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Per chi vuole conoscere meglio Milano

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2015 16:17
26/08/2010 07:51
 
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QUARTIERE STADERA
Stadera, nella casbah degli abusivi
Centinaia di case Aler occupate, 140 agli arresti domiciliari. Ma anche murale dei bimbi sull'amicizia. Case-fogna come a Bucarest

Tra la via Palmieri e via Barrili, c'è un quartiere che credo venga definito come il quadrilatero delle quattro corti. È il quartiere Stadera, in viale Cermenate, dove ha fatto sosta il camper del Corriere. È forse esagerato definirlo il Bronx milanese, a ridosso di una grossa comunità di rom che si è installata nel territorio e che costituirebbe una grave minaccia per gli «indigeni». «Abbiamo già messo un cancello di ferro — dice Geronimo Meynier, 67 anni, che qui è nato e vissuto — per proteggerci dagli zingari, che dovranno restar fuori dalla nostra terra».
Sembra un linguaggio da Far West, dei tempi di John Wayne: e siamo invece nel centro di Milano. Il signor Meynier è favorevole alle maniere forti per contenere il flusso degli immigrati. Ricorda ad esempio che in Grecia hanno sparato una cannonata su un'imbarcazione di clandestini: «E da allora — conclude — nessuna barca ha mai osato navigare nell'Egeo, verso le coste elleniche». Perito tecnico, Meynier è stato anche negli Stati Uniti e ha potuto constatare che a San Francisco non esiste il problema dei rifiuti, perché — dice — gli americani hanno fatto sempre prodotti riciclabili... Ma prima della grande avventura americana ha avuto una grossa parentesi cinematografica, comparendo in 18 film, tra cui La grande guerra con Gassman e Sordi. Ma in questo film ha fatto scena muta: «Ho fatto il morto — precisa — e i morti non parlano ».
«Qui si vive in un clima di continua paura — afferma —, colpa dei rom. Basta fermarsi ai cancelli della scuola Occhetti, che dall'asilo infantile porta al liceo scientifico. Ebbene, c'è una suora che non fa uscire i bambini fino a quando non vede i genitori pronti a riceverli per scortarli a casa... a Milano è tutta un'anarchia. Non ho mai visto nessuno che timbra i biglietti del tram. Tanto meno i rom».
In via Spaventa, i grandi condominii offrono un'immagine di decoro urbano e sicurezza: ma basta varcare un ingresso per trovare qualche sorpresa. Soprattutto al piano terra, dove spesso l'abitazione di una famiglia consiste in una sola stanza. È il caso di un anziano signore pugliese, in precarie condizioni di salute, che vive solo col figlio, anche lui come stordito e spento benché abbia solo 37 anni. Quando entriamo, il «vecchio » è a letto sotto una coperta e sta fumando. Nel locale c'è quanto basta all'esistenza, se non alla sopravvivenza. La cucina economica, che è perennemente spenta («non possiamo allacciarci alla corrente perché siamo abusivi») fa da tavolo, il frigo è quasi vuoto, tutto è spento fuorché il televisore, che propone una vita allegra e spensierata.
Gabinetto e bagno sono confinati in un rettangolo di due metri scarsi con ragnatele viscide alle pareti, il water è otturato da una bottiglia per impedire che ricompaia sul pavimento il rattaccio dell'altra notte e di tant'altre notti cacciato a bastonate dal figlio, geloso della sua privacy. I due non possono permettersi un'esistenza né un tugurio migliore. Il vecchio, che faceva l'imbianchino in nero, percepisce una pensione di 395 euro al mese. Il giovane, che si lagna della sua vita con una voce d'oltretomba, è disoccupato da sempre e basta solo guardarlo per capire che la prospettiva di un qualsiasi lavoro è lontana anni luce.
Quattro passi più in là, nello stesso quartiere, incontriamo un altro inquilino che ha passato la sessantina e pure divide, con un figlio, quanto gli resta da vivere. Ha le dita ingiallite del fumatore (l'unico vizio, ammette) ma la fase finale della sua esistenza è ulteriormente aggravata dalla presenza d'una figlia invalida, che deve spingere su una carrozzella. «Io abito al terzo piano — racconta — ma l'androne d'ingresso è spesso invaso dall'acqua e nelle mie condizioni non so proprio come cavarmela». Dice di aver lavorato per 23 anni come grafico alla Rizzoli (a Palmanova) e non aggiunge una parola per spiegare come sia affondato in una situazione così angosciosa. In gioventù aveva imparato l'arte del restauro dei mobili antichi e aveva avuto anche, tra i suoi clienti, il sovrintendente della Scala dei tempi d'oro, Ghiringhelli. «Adesso — dice come per scusarsi — faccio delle piccole riparazioni per i miei vicini di casa. Ma tutto gratis. Come potrei farmi dare qualche euro da una povera donna che non ha neanche i soldi per il pane?»
Nello scantinato sotto il suo appartamento trovano rifugio dei disperati più disperati di lui: un buco, anzi un cunicolo con coperte e materassi sudici, lattine vuote di birra, bottiglie e secchi di plastica. «Proprio come i ragazzi dei tombini sotto la Gare du Nord di Bucarest» aggiunge ricordando (lui, lettore del Corriere) una mia lontana corrispondenza dalla Romania. Il pellegrinaggio nella miseria continua. Siamo in via Neera, sempre zona quadrilatero. Negli scantinati dei grandi condomini si trovano «siringhe e perfino armi» e qualcuno precisa che in un certo numero civico di via Palmieri la polizia ha trovato tempo fa 270 siringhe. Nelle due strade — via Palmieri e via Barrili — 140 persone sono agli arresti domiciliari. E c'è chi ricorda che in un processo del '92, 119 malavitosi vennero condannati a 1040 anni di reclusione.
È consolante che in uno di quei condominii stia trascorrendo gli ultimi anni della propria vita Emma Grandini, novantasettenne, grande eroina della Resistenza. Si respira poesia, invece, all'interno di un edificio dove una signora argentina, Margarita Clement sta affrescando un muro con la collaborazione dei bambini della scuola del circondario. Colori tenui e leggeri come nei murales messicani e latino-americani, dove sono affratellati personaggi e uomini di Paesi diversi, dalla Bulgaria ai Paesi del Marocco e delle Filippine e all'Italia. Insieme alle Ande, ai vulcani, ai fiumi e ai mari del Pianeta, una bambina di Lecco ha dipinto il suo lago e le sue montagne.
[Modificato da ccc56 26/08/2010 07:51]
ccc56
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