Olbia, dimezzati gli occupati: l'industria del mattone cola a picco
L’edilizia sempre più in affanno in Gallura. La crisi cancella posti di lavoro e moltiplica le ore di cassa integrazione, che è cresciuta del 300 per cento in meno di due anni. In un anno gli occupati nell’edilizia nel nord dell’isola sono passati da 14mila a 7 mila e 600, quasi dimezzati
di Luca Rojch
OLBIA. L'economia che va a cemento continua la sua discesa negli inferi. La crisi cancella posti di lavoro e moltiplica le ore di cassa integrazione, cresciuta del 300% in meno di due anni. Un'ecatombe silenziosa di posti di lavoro. In un anno gli occupati nell'edilizia nel nord dell'isola sono passati da 14mila a 7 mila e 600. Dimezzati. Le imprese si inventano sempre più forme creative di occupazione. Crescono i lavoratori part time. Operai assunti per 2 ore al giorno. Mentre dilagano le zone grigie, in cui i controlli non esistono e si lavora al ritmo di operai cinesi incatenati al telaio.
Il quadro da grande depressione arriva dalla Filca Cisl. Il segretario provinciale Alfredo Costa non lascia grandi spazi all'ottimismo. «Il 2010 è stato un anno orribile - dice -.
Il 2011 si annuncia con lo stesso trend negativo. Continuiamo a firmare la cassa integrazione in deroga per le imprese. Ma ora molte attività vivono un nuovo dramma. Hanno esaurito le 52 settimane di ammortizzatori sociali e ora saranno costrette a licenziare i dipendenti». Ma non solo segnali di crisi. Ci sono settori che dimostrano una certa vitalità.
«Il sughero sembra in ripresa dopo alcuni anni di fortissima crisi - spiega il segretario provinciale aggiunto, Battista Imperio -. Le scorte ferme da tempo nei magazzini sono state esaurite. Sono cresciute le richieste di tappi. Anche il granito sembra mostrare segnali di ripresa, anche se più sfumati. Gli occupati in edilizia sono crollati. I dati della Cassa edile non lasciano spazio a dubbi. Gli iscritti sono crollati da 14mila a 7mila e 600. Mentre aumentano i lavoratori in nero. C'è una zona grigia in Gallura che sfugge a ogni controllo. Nell'area che va da Santa Teresa a Valledoria abbiamo tantissimi casi di operai assunti in nero. Ho visto tutto con i miei occhi. Lavorano alle cinque di sera con una lampadina che illumina il pavimento, mentre loro continuano a piastrellare sotto il diluvio. Situazioni agghiaccianti che denunciamo con forza. Ma il nostro è un grido inutile. C'è buona volontà degli ispettori dell'ufficio del lavoro. Ma per fare i controlli devono arrivare da Sassari. Sono troppo pochi. Non bastano. Serve la creazione di una sezione autonoma con più mezzi e personale in Gallura. Servono più controlli, più attenzione. Più vigilanza. Noi raccogliamo le denunce dei lavoratori costretti a firmare buste paga in cui vengono assicurati per due ore. Le altre otto le fanno in nero. In questa situazione non possiamo parlare di sicurezza sul lavoro».
Una novità che potrebbe avere qualche effetto sull'emersione del lavoro nero è l'indice di congruità. «Da quest'anno c'è l'obbligo - spiega Alfredo Costa - per i lavori pubblici e per quelli che superano i 70mila euro di garantire una presenza adeguata di operai all'interno di un un cantiere per portare a termine i lavori. Difficile credere che una maxi opera possa essere completata da un'impresa che ha assunto solo tre operai. Ci dovrà essere una proporzione tra entità dei lavori e assunti. Un modo concreto per contrastare il lavoro nero. Certo da solo non basta. Serve un cambio di mentalità. Serve maggiore coraggio per contrastare in modo efficace fenomeni che nascondono irregolarità. Come il part time, in edilizia quasi sempre è indice di una parziale evasione dei contributi. E basta contare quanti sono stati i morti sul lavoro nei cantieri della Gallura per capire quanto la sicurezza sul lavoro sia indispensabile. Nello stesso tempo ci deve essere uno sforzo da parte del sistema creditizio per andare incontro alle imprese che spesso si trovano costrette a vivere nell'illegalità. Lo Stato per primo ritarda nei pagamenti, mentre le banche chiudono i rubinetti del credito. Una situazione che rischia di portare al collasso il sistema. L'indice della crisi è tutto nel tracollo delle imprese che producono cemento. Una parte ha chiuso, c'è una contrazione del mercato del 30 per cento. Le altre aziende dell'indotto per ora si rifugiano nella cassa integrazione in attesa che la grande depressione scompaia».
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(04 gennaio 2011)