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Palazzinari alla deriva

Ultimo Aggiornamento: 30/08/2007 09:08
20/07/2007 17:24
 
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Fonte: L'espresso - 21 giugno 2007 - di Vittorio Malagutti

Palazzinari alla deriva

di Vittorio Malagutti

Il buco nei conti Italease manda in crisi il mercato dei derivati. Gonfiato dalle banche e dagli immobiliaristi. Con nomi eccellenti come Giuseppe Statuto

Adesso che la bomba dei derivati è finalmente esplosa tutti si chiamano fuori. Perdite potenziali per quasi 600 milioni restano sospese sulla testa di oltre 2 mila clienti Banca Italease, ma attorno all'istituto milanese si raccolgono soltanto silenzi imbarazzati o smentite di facciata. Fa marcia indietro anche Giuseppe Statuto, per anni uno dei clienti più affezionati di Massimo Faenza, il numero uno di Italease costretto alle dimissioni pochi giorni fa dopo il tracollo in Borsa. "I derivati? Siamo tranquilli", afferma Statuto, "ne abbiamo ancora in portafoglio solo per una ventina di milioni. Il resto è stato venduto". Una retromarcia provvidenziale, visto che negli anni scorsi l'immobiliarista ha fatto il pieno di derivati targati Italease. Circa 100 milioni e tutti di 'natura speculativa', secondo quanto si legge nel bilancio 2005 della holding Michele Amari, la capofila delle attività dell'imprenditore diventato una delle star nazionali del mattone, proprietario di gioielli come l'hotel Four Season di Milano e il Danieli a Venezia.

"Abbiamo chiuso quei contratti nei mesi scorsi", dice l'immobiliarista originario di Caserta. Per la precisione 20 milioni nel 2006, 20 milioni in aprile di quest'anno e altri 40 milioni il 21 maggio, quando la bufera sulla banca milanese era già scoppiata per il coinvolgimento nel crack dell'immobiliarista Danilo Coppola. Giusto dieci giorni dopo quel 21 maggio sono invece finite sui giornali le prime circostanziate indiscrezioni sul buco in derivati. In altre parole, Statuto sarebbe riuscito a sganciarsi proprio alla vigilia del tracollo. Buon per lui, se non fosse che gli affari di Italease sono finti nel mirino della Consob. La Commissione presieduta da Lamberto Cardia nei giorni scorsi ha aperto un'istruttoria formale sul caso, chiamando a rapporto, tra gli altri, proprio l'ex amministratore delegato Faenza. A questo punto sembra molto probabile che anche la posizione di Statuto, e il suo eccezionale tempismo, vengano presto presi in considerazione dagli sceriffi del mercato.

Di certo, ormai, i derivati con il marchio di Italease sono diventati merce che scotta. Secondo gli ultimi dati disponibili ci sarebbero una ventina di clienti su cui grava il 60 per cento delle perdite complessive pari, come detto, a 600 milioni. Ma la questione, già grave di per sé, rischia di avere ripercussioni ancora più pesanti sull'intero mercato. Per anni, sotto la spinta delle reti di vendita dei grandi istituti di credito, i cosiddetti strumenti di copertura hanno fatto faville. "Insieme al prestito c'è una polizza sui tassi", spiegavano pazienti gli impiegati allo sportello. In sostanza, ai clienti interessati a un mutuo oppure a un finanziamento in leasing veniva proposto l'acquisto di un paracadute finanziario in grado di proteggerlo da eventuali rialzi dei tassi d'interesse.

Morale della storia: gli imprenditori, dall'artigiano fino al grande immobiliarista, compravano fiduciosi prodotti dai nomi complicati: Interest rate swap (Irs), Cap in & out, Atlantic swap, giusto per citare alcune delle sigle più diffuse. Mentre gli istituti di credito, oltre al rendimento del prestito, sono riusciti a incassare laute commissioni sui contratti accessori. I profitti però non erano uguali per tutti. Di norma i derivati più complessi garantiscono maggiori provvigioni. Come dire che la forza vendita è di fatto incentivata a spingere sui contratti più rischiosi.

Infine, anche il grossista vuole la sua parte. Nel senso che i prodotti piazzati alla clientela spesso vengono confezionati dalle grandi merchant bank internazionali, che a loro volta ricevono un compenso dalla banca acquirente. Un esempio concreto: secondo indiscrezioni, Italease collocava strumenti speculativi venduti da Lehman. Ovvero il colosso statunitense che nel 2004 fece da consulente (insieme a Mediobanca) per lo sbarco in Borsa dell'istituto milanese specializzato nel leasing. Un successone. Nel giro di due anni la quotazione si è moltiplicata per cinque rispetto al prezzo di collocamento. La cavalcata al rialzo è proseguita fino al disastroso incidente sui derivati, che adesso rischia di innescare una reazione a catena.

Questa finanza innovativa ha infatti trovato terreno fertile soprattutto nel mercato immobiliare. Mutui e leasing a tassi stracciati hanno gonfiato la bolla speculativa. Con l'aggiunta, all'occorrenza, di una dose massiccia di derivati. Per farsi un'idea delle dimensioni del fenomeno basta un'occhiata ai bilanci di alcuni degli operatori più rampanti. Risanamento, la holding quotata in Borsa di Luigi Zunino, segnala strumenti di copertura per un valore di 400 milioni a fine 2006. I contratti sono stati stipulati per 150 milioni con Bnl. I restanti 250 milioni hanno invece come controparte l'Unicredit guidata da Alessandro Profumo, la banca che più di tutte negli ultimi anni ha spinto, con alterne fortune, su questo tipo di prodotti. Oltre a Zunino, anche un altro gruppo immobiliare come la Aedes di Luca Castelli dichiara derivati per un valore importante: 231 milioni. In questo caso la fetta maggiore è andata a Banca Intesa, 185 milioni, con Unicredit a 29 milioni. Va detto che la relazione di bilancio di Aedes, così come quella Risanamento, segnalano che i contratti in questione hanno unicamente una funzione di copertura sulle variazioni di tassi d'interesse. Nessuna speculazione, quindi.

Sul mercato però circola di tutto. Migliaia di investitori hanno comprato prodotti esotici, così li definiscono gli addetti ai lavori, che perfino gli esperti hanno difficoltà a gestire. I derivati, infatti, sono regolati da meccanismi molto sofisticati e, proprio come certi orologi antichi, vanno maneggiati con estrema cautela. Creati in base a modelli matematici prevedono un'infinità di varianti. Il gioco delle leve finanziarie e delle cosiddette barriere può funzionare come moltiplicatore dei guadagni ma anche delle perdite. Soprattutto in una fase di movimenti repentini dei mercati. E gli ultimi mesi, con le ripetute manovre al rialzo dei tassi decise dalla Banca centrale europea, hanno creato le condizioni ideali perché molti apprendisti stregoni finiscano per bruciarsi le dita.

I maghi di Italease si sono infilati da soli in un vicolo cieco. Adesso il nuovo gruppo dirigente, guidato dall'amministratore delegato Massimo Mazzega, sta cercando di rimettere ordine nei conti. Di sicuro sarà molto difficile tornare a correre come in passato. Anche perché quasi la metà dei profitti della banca milanese derivano dal collocamento dei derivati e non, come sarebbe stato logico, dall'attività di leasing. I rischi di gran lunga maggiori, comunque, continuano a pesare soprattutto sulle spalle di centinaia di clienti che hanno comprato a cuor leggero i prodotti proposti da Italease. Anche perché l'impennata dei tassi sui mercati internazionali non sembra destinata a esaurirsi in breve. E i derivati, se mal congegnati, non fanno altro che moltiplicare gli effetti negativi dei rialzi. Auguri. n


[Modificato da marco--- 30/08/2007 09:08]
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