IMPRESE E CRISI
Da
Lettera43.it:
Io, imprenditore soffocato da furbetti e falliti
Bergamin: «La mia società in ginocchio per crediti».
di Gabriella Colarusso
Andrea Bergamin, proprietario della Beton Brenta.
«Fino a qualche anno fa, Andrea Bergamin, 36 anni, da più di dieci imprenditore, lavorava per espandere la sua azienda: più capannoni, più produzione, più occupazione. Oggi, a malapena riesce a far quadrare i conti a fine mese: «Si lavora per fare pata» (per il pareggio), dice in un inconfondibile accento veneto. Nel 2007 la sua impresa, la Beton Brenta, fornitore di calcestruzzo preconfezionato, produceva circa 600 mila metri cubi di materia prima da destinare alle aziende edilizie. Oggi «faccio fatica a farne 150 mila», racconta a Lettera43.it. Dei 250 dipendenti che lavoravano nei sei stabilimenti distribuiti tra Padova e Vicenza, ne sono rimasti «una ventina circa: ad alcuni abbiamo dato incentivi per l'uscita dall'azienda, ad altri la mobilità e quelli che sono andati in pensione, invece, non li abbiamo sostituiti».
LA MALAIMPRESA E I FURBETTI DEL QUARTIERINO. Nonostante i tagli al personale e la riduzione «di circa il 60% della produzione», Bergamin è sempre riuscito a chiudere in attivo i bilanci. Ma ora la crisi dell'edilizia, e certa 'malaimpresa', minacciano anche i suoi affari. «Vanto crediti dai miei clienti per un valore che corrisponde a un decimo del mio fatturato», spiega. «Molti sono falliti e non hanno pagato. La crisi dell'edilizia rischia di trascinare nel baratro anche le imprese sane». La colpa, questa volta, non è, non solo almeno, dell'articolo 18, delle tasse troppo alte, o della pubblica amministrazione che non paga. «È anche dell'irresponsabilità di imprenditori edili che si sono improvvisati immobiliaristi senza saper fare uno più uno; e di professionisti che aiutano i soliti furbetti del quartierino».
Domanda. Chi sono i furbetti?
Risposta. Molti imprenditori edili, miei clienti, negli ultimi anni si sono improvvisati immobiliaristi senza avere le capacità e a volte neanche gli strumenti per farlo. Di alcuni di loro ho dovuto persino prendere io i bilanci in mano perché erano stati commessi errori madornali.
D. Cioè?
R. Alcuni si sono affidati a commercialisti che evidentemente non sapevano fare bene il loro lavoro. Un mio grande cliente, negli anni del boom edilizio pre-crisi del 2009, si è improvvisasto immobiliarista. Le cose non sono andate bene e nel momento della disperazione mi ha chiesto un aiuto anche se aveva debiti nei miei confronti. E così ho preso in mano i suoi bilanci.
D. Cosa ha scoperto?
R. Che il professionista che lo seguiva non aveva contabilizzato nei bilanci alcuni investimenti immobiliari fatti, come l'acquisto di un terreno, per cui all'impresa risultavano utili e milioni di liquidità in cassa che in realtà non aveva.
D. Com'è finita?
R. Fallimento e debiti non pagati.
D. Solo incompetenza o dolo?
R. Ci sono professionisti sprovveduti e banditi. Il confine tra le due categorie è sottile.
D. Il professionista in questione a quale apparteneva?
R. Non so, ma so che lui si è fatto firmare una liberatoria che lo sollevava da qualsiasi responsabilità. È rimasta un'azienda paraticamente fallita e i fornitori come me non pagati. Io ho un credito di 100 mila euro. E questo è solo uno di tanti casi. Un decimo del mio fatturato è di crediti che non mi vengono restituiti e che forse mai incasserò. C'è un modo di fare impresa che è veramente da 'delinquenti'.
D. Parole forti.
R. Ci sono professionisti che consigliano agli imprenditori di comprare auto o macchinari costosi, anche se non hanno i soldi per farlo, anche se devono acquistarle facendo debiti, così le scaricano dai costi. Poi, quando l'azienda arriva al fallimento, il professionista di turno suggerisce all'imprenditore di fare il concordato al 3% (per chiudere la procedura fallimentare, ndr) e così non pagano più nessuno, né i fornitori né altri creditori, vendono il ramo d'azienda e ricominiciano a fare affari come se nulla fosse.
D. Un meccanismo perverso.
R. Che tira nel vortice della crisi anche le aziende sane. A questo si aggiunga la crisi di liquidità delle banche e la stretta sul credito e il quadro è completo.
D. Ha avuto problemi con i finanziamenti dalle banche?
R. Dovevo vendere un immobile a uno studio medico, ma la banca non gli ha concesso il finanziamento e così l'operazione è saltata.
D. Il settore dell'edilizia, dice, è «disastrato». Colpa solo dei 'cattivi' imprenditori?
R. La Tremonti bis (detassazione degli utili reinvestiti, ndr) per esempio è stata un disastro. Nella nostra zona, tutti quelli del settore prefabbricazione e edilizia, hanno fatto la corsa alla costruzione di nuovi capannoni, a volte anche triplicandoli, per rientrare nei termini della scandeza e beneficiare degli incentivi previsti dalla legge, senza avere magari la necessità produttiva o le risorse sufficienti. Molti hanno fatturato i capannoni prima ancora di costruirli per rientrare nei termini. Questo ha creato la bolla speculativa poi esplosa con la crisi del 2009.
D. Cosa va cambiato secondo lei perchè questi fenomeni non si ripetano?
R. Bisogna innanzitutto rivedere il diritto fallimentare, che è diventato una scappatoia per tutti i furbetti del quartierino. Non è possibile fallire e non pagare più nessuno. Non è possibile che se una società fallisce, ma ha un margine di utile, questo venga fagocitato dal curatore fallimentare. O ancora, non è possibile che vengano pagati solo i debiti con i professionisti perchè secondo l'attuale disciplina sono creditori privilegiati. Montezemolo dovrebbe saperlo.
D. Che c'entra Montezemolo?
R. Ricordo un suo intervento qui a Padova: “All'imprenditore che fallisce bisogna dare la possibilità di ricominicare”. Mi dispiace non sono d'accordo. Essere imprenditori significa onorare i debiti.»
Venerdì, 06 Gennaio 2012