" dell'austerità sebbene il farmaco, nella migliore delle ipotesi (che auto forzatura scriverlo) non abbia effetti?
Aspetta, aspetta... mi scrivo già io la replica: senza Monti l'Italia ora sarebbe in una situazione ben peggiore.
Feci questa affermazione al di fuori del forum qualche giorno prima che uscisse l'attesa notizia: Monti al Wsj: senza di me lo spread sarebbe a 1.200
Ammetto che non occorreva un genio nel prevederla, visti gli evidenti peggioramenti della situazione non sarebbe mancato un autoreferenziale elogio indiretto.

Comunque chi crede nell'austerità di Monti può godersi in pace il suo operato, dato che sarà ben difficile metterlo in discussione, purtroppo, aggiungo io.



Non ho difeso Monti.

E non ho intenzione di farlo.

Faccio notare che che nella m c'eravamo già, pesantemente; il merito e' della classe politica vigente, TUTTA.

E mi dispiacerebbe se la prossima primavera scoprissimo che la colpa dei mali del mondo e' dell'euro, di Monti, del signoraggio, della sfortunata congiunzione astrale e che gli stessi personaggi saranno riproposti come soluzione al male che hanno creato.

Non serve un capro espiatorio ma una soluzione. L'austerità e' una di queste.
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09/09/2012 11:05
 
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Re: Re: Re: Re:
(sylvestro), 9/9/2012 10:14 AM:

Non ho difeso Monti.

E non ho intenzione di farlo.

Faccio notare che che nella m c'eravamo già, pesantemente; il merito e' della classe politica vigente, TUTTA.

E mi dispiacerebbe se la prossima primavera scoprissimo che la colpa dei mali del mondo e' dell'euro, di Monti, del signoraggio, della sfortunata congiunzione astrale e che gli stessi personaggi saranno riproposti come soluzione al male che hanno creato.

Non serve un capro espiatorio ma una soluzione. L'austerità e' una di queste.

Mi dispiace molto che te, come del resto tantissime altre persone, non riusciate a fare vostri due elementari concetti:

- il denaro non è ricchezza
- il denaro, da solo, non può generare nuova ricchezza

Compresi questi due semplici concetti non dovrebbe essere difficile intuire che produrre nuovo denaro "giocherellando" col solo denaro (ingegneria finanziaria, speculazione in senso generale) non solo non produce nuova ricchezza ma drena, ridistribuisce l'unica vera ricchezza, ossia quella prodotta dall'economia reale.

Gli Stati, per mezzo dell'austerità, stanno "consacrando" beni reali, prodotti per mezzo del lavoro delle generazioni dei nostri genitori, a una "divinità" di nome "finanza".
Il denaro è solo "strumento", è profondamente ingiusto che chi detiene il controllo della moneta di fatto possa imporre qualunque condizione a chi, invece, produce realmente ricchezza. E' per questo che è importante che gli Stati, partecipati dai popoli attraverso la democrazia, abbiano il controllo (sovranità) rispetto alla moneta.

Purtroppo ho la sensazione che il tempo passi inutilmente, nessuna evoluzione, sopra questi concetti, probabilmente, vi torneranno i "nostri figli" e dovranno rimediare, pagando non poco, alla nostra mancanza di lungimiranza, o forse molto più semplicemente al nostro asservimento mentale nei confronti dei mass media.
[Modificato da marco--- 09/09/2012 11:09]
09/09/2012 11:13
 
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Re: Re: Re: Re: Re:
marco---, 09/09/2012 11.05:

Mi dispiace molto che te, come del resto tantissime altre persone, non riusciate a fare vostri due elementari concetti:

- il denaro non è ricchezza
- il denaro, da solo, non può generare nuova ricchezza

Compresi questi due semplici concetti non dovrebbe essere difficile intuire che produrre nuovo denaro "giocherellando" col solo denaro (ingegneria finanziaria, speculazione in senso generale) non solo non produce nuova ricchezza ma drena, ridistribuisce l'unica vera ricchezza, ossia quella prodotta dall'economia reale.

Gli Stati, per mezzo dell'austerità, stanno "consacrando" beni reali, prodotti per mezzo del lavoro delle generazioni dei nostri genitori, a una "divinità" di nome "finanza".
Il denaro è solo "strumento", è profondamente ingiusto che chi detiene il controllo della moneta di fatto possa imporre qualunque condizione a chi, invece, produce realmente ricchezza. E' per questo che è importante che gli Stati, partecipati dai popoli attraverso la democrazia, abbiano il controllo (sovranità) rispetto alla moneta.

Purtroppo ho la sensazione che il tempo passi inutilmente, nessuna evoluzione, sopra questi concetti, probabilmente, vi torneranno i "nostri figli", e dovranno rimediare, pagando non poco, alla nostra mancanza di lungimiranza, o forse molto più semplicemente al nostro asservimento mentale nei confronti dei mass media.



Io credo che questa austerità serva a pagare l'eccesso di debito portato in nome della divinità finanza. Divinità finanza che ha anche trasformato l'eccesso di debito in veleno dei derivati per spingere fino all'estremo lo sfruttamento del meccanismo come tu hai fatto notare in altri post.

Così come ne abbiamo beneficiato troppo prima così ne soffriremo di più adesso.

Abbiamo goduto dei frutti di retribuzioni non lavorate, adesso paghiamo con lavoro non retribuito.

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09/09/2012 11:24
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re:
(sylvestro), 9/9/2012 11:13 AM:

...Così come ne abbiamo beneficiato troppo prima così ne soffriremo di più adesso.

Abbiamo goduto dei frutti di retribuzioni non lavorate, adesso paghiamo con lavoro non retribuito...

Beneficiato prima? Retribuzioni non lavorate?

Vogliamo scherzare. Non mi risulta che qualcuno abbia lavorato per noi. Qualcuno di noi si è ritrovato soldi creati dal nulla, gratuitamente, pronti da spendere? A me non mi risulta.

Ora dobbiamo "riempire" con vero lavoro tutto il denaro virtuale creato dal nulla. Sai quale sarebbe la giusta soluzione?

Rispedire il denaro virtuale nel luogo in cui stava prima d'essere stato creato, ossia distruggerlo, "digitando zero su di una tastiera", tutto qui.

Non chiedendo sacrifici a chi non ne ha tratto alcun beneficio.
09/09/2012 11:44
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
marco---, 09/09/2012 11.24:

Beneficiato prima? Retribuzioni non lavorate?

Vogliamo scherzare. Non mi risulta che qualcuno abbia lavorato per noi. Qualcuno di noi si è ritrovato soldi creati dal nulla, gratuitamente, pronti da spendere? A me non mi risulta.

Ora dobbiamo "riempire" con vero lavoro tutto il denaro virtuale creato dal nulla. Sai quale sarebbe la giusta soluzione?

Rispedire il denaro virtuale nel luogo in cui stava prima d'essere stato creato, ossia distruggerlo, "digitando zero su di una tastiera", tutto qui.

Non chiedendo sacrifici a chi non ne ha tratto alcun beneficio.



C'e' stata tutta una generazione ("dei nostri padri") che con uno stipendio (presunto) normale rivalutato con scala mobile ha mandato avanti la famiglia con più figli, comprato più case e versato un minimo per godere la vecchiaia con pensioni retributive.

A ruota la classe dirigente non ha certo lesinato di premiarsi per questo miracoloso boom economico basato sull'ingigantirsi del debito.

Ci hanno fatto credere che eravamo più bravi (più furbi?) degli altri ma, senza nulla togliere all'impegno e ai sacrifici fatti dalla gente onesta, abbiamo gonfiato muscoli posticci.

In parole povere abbiamo comprato benessere a debito rimandando il pagamento alle generazioni successive. Noi siamo la prima delle generazioni successive.

Adesso, secondo me, il punto non è a chi dare la colpa o quale fantasiosa scappatoia possiamo ipotizzare seguendo questo o quell'altro pifferaio magico, il punto è che questa è la realtà con la quale stiamo facendo i conti e continueremo a fare i conti nei prossimi anni.

Illudersi o illudere che ci sono alternative allo stringhere la cinghia è deleterio perchè si rischia di farsi trovare impreparati a quello che ci aspetta.

Ciascuno crederà a quello che ne ha voglia o a quello che gli fa più comodo, io per me voglio (vorrei) attenermi ai fatti di oggi e ad fatti di domani nella misura in cui riesco a percepirne i segnali.



[Modificato da (sylvestro) 09/09/2012 12:53]
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09/09/2012 15:05
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
(sylvestro), 9/9/2012 11:44 AM:

C'e' stata tutta una generazione ("dei nostri padri") che con uno stipendio (presunto) normale rivalutato con scala mobile ha mandato avanti la famiglia con più figli, comprato più case e versato un minimo per godere la vecchiaia con pensioni retributive.

A ruota la classe dirigente non ha certo lesinato di premiarsi per questo miracoloso boom economico basato sull'ingigantirsi del debito.

Ci hanno fatto credere che eravamo più bravi (più furbi?) degli altri ma, senza nulla togliere all'impegno e ai sacrifici fatti dalla gente onesta, abbiamo gonfiato muscoli posticci.

In parole povere abbiamo comprato benessere a debito rimandando il pagamento alle generazioni successive. Noi siamo la prima delle generazioni successive...

Ancora con la storia del debito. Ma quale debito? Se esiste un debito allora dovrebbe esserci un altro soggetto che si è temporaneamente privato di qualcosa per prestarcelo.
Tutto quello che è stato edificato dai nostri padri e nonni non è stato il frutto della gentile concessione di qualcuno, hanno lavorato, hanno sudato e in più, oltre a lavorare, nel frattempo hanno anche lottato per ottenere quei diritti che oggi stiamo svendendo alla solita divinità, la finanza, in cambio di nulla.
Loro non hanno comprato benessere da nessuno, il benessere lo hanno edificato "con le loro mani".

Restando in tema di finanza/mercati, ti pare logico che la Grecia, per fare un esempio, debba svendere i propri beni per pagare interessi esorbitanti rispetto al denaro che chiede in prestito? Questo significa restituire un debito, o piuttosto vuol dire regalare cose, beni reali alla speculazione? Che senso ha?

Giacinto Auriti, che tanto ha speso del proprio tempo nel tentativo di far luce circa l'ingiustizia insita nel sistema monetario, per spiegare che il denaro di per sé non ha valore illustrava questo concetto con l'esempio dell'isola deserta: se un banchiere va su un'isola deserta e stampa moneta, quella moneta non avrà valore, perché è il popolo che attribuisce valore alla moneta.

I prodotti dell'ingegneria finanziaria, come sostiene Giuliano Amato in "Lezioni dalla crisi", gira e rigira poggiano sull'economia reale, e quando cede il mattoncino che sta alla base (subprime nel 2007) tutto il resto crolla, semplicemente perché non ha consistenza, è virtuale.
Se non si fosse innescata la crisi subprime il concetto di spread sarebbe rimasto sconosciuto, avremmo forse affermato che gli Stati europei dovevano fare i compiti a casa?

Checché se ne dica in giro, noi con l'austerità stiamo pagando un conto che non ci appartiene.

Syl, non fai che propormi i classici luoghi comuni, ribadisco ciò che ho già scritto, è un po' come con la bolla immobiliare nel 2004/2005, si ripeteva quello che scrivevano i giornali e quello che diceva la TV, dunque per il momento non insisto oltre perché considerata la tua "fede granitica" nel sistema non sarebbe di utilità, solo, mi aspettavo un po' di flessibilità in più ma fa niente, si fa tanto per parlare... buona domenica [SM=g6963]
[Modificato da marco--- 09/09/2012 15:08]
09/09/2012 15:33
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
marco---, 09/09/2012 15.05:

Ancora con la storia del debito. Ma quale debito? Se esiste un debito allora dovrebbe esserci un altro soggetto che si è temporaneamente privato di qualcosa per prestarcelo.



Quindi il debito non esiste? (e non va pagato?)

marco---, 09/09/2012 15.05:


Tutto quello che è stato edificato dai nostri padri e nonni non è stato il frutto della gentile concessione di qualcuno, hanno lavorato, hanno sudato e in più, oltre a lavorare, nel frattempo hanno anche lottato per ottenere quei diritti che ...



Sono d'accordo, l'avevo già scritto

marco---, 09/09/2012 15.05:


... oggi stiamo svendendo alla solita divinità, la finanza, in cambio di nulla.



Ieri l'abbiamo svenduto alla finanza, oggi paghiamo

marco---, 09/09/2012 15.05:


Loro non hanno comprato benessere da nessuno, il benessere lo hanno edificato "con le loro mani".



Si e con l'aiutino del debito

marco---, 09/09/2012 15.05:


Restando in tema di finanza/mercati, ti pare logico che la Grecia, per fare un esempio, debba svendere i propri beni per pagare interessi esorbitanti rispetto al denaro che chiede in prestito? Questo significa restituire un debito, o piuttosto vuol dire regalare cose, beni reali alla speculazione? Che senso ha?



Hanno "comprato" benessere ben oltre le loro possibilità (hanno fatto il passo ben più lungo della gamba) ed oggi i creditori presentano il conto.

marco---, 09/09/2012 15.05:


Giacinto Auriti, che tanto ha speso del proprio tempo nel tentativo di far luce circa l'ingiustizia insita nel sistema monetario, per spiegare che il denaro di per sé non ha valore illustrava questo concetto con l'esempio dell'isola deserta: se un banchiere va su un'isola deserta e stampa moneta, quella moneta non avrà valore, perché è il popolo che attribuisce valore alla moneta.



L'economia descritta da Giacinto Auriti funziona in un sistema chiuso (ne avevamo parlato in altre occasioni). E' una semplificazione irrealizzabile.

marco---, 09/09/2012 15.05:


I prodotti dell'ingegneria finanziaria, come sostiene Giuliano Amato in "Lezioni dalla crisi", gira e rigira poggiano sull'economia reale, e quando cede il mattoncino che sta alla base (subprime nel 2007) tutto il resto crolla, semplicemente perché non ha consistenza, è virtuale.



Non e' uso ma l'abuso che fa la differenza, come per i prestiti e i mutui anche i derivati devono essere proporzionati alla economia reale; quando il rapporto salta e perde qualsiasi freno si creano i presupposti per le bolle prima e lo scoppio poi. Do you remember Minsky and Kindlerberger?

Dobbiamo rispolverare i fondamentali delle crisi finanziarie?

marco---, 09/09/2012 15.05:


Se non si fosse innescata la crisi subprime il concetto di spread sarebbe rimasto sconosciuto, avremmo forse affermato che gli Stati europei dovevano fare i compiti a casa?



Sono due cose diverse, la crisi dei sub-prime non e' direttamente correlata ai compiti a casa dei paesi europei.

marco---, 09/09/2012 15.05:


Checché se ne dica in giro, noi con l'austerità stiamo pagando un conto che non ci appartiene.



Non sono d'accordo e credo di averlo già spiegato

marco---, 09/09/2012 15.05:


Syl, non fai che propormi i classici luoghi comuni, ribadisco ciò che ho già scritto, è un po' come con la bolla immobiliare nel 2004/2005, si ripeteva quello che scrivevano i giornali e quello che diceva la TV, dunque per il momento non insisto oltre perché considerata la tua "fede granitica" nel sistema non sarebbe di utilità, solo, mi aspettavo un po' di flessibilità in più ma fa niente, si fa tanto per parlare... buona domenica [SM=g6963]



La mia opinione conta quanto può contare una opinione e non sposterà di un millimetro la realtà delle cose.


[Modificato da (sylvestro) 09/09/2012 15:35]
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
marco---, 9/9/2012 3:05 PM:

...dunque per il momento non insisto oltre perché considerata la tua "fede granitica" nel sistema non sarebbe di utilità...

Grazie per la conferma, mi arrendo all'evidenza di quanto ho scritto... [SM=g1748861]
Per ora goditi, assieme alla maggior parte degli italiani, la soluzione migliore/più conveniente al problema crisi: l'austerità... [SM=g6963]

Questo a oggi è il tuo pensiero, conclamato, ne prendo atto.
[Modificato da marco--- 09/09/2012 17:41]
06/11/2012 09:39
 
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Novembre 2012 - i dati ISTAT
Naturalmente i Monti-sostenitori osserverebbero che senza di lui la situazione sarebbe stata molto peggiore... [SM=g6963]

Crescita e disoccupazione, l’Istat dice No a Monti (Fonte: dirittodicritica.com - 06/11/2012)

Altro che ripresa: le prospettive sono nere. L’Istat calcola 2,3 punti di Pil in meno per il 2012, e anche nel 2013 dominerà il segno meno (-0,7% se tutto va bene). La “fine della tempesta” annunciata da Monti non si vede. Facendo qualche conto, si vede solo l’onda lunga della crisi: meno lavoro, meno redditi, meno consumi. Mentre il mondo si riprende (la Francia di Hollande, per esempio), l’Italia dovrà nuotare per ancora 2 anni nella palude della recessione. I dati dell’Istat per settembre 2012 sono neri. La disoccupazione ha raggiunto un nuovo picco, attestandosi a settembre a quota 10.8%: l’anno scorso, nello stesso mese, il tasso di disoccupati era dell’8,6%. I lavoratori effettivi tornano al livello di un anno fa, pari a 22,93 milioni: considerando una popolazione di quasi 61 milioni di abitanti, lavora solo uno su tre. La conseguenza, immediata, è sui redditi. Chi perde il lavoro, non spende come prima: le famiglie dei disoccupati consumano molto meno. E anche su questo l’Istat ha le cifre in mano: è la domanda interna a tagliare le gambe all’economia e alle persone, con un brusco calo del 3,2% della spesa privata per consumi...
04/12/2012 07:12
 
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L’anno che dimezzò lo spread, Monti: “Ce l’ho quasi fatta” (Fonte: blitzquotidiano.it - 03/12/2012)

ROMA – Era l’11 novembre 2011. Il giorno prima lo spread aveva toccato quota 574. Un differenziale troppo alto, così insostenibile da spingere l’allora premier Silvio Berlusconi alle dimissioni. Sono passati 12 mesi abbondanti, un anno di cura Monti. L’anno che dimezzò lo spread. Il 3 dicembre è sceso sotto soglia 300, una soglia anche psicologica, che significa un ritorno alla (quasi) normalità.

Monti è soddisfatto, lo dice apertamente a mercati ancora aperti e rilancia. Il massimo sarebbe raggiungere quota 287. Anche questa, una soglia psicologica e insieme simbolica: è l’esatta metà di quel 574 toccato il giorno prima delle dimissioni di Berlusconi.

Il merito non se lo può, però, intestare solo Monti. Lo spread ha iniziato a calare sensibilmente dopo l’estate, tra agosto e settembre. Fino ad allora ha viaggiato, più o meno, intorno ai 400. Poi c’è stato l’intervento di Mario Draghi, ovvero della Banca centrale. Che ha forzato alcune resistenze tedesche con l’annuncio di acquisti di titoli da parte dell’istituto centrale. E’ stato quello il passaggio nodale, da lì il differenziale tra bund tedesco e bot italiano ha preso a calare.

Riassumendo, e volendo mettere insieme un po’ di numeri, il passaggio Berlusconi-Monti è valso 100-150 punti. Ma l’altra “fetta” di 100 punti la dobbiamo all’intervento della Bce.
[Modificato da marco--- 04/12/2012 07:14]
04/12/2012 09:10
 
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Spread ed economia reale ai minimi. Qualcosa non torna (Fonte: it.ibtimes.com - 03/12/2012)

Quando si parlava di spread, ci veniva subito in mente il balzo sui 550 punti base nelle ultime fasi del Governo Berlusconi; poi il Governo Monti tocca anch'esso quota 500 e torna a 280 per poi risalire oltre i 400 punti. Una vera e propria altalena quella dello spread, un andamento incostante e caratterizzato da alti e bassi. C'è un problema molto importante che riguarda lo spread e il contemporaneo andamento dell'economia reale.

L'economia reale, da quando c'è il Governo Monti, non ha visto miglioramenti sostanziali e non sembra che vi siano forti segnali di una ripresa nel breve periodo. Inoltre il potere d'acquisto delle famiglie è sempre più ridotto mentre le imprese faticano sempre a più a sopravvivere in una crisi sistemica come quella attuale. A questo punto, come mai lo spread non ha mai visto un andamento lineare e continuo verso l'alto?

La risposta è più semplice di quanto possiamo immaginare: l'economia reale e lo spread sono tra loro slegati. Può sembrare strano ma è così. Quando le istituzioni partecipano alle aste dei titoli obbligazionari, fanno un prezzo e un rendimento a loro comodo affinché questi titoli vengano in parte detenuti e in parte piazzati sul mercato secondario.
Data la sete di liquidità delle banche, la propensione a "battere cassa" sui mercati è molto alta e non è difficile incontrare ora un promotore finanziario che ci propone proprio dei Btp, titoli che ora sono ben visti grazie al differenziale in diminuzione e al buon rendimento percentuale.

Il problema è proprio lo spread visto come indicatore di rischio e misura di sicurezza dell'investimento. I movimenti dello spread si basano sui movimenti di capitali degli istituzionali sul mercato secondario dei titoli di Stato, movimenti non correlati all'andamento dell'economia reale, così come l'andamento dei mercati azionari. Molti potrebbero rispondere a tale "provocazione" dicendo che i mercati si muovono in anticipo rispetto l'economia reale, ma in realtà le aspettative degli operatori cambiano di giorno in giorno (si chiama sentiment) rendendo gli strumenti quotati dei pessimi indicatori di stato di un'economia.
[Modificato da marco--- 04/12/2012 09:11]
30/12/2012 01:54
 
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Il 2012 si sta concludendo: la disoccupazione in numeri
610mila disoccupati in più nel 2012 (Fonte: rainews24.rai.it - 29/12/2012)

Nuovo balzo in su della disoccupati in Italia, che nel 2012 - secondo una stima della Cgia di Mestre - è cresciuto di 609.500 unità. Una cifra - afferma la Cgia - che porta lo stock dei senza lavoro al dato medio annuo di 2.717.500 unità, pari un tasso del 10,6%. Gli artigiani di Mestre stimano un aggravamento della situazione nel 2013, quando il numero di chi e' alla ricerca di un'occupazione potrebbe aumentare di altre 246.600 unita', portando cosi' il tasso di disoccupazione all'11,5%.
[Modificato da marco--- 30/12/2012 01:55]
01/01/2013 17:43
 
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L’austerità permanente del professor Monti (Fonte: 14/09/2012)

Il presidente del Consiglio ieri ha ammesso che il Governo ha contribuito ad aggravare la situazione economica. Con queste parole: «Si dice che con le nostre decisioni abbiamo contribuito ad aggravare la congiuntura. Certo, solo uno stolto può pensare che sia possibile incidere in elementi strutturali che pesano da decenni senza provocare nel breve periodo un rallentamento dovuto al calo della domanda. Solo in questo modo si può avere la speranza di avere più in là un risanamento» per una crescita duratura.

Non è una gaffe: è la vulgata neoliberista dell’austerità espansiva. Soffriamo oggi un po’ più del dovuto per conquistarci domani un radioso percorso di crescita. A pensarci bene, è un po’ uno schema cristiano: penitenza oggi, salvezza domani. Suona bene. Anche da un punto di vista morale: perbacco, le cose bisogna guadagnarsele col sudore della fronte! Peccato che in questo caso sia completamente sbagliato. E chi ce lo dice sono proprio i mitici “mercati”.

George Magnus, senior economic adviser del colosso finanziario svizzero UBS
: in Europa «la focalizzazione esclusiva su misure di austerità a discapito della crescita sostenibile… sta mettendo a repentaglio la sua stessa possibilità di sopravvivenza».
E «se non prestiamo attenzione alla crescita nel breve termine», allora sì che saremo tutti travolti dalla “trappola del debito”. Per il semplice motivo che nel rapporto debito/pil ogni intervento sul numeratore (il debito) sarà vanificato dal calo del denominatore (il pil).

E Mohamed El-Erian, CEO di Pimco, il 30 agosto scorso ha affermato che occorre «una attenta combinazione di riforme fiscali di medio termine con stimoli immediati» all’economia.

Patrick Artus, ufficio studi di Natixis, è ancora più duro: «la richiesta di una riduzione rapida dei deficit di bilancio preoccupa gli investitori a causa dei suoi effetti sulla crescita e perché non garantisce la solvibilità degli Stati». Non solo: «in realtà, gli investitori non stanno chiedendo una drastica riduzione dei deficit pubblici, ma un piano credibile di medio-termine per ridurre il debito, che non distrugga la crescita nel breve termine e che sia combinato con politiche rivolte a stimolare la crescita nel lungo termine».

Ma cosa succede invece se si spinge l’acceleratore sull’austerity? Quello che sta succedendo in Italia e in altri paesi europei:

calo dei redditi, della domanda e dell’attività produttiva;
accentuazione della dinamica divergente tra le economie dell’eurozona;
peggioramento del rapporto debito/pil;
inefficacia delle stesse politiche di austerity sul piano fiscale: perché il calo delle entrate neutralizza (o peggio) i risparmi fiscali ottenuti a suon di tagli.

Niente di nuovo: Richard Koo di Nomura ha dimostrato che le due strette fiscali tentate in Giappone nel 1997 e nel 2001 hanno indebolito l’economia, ridotto le entrate fiscali e aumentato il deficit di qualcosa come 103 trilioni di yen.

Ma veniamo all’Italia “virtuosa” di Monti. I dati Eurostat parlano chiaro:

• il Pil italiano nell’agosto 2011 era di 0,3 punti sotto la media europea, un anno dopo (dopo 5 manovre correttive di bilancio) era invece distante ben 2,1 punti rispetto agli altri paesi.

• Il debito pubblico era al 120 per cento del Pil, un anno dopo al 123% (e a fine 2013 sarà 125,8% del Pil)

• L’inflazione era al 2,1 ed è salita al 3,6%.

• La produzione industriale ha continuato a scendere, e ora è ai livelli del 1987 (!)

• La disoccupazione ha toccato il record del 10,8 % (un anno fa era l’8,1%)


Oggi Monti ha affermato che lo Statuto dei lavoratori ha «determinato un’insufficiente creazione di posti di lavoro», diminuendo di fatto la disponibilità di posti di lavoro. Possiamo tranquillizzare il prof. Monti: da questo punto di vista il suo governo è decisamente imbattibile.
08/04/2013 10:24
 
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Disastro Monti: un milione di licenziati (Fonte: ilgiornale.it - di Fabrizio De Feo - 08/0/2013)

Roma - Non è più tempo di «agende», di promesse, di decreti «cresci-Italia» e di rivendicazione di avvenuti salvataggi.

Il dato messo nero su bianco dal sistema delle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro mette a disposizione degli italiani l'ultima fotografia del 2012, il suggello finale sulla stagione dei Professori.

Dopo la certificazione di un debito pubblico e di una pressione fiscale in costante salita, e un Pil in costante discesa, a chiudere il cerchio arriva ora il dato sulla disoccupazione. I numeri sono impressionanti. Nel 2012, i licenziamenti hanno avuto un vero e proprio boom, con oltre un milione di persone che hanno perso il lavoro. Per l'esattezza: 1.027.462, con un aumento del 13,9% rispetto al 2011. Quindi oltre 80.000 al mese, 2.700 al giorno.


Una sorta di buco nero, una voragine in cui sembra essere caduta la capacità produttiva del Paese ma alla cui formazione hanno contribuito le politiche di austerità del governo e la riforma Fornero che ha frenato la propensione ad assumere ma anche a utilizzare contratti flessibili e ha inciso su questo doloroso record. Questo combinato disposto ha trasformato il 2012 in un vero e proprio anno nero della disoccupazione, con un trend che è il peggiore tra i paesi europei. Una progressione continua che ha portato, nel giro di quattro anni, i licenziamenti a salire da 800mila a oltre 1 milione. E ha trasformato l'ultimo trimestre dello scorso anno nel periodo di gran lunga peggiore degli ultimi anni, con quasi 330mila licenziati.

Basta guardare il grafico a partire da gennaio per rendersi conto del costante peggioramento nell'arco del tempo. Se nel primo trimestre le fuoriuscite forzate erano state 225.689, nel secondo sono salite a 226.654, nel terzo a 245.860 fino alle 329.259, dell'ultimo in aumento del 15,1% sullo stesso periodo 2011. Di fronte a dati così eclatanti la politica si chiude nel silenzio. Fa eccezione Maurizio Sacconi che «sollecita una terapia d'urto» per rispondere a questa situazione di allarme. «I dati confermano il crescente rattrappimento del mercato del lavoro in Italia, determinato non solo dalla caduta dei consumi interni e dalla crisi di liquidità ma anche da regole troppo rigide e da un costo troppo elevato degli oneri fiscali e contributivi». Per questa ragione «tra le otto proposte annunciate da Berlusconi vi saranno misure urgenti per l'occupazione con riferimento alla detassazione dei primi contratti permanenti dei giovani e di una quota più ampia dei salari connessa a incrementi di produttività e con riferimento alla necessaria deregolazione della legge Fornero». Giancarlo Galan, a sua volta, definisce «sconcertante» il dato di un milione di licenziamenti nel 2012 con un aumento del 13% rispetto all'anno precedente. E fa notare un altro particolare non proprio confortante. Ovvero che «circa il 17% dei contratti di lavoro dell'ultimo trimestre sono relativi a rapporti da uno a tre giorni totali, mentre il 12%, 389.000 contratti, sono rapporti di un solo giorno. Un solo giorno di lavoro». «Di fronte a questo quadro ci domandiamo ancora cosa fare. Dobbiamo immediatamente dare vita a un governo. Siamo al collasso e non ci possiamo permettere ulteriori incertezze».
08/04/2013 10:26
 
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