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Dead men working

Ultimo Aggiornamento: 31/08/2015 08:57
17/02/2009 20:55
 
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18/02/2009 09:46
 
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Ranch in Texas
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GM LICENZIA
Chiesti 21,6 miliardi di dollari di aiuti al governo Usa
Nardelli: "L'alleanza con Fiat ci consente sinergie globali"


Dramma Gm, 47mila tagli
con Chrysler chiede fondi


47.000 a casa


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Complottismo? No, Grazie!!!
19/02/2009 12:48
 
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Fiat: Powertrain, tre settimane di cassa per 2.700 lavoratori

La Fiat Powertrain Technologies ha annunciato tre settimane di cassa integrazione nello stabilimento di Torino Stura per tutti i 2.700 lavoratori, addetti a cambi, ponti e motori, dal 16 marzo al 5 aprile. Lo rende noto la Fimic. «Gli interventi del governo - dice Vincenzo Aragona della Fismic - devono essere estesi anche al settore dei camion e delle macchine per il movimento terra. Se sull'auto si vede qualche luce in fondo al tunnel, per il comparto dei mezzi pesanti la crisi si aggrava di giorno in giorno».
19/02/2009 12:49
 
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2008 in rosso per Goodyear che taglia 5000 posti di lavoro

Goodyear ha chiuso il 2008 con una perdita netta di 77 milioni di dollari, in forte peggioramento rispetto all'utile netto di 602 mln conseguiti nel 2007. Lo rende noto il produttore pneumatico Usa che ha annunciato il taglio di ulteriori 5.000 posti di lavoro dopo i 4.000 giá realizzati nel secondo semestre del 2008.
Nel quarto trimestre Goodyear ha registrato una perdita netta di 330 milioni di dollari, in forte deterioramento rispetto all'utile netto di 52 mln dello stesso periodo dell'anno precedente.
19/02/2009 14:31
 
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Disoccupati ed over 45.Un dramma italiano
Ci scrive Gennaro: "Non ho lavoro e alla mia età mi considerano da rottamare. Per favore, non ignorateci". E tanti lettori rispondono, ritrovandosi nella sua denuncia

di Maurizio Minnucci


Gennaro ha 45 anni, una laurea e una specializzazione. È sempre stato costretto a svolgere lavori occasionali e oggi, a quell'età, è un disoccupato storico o, come dice lui stesso, “da rottamare”. La sua storia è quella di tanti ‘nuovi poveri’. Gente che, pure con qualifiche professionali significative, si ritrova espulsa dal mercato del lavoro per sempre. Gennaro ha una moglie, anche lei in cerca d’occupazione, e due figli. E va giù duro: “Non è il singolo individuo disoccupato a essere vittima dell’espulsione dal ciclo produttivo, ma un intero nucleo familiare che risente di tale situazione, specialmente quando non hai nessuno che possa aiutarti”.


Troppo vecchi per lavorare,troppo giovani per la pensione

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20/02/2009 13:16
 
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Il colosso minerario Anglo American taglia 19mila posti di lavoro

Anglo American, colosso del settore minerario che controlla anche il più grande produttore mondiale di platino, taglierà 19 mila posti di lavoro da qui alla fine dell'anno, nel quadro di un piano di contenimento dei costi dopo aver visto lo scorso anno i profitti scivolare del 29% a 5,2 miliardi di dollari.
Il gruppo ha anche deciso di sospendere il pagamento dei dividendi, per riprenderlo «non appena lo consentiranno le condizioni del mercato», come recita una nota della società. È quanto comunicato dalla società inglese. Anglo American detiene anche il 45% della De Beers, la più grande compagnia produttrice di diamanti.
20/02/2009 13:17
 
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Fiat: effetto bonus sugli ordini, annullata la cassa integrazione

Contrordine, le tute blu del gruppo Fiat tornano sulla linea di montaggio. Gli incentivi auto hanno annullano il ricorso agli ammortizzatori sociali e ieri sera il Lingotto ha annunciato ai sindacati che la cassa integrazione programmata in marzo per 8.200 lavoratori è stata sospesa. La causa? Sono ripartiti gli ordini. La notizia, diffusa a mercati chiusi, non ha impedito lo scivolone del titolo, che ha lasciato sul terreno il 4,05% a 3,9 euro.

Per molti modelli si potenziano i livelli produttivi in parte per le richieste arrivate dal mercato, in particolare per la Grande Punto a metano, in parte per l'iniezione di fiducia legata agli incentivi pubblici. In particolare si potenzia l'operatività sulla linea della Grande Punto a benzina di cui sono "incentivati" 3 modelli su 4, di quella Diesel con 4 modelli su 4 e naturalmente di quella a metano per la quale è previsto il contributo maggiore. Ai 1.500 euro ne vanno infatti aggiunti 3.500 per le emissioni di CO2 inferiori a 120 grammi al chilometro. Ma anche sulle linee della Lancia Ypsilon, di cui riceveranno incentivi due versioni su quattro a benzina e tutte le versioni diesel, della MiTo per la quale sono previsti aiuti per tutte le versioni diesel e per una su tre a benzina e infine della Multipla a metano.

«Incoraggiante», è stato il commento di più di un sindacalista in tarda serata. Dopo mesi in cui si sono susseguiti aggiornamenti del calendario della cassa integrazione che aggiungevano settimane a settimane, da ieri sera il gruppo torinese ha iniziato a depennare la cassa. E così da marzo, quasi la metà dei lavoratori del gruppo, dovrebbero tornare a vedere i livelli della busta paga dell'estate, l'ultima stagione senza ammortizzatori.

In particolare a Mirafiori è stata cancellata la settimana dal 23 febbraio al 1° marzo per la linea MiTo e dal 9 al 5 marzo per le linee MiTo e Multipla che significa niente più fermata per 1.600 lavoratori. A Melfi, i 5.200 operai che fabbricano la Lancia Ypsilon e che fino a ieri pomeriggio dovevano essere in cassa integrazione la prima settimana di marzo saranno sulla linea senza sosta per tutto il mese. Lo stesso accade a Termini Imerese, la fabbrica della Grande Punto, dove per le 1.400 tute blu è stata annullata la settimana di marzo. «È il segno che la politica degli incentivi comincia a dare i suoi effetti – interpreta Vincenzo Aragona del Fismic - e proprio per questo ribadiamo che è necessario allargare la politica di sostegno anche a mezzi commerciali e macchine movimento terra».

Mentre il sindacato continua a chiedere chiarezza sui piani futuri dell'azienda dopo l'accordo per acquisire una quota di Chrysler, Marco Tronchetti Provera ha definito una mossa giusta quella di Fiat con la casa automobilistica americana perché a costo zero il Lingotto ha creato delle opportunità. «È un modo per avere un occhio su quanto accade negli Usa, per capire se ci sono opportunità per entrambe le società – commenta il presidente di Pirelli . A quanto ne so, è una mossa in cui non c'è rischio: è un modo per crearsi opportunità». Quelle di cui il settore dell'auto sembra avere molto bisogno in questa prima metà del 2009. «Penso che i primi sei mesi saranno molto duri commenta Tronchetti. Ritengo vi sia una sovracapacità e la cosa peggiore è che ciascun Paese va per conto proprio». Il Governo italiano si è mosso «nella direzione giusta perché si è trattato di una mossa a sostegno non solo dell'industria dell'auto, ma anche dei fornitori, principalmente piccole e medie imprese. Si tratta di un piccolo pacchetto, ma confezionato nel modo giusto».
22/02/2009 00:41
 
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Dice "Ma che c'entra Sanremo"?
Bonolis, la finale con Maria. Restano Carta, Povia e Da Vinci

I cassintegrati al Festival. Bonolis ha richiama l'attenzione sulla situazione degli operai dello stabilimento Fiat Auto di Pomigliano d'Arco, da mesi in cassintegrazione e con un salario di 750 euro. Una loro delegazione si è presentata a Sanremo per chiedere visibilità sulla loro difficile situazione. "Gli effetti della crisi colpiscono alcuni settori - ha detto il conduttore - gli operai dello stabilimento di Pomigliano d'Arco sono in una situazione difficile e da mesi in cassa integrazione. Hanno chiesto che il Festival accendesse una luce su di loro. Coraggio, ragazzi".
24/02/2009 13:59
 
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Vodafone taglia 500 posti

Vodafone, la più grande società di telefonia mobile al mondo, ha annunciato stamani, martedi 24 febbraio, il taglio di 500 posti di lavoro in Gran Bretagna su un totale di 10mila dipendenti. Il nuovo chief executive del gruppo, l'italiano Vittorio Colao, aveva dichiarato in novembre l'obiettivo di ridurre i costi operativi annui di 1 miliardo di sterline a 21 miliardi entro l'inizio del 2011 e aveva avvertito che la nuova strategia avrebbe avuto un impatto sulla forza lavoro.
Oltre ai tagli al personale, 170 dei quali nel quartier generale del gruppo a Newbury, Vodafone ridurra' le spese per la logistica e la pubblicita'. Nessun negozio sara' chiuso in questa fase, ha sottolineato il gruppo, ma sara' ampliata la gamma di servizi disponibili online per i 19 milioni di clienti Vodafone in Gran Bretagna.
La recessione in Gran Bretagna e altri mercati-chiave ha colpito le entrate del gruppo, ha spiegato Vodafone, dato che sono calate le vendite di telefoni cellulari mentre le chiamate si sono ridotte sia come numero che come durata. I risultati trimestrali annunciati il mese scorso avevano mostrato un calo del 2,8% delle entrate in Europa e un declino ancora piu' pronunciato (-5,8%) in Spagna. Anche i mercati "nuovi" sui quali il gruppo puntava, come Turchia, Egitto e Romania, mostrano ora segnali di crisi.
La crisi riguarda tutto il settore delle telecomunicazioni. Il gruppo Bt, che dall'aprile scorso a oggi ha licenziato 9.500 dipendenti, ha annunciato poche settimane fa un ulteriore taglio del personale e ha previsto perdite per "diverse centinaia di milioni di sterline" nel 2009. Anche Virgin Media e Cable & Wireless stanno riducendo la forza lavoro mentre Nokia, il maggiore produttore di telefonini, ha previsto un calo delle vendite di cellulari del 10% quest'anno.
24/02/2009 22:11
 
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Crisi, frena il lavoro interinale

Il mercato dell'occupazione ai raggi x nei dorsi regionali, in edicola domani, per Roma e il Sud. Nella pubblicazione per la Lombardia, le misure messe in campo dalle imprese per fronteggiare la recessione.

LOMBARDIA. Dopo nove mesi difficili ma con fatturati e vendite non troppo in negativo, l'ultimo trimestre dell'anno è stato particolarmente duro per il settore tessile-abbigliamento lombardo. Nelle aree dove storicamente il peso di questo comparto era più forte, si sono registrate contrazioni a due cifre per quanto riguarda fatturato e ordini e le prime settimane del 2009 non sono andate meglio. Di conseguenza si moltiplicano le richieste di cassa integrazione, mentre le aziende devono anche fare i conti con la crisi di liquidità e il difficile accesso al credito, tanto che in alcuni casi viene chiesto all'Inps di pagare direttamente le indennità. Tuttavia in questo contesto non mancano iniziative e segnali positivi. A Bergamo sono stati avviati progetti per esplorare le opportunità offerte dai tessuti tecnici, mentre Varese punta a cogliere le possibilità di crescita offerte da quelli in fibre naturali. Le difficoltà, inoltre, stanno spingendo gli imprenditori a guardare con prospettive diverse le aggregazioni e le collaborazioni tra aziende. Da Regione e Camere di commercio sono in arrivo 10 milioni di euro per sostenere il settore grazie al progetto Sostes, in fase di presentazione in questi giorni, mentre a livello nazionale domani è in programma il tavolo tecnico al ministero dello Sviluppo economico per il settore tessile-abbigliamento.
Non mancano, poi, casi di aziende con dati positivi, frutto di scelte strategiche che negli anni scorsi hanno privilegiato la ricerca, l'innovazione e la qualità dei prodotti.

ROMA. Il mercato del lavoro interinale non è risparmiato dalla crisi. Nel secondo semestre 2008, secondo i dati diffusi dall'Osservatorio Ebitemp, ente bilaterale per il lavoro temporaneo, il Lazio ha contato l'avviamento di 41.344 nuove missioni, una cifra in calo di quasi il 24% rispetto allo stesso periodo del 2007. E in regione, nello stesso arco di tempo, sono cessati oltre 51mila incarichi con un saldo negativo di 10.401 unità tra missioni avviate e concluse. Secondo le proiezioni delle principali agenzie di lavoro regionali, anche il 2009 sarà un anno di vacche magre. Nonostante ciò, alcune categorie professionali soffriranno meno: informatici, addetti alla grande distribuzione organizzata (Gdo), personale sanitario, operatori di call center e tecnici.
Nel Lazio ci sono complessivamente 166 aziende di fornitura di lavoro interinale (dati Unioncamere aggiornati a giugno 2008), in particolare 128 a Roma, 17 a Frosinone, 15 a Latina, tre a Viterbo e altrettante a Rieti. E le agenzie più importanti sul territorio hanno idee chiare sui profili che saranno più richiesti dalle aziende laziali nel prossimo futuro. «Gli operatori di call center – spiega Stefano Mazzuoli, responsabile dell'area Lazio Metis – sono figure molto ricercate nella nostra regione». L'agenzia interinale Kelly Services sottolinea la richiesta di lavoro nel settore sanitario, contabile e nella Gdo, mentre segnala una crescente sofferenza dell'offerta nel comparto automotive. «Nonostante la crisi - afferma Corrado Iosca, manager del distretto sud di Kelly Services - le aziende non hanno smesso di cercare personale».

SUD.Un calo netto ma non omogeneo. Gli effetti della crisi si fanno sentire anche nel settore del lavoro flessibile e in particolare nel segmento che riguarda la somministrazione, così come regolamentato dalla Legge Biagi.
In generale nel Mezzogiorno nel secondo semestre del 2008 la flessione è stata del 14,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, molto al di sotto della media nazionale il cui calo è stato del 21,3 per cento. Un dato quello del Sud fortemente condizionato dal'andamento della Sicilia che ha registrato, nel periodo considerato, un incremento del 17,7 per cento. Ma in Campania, regione in cui il segmento della somministrazione di lavoro è molto importante, il calo è stato del 15,3% con 18.552 missioni (così si chiamano i contratti in questo caso) avviate e 25.615 missioni cessate nel periodo con un incremento del 7% sullo stesso periodo del 2007. Il risultato peggiore, comunque, è quello della Puglia che registra un calo del 27,6 per cento. Per Gennaro delli Santi Cimaglia, presidente di Assolavoro «è giusta l'attenzione sulle garanzie per tutti i lavoratori atipici» anche perché questi contratti sono un baluardo contro il lavoro nero.

CENTRO-NORD.Il lavoro interinale fa i conti con la crisi: nel 2008 le missioni sono diminuite – stando alle prime stime dell'Osservatorio Ebitemp-Formatemp – dell'11,6% nel Centro-Nord con un crollo del 26% nel secondo semestre, rispetto allo stesso periodo del 2007. Una flessione più marcata rispetto alla media del Paese (-8,1% in un anno, -21,3% su base semestrale) che si accentua nelle Marche (-28,7% le missioni nella seconda metà del 2008) e in Emilia-Romagna (-27,8%). In numeri assoluti, si stima che le quattro regioni abbiano totalizzato l'anno scorso 191.432 missioni di lavoro temporaneo, 77.630 nel secondo semestre, meno di un sesto del totale nazionale, di cui una metà concentrate lungo la via Emilia.

Ed è infatti l'Emilia-Romagna la regione con la maggiore densità di agenzie per la somministrazione di lavoro: 323 sulle 561 del Centro-Nord, contro le 126 della Toscana, le 87 delle Marche e le 25 dell'Umbria (fonte Unioncamere). A soffrire di più sono i lavoratori di meccanica e tessile – settori dove sono cresciute in modo esponenziale le domande di sostegno al reddito – ma la contrazione è generalizzata e viene confermata dagli operatori anche nelle prime settimane del 2009. Le previsioni per i prossimi mesi, secondo il presidente di Assolavoro, Gennaro delli Santi, sono di ulteriore peggioramento.
L'interinale è infatti un termometro preciso dei trend economici perché in quanto flessibile sconta per primo gli effetti di imprese in difficoltà. I giovani della macroarea, comunque, continuano a vedere nelle agenzie di lavoro temporaneo un prezioso ponte per l'assunzione in azienda.

NORD-EST .Quasi 27mila missioni in meno nel secondo semestre dell'anno scorso rispetto allo stesso periodo del 2007. La crisi colpisce anche il lavoro somministrato.
Il crollo in percentuale nel Nord-Est è del 28,5% con la punta massima in Friuli-Venezia Giulia, dove il calo delle missioni avviate è stato del 40,6%. Seguono il Trentino Alto Adige con un -31,4% e il Veneto con una riduzione del 26 per cento. Tutti valori sopra la media nazionale.
Per le società che operano nel lavoro somministrato non ci dovrebbero essere, tuttavia, ripercussioni negative, almeno nel breve .
Al 31 dicembre 2008 nel Nord-Est erano localizzate 520 filiali di agenzie per il lavoro, il 19,73% del totale italiano, di queste 19 hanno la propria sede in una delle tre regione del quadrante nordorientale italiano, per un'incidenza sul totale nazionale del 16,1%.
Attualmente – come rileva Giampaolo Pedron di Confindustria Veneto – queste società stanno utilizzando i fondi messi a diposizione per la formazione dei lavoratori e anche nell'evenienza in cui dovesse continuare questa situazione non rischiano più di altre imprese.
Ma niente allarmismi sul fronte sociale. «Gli strumenti per fronteggiare il momento ci sono, – afferma Pedron – aspettiamo di vedere quanto spetterà al Veneto dei fondi stabiliti dal Decreto anticrisi, che prevede l'estensione delle tutele anche ai lavoratori in deroga. Ovvero, contempla una copertura anche nel caso in cui i somministrati venissero collocati tra i lavoratori disoccupati. Parliamo di risorse per 60 milioni che attendiamo di vedere come saranno distribuite».

NORD-OVEST. Il lavoro interinale a Nord-Ovest viaggia a doppia velocità. Il dato di area, fornito dall'Osservatorio Ebitemp-Formatemp di Assolavoro, registra un calo dell'11,7% delle missioni avviate nel secondo trimestre 2008. Tuttavia è forte la differenza tra il Piemonte (-18,7%) e la Valle d'Aosta ( -15,3%) da un lato e la Liguria dall'altro, che fa registrare – unica in Italia assieme alla Sicilia (+17,7%) – una crescita del 43,7 per cento. La frenata a livello nazionale è pari al 23,1 per cento.
In Liguria la spinta arriva dalla dinamicità degli enti pubblici e dalla forte richiesta in ambito sanitario e socioassistenziale. «Il comparto manifatturiero – sottolinea il direttore commerciale di Obiettivo Lavoro, Arnaldo Carignano – in questo momento pressoché stagnante, incide meno sull'economia locale ligure rispetto ad altri territori. Al contrario, a fine 2008 hanno giocato positivamente la discreta vivacità della grande distribuzione e dei servizi. Su quest'ultimo fronte, si segnala in particolare la domanda di lavoratori da parte delle società partecipate da enti pubblici». «Nelle assunzioni di interinali – aggiunge Gianni Commatteo, amministratore dell'agenzia Oggi Lavoro – stiamo avvertendo una flessione del 60-70% in Piemonte, ma non oltre il 30% in Liguria, dove ancora si ricerca personale da inserire nella metalmeccanica, nella ristorazione e nel turismo». «Da ottobre è aumentata da parte delle aziende la richiesta di attivare percorsi di formazione, della durata in genere dalle 80 alle 200 ore – puntualizza il direttore di Adecco Training, Anna Gionfriddo – finalizzati a meglio qualificare e specializzare il personale, sia dipendente che somministrato sfruttando la maggiore disponibilità di tempo data dal calo produttivo».
25/02/2009 09:57
 
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Il tessile di Prato chiede la sospensione dell'Irap

Aiuti alla filiera del tessile abbigliamento, così com'è stato fatto per i settori dell'auto e degli elettrodomestici. Moratoria di due anni per gli studi di settore. Sospensione dell'Irap nel 2009. Il distretto industriale di Prato è in apnea e chiede l'ossigeno necessario per non morire aspettando la ripresa. Che per ora non arriva. «I portafogli ordini delle imprese sono quasi vuoti - spiega Riccardo Marini, presidente dell'Unione industriale pratese - dopo un 2008 molto negativo, stiamo affrontando il 2009 senza alcuna visibilità, in ritardo di almeno un mese sull'andamento dei tradizionali ordini invernali e con la prospettiva che a marzo finiscano i fondi per sostenere l'occupazione, soprattutto quella delle aziende artigiane».

Domani è in programma un incontro romano tra i vertici del Sistema moda Italia (il presidente Michele Tronconi) e i ministri Scajola, Tremonti e Sacconi. Sabato, a Prato, è stata indetta una grande manifestazione che porterà in piazza migliaia di persone, a cui parteciperanno insieme agli imprenditori, agli amministratori locali e ai lavoratori del distretto toscano anche rappresentanti degli altri poli del tessile abbigliamento nazionale (Biella, Como, Vicenza, Carpi), per chiedere più attenzione da parte del Governo e delle Regioni.

«Rischiamo di perdere pezzi della nostra filiera produttiva: è indispensabile salvare i gruppi che hanno fatto investimenti, per poter garantire il lavoro ai contoterzisti che altrimenti rischiano di scomparire», dice Massimo Logli, presidente della Provincia di Prato, promotore un anno fa di un tavolo di concertazione tra le forze sociali economiche e di governo locale per affrontare la crisi. «Gli aiuti e i sostegno normali oggi non bastano più - aggiunge - servono strumenti straordinari e la collaborazione di tutti».
Negli ultimi otto anni, il distretto pratese ha perso più di un miliardo di fatturato (sceso a quota 3,7 miliardi, con una contrazione del 7,1% nel 2008, quando l'export è crollato del 10,3%). Nello stesso periodo sono saltati anche 10mila posti di lavoro (1.129 solo l'anno scorso) e le imprese tessili attive sono diminuite del 37,1%, sempre dal 2001 a oggi. In questo momento, sono 2mila i lavoratori in cassa integrazione ordinaria, 600 in straordinaria e quasi 1.200 quelli che usufruiscono dei contributi dell'Ente regionale bilaterale per gli artigiani Ebret.

«Se non arriva in tempi rapidi il decreto attuativo del Governo sui fondi per gli ammortizzatori sociali, rischiamo di perdere altri mille posti di lavoro nelle prossime settimane», sottolinea Manuele Marigolli, segretario generale della Cgil di Prato
. Il sistema moda toscano, come registra l'indagine congiunturale Confindustria-Unioncamere, arriva da otto trimestri negativi consecutivi (nel quarto trimestre 2008 la produzione manifatturiera regionale è calata del 9,2%). «Serve dare attuazione ai protocolli firmati con le banche per far arrivare il credito alle imprese», dice Antonella Mansi, presidente di Confindustria Toscana. «Sono da rivedere gli studi di settore», commenta Pierfrancesco Pacini, leader di Unioncamere. E di «moratoria di due anni per gli studi di settore» parla Marini, che chiede anche la «sospensione del pagamento dell'Irap nel 2009. Servirebbe a dare un po' di liquidità alle aziende», puntualizza.
25/02/2009 10:05
 
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Anche i manager "piangono" (ma con un occhio solo)
Manager in tempi di crisi: meno bonus, si torna al fisso

Piani di incentivazione dei manager, si cambia. Le Borse che continuano a scendere e le difficoltà dell'economia reale hanno abbattuto l'attrattività e la capacità di fidelizzazione dei vecchi sistemi, in gran parte basati sulle stock option. Finita l'epoca dei bonus pari a dieci volte la retribuzione fissa, inizia l'epoca della stretta sui premi, delle stock grant e dei piani di durata che da annuale diventerà ormai triennale. E magari, come ipotizza qualche "cacciatore di teste", dell'aumento della parte fissa dello stipendio: una strategia di retention bisognerà pur metterla in atto.

Il modello potrebbe essere ad esempio quello indicato dal gruppo Fiat, che ha approvato un piano di incentivazione basato sulle stock grant. Che per loro natura hanno l'effetto di sostenere strategie di business orientate a una valutazione più attenta del rischio. Hanno potenzialità di crescita più basse delle stock option, ma creano meno illusioni e sono sicure.

Intanto i consigli di amministrazione di molti gruppi si sono orientati su tagli dei bonus fino all'80 per cento. Riflettere sull'aumento della parte fissa, a questo punto, non sembra più un'ipotesi inverosimile.

Sul Sole 24 Ore in edicola oggi tutti gli approfondimenti sulle retribuzioni dei manager e il confronto tra il piano di stock option e il piano di stock grant.

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Banche: la tabella dei compensi ai manager nel 2007

Nel 2007 il manager bancario che ha incassato gli emolumenti più alti è stato Gabriele Galateri di Genola, all'epoca presidente del consiglio di amministrazione di Mediobanca. Tra emolumenti per la carica (2,052 milioni di euro), benefit (37 mila euro), bonus e altri incentivi (950 mila), l'ex presidente di Mediobanca arriva a 11,039 milioni di euro. Hanno pesato gli 8 milioni di "altri compensi", stock option comprese, percepiti dal manager quando, con la trasformazione momentanea della governance dell'istituto in duale, lasciò la guida della banca.
Alle spalle di Galateri, l'ad di Unicredit Alessandro Profumo ,con 9,44 milioni di euro sui quali la voce che pesa di più è quella dei bonus (5,950 milioni). Tra gli altri nomi che spiccano nella tabella elaborata da lavoce.info, va segnalato quello di Giampiero Auletta Armenise, ormai ex consigliere delegato di Ubi Banca: nel 2007 ha percepito 5,736 milioni di euro. In evidenza anche il nome di Giovanni Alberto Berneschi presidente di Banca Carige: 1,408 milioni. Dal lungo elenco – nella cui lettura bisogna tenere presenti le avvertenze che accompagnano la tabella di lavoce.info – vanno segnalati anche i nomi di Corrado Passera, consigliere delegato di Intesa SanPaolo (3,790 milioni di euro di cui 1,5 milioni di bonus e altri incentivi) e quello di Nereo Dacci, ad di Banco di Desio e della Brianza: 2,797 milioni.
Nella tabella, suddivisa in due parti, è possibile confrontare i compensi di tutti i banchieri, voce per voce.

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I compensi dei manager tra rinunce e silenzi

Delle retribuzioni dei manager il Sole 24 Ore si è occupato spesso, anche nel corso dell'ultimo anno. In particolare Gianni Dragoni ha esaminato i bilanci delle società mettendo in evidenza le cifre percepite non solo nel settore bancario. Cifre che - soprattutto nella componente bonus - nei bilanci del 2008 sono destinate a subire riduzioni notevoli. Tuttavia, in Italia per ora solo il gruppo Unicredit ha annunciato l'azzeramento dei premi per i vertici. Un altro aspetto delicato è quello che riguarda i manager di seconda fascia, «i dirigenti con responsabilità strategiche», i cui compensi, a volte anche di alcuni milioni di euro, restano protetti da un cono d'ombra.
All'argomento Il Sole 24 Ore dedica un'attenzione costante con i cosiddetti "pay watch" sui singoli ma anche con tabelle di riepilogo che illustrano il quadro d'insieme. Da questo certosino lavoro, Gianni Dragoni ha tratto tanto materiale da scrivere anche un libro insieme a Giorgio Meletti, "La paga dei padroni" per l'editore Chiare Lettere.

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Quel silenzio sui premi

Il pagamento dei bonus (i premi di risultato per i dirigenti) è uno dei temi più controversi e dibattuti nel mondo per le società quotate. Crisi finanziaria e recessione hanno suggerito in molti Paesi un taglio dei premi. In Italia invece c'è un silenzio generale. A poche settimane dalla campagna dei bilanci 2008, solo un gruppo, UniCredit, ha annunciato l'azzeramento dei bonus per i vertici.

Eppure, i «gatti grassi» non abitano solo a Wall Street, anche se questo è l'epicentro degli eccessi. «È vergognoso» ha detto il neopresidente Usa, Barack Obama, quando ha letto che nel 2008 «i banchieri a Wall Street avevano deciso di pagarsi premi sullo stipendio per 20 miliardi di dollari, lo stesso livello del 2004 nel momento in cui queste stesse istituzioni sono sull'orlo del collasso e chiedono al contribuente di aiutarli». Il monte-compensi variabili è diminuito del 44% sul 2007, ma la somma resta impressionante.

Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha chiesto ai banchieri soccorsi dallo Stato di rinunciare ai bonus e di non distribuire dividendi. All'«invito» ha aderito Bnp Paribas, la banca presieduta da Michel Pébéreau che controlla Bnl, della quale non si conoscono gli intendimenti sui bonus. Si sono accodate Crédit Agricole e Sg. In Germania il Governo ha stabilito che le banche beneficiarie di aiuti non potranno pagare i vertici più di 500mila euro l'anno. Un tetto che in Italia sarebbe sotto la soglia di povertà per molti banchieri. Josef Ackermann, di Deutsche Bank, ha «rinunciato» ai bonus del 2008. La banca ha quindi annunciato perdite per 3,9 miliardi nel 2008, la prima volta in rosso cinquant'anni. In Svizzera il Governo ha comunicato a Ubs, aiutata dallo Stato, che i bonus per i dipendenti devono essere abbattuti dell'80 per cento.

Negli Stati Uniti si va da un estremo a un altro. C'è lo scandalo Merrill Lynch, la banca salvata con l'intervento di Bank of Amercia e dei contribuenti americani che però ha distribuito bonus per quattro miliardi di dollari il 29 dicembre: l'operazione è costata il posto al capo, John Thain. Hanno rinunciato al bonus i capi di Citigroup, JPMorgan, Morgan Stanley. Lloyd Blankfein, di Goldman Sachs, nel 2008 ha guadagnato 600mila dollari, un centesimo dei 68,5 milioni dell'anno precedente.

In Italia, come in Spagna, c'è stato un dibattito pubblico notevolmente scarso «sull'eccesso di compensi per i dirigenti», ha sottolineato Paul Betts sul Financial Times il 5 novembre scorso. Da allora quasi nessuna voce ha rotto il silenzio. L'unica «vittima» annunciata resta Alessandro Profumo di UniCredit. Nel 2007 il suo stipendio base è stato di 3,48 milioni lordi, salito a 9,43 milioni grazie a un variabile di 5,95 milioni. È questo che dovrebbe saltare per il 2008. Inoltre nel 2007 il banchiere aveva ricevuto azioni gratuite («performance share») per 3,92 milioni. Titoli che oggi valgono una frazione di quell'importo.

UniCredit è la banca che sembra aver sofferto di più per la crisi, ma non l'unica. Il concorrente, Intesa Sanpaolo, non pagherà dividendo in denaro e nei primi nove mesi del 2008 ha subìto una flessione degli utili del 44% (UniCredit del 36%). Nulla è stato detto sul bonus dei vertici. Così come per Mps e le altre società. Il presidente Abi, Corrado Faissola, non vuole i tetti imposti agli stipendi, preferisce l'autoregolamentazione. Il Governo ha introdotto con il decreto anti-crisi un codicillo in cui stabilisce, tra le condizioni per l'intervento del Tesoro a favore delle banche, che queste adottino «un codice etico contenente, tra l'altro, previsioni in materia di politiche di remunerazione dei vertici aziendali». Nelle Camere dal decreto è saltata la frase che diceva: «Il codice etico è trasmesso al Parlamento». La pubblicità non è gradita.

Anche l'industria soffre. La Fiat ha annunciato un calo del 17% dei profitti e un incremento dei debiti.

Sandro Catani, advisor Watson Wyatt per l'executive compensation, fa notare che nelle discussioni si fa riferimento al premio annuale, ma esiste anche il bonus triennale, che forse non verrà sacrificato. Catani non si aspetta una falcidia delle buste paga. «Quando si chiede alle società delle retribuzioni fisse, rispondono che probabilmente non aumenteranno, ma non scenderanno. E il fisso in Italia non è così basso, in percentuale, rispetto al variabile, come negli Usa. Quanto al bonus, non è collegato alla Borsa, ma all'Ebitda e ai risultati operativi. È presumibile che i risultati di molte imprese siano comunque tali da consentire ai manager di ottenere almeno una parte dei bonus. E – osserva Catani – ci sono comparti come il petrolifero in cui i risultati delle aziende sono migliorati, come per le utility. Certo, la situazione sarebbe paradossale se gli azionisti non ricevessero dividendi e i manager invece intascassero il premio. Il sistema va riformato, approfittando della crisi, con più trasparenza».

25/02/2009 19:35
 
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Fa pendant col titolo del thread
Pena di morte troppo costosa. Gli Usa in crisi tagliano sul boia

Dopo anni di battaglie in nome dei diritti civili, a mettere fine alla pena di morte in molti Stati americani potrebbe essere alla fine lacrisi economica. Molti legislatori stanno infatti pensando di mettere da parte la pena capitale per risparmiare sui budget statali a corto di fondi. Dal Kansas al Nebraska governatori e parlamentari sottolineano da tempo che i costi di un processo che porta ad una condanna a morte sono circa il triplo di quelli di una normale causa per omicidio.

Da ultimo a ribadire la «non economicità» della pena capitale in tempi di crisi è stato il governatore del Maryland, il democratico Martin O'Malley, che davanti ai propri deputati ha detto nei giorni scorsi «non ci possiamo permettere questa soluzione, quando sappiamo che ci sono sistemi più economici per ridurre la criminalità». Secondo quanto riportato dal New York Times sulla stessa linea si stanno orientando anche Colorado, Kansas, New Hampshire, Montana e New Mexico.

I maggiori costi deriverebbero dall'iter giudiziario molto più lungo, dalla necessità di mobilitare più avvocati e testimoni e dal maggior numero di ricorsi in appello che lo Stato deve sostenere. Uno studio del Maryland dimostra che un condannato a morte può costare anche 1,9 milioni di dollari in più rispetto ai processi comuni.

I costi del mantenimento carcerario potrebbero spingere ad esempio la Virginia a ridurre le pene per i reati minori ed anche uno dei maggiori sostenitori dell'efficacia della pena di morte, il governatore del New Mexico Bill Richardson, è lentamente tornato sui suoi passi e ha detto che potrebbe firmare l'abrogazione della pena di morte se anche il Senato dello Stato, dopo la Camera, approvasse un testo in quella direzione.

In controtendenza è invece l'Alaska dove in questi giorni si discute se reintrodurre la pena capitale, su proposta del presidente della Camera dei rappresentanti locale. Alla faccia della crisi economica, lo Stato governato dalla repubblicana Sarah Palin potrebbe riaprire il braccio della morte dopo oltre 50 anni dalla sua chiusura nel 1957.


25/02/2009 21:13
 
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Lavoro, storie quotidiane dal fronte della recessione

Il lavoro in Italia? Nel 2009 dovrebbero perdersi 230mila posti mentre la disoccupazione potrebbe salire all'8,1 per cento. Almeno a dar retta all'Isae. E il Pil? È prevista una riduzione: tra il 2 e il 2,5%, a seconda di chi faccia le stime. Che alcuni valutano troppo pessimiste, invitando a essere meno catastrofici; mentre altri le considerano solo realiste. Numeri, percentuali, stime. Un'orgia di valutazioni che nulla dicono su chi è "dietro" i numeri. Su chi, quotidianamente, vive la crisi, sulla propria pelle. Così, il Sole240re.com ha voluto raccogliere delle testimonianze. Senza alcuna pretesa di completezza. Solo degli "spaccati" di vita di tutti i giorni di chi fatica ad arrivare alla fine del mese. Ma anche di chi, rimboccandosi le maniche, si è ripresa in mano la vita. Quello, cioè, che le statistiche non dicono.

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Il pensionato: «Quel mutuo a tasso variabile che strozza le mie finanze»

Andrea, pensionato 65enne, ha visto la rata mensile esplodere. Ha chiesto dei prestiti a delle finanziarie e «la situazione è peggiorata. Adesso ho deciso di vendere la casa per risolvere definitivamente la situazione».

Crescenzago, quartiere popolare alla periferia nord di Milano. Nella saletta della parrocchia di Gesù di Nazareth, il signor Andrea, pensionato, 65 anni, rigira il cappello tra le mani, con nervosismo. Ha accettato di raccontare la sua storia, le sue difficoltà. Prima di iniziare, però, chiede che il suo nome e cognome non siano pubblicati. A nulla serve la considerazione che è una situazione comune a tanti; che nulla c'è di male. Il senso d'imbarazzo, il timore di vedere diminuita la propria dignità sono più forti di tutto. Così l'accordo è di pubblicare solo un nome di fantsia, Andrea per l'appunto. «Sa – dice - ho iniziato a lavorare a 14 anni. E mai avrei pensato di trovarmi in una situazione del genere».

E sì, perché subito dopo il diploma di terza media Andrea va a fare l'apprendista come operaio litografo. «Ho passato la mia vita tra le stampe. Prima a Napoli, dove sono nato; poi a Milano. Mi sono trasferito dopo il militare. Qui, al Nord, sono diventato capo macchina alla Rizzoli. Più che un lavoro, una passione». Una vita che scorre via senza eccessivi affanni: anzi, Giorgio va in pensione piuttosto giovane. «Ma con 35 anni di lavoro», tiene a precisare lui. «Non avevo grossi problemi. Facevo anche volontariato all'istituto per anziani la Baggina. Pensi: io aiutavo gli altri. E adesso, invece...». Le cose, purtroppo per Andrea, sono cambiate.

Cos' è successo? «Già con il passaggio dalla Lira all'Euro -risponde Andrea - tutto è diventato più caro. Il pacchetto di sigarette, il caffè: non ci avevo mai fatto caso. Poi, ho cominciato a stare attento, a pensarci due volte prima di spendere. La mia pensione, 1.300 euro netti al mese, ha iniziato a non bastare più. Anche perché mia moglie non ha un suo reddito». Ma non è solo l'arrivo della moneta di Eurolandia. No, c'è anche la normalissima decisione di comprare casa. Un passo che non dovrebbe creare problemi. E invece... «Invece, abbiamo acquistato un appartamento circa sei anni fa, accendendo un mutuo da 89mila euro a tasso variabile». Una scelta che, allora, sembrava quella giusta. Ma che, poi, si è trasformata in una trappola. «L'anno scorso la rata è schizzata verso l'alto, ha raggiunto quasi i 700 euro al mese». Una tegola insostenibile cui si aggiungono le spese di amministrazione, le bollette. Un caro-vita che "strozza" Giorgio. Il quale, anche male consigliato, decide di chiedere dei prestiti a finanziarie: circa 30.000 euro, compresa la cessione del quinto della pensione. Tutto legale, per carità. Ma dopo l'iniziale apparente boccata d'ossigeno arriva, inesorabile, la batosta: gli interessi da pagare sui nuovi prestiti.

«Non ce la facevo più - dice Andrea - Eliminare le vacanze, fare attenzione agli acquisti non è bastato. Alla fine mi sono messo a cercare un altro lavoro. Adesso faccio il custode. Mi pagano in nero: circa 500 euro al mese. Una faticaccia: quando inizio al mattino mi alzo alle 6.00». O addirittura prima: «Sì, perché per guadagnare ulteriori soldi vado a "fare" i sacchi per la parrocchia». Insomma, qualsiasi cosa pur di guadagnare. Pur di trovare, «sempre lavorando onestamente», un'entrata per le proprie tasche e poter pagare i conti mensili. Giorgio ha anche utilizzato la carta equa della Caritas. «È stato un bell' aiuto, mi hanno dato una mano. Putroppo dura solo tre mesi». Insomma, «peccato che non posso più utilizzarla. Ma dicono che c'è chi sta anche peggio di me». Adesso Andrea ha deciso di vendere la sua casa per risolvere definitivamente i suoi problemi. «Spero di riuscirci» dice, alzandosi dal tavolo della saletta della parrocchia Gesù di Nazareth. «Ma è difficile, sa c'è la crisi». E con un cenno della mano saluta e se ne va.

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Il cassintegrato: «Con la cassa il tempo non trascorre mai»

Stefano Ponzuoli, cassa integrato a zero ore della Bieffe di Rivalta, riesce a tirare avanti perché vive con i genitori. «Sono fortunato. Per alcuni colleghi la situazione è drammatica».

«Dieci minuti che sembrano trasformarsi in un'ora. Ma che rimangono sempre e soltanto dieci minuti». Stefano Ponzuoli 30anni, cassa integrato a zero ore della Bieffe di Rivalta, nell'hinterland di Torino, inizia così la chiaccherata con il Sole24Ore.com. «È la cosa che più mi ha colpito -dice-. Ero abituato a fare il mio lavoro, che riempiva la giornata. Ora tutto questo è sparito. Ti alzi la mattina e non sai cosa fare. Non uscire di casa e andare a lavorare è veramente dura. Devi essere capace di far trascorrere il tempo. Ma non passa mai. Si diluisce all'infinito». Già: i dieci minuti che sembrano trasformarsi in un'ora ma rimangono dieci minuti...Un vuoto difficile da colmare anche perché il senso di vergogna del "fare niente" è dietro l'angolo. «All'inizio c'era anche quello. Ma a Torino la mia condizione è talmente diffusa che, alla fine, non ci ho fatto più caso».

E allora, come si sopravvive? «Allora esco la mattina a fare la spesa. Io, attualmente, vivo con i miei genitori. Non potrei fare altrimenti. Così, dò una mano: faccio, ovviamente, molta attenzione ai prezzi, a quello che si acquista. Nel pomeriggio, poi, mi incontro con i colleghi che si trovano nella stessa mia situazione. È normale: ci si telefona, ci si vede al bar. Per parlare, discutere . Si condividono le difficoltà, ci facciamo forza l'uno con altro. Una sorta di rete di solidarietà».

«Io sono ancora uno tra i fortunati - continua Ponzuoli - Avevo uno stipendio netto di 1.200 euro che, adesso, è sceso a circa 700 euro al mese. Vivendo con i miei, per adesso, riesco a tirare avanti. Certo: stavo pensando di andare a vivere con la mia fidanzata e ho dovuto rinunciare. Anche perché pago parte della rata del mutuo della casa dei miei nonni: diventerà loro e, in seguito, ci andrò ad abitare io. Tuttavia, lo ripeto, questo è nulla rispetto a ciò che devono sopportare alcuni miei amici»

Vale a dire? «Ho un collega, sposato con due figli, che tira avanti anche lui con poche centinania di euro. Una situazione drammatica, non so come faccia. Così, quando lo vedo, lo incoraggio, gli dico di farsi forza». La cassa integrazione, comunque, è una soluzione temporanea: non le è mai venuto in mente di trovarsi una soluzione alternativa? «Sono in questa situazione dal 24 novembre scorso e dovrei rientrare alla fine del mese. Quindi, aspetto di vedere cosa succede. Comunque, non mi metto a cercare lavoretti in nero con il rischio di perdere la cassa. La speranza è che ripartano gli ordinativi e il ciclo produttivo dell'azienda. Certo, se la situazione non dovesse migliorare o, addirittura, peggiorare dovrò rivalutare la situazione, più in generale. Ma non è facile». Per nessuno lo è... «È vero. Ma io mi sono sempre dato da fare. Non sono mai stato con le mani in mano. Dopo la maturità ho iniziato a lavorare. Ho fatto tutta la trafila: società interinali, lavori a tempo determinato. Infine, nel 2003, ho trovato l'assunzione a tempo indeterminato. Solo che, adesso, la crisi è veramente globale. Anche per i lavori meno qualificati se hai più di 29 anni ti dicono che non vai più bene». Il consiglio di molti è quello di riqualificarsi, se possibile. «Lo capisco. Ho pensato di riprendere l'università. Tra un po' di tempo ci potrei pensare». Perché non farlo subito? «Potrebbe essere. Ma è facile parlare per chi non si trova in queste situazioni. La mia non è pigrizia, è che c'è un senso di scoramento generale. La mia fidanzata, che è laureata, ha incontrato anche lei moltissimi problemi per trovare un lavoro». E la chiaccherata finisce qui.

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L'ex manager: «Ho puntato sulla formazione per ricostruirmi un lavoro»

Luigina Ferraro, 42 anni, ex dirigente in una società finanziaria, si è rimessa a studiare per «aumentare le mie competenze. Perso il posto è stata dura, ma la nuova attività da consulente inizia a funzionare»

Luigina Ferraro, 42 anni, la sua carriera l'ha realizzata nel mondo della finanza. Un percorso pieno di soddisfazioni che, passando attraverso diversi incarichi in società differenti, l'ha portata a diventare dirigente piuttosto giovane: a 37 anni. Una strada, insomma, in ascesa, fino allo stop inatteso. Fino a quando, nel dicembre di due anni fa, il gruppo per cui lavorava ha dismesso l'attività d'investimento e lei ha perso il suo posto di lavoro.

«Dopo qualche mese, nel maggio del 2008 - dice con voce calma - ero "fuori". È stato un passaggio traumatico. Soprattutto per chi, come me, dopo la laurea e un master in gestione aziendale ha da subito puntato molto sul lavoro, sull'attività professionale. Mai avrei pensato che, un giorno, qualcuno mi dicesse di andarmene via». Già: andarsene via, perdere il lavoro. Una situazione che, al di là della retorica dell'occasione-per-rimettersi-in-gioco, resta un momento drammatico della propria esistenza. Un momento dove «la rete di amicizie, la famiglia offrono un primo sostegno fondamentale. E dove, però, bisogna obbligarsi a dire che la propria vita non finisce. Che non si deve cadere nella commiserazione: bisogna andare avanti e trovare altre soluzioni». Altre soluzioni: certo, possono trovarsi. E certo, si dirà: Luigina Ferraro ha perso il posto prima dell'arrivo della crisi più dura, più profonda. Ha avuto più tempo di altri. Ma ora la recessione, comunque, c'è. E i problemi non mancano.

I suoi obiettivi non sono un target eccessivo? «Non nego sia dura per tutti. Ma la molla deve comunque scattare. Io, dopo questa esperienza, mi sono detta: mai più nelle "mani" di qualcun altro. Mai più dipendere da un datore di lavoro. Mi rendo conto che non tutti possono fare un discorso simile. Tuttavia, chi ha delle competenze deve sfruttarle e, soprattutto, deve rilanciarsi sul fronte della qualificazione professionale. Almeno, io ho fatto così». In che modo? «In maniera molto pragmatica, pensando a quali possono essere, partendo dalle proprie competenze, i settori che offrono opportunità. Per esempio, la finanza non è certo un'area cui guardare adesso. Molti head-hunter mi dicono che, da quel settore, sono in uscita moltissimi giovani di talento che dovranno imparare a reinventarsi un mestiere».

Ma quale la strada da seguire? «Io parlo per la mia esperienza. Ho valutato che la consulenza aziendale nel retail, nella moda offre delle opportunità. Così ho deciso di conseguire un master in Marketing dei beni di lusso. Allo stesso tempo, però, credo sia necessario aprire la propria mente ad altre discipline, in un ottica multi-settoriale». E quindi? «Quindi, ho iniziato a seguire un corso di laurea di Psicologia cognitiva all'università Statale di Milano». Al di là dell'ulteriore formazione, la sua attività ha iniziato a dare frutti? «Sì, incomincio a ricevere i primi mandati. Ovviamente ci vuole del tempo ma inizio ad ingranare. Mi ha molto aiutato anche la rete di conoscenze che mi sono creata nel tempo con il precedente lavoro».

Neanche per un attimo ha pensato di vivere il classico anno "sabbatico"? «No. Anche se, in un certo senso, sarebbe stato facile». Perché? «Una donna che perde il lavoro è in qualche modo "accettata" meglio dalla società rispetto ad un uomo disoccupato. E' considerata una situazione meno grave». Come dire che, nell'Italia del 2009, anche in attività qualificate, l'idea che sia solo l'uomo a dovere fare fronte alle finanze famigliari è dura a morire. Se una donna non ha più un reddito: bé si dice... c'è chi pensa a lei. «Mio marito, ovviamente, mi ha aiutato ma ho deciso di ripartire subito, da sola. È stata dura, difficile ma ci si può riuscire».

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La Caritas: «Le nuove povertà colpiscono anche laureati e diplomati»

Per Silvana Migliorati, responsabile del Siloe della Caritas Ambrosiana, «le persone con un'istruzione qualificata che ci chiedono aiuto sono in aumento». Il progetto della Carta equa

Uno spaccato sulle difficoltà legate alla recessione. Una lente d'ingrandimento sulle nuove povertà che colpiscono anche la grande metropoli del Nord: Milano. Certo, la visuale è parziale; l'occhio è rivolto soprattutto alle situazioni limite. Eppure, proprio dai racconti, dalle storie degli operatori della Caritas ambrosiana molto si può capire. Certamente di più di tante ineccepibili, e fredde, analisi socio-economiche.

Silvana Migliorati, responsabile del Siloe, un servizio dell'Arcidiocesi di Milano a favore delle situazioni di povertà, disagio ed esclusione sociale, ci accoglie nel suo ufficio. Piccolo, arredato con l'essenziale: qui incontra, parla, tenta di indirizzare chi ha bisogno e non sa più dove sbattere la testa. Dalle sue parole, subito, si capisce che l'identikit di chi è in difficoltà oggi non coincide con quello del "classico" emarginato tanto caro ai luoghi comuni. La situazione è cambiata: «Il numero di laureati o diplomati che si rivolge a noi - dice - è in aumento, cresce sempre di più. Proprio l'altro giorno si è presentato un ingegnere, di circa 50anni, in cerca di un lavoro. Abbiamo parlato a lungo: ho dovuto spiegargli che un curriculum di 8 pagine non lo avrebbe letto nessuno». E allora? «Gli ho dato un compito - risponde sorridendo la Migliorati -. Essere più sintetico, ridurre le informazioni essenziali su un foglio. Si è un po' risentito ma ha capito».

Laureati, diplomati che bussano alla Caritas per cercare un lavoro. Una situazione un po' strana: i normali referenti, in simili occasioni, sono le società di lavoro interinale, gli uffici di collocamento, le società, le imprese o gli stessi sindacati. «Noi siamo un riferimento di ultima istanta. Si presentano persone che, in qualche modo, pensano che l'intervento autorevole della Chiesa possa essere risolutore. Spesso hanno scritto al Cardinale e, poi, vengono da noi. Molti, peraltro, arrivano dalla provincia di Milano. Neolaureati che non hanno alcuna idea del mondo del lavoro; o, al contrario, persone che dopo anni in azienda si trovano spiazzati, non sanno come muoversi». E come li aiutate? «Tentiamo di capire quali sono le loro reali competenze. Li aiutiamo a comprendere come, e dove, indirizzare le proprie rischieste di lavoro. Valutiamo se possono partecipare a corsi di formazione professionale». Un'attività non facile anche perché al Siloe, spesso e volentieri, il supporto non è solo tecnico ma anche umano, psicologico. «Quello che i database delle società interinali o di Internet non offrono».

Il lavoro, o meglio, la sua perdita è spesso la causa principale delle difficoltà finanziarie in cui le famiglie vengono a trovarsi. «Noi, anche in collegamento con la Fondazione onlus San Bernardino - spiega la Migliorati -, realizziamo molti interventi di sostegno finanziario. Nel 2008, su 249 interventi, ben 90 sono stati finalizzati ad aiutare le persone nel pagamento dell'affitto, della rata del muto o fronteggiate debiti in generale. Tutte situazioni causate da una riduzione, o scomparsa, del reddito mensile». E che la recessione colpisca le tasche degli italiani è comprovato anche da un altro semplice, e banale, dato che riguarda la Carta equa «Negli ultimi mesi - dice Nicola Malfatti, responsabile del progetto - abbiamo avuto il raddoppio delle domande: da 20 mensili a 40». Già, un aumanto considerevole. Ma cos è la Carta equa? «È una carta di credito utilizzabile nelle Coop lombarde. Chi partecipa, il benefattore, offre una percentuale su ogni propria spesa a favore del progetto. Per ogni somma data dal benefattore il supermercato offre la medesima quantità di denaro. Quest'ultimo viene, di volta in volta, versato su un conto corrente, presso la Banca Etica, intestato alla Caritas Ambrosiana. I soldi così raccolti servono ad accendere delle carte di credito anonime che vengono date a chi ne ha bisogno per fare la spesa». Quanto è stato elargito fino ad ora? «In circa 5 anni abbiamo raggiunto più di 3mila persone per una somma di circa 400mila euro».
26/02/2009 00:53
 
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26/02/2009 19:39
 
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Ford ora taglia del 30% gli stipendi dei manager

Ford taglia gli stipendi dei dirigenti e prepara un nuovo piano di incentivi alle dimissioni, mentre General Motors e Chrysler negoziano a Washington i rispettivi piani di salvataggio.
L'azienda guidata da Alan Mulally ha deciso di ridurre il compenso dell'amministratore delegato per il 2009 e il 2010 del 30% rispetto a quanto percepito l'anno scorso. La misura si applica anche al presidente Bill Ford; quest'ultimo, che non riceve alcun pagamento dal 2005, dovrebbe tornare a ricevere un compenso proprio dal 2008. Ford, che aveva già tagliato i bonus 2008, avrebbe anche deciso di fare nuove offerte di prepensionamento a tutti i 42mila salariati e di congelare i bonus di tutti i dipendenti
. Queste ultime misure non sono ancora state rese pubbliche. Ford intanto, che ha messo in vendita la casa svedese Volvo, potrebbe ricevere tre offerte entro poche settimane; è quanto scrive il quotidiano di Stoccolma Dagens Industri, secondo il quale due offerte sarebbero cinesi e una europea.
La Ford, a differenza delle due rivali, non ha finora fatto ricorso agli aiuti statali: non è quindi vincolata come loro dai limiti imposti per legge ai compensi dei manager. A partire dal 2009 Chrysler e Gm (se otterranno gli aiuti chiesti) dovranno porre un tetto di 500mila dollari ai compensi complessivi dei dirigenti. Quelli di Chrysler non sono noti: il numero uno Bob Nardelli è stato assunto con uno stipendio di un dollaro, ma è probabile che riceva da Chrysler compensi in altra forma (l'azienda, che non è quotata, non è tenuta a rivelarli). Per Rick Wagoner e Fritz Henderson, i due top manager della Gm, il tetto a 500mila comporterebbe una riduzione del 70% circa della paga rispetto a quanto incassato nel 2007 (il dato 2008 dovrebbe essere reso noto oggi con il bilancio dell'anno e del 4° trimestre). In Francia la concessione del maxiprestito a Peugeot e Renault non è stata per ora accompagnata da limiti formali ai compensi dei dirigenti, anche se più volte Sarkozy e i suoi ministri si sono scagliati contro le remunerazioni eccessive.
In questi giorni sono iniziati i faccia a faccia tra i dirigenti dei due gruppi automobilistici e la task force designata dal presidente Barack Obama per supervisionare la ristrutturazione di Detroit: al centro delle trattative i piani presentati dai due costruttori. Il governo dovrà decidere se e quante risorse stanziare o se costringere le società al fallimento pilotato, con il Chapter 11. Ieri è stata la volta della delegazione Chrysler, guidata da Nardelli, di volare a Washington per un incontro, fra gli altri, con Steven Rattner – l'ex banchiere che guida il team auto del Tesoro Usa – e il superconsulente Ron Bloom. Oggi toccherà a General Motors la quale, come detto, renderà anche noti i risultati 2008 che vedranno il quarto rosso consecutivo. Secondo gli analisti le perdite nel solo quarto trimestre supereranno i 7,5 miliardi di dollari, ma la prospettiva non sembra aver spaventato Wall Street: a un'ora dalla chiusura le azioni Gm guadagnavano il 15%. La controllata svedese Saab, che ha portato nei giorni scorsi i libri in tribunale, ha dovuto bloccare ieri la produzione perché ha finito i fondi. Un'eventuale bancarotta dell'intera Gm potrebbe procurare compensi da record a tutti i consulenti che ci lavoreranno sopra: Lynn LoPucki, docente di diritto fallimentare all'Università della California, stima in 1,2 miliardi di dollari gli onorari che potrebbero finire nelle tasche di banchieri, contabili e avvocati.

COMPENSI DELL'AUTO
Gm, Chrysler e Ford
Se otterranno gli aiuti chiesti al Governo americano, i compensi dei rispettivi top manager saranno ridotti a 500mila dollari annui fissato dalla recente legge. Rick Wagoner e Fritz Henderson, della Gm, incassarono nel 2007 circa 2 milioni di dollari a testa. Bob Nardelli, della Chrysler, ha uno stipendio di 1 dollaro ma i bonus non sono noti. La Ford guidata da Alan Mulally (nella foto) ha deciso di ridurre il compenso del Ceo del 30%

Peugeot e Renault
Nell'erogare i prestiti a Peugeot e Renault, il Governo francese non ha posto condizioni sui compensi, ma ha fatto pressioni per un contenimento. Il numero uno di Renault, Carlos Ghosn, ha avuto nel 2008 un compenso falcidiato dal venire meno di stock option
26/02/2009 20:20
 
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dgambera, 2/26/2009 7:39 PM:

Ford ora taglia del 30% gli stipendi dei manager

Ford taglia gli stipendi dei dirigenti ... il numero uno Bob Nardelli è stato assunto con uno stipendio di un dollaro,...



Chissa' perche' nessun politico parla di tetto alle paghette dei banchieri !??!

Eppure le banche hanno ricevuto in $$ pubblici ben piu' delle aziende automobilistiche !

forse la massima dei politici camerieri delle banche non e' poi cosi' fantasiosa....

ciao
Mao




[Modificato da ziomaoziomao 26/02/2009 20:22]

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28/02/2009 00:07
 
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Ikea sfida la crisi: oltre mille nuovi posti di lavoro in Italia nel 2009

Ikea Italia sfida la crisi annunciando la creazione di oltre mille nuovi posti di lavoro nel 2009, nei nuovi negozi di prossima apertura di Rimini, Collegno (TO), Salerno, Villesse (GO).

Nel 2008 - comunica l'azienda con una nota - Ikea ha realizzato un fatturato di 1,3 miliardi di euro, con un incremento pari al 5,8 per cento. Nello stesso periodo 37,15 milioni di persone hanno visitato i 14 negozi presenti sul territorio italiano, una rete gestita da oltre 6.400 addetti, l'86% dei quali assunti con un contratto a tempo indeterminato. Il 46% ha un'età compresa tra i 25 e i 34 anni mentre le donne rappresentano il 58 per cento. Il part-time riguarda il 65% della forza lavoro, con un contratto medio di 24 ore settimanali e un limite minimo di 20 ore concordato coi sindacati.

L'Italia è il terzo produttore al mondo per Ikea, con una ricaduta occupazionale nell'indotto di 1.500 addetti. Ogni negozio genera poi un indotto commerciale di circa 100/120 posti di lavoro nei servizi di supporto alla vendita (trasporti, montaggi, manutenzione, pulizie, carrellisti, animazione), per altri 1.400 occupati.

[Modificato da dgambera 28/02/2009 00:09]
28/02/2009 17:48
 
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Re:
dgambera, 2/28/2009 12:07 AM:

Ikea sfida la crisi: oltre mille nuovi posti di lavoro in Italia nel 2009

Ikea Italia sfida la crisi annunciando la creazione di oltre mille nuovi posti di lavoro nel 2009, nei nuovi negozi di prossima apertura di Rimini, Collegno (TO), Salerno, Villesse (GO).

Nel 2008 - comunica l'azienda con una nota - Ikea ha realizzato un fatturato di 1,3 miliardi di euro, con un incremento pari al 5,8 per cento. Nello stesso periodo 37,15 milioni di persone hanno visitato i 14 negozi presenti sul territorio italiano, una rete gestita da oltre 6.400 addetti, l'86% dei quali assunti con un contratto a tempo indeterminato. Il 46% ha un'età compresa tra i 25 e i 34 anni mentre le donne rappresentano il 58 per cento. Il part-time riguarda il 65% della forza lavoro, con un contratto medio di 24 ore settimanali e un limite minimo di 20 ore concordato coi sindacati.

L'Italia è il terzo produttore al mondo per Ikea, con una ricaduta occupazionale nell'indotto di 1.500 addetti. Ogni negozio genera poi un indotto commerciale di circa 100/120 posti di lavoro nei servizi di supporto alla vendita (trasporti, montaggi, manutenzione, pulizie, carrellisti, animazione), per altri 1.400 occupati.





Bella IKEA!
andiamolo a raccontare ai defunti distretti dei mobili come meda, dove ora si smantellano aziende per costruirvi villettine a schiera.

Ogni posto di lavoro nuovo ad IKEA significa mille persi, altro che "distretto IKEA" !

Dalla tradizione degli ebanisti ai mobili industriali di truciolare fatti con la m... pressata di IKEA; in fondo e' l'immagine del nostro tempo, quello che ci meritiamo.

Ciao
Mao




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01/03/2009 15:20
 
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Volkswagen: tagliati nel 2009 tutti i 16.500 precari

Il gruppo Volkswagen taglierà quest'anno tutti i 16.500 posti di lavoro occupati dai precari.
Lo annuncia in un'intervista al settimanale Der Spiegel il presidente del colosso di Wolfsburg, Martin Winterkorn, secondo il quale al momento i posti di lavoro degli addetti fissi non sono minacciati. Del resto la Casa tedesca sta reggendo l'onda della crisi meglio degli altri.

Riferendosi ai precari che quest'anno saranno licenziati, il manager spiega che «per gli interessati non è una cosa bella, ma la misura è inevitabile». Più tranquilla, ma solo al momento, appare invece la situazione dei lavoratori fissi del gruppo: «Per quest'anno non vedo problemi - dichiara Winterkorn - ma se le cose non dovessero più andare, si dovrebbe riflettere su altre soluzioni».

Drammatica anche la situazione dell'occupazione per i dipendenti della Opel. Il quotidiano Sueddeutsche Zeitung scrive oggi, senza rivelare la fonte dell'informazione, che sono in pericolo 11mila posti di lavoro nelle affiliate europee della General Motors, cifra che corrisponde al 20 per cento del totale degli occupati. La casa americana ha in Europa 55mila dipendenti, 25mila dei quali lavorano negli impianti della Opel in Germania. Degli 11mila posti di lavoro europei a rischio nella GM sono compresi anche i 4mila della svedese Saab.

Nel frattempo il presidente della Volkswagen si dichiara contrario ad un salvataggio della Opel da parte del governo tedesco. Nell'intervista allo Spiegel, Winterkorn afferma che «lo Stato deve restare fuori», dichiarandosi invece favorevole solo alla concessione di garanzie, ma per un periodo di tempo limitato.

Il manager spiega che «lo Stato non deve diventare una società per il salvataggio di aziende eventualmente minacciate dalla bancarotta» e precisa di non sapere se Opel è davvero sull'orlo del collasso economico. Se così fosse, aggiunge Winterkorn, «sarebbe una cosa ovviamente spiacevole». Secondo il presidente della Volkswagen, uno sganciamento di Opel dalla General Motors non sarebbe un'operazione facile da realizzare, poichè tra le due aziende «si è sviluppata negli anni una stretta interconnessione».
02/03/2009 09:00
 
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Code alla caritas
Crisi Pomigliano


Fiat, il vescovo di Nola: "E' un terremoto. E la crisi aiuta la camorra"
Ognuno in famiglia ha un cassintegrato. "Abbiamo bisogno di un piano produttivo"
File alla Caritas, negozi vuoti
"A Pomigliano nessuno lavora più"
di CRISTINA ZAGARIA
File alla Caritas, negozi vuoti "A Pomigliano nessuno lavora più"

Corteo di protesta
degli operai di Pomigliano

POMIGLIANO D'ARCO - "È un terremoto. E Pomigliano è solo l'epicentro. Questa crisi è una scossa che investe tutti i comuni del circondario, Acerra, Sant'Anastasia, Nola, Afragola. È una strage di famiglie e di giovani".

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A Pomigliano la crisi è per strada, nelle piazze, nelle case. In paese c'è chi già vede le fabbriche svuotate e trasformate in centri commerciali, dove però nessun potrà comprare niente. "La nostra Caritas - spiega don Peppino Gambardella, parroco di San Felice in Pincis - si sta affollando di nuovi poveri: c'è chi chiede di pagare le bollette, chi viveri, chi lavoro. Noi abbiamo paura che questo fenomeno faccia crescere l'usura, i furti, la delinquenza: la camorra approfitta di questi momenti per assoldare nuovi adepti. Si parla già dell'arrivo di estortori che vengono a chiedere il pizzo qui, in città".

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L'ex sindaco, Michele Caiazzo (oggi consigliere regionale per il Pd), diceva sempre che "il prodotto tipico di Pomigliano è l'auto". L'attuale sindaco, Antonio Della Ratta, ha fatto fronte comune con i sindaci del circondario: "Negli ultimi mesi i lavoratori dello Stabilimento hanno lavorato, nei casi migliori, una settimana al mese. Ciò ha determinato una forte perdita di reddito per le famiglie dei 5mila dipendenti della Fiat e gravissime preoccupazioni per il futuro delle 15mila dei lavoratori dell'indotto". Della Ratta sta aprendo in Comune un "ufficio per la solidarietà".
Come dice il vescovo è un terremoto che travolge tutti.

E a Pomigliano si lotta perché non arrivi l'ultima scossa. "Io sono un delegato sindacale e sono un po' come un prete, ascolto le confessioni dei miei colleghi - dice Mimmo Vacchiano, Uilm, - l'80 per cento dei miei colleghi ha un mutuo, con un quinto dello stipendio che ogni mese va alla banca, ma ora non ce la fanno più e le banche non ti fanno credito. L'alternativa è solo chiedere i soldi agli usurai. E una volta chiesto il primo prestito si è perduti per sempre".


(2 marzo 2009)

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Complottismo? No, Grazie!!!
02/03/2009 10:16
 
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Hsbc, utili a picco e emissione straordinaria da 18 miliardi di dollari

Il colosso bancario britannico Hsbc lancerà una nuova emissione azionaria da 18 miliardi di dollari, per raccogliere capitali, mentre gli utili 2008 vanno a picco e salgono i cattivi prestiti, soprattutto negli Usa. Gli utili del 2008 sono scesi del 70% a 5,7 miliardi di dollari, mentre i cattivi debiti sono saliti a 24,9 miliardi di dollari. L'emissione azionaria ammonta a 12,5 miliardi di di sterline, la più alta mai lanciata in Gran Bretagna e superiore a quella da 12 miliardi di sterline di Rbs. Il titolo di Hsbc è stato sospeso all'avvio della borsa di Hong Kong.
Hsbc ha anche annunciato la soppressione di 6100 posti di lavoro negli Stati Uniti. L'annuncio segue la decisione del colosso britannico di mettere fine alle attività di prestito al consumo tramite le controllate Hfc e Beneficial.
02/03/2009 13:29
 
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Perdere il lavoro in Italia. Raccontaci la tua storia

IL LAVORO va a pezzi. Ogni giorno di più. Tanto da farlo divenire la vera emergenza italiana. A dicembre 2008, dice l'Istat, l'occupazione nelle grandi imprese, quelle con più di 500 addetti, è scesa di quasi un punto percentuale rispetto al 2007. Nello stesso mese, per ogni mille ore lavorate, 28,4 ore sono state di cassa integrazione. Un ricorso che nel 2008, in media, è cresciuto di 2,8 ore (per ogni mille lavorate) rispetto all'anno scorso. Sempre più persone sono costrette a vivere con pochissimo. Una situazione che si fa sempre più difficile. Pochi giorni fa, a Pomigliano d'Arco migliaia di persone hanno manifestato insieme agli operai da mesi in cassa integrazione a 750 euro al mese.

Gli annunci e i destini. Tra settembre 2008 e febbraio 2009, secondo l'European Restructuring Monitor, in Italia sono stati annunciati tagli al personale per quasi ventimila posti. Dentro queste cifre, ci sono i destini di uomini e donne. Ci sono storie che rischiano di vedere interrotto il loro svolgersi quotidiano. Ci sono le migliaia di dipendenti di Alitalia-Cai, i 1.800 addetti di Eutelia e i 600 di Indesit dello stabilimento di None nel piemontese. Ma la crisi non colpisce solo le grandi imprese. L'onda spinge anche sulle piccole e le medie aziende. Nell'ultimo scorcio dell'anno, dice Unioncamere, i principali indicatori congiunturali per l'intero aggregato delle piccole realtà produttive sono tutti in rosso: la produzione è scesa del 6,4 per cento, il fatturato del 5,3 per cento e gli ordinativi del 7,2 per cento.

L'impiego e la paura. In questo momento esatto, secondo l'indagine realizzata da Robert Half International, azienda di servizi per le imprese nell'ambito della risorse umane, un italiano su due teme che l'urto della crisi possa arrivare ad infrangere il fragile castello del proprio impiego. Sono soprattutto le donne e gli under 40 a sentire la situazione appesa ad un filo. Il 61 per cento delle lavoratrici si dice insicura, contro la media del 37 per cento dei loro colleghi uomini. Le ragioni sono riconducibili alla natura precaria del legame contrattuale che spesso caratterizza queste due categorie. "I lavoratori under 40 e le donne - spiega Carlo Caporale, senior manager di Robert Half International - sono frequentemente assunti con contratti a termine. Ovvero quei contratti che, specialmente in momenti di incertezza economica, rischiano di non essere rinnovati alla scadenza".

I 3 milioni di precari sul filo. Nel settore dell'edilizia, avvertono i sindacati, nel 2009 rischiano di esserci 250 mila occupati in meno. Nel settore chimico, Filcem-Cgil, sono 20 mila i posti in bilico. La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, in occasione dell'incontro a Palazzo Chigi sulla crisi dell'auto, ha detto che il calo di ordinativi, se confermato, può provocare la perdita di 300 mila posti. Mario Draghi, il governatore di Bankitalia, in occasione del congresso del Forex davanti a banchieri e operatori finanziari, ha avvertito che il peggio deve ancora arrivare. A rischio, ha detto Draghi, sono in particolare "le fasce deboli e meno protette, i lavoratori precari, i giovani, le famiglie a basso reddito". Tre milioni di lavoratori a termine, interinali e a progetto. Tre milioni di persone con un contratto che scadrà, al massimo, entro l'anno. Secondo l'Ente bilaterale nazionale per il lavoro temporaneo, nel corso del 2009, ci saranno tra i 40 e i 75 mila posti di lavoro interinali in meno.

Tutti coinvolti. La crisi tocca chi non ha avuto nulla a che fare con la bolla finanziaria e quella fitta rete di speculazioni che poggiava su basi fragilissime. La rabbia, il disagio e la frustrazione sono forti. Ci sono operai, impiegati d'ufficio, giovani architetti e professionisti del web. Commesse di magazzino e addetti di call center. Ma anche manager e tecnici ad alta professionalità. Rispetto a un anno fa, secondo l'indagine di Robert Half, la proporzione di chi si sente meno sicuro del proprio impiego è molto elevata quale che sia la posizione ricoperta in azienda. Ha paura il 49% degli "operativi" e il 47% di chi svolge mansioni manageriali. Le ripercussioni di questo stato delle cose ricadono anche sulle attività di ogni giorno. Per Caporale "il clima di incertezza diffuso rischia di danneggiare e compromettere la capacità dei lavoratori di reagire e di cogliere prontamente tutte le opportunità che gli si presentano. Per le aziende il rischio è quello di dovere fare i conti con una struttura indebolita e poco reattiva che dovrebbe, al contrario, essere pronta a reagire soprattutto nel momento in cui il mercato si riprenderà".

Paragone internazionale. Se si fa un confronto tra nazioni, secondo gli autori della ricerca, gli italiani si ritrovano tra quelli che sentono il proprio impiego più a rischio. Nella classifica si ritrovano subito dopo i giapponesi (ha timore, pure se in gradi diversi, il 63 per cento) e gli irlandesi (il 62 per cento) e insieme agli inglesi e ai lavoratori di Singapore e Hong Kong (vedi tabella). Gli stessi valori si riscontrano quando ai lavoratori si chiede se la crisi globale, nell'ultimo anno, ha colpito, e in che modo, la crescita dell'impresa in cui lavora. A sentire di più gli effetti negativi, anche qui, sono soprattutto irlandesi, giapponesi, italiani, spagnoli e lavoratori del Regno Unito (vedi tabella).

Le storie delle persone e gli strumenti del governo. Il lavoro è tra le vere emergenze del sistema Italia. Per questo sembra necessario che siano per prime le persone a raccontare le loro storie. A dire cosa sta accadendo nelle loro imprese. Cosa sta accadendo al loro impiego e alle loro vite. E cosa pensano sia necessario che il governo faccia per loro. Perché il posto di lavoro e le persone contano più di ogni cosa. Perché senza l'impiego, ciascuno di noi perde, oltre che la fonte di reddito, il legame con la società, con l'identificazione e con il senso delle proprie azioni.

Perdere il lavoro in Italia
[Modificato da dgambera 02/03/2009 13:32]
02/03/2009 13:34
 
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03/03/2009 16:34
 
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04/03/2009 14:13
 
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Lavoro: a febbraio nuova impennata della cassa integrazione

In febbraio è ripartita la corsa alla cassa integrazione. Dopo i deboli segnali di frenata, a gennaio, nell'aumento di ore autorizzate, i dati del mese scorso - informa l'Inps - ripropongono il trend di novembre e dicembre 2008. Tra gestione industria (ordinaria e straordinaria) ed edilizia nel febbraio 2009 le ore autorizzate sono state 42,5 milioni, cioè il 169,7% in più rispetto al febbraio 2008. Se si confronta il primo bimestre (gennaio più febbraio) 2009 con l'omologo periodo dello scorso anno l'incremento di ore autorizzate è stato del 131,7% (per un totale di 72 milioni di ore). Scomponendo il dato emerge l'aumento eccezionale del ricorso alla cassa integrazione ordinaria (gestione industria): nel mese di febbraio appena passato sono state autorizzate 25,9 milioni di ore, contro 3,9 milioni di ore dello stesso mese dello scorso anno, con un incremento del 553,17%. Se si fa il confronto sul primo bimestre dell'anno l'incremento sullo stesso periodo del 2008 è del 443,26%.
05/03/2009 13:17
 
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GM:«A rischio la continuità aziendale»

General Motors, la più grande casa automobilistica al mondo, ha dichiarato alla Sec di «avere dei dubbi sulla propria continuità aziendale».
Il colosso Usa dell'auto mette dunque una seria ipoteca sul suo futuro e parla di «dubbi sostanziali» sul «going concern» dell'azienda, cioè sulla capacità del gruppo di garantire la sua «continuità». Gm, in una nota alla S Sec, la Consob Usa, mette nero su bianco la possibilità di avviare la procedura di bancarotta, ricorrerendo al Capitolo 11, la legge Usa che garantisce la protezione dai creditori, nel caso in cui non sia possibile riorganizzare le sue attività e finanziare i debiti.
Nell'aggiornamento alla Sec, la Gm indica che questi dubbi sono stati espressi anche dal suo auditor, la Deloitte & Touche. «La nostra società indipendente di revisione contabile - recita il documento della Gm - ha presentato un parere sui nostri bilanci consolidati dove attesta che gli stessi bilanci sono stati preparati sulla base del presupposto della nostra continuità aziendale», ma «indica inoltre che le nostre continue perdite operative, il depauperamento del capitale e l'incapacità di generare sufficiente flusso di cassa per far fronte ai nostri obblighi sollevano dubbi sostanziali sulla nostra capacità di garantire la continuità aziendale». «Se non riusciremo ad applicare con successo il nostro piano di rilancio, potremmo non essere in grado di garantire la continuità aziendale e potremmo essere costretti a chiedere la protezione dai creditori in base al codice fallimentare americano».
Il piano prevede che le vendite continuino a calare nel 2009, ma che tornino a crescere nel 2010. L'eventuale fallimento di Gm, tra l'altro ventilato da oltre due anni, e dunque ben prima dell'emerge dell'attuale crisi economica e finanziaria potrebbe generare uno scenario realmente apocalittico con ripercussioni gravissime con decine di fornitori di primo e secondo livello e effetti sull'occupazione statunitense e mondiale mai visti prima. Gm è infatti presente in ogni angolo del globo con decine di marchi che vanno da Chevrolet a Vauxhall, da Caddilac a Opel ed è proprio questi ultima controllata europea a destare forti preoccupazioni anche in sede Ue.
Il commissario europeo Guenter Verheugen ha infatti proposto un minivertice fra i paesi coinvolti nella crisi Opel. Si tratterebbe di una riunione ministeriale dei Paesi che ospitano stabilimenti Opel (Gm) per discutere sulle azioni possibili da prendere per evitare chiusure di siti e perdita di posti di lavoro. I paesi interessati sono Germania, Belgio, Spagna, Polonia e Gran Bretagna.
In caso di fallimento della Opel, la controllata tedesca della General Motors in gravi difficoltà finanziarie, sarebbero a rischio circa 400mila posti di lavoro in Europa
. Lo stima Armin Schild, uno dei capi distrettuali del sindacato dei metalmeccanici Ig-Metall, che al quotidiano 'Berliner Zeitung' ha indicato che una possibile insolvenza di Opel avrebbe conseguenze più costose degli aiuti di cui la casa di Ruesselheim ha attualmente bisogno.
Anche se la Opel verrà salvata, osserva comunque l'edizione tedesca del 'Financial Times', migliaia di dipendenti perderanno il posto di lavoro. Il quotidiano 'Rheinische Post' stima a 76mila gli esuberi in Germania a causa dei problemi del costruttore. La capogruppo General Motors ha chiesto 3,3 miliardi di euro di aiuti pubblici agli Stati dove sono localizzati gli impianti delle sue marche Opel e Vauxhall.
La casa di Detroit ha già avvertito che senza aiuti Opel potrebbe essere a corto di soldi già all'inizio del secondo trimestre. Il Governo tedesco, però, prende tempo perchè sostiene di non disporre di informazioni sufficienti. In un'intervista alla radio nazionale il ministro delle Finanze Peer Steinbrueck ha detto infatti che «non possiamo prendere decisioni su una base del tutto insufficiente. Il Governo tedesco è d'accordo nell'avere una responsabilità politica e di farvi fronte nel caso, ma prima va chiarita tutta una serie di questioni per avere le idee chiare e quindi decidere come aiutare l'impresa». Secondo indiscrezioni il Governo di Berlino vorrebbe intensificare i colloqui con il management della Opel per sviluppare assieme un piano di salvataggio della società
05/03/2009 18:18
 
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Commercio: in 2 anni 7mila bar e 5mila negozi di abbigliamento in meno

La crisi taglia in modo drastico gli esercizi nel settore dell'abbigliamento e bar, che rispettivamente in due anni segnano un saldo negativo tra aperture e chiusure di 5.335 e 6.912 attività. È quanto emerge dall'elaborazione della Confesercenti sui dati di Unioncamere, che analizza la crisi nel settore al dettaglio. Prefigurando uno scenario possibile sui futuri acquisti nei despecializzati emerge che il totale delle attivitá commerciali oggi ammonta a 600.632 e tra 5 anni saranno 538.497.


I soli settori del commercio al dettaglio dove è cresciuta l'attivitá nel 2007-2008, secondo Confesercenti, sono i bazar ed altri negozi non specializzati con prevalenza di prodotti non alimentari con un tasso di sviluppo del 13,2%, il commercio al dettaglio ambulante itinerante con un tasso di sviluppo del 12,9%, il commercio al dettaglio di prodotti non alimentari via Internet con un tasso di sviluppo del 28,8% e la vendita di articoli per adulti (sexy shop) aumentata del 10,8%.


Analizzando gli altri comparti che hanno registrato una contrazione nel numero delle attivita, nel settore frutta e verdura si registra una diminuzione di 1.521 attività commerciali, per le macellerie una riduzione di ben 2.432 unità e per le drogherie una perdita di 1.141 unità. Il settore delle calzature segna un -1.375 attivitá commerciali in meno e le mercerie/biancherie che contano una diminuzione di 1.304 unitá. Una forte contrazione è stata rilevata anche nel settore della vendita di mobili ed elettrodomestici con -4.836 unità ed i negozi di ferramenta con -1.747 unità in meno. Per quanto riguarda i ristoranti si contano - 3.598 unitá in meno e per i bar/caffetterie la perdita è di 6.912.
05/03/2009 19:26
 
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Indesit conferma la chiusura dello stabilimento di None

La Indesit ha confermato giovedì 5 marzo ai sindacati l'intenzione di chiudere lo stabilimento di None, nel pinerolese, dove sono impiegati, tra operai e impiegati, circa 600 addetti. Nel corso dell'incontro, svoltosi all'Unione industriale di Torino, l'azienda pur confermando la disponibilità a proseguire il confronto con le parti sociali, ha ribadito che il livello di competitività della produzione di lavastoviglie è insufficiente. Ricordando, poi, che «nell'ottica di una significativa crescita del mercato delle lavastoviglie, negli ultimi tre anni l'azienda ha fatto importanti investimenti sia sul nuovo prodotto che sugli impianti (circa 60 milioni nelle lavastoviglie di cui circa 20 proprio a None)», i rappresentanti del Gruppo hanno ribadito che «malgrado gli sforzi, la domanda di mercato è stata molto al di sotto delle previsioni.

Di conseguenza l'azienda non ritiene sostenibile la produzione in entrambi gli stabilimenti di None e di Radomsko in Polonia. La decisione di mantenere lo stabilimento polacco a scapito di quello torinese - hanno concluso - è dovuto esclusivamente a criteri di competitività sui mercati internazionali». L'azienda allo stato attuale mantiene in Italia, oltre al quartier generale di Fabriano, sette stabilimenti produttivi (oltre a quello di None), il proprio centro ricerche, la logistica e le attività di marketing per un totale di circa 5.000 dipendenti (in aggiunta ai 600 di None).

Momenti di tensione, intervento della Polizia
Ci sono stati momenti di tensione a Torino davanti all'Unione industriale, dove si è svolto l'incontro fra l'azienda e i sindacati. I lavoratori dello stabilimento di None, di cui l'azienda ha confermato la chiusura, hanno cercato di entrare ed è intervenuta la Polizia. «Comportamenti come quelli della Indesit - afferma il segretario generale della Fiom torinese, Giorgio Airaudo - rischiano di esasperare gli animi, compromettendo la coesione sociale. Non si possono in questa crisi chiudere le imprese scaricando i costi solo sui lavoratori e magari aprire un altro impianto in Europa».
05/03/2009 21:10
 
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Manager offre 50mila euro a chi lo assume

«Non ho mai fatto perdere cinque miliardi a una banca. Non sono rimasto alla guida di una società malgrado i pessimi risultati ottenuti. Sono della stessa generazione dell'hyper-président», Nicolas Sarkozy. E soprattutto, «offro un premio di 50mila euro a chi mi assumerà». Dopo nove mesi da disoccupato Jean-Pierre Le Floch, direttore finanziario, francese di 51 anni, si è fatto due conti e ha deciso di inserire nel suo curriculum vitae un compenso per chi gli farà ritrovare il lavoro. Mettendo tutto su internet. «Non ce la faccio più, ho risposto - dice Le Floch - a più di 200 annunci e ho superato una quindicina di colloqui, ma senza poi arrivare ad alcun risultato».
Controllo di gestione, amministrazione, finanza, dal 1981 al 2008 è stato seduto sulle poltrone foderate in pelle di grandi gruppi industriali: Nabisco, Sacilor, Danone, Galeries Lafayette, fino ad approdare a una società di attrezzature medicali (della quale non fornisce il nome).
«Alla mia età, in Francia, cambiare lavoro - riconosce Le Floch - è particolarmente complicato. Sfortunatamente con il passare del tempo, e ora con la crisi, si rischia di restare tagliati fuori a lungo. E per un senior come me tutto si complica ulteriormente». Per anni ha guadagnato più o meno 6mila euro al mese, ma ora è pronto ad accettare anche una riduzione dello stipendio di mille euro. E in più - per un contratto a tempo indeterminato che corrisponda al suo profilo - garantisce un bonus al contrario di 50mila euro: «Una somma che mi impegno a corrispondere a chi mi assumerà, in rate mensili per dieci anni».

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