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Dead men working

Ultimo Aggiornamento: 31/08/2015 08:57
25/02/2009 10:05
 
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Anche i manager "piangono" (ma con un occhio solo)
Manager in tempi di crisi: meno bonus, si torna al fisso

Piani di incentivazione dei manager, si cambia. Le Borse che continuano a scendere e le difficoltà dell'economia reale hanno abbattuto l'attrattività e la capacità di fidelizzazione dei vecchi sistemi, in gran parte basati sulle stock option. Finita l'epoca dei bonus pari a dieci volte la retribuzione fissa, inizia l'epoca della stretta sui premi, delle stock grant e dei piani di durata che da annuale diventerà ormai triennale. E magari, come ipotizza qualche "cacciatore di teste", dell'aumento della parte fissa dello stipendio: una strategia di retention bisognerà pur metterla in atto.

Il modello potrebbe essere ad esempio quello indicato dal gruppo Fiat, che ha approvato un piano di incentivazione basato sulle stock grant. Che per loro natura hanno l'effetto di sostenere strategie di business orientate a una valutazione più attenta del rischio. Hanno potenzialità di crescita più basse delle stock option, ma creano meno illusioni e sono sicure.

Intanto i consigli di amministrazione di molti gruppi si sono orientati su tagli dei bonus fino all'80 per cento. Riflettere sull'aumento della parte fissa, a questo punto, non sembra più un'ipotesi inverosimile.

Sul Sole 24 Ore in edicola oggi tutti gli approfondimenti sulle retribuzioni dei manager e il confronto tra il piano di stock option e il piano di stock grant.

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Banche: la tabella dei compensi ai manager nel 2007

Nel 2007 il manager bancario che ha incassato gli emolumenti più alti è stato Gabriele Galateri di Genola, all'epoca presidente del consiglio di amministrazione di Mediobanca. Tra emolumenti per la carica (2,052 milioni di euro), benefit (37 mila euro), bonus e altri incentivi (950 mila), l'ex presidente di Mediobanca arriva a 11,039 milioni di euro. Hanno pesato gli 8 milioni di "altri compensi", stock option comprese, percepiti dal manager quando, con la trasformazione momentanea della governance dell'istituto in duale, lasciò la guida della banca.
Alle spalle di Galateri, l'ad di Unicredit Alessandro Profumo ,con 9,44 milioni di euro sui quali la voce che pesa di più è quella dei bonus (5,950 milioni). Tra gli altri nomi che spiccano nella tabella elaborata da lavoce.info, va segnalato quello di Giampiero Auletta Armenise, ormai ex consigliere delegato di Ubi Banca: nel 2007 ha percepito 5,736 milioni di euro. In evidenza anche il nome di Giovanni Alberto Berneschi presidente di Banca Carige: 1,408 milioni. Dal lungo elenco – nella cui lettura bisogna tenere presenti le avvertenze che accompagnano la tabella di lavoce.info – vanno segnalati anche i nomi di Corrado Passera, consigliere delegato di Intesa SanPaolo (3,790 milioni di euro di cui 1,5 milioni di bonus e altri incentivi) e quello di Nereo Dacci, ad di Banco di Desio e della Brianza: 2,797 milioni.
Nella tabella, suddivisa in due parti, è possibile confrontare i compensi di tutti i banchieri, voce per voce.

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I compensi dei manager tra rinunce e silenzi

Delle retribuzioni dei manager il Sole 24 Ore si è occupato spesso, anche nel corso dell'ultimo anno. In particolare Gianni Dragoni ha esaminato i bilanci delle società mettendo in evidenza le cifre percepite non solo nel settore bancario. Cifre che - soprattutto nella componente bonus - nei bilanci del 2008 sono destinate a subire riduzioni notevoli. Tuttavia, in Italia per ora solo il gruppo Unicredit ha annunciato l'azzeramento dei premi per i vertici. Un altro aspetto delicato è quello che riguarda i manager di seconda fascia, «i dirigenti con responsabilità strategiche», i cui compensi, a volte anche di alcuni milioni di euro, restano protetti da un cono d'ombra.
All'argomento Il Sole 24 Ore dedica un'attenzione costante con i cosiddetti "pay watch" sui singoli ma anche con tabelle di riepilogo che illustrano il quadro d'insieme. Da questo certosino lavoro, Gianni Dragoni ha tratto tanto materiale da scrivere anche un libro insieme a Giorgio Meletti, "La paga dei padroni" per l'editore Chiare Lettere.

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Quel silenzio sui premi

Il pagamento dei bonus (i premi di risultato per i dirigenti) è uno dei temi più controversi e dibattuti nel mondo per le società quotate. Crisi finanziaria e recessione hanno suggerito in molti Paesi un taglio dei premi. In Italia invece c'è un silenzio generale. A poche settimane dalla campagna dei bilanci 2008, solo un gruppo, UniCredit, ha annunciato l'azzeramento dei bonus per i vertici.

Eppure, i «gatti grassi» non abitano solo a Wall Street, anche se questo è l'epicentro degli eccessi. «È vergognoso» ha detto il neopresidente Usa, Barack Obama, quando ha letto che nel 2008 «i banchieri a Wall Street avevano deciso di pagarsi premi sullo stipendio per 20 miliardi di dollari, lo stesso livello del 2004 nel momento in cui queste stesse istituzioni sono sull'orlo del collasso e chiedono al contribuente di aiutarli». Il monte-compensi variabili è diminuito del 44% sul 2007, ma la somma resta impressionante.

Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha chiesto ai banchieri soccorsi dallo Stato di rinunciare ai bonus e di non distribuire dividendi. All'«invito» ha aderito Bnp Paribas, la banca presieduta da Michel Pébéreau che controlla Bnl, della quale non si conoscono gli intendimenti sui bonus. Si sono accodate Crédit Agricole e Sg. In Germania il Governo ha stabilito che le banche beneficiarie di aiuti non potranno pagare i vertici più di 500mila euro l'anno. Un tetto che in Italia sarebbe sotto la soglia di povertà per molti banchieri. Josef Ackermann, di Deutsche Bank, ha «rinunciato» ai bonus del 2008. La banca ha quindi annunciato perdite per 3,9 miliardi nel 2008, la prima volta in rosso cinquant'anni. In Svizzera il Governo ha comunicato a Ubs, aiutata dallo Stato, che i bonus per i dipendenti devono essere abbattuti dell'80 per cento.

Negli Stati Uniti si va da un estremo a un altro. C'è lo scandalo Merrill Lynch, la banca salvata con l'intervento di Bank of Amercia e dei contribuenti americani che però ha distribuito bonus per quattro miliardi di dollari il 29 dicembre: l'operazione è costata il posto al capo, John Thain. Hanno rinunciato al bonus i capi di Citigroup, JPMorgan, Morgan Stanley. Lloyd Blankfein, di Goldman Sachs, nel 2008 ha guadagnato 600mila dollari, un centesimo dei 68,5 milioni dell'anno precedente.

In Italia, come in Spagna, c'è stato un dibattito pubblico notevolmente scarso «sull'eccesso di compensi per i dirigenti», ha sottolineato Paul Betts sul Financial Times il 5 novembre scorso. Da allora quasi nessuna voce ha rotto il silenzio. L'unica «vittima» annunciata resta Alessandro Profumo di UniCredit. Nel 2007 il suo stipendio base è stato di 3,48 milioni lordi, salito a 9,43 milioni grazie a un variabile di 5,95 milioni. È questo che dovrebbe saltare per il 2008. Inoltre nel 2007 il banchiere aveva ricevuto azioni gratuite («performance share») per 3,92 milioni. Titoli che oggi valgono una frazione di quell'importo.

UniCredit è la banca che sembra aver sofferto di più per la crisi, ma non l'unica. Il concorrente, Intesa Sanpaolo, non pagherà dividendo in denaro e nei primi nove mesi del 2008 ha subìto una flessione degli utili del 44% (UniCredit del 36%). Nulla è stato detto sul bonus dei vertici. Così come per Mps e le altre società. Il presidente Abi, Corrado Faissola, non vuole i tetti imposti agli stipendi, preferisce l'autoregolamentazione. Il Governo ha introdotto con il decreto anti-crisi un codicillo in cui stabilisce, tra le condizioni per l'intervento del Tesoro a favore delle banche, che queste adottino «un codice etico contenente, tra l'altro, previsioni in materia di politiche di remunerazione dei vertici aziendali». Nelle Camere dal decreto è saltata la frase che diceva: «Il codice etico è trasmesso al Parlamento». La pubblicità non è gradita.

Anche l'industria soffre. La Fiat ha annunciato un calo del 17% dei profitti e un incremento dei debiti.

Sandro Catani, advisor Watson Wyatt per l'executive compensation, fa notare che nelle discussioni si fa riferimento al premio annuale, ma esiste anche il bonus triennale, che forse non verrà sacrificato. Catani non si aspetta una falcidia delle buste paga. «Quando si chiede alle società delle retribuzioni fisse, rispondono che probabilmente non aumenteranno, ma non scenderanno. E il fisso in Italia non è così basso, in percentuale, rispetto al variabile, come negli Usa. Quanto al bonus, non è collegato alla Borsa, ma all'Ebitda e ai risultati operativi. È presumibile che i risultati di molte imprese siano comunque tali da consentire ai manager di ottenere almeno una parte dei bonus. E – osserva Catani – ci sono comparti come il petrolifero in cui i risultati delle aziende sono migliorati, come per le utility. Certo, la situazione sarebbe paradossale se gli azionisti non ricevessero dividendi e i manager invece intascassero il premio. Il sistema va riformato, approfittando della crisi, con più trasparenza».

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