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il mito sfatato della durata allungata

Ultimo Aggiornamento: 20/06/2007 23:15
20/06/2007 21:49
 
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sfatato dal corriere...

www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2007/06_Giugno/18/mut...


Spostare in avanti la scadenza è una strategia per rientrare nel budget, ma alla fine si spende molto di più. Penalizzati soprattutto i prestiti del biennio 2004-2005

Mutui, quanto costa tornare alle origini

Da 6 mesi a 6 anni: di tanto si deve allungare il rimborso per pagare una rata uguale a quella di partenza

Risparmiare 160 euro al mese, ma finire di rimborsare il mutuo sei anni dopo rispetto ai piani originari? E' il prezzo che deve pagare, dopo lultimo rialzo dei tassi da parte della Bce, chi, avendo stipulato nel 2005 alle condizioni medie di mercato un mutuo a venti anni per 100 mila, volesse tornare a pagare una rata uguale a quella di partenza. Il rimborso, infatti, era partito con una rata di 577 euro che, in due anni, è già salita a 731. Meglio andrebbe a chi invece il finanziamento ventennale lo avesse avviato un anno fa: per sterilizzare l'aumento della rata mensile conseguente al rincaro dei tassi dovrebbe allungare il suo debito di quasi quattro anni. Decisamente più leggero, invece, il peso per chi si è indebitato nel 2002. E vero che la rata è rincarata di una cinquantina di euro, ma basta allungare il prestito di sei mesi, se il mutuo era di 15 anni, o di 15 mesi (a 20 anni) per tornare a respirare dal punto di vista finanziario. Sono dati desumibili dalla nostra tabella, dove abbiamo calcolato di quanto bisognerebbe variare la durata originaria del finanziamento per rispettare il budget mensile di partenza. Nei nostri calcoli abbiamo considerato solo finanziamenti di durata originaria di 15 e 20 anni; per durate superiori un ulteriore allungamento non è praticabile. Il prolungamento del debito appare come il sistema più agevole per abbassare il costo mensile della rata, mentre il passaggio al fisso, cui molti debitori starebbero puntando secondo quanto affermano le banche interpellate da CorrierEconomia, ha il vantaggio di stabilizzare la rata ai livelli attuali ma non di farla scendere. Nonostante gli ultimi rincari, il tasso fisso è ancora più caro del variabile.
C'è un rovescio della medaglia non indifferente: allungare il periodo di rimborso comporta, però, un aumento sensibile del montante, ovvero della somma che complessivamente si deve dare alla banca. L'entità dell'incremento, trattandosi di mutui a tasso variabile, può essere solo stimata ipotizzando una costanza dei tassi, alquanto improbabile nel lungo periodo. Per fare un solo esempio, nel caso del mutuo ventennale stipulato nel luglio 2004 il montante residuo del finanziamento sarebbe di 128.214 euro, a fronte di un esborso di 154.440 euro nell'ipotesi di un allungamento del mutuo: si tratta quindi di spendere oltre 26mila euro in più. Al di là delle simulazioni finanziarie, resta una domanda: la banca è costretta ad accettare l'allungamento della durata contrattuale? Sotto il profilo giuridico la risposta è sicuramente negativa; se invece la questione si affronta dal punto di vista del buon senso il discorso è però diverso. La banca ha interesse a tenersi clienti affidabili, e oltretutto allungando i tempi del mutuo lega a sé maggiormente il debitore, che ha pur sempre l'alternativa di chiudere il finanziamento in corso e sostituirlo con un altro a condizioni giudicate più favorevoli presso un'altra banca. Una discriminante sulla bontà finanziaria dell'operazione è la modalità con cui viene condotta: la banca creditrice può limitarsi a operare mediante uno scambio di lettere con il cliente con costi prossimi allo zero (e questa è l'ipotesi su cui abbiamo effettuato i nostri calcoli, partendo proprio dal presupposto che la banca voglia proseguire il rapporto), ma potrebbe anche chiedere di annotare sull'ipoteca la variazione effettuata, con i conseguenti costi notarili. «Questa seconda strada  come spiega Eliana Morandi del Consiglio nazionale del notariato  blinda la modifica rendendola opponibile a terzi».
Le banche hanno imboccato la strada della prudenza anche in tema di «portabilità» del mutuo. Oggi, come abbiamo peraltro già segnalato, la sostituzione dei mutui avviene nella quasi totalità dei casi con la procedura tipica per questo tipo di operazione: chiusura del vecchio rapporto mediante estinzione del debito e cancellazione dell'ipoteca e avvio del nuovo contratto. Una norma molto enfatizzata, l'articolo 8 della legge 40/2007, stabilisce che chi ha erogato un mutuo non possa opporsi alla surrogazione del credito in favore di un terzo, norma che se applicata nella pratica quotidiana permetterebbe di effettuare il passaggio di un mutuo da una banca a un'altra senza la necessità di cancellare l'ipoteca e iscriverne una nuova, con uno snellimento di tempi e procedure e una leggera riduzione di costi ma non la loro eliminazione: oltre alle commissioni varie applicate dalla nuova banca (il divieto di oneri riguarda solo la prima), la surrogazione va comunque fatta con atto notarile. «Le banche  aggiunge il notaio Eliana Morandi  operano giustamente con cautela perché la norma, così come è scritta, presenta rischi non indifferenti sia per l'istituto che cede il credito sia per quello che vi subentra. Tra il momento in cui la nuova banca eroga la somma e quello in cui il debitore la versa alla prima banca, il credito è ad alto rischio: l'istituto subentrante infatti dovrebbe teoricamente finanziare il debitore perché possa saldare la vecchia banca senza disporre di una garanzia reale e si trova in questa situazione fino a quando non potrà consolidare l'ipoteca mediante l'annotazione a proprio favore». In questo periodo di tempo le garanzia diventa una sorta di terra di nessuno. «Se ad esempio sui beni del debitore venisse trascritta un'ipoteca giudiziale  conclude Morandi  per la formulazione ambigua delle norme e le caratteristiche dei nostri registri immobiliari, si può pensare che questa finisca per prevalere per ragioni cronologiche rispetto a quella a favore della nuova banca. Se il debitore fallisce nel periodo la prima banca corre il rischio di revocatoria sulla somma ricevuta a saldo, senza però più avere l'ipoteca a garanzia».

GINO PAGLIUCA
18 giugno 2007





ma tanto ora li fanno direttamente a 50 anni...


...un giorno mio padre mi porto' in banca e mi mostro' le rate del mutuo, dicendo:
guarda figliolo, tutto quello che vedi un giorno sara' a tuo carico...



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Ne ho parlato con una persona del settore..

di questa nuova bidonata dei mutui a 40 50 anni, ne ho parlato con una conoscente che lavora nel marketing dei prodotti bancari e finanziari. Quindi la sa tutta sull'argomento.
In sintesi, sentite qui:

- I mutui a 50 anni non li farà nessuno, ma sono stati creati come mossa di marketing per vendere piu mutui da 40. E' una tecnica consolidata: se lanci una vettura in tre versioni, la gente comprerà molto la versione intermedia che costa piu di quella base.

- In 40/50 anni cambiano le cose decine di volte, i tassi, le banche stesse, le persone che vi lavorano. Nessuno può prevedere cosa accadrà al tuo mutuo nei deceni a venire ma di certo srai tu a rimetterci.

- Per ambedue 40/50 ci si aspetta che il mutuario deceda prima della fine, i figli se ne hai non vorranno accollarsi le spese e con la pensione non ce la farai mai. Quindi ci si aspetta, tra 40 anni, tante case in pignoramento quasi già tutte pagate.

- In 40/50 anni il palazzo diventa fatiscente, pericolante, o magari ti è già crollato!

- Purtroppo sono costretta a vendere i prodotti che mi danno, e a fare fessi i clienti, ma un prodotto cosi col cavolo che lo accenderei mai per me!

Quindi: Mutui 40 anni o 50 anni = MERDA


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