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Crollo del mercato immobiliare italiano

Ultimo Aggiornamento: 05/07/2015 09:34
03/06/2013 10:01
 
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Mattone, una crisi senza fondo già bruciati 45 miliardi di euro (Fonte: repubblica.it - di Alessandra Carini - 03/06/2013)

Link alternativo: Mattone, una crisi senza fondo già bruciati 45 miliardi di euro

IN DUE ANNI UN TERZO DEL VALORE DI MERCATO DEGLI IMMOBILI È GIÀ SPARITO NEL CROLLO DEI PREZZI. CIÒ NONOSTANTE LE TRANSAZIONI NON RIPARTONO: NEL 2006 SI VEDEVANO UN MILIONE DI CASE L’ANNO. OGGI APPENA LA METÀ

È il cuore della crisi, il settore che ha messo in ginocchio l’economia mondiale ed ha stroncato, in Italia come altrove, la crescita dell’economia. La caduta del settore immobiliare e delle costruzioni, il cui ciclo è legato in maniera stretta a quello del credito, è stato il primo segno della fine di un’epoca. Anche in un Paese come il nostro, dove non si può parlare, come in altri, dello scoppio di una bolla che aveva drogato la crescita degli anni precedenti, la caduta è stata rovinosa e, ad oggi, densa di conseguenze per gli effetti di avvitamento che rischia di avere per l’intera economia. Il bilancio di cinque anni, tra piccoli segni di ripresa, che avevano fatto sperare, nel 2009, nella fine della discesa, e il nuovo crollo intervenuto negli ultimi due anni, è poco meno di una Caporetto: 45 miliardi di euro, un terzo del valore perso fino al 2012, con la prospettiva di un 2013 che non andrà molto meglio. Compravendite dimezzate: nel 2006 erano state poco più di un milione di case, oggi sono ridotte a 530 mila. Prezzi tagliati di un terzo, in Italia e nelle grandi città. Quasi mezzo milione di invenduto nelle nuove costruzioni tra i 60 e i 70 miliardi di euro fermi — un “magazzino” che pesa come un macigno sulle prospettive di ripresa. Tutti dati cui si aggiunge una caduta di investimenti nel settore delle opere pubbliche che viene da lontano: da un bilancio dello Stato che taglia stanziamenti, cui si aggiungono le ristrettezze degli enti
locali strozzati dai patti di stabilità: 43% in meno di opere “prodotte” negli ultimi anni. Gli effetti sull’intera economia sono tanto pesanti quanto è lunga la filiera delle costruzioni, che parte dal cemento e arriva fino ai mobili, agli elettrodomestici e ai servizi del mercato immobiliare, passando per l’acciaio, le piastrelle e quant’altro. Un settore che l’Ance calcola arrivi a pesare, in termini di occupazione complessiva, per 3 milioni di posti di lavoro e per un 12-13% del Pil. I dati del solo settore delle costruzioni danno una misura del peso economico del ridimensionamento. Con 22 mila imprese scomparse nel solo 2012, qualcosa come 400 mila occupati in meno, il settore immobiliare risulta essere, tra i tanti colpiti dalla crisi, uno dei più sofferenti: il tasso di uscita delle imprese sfiora il 5%; tra protesti e ritardati pagamenti, il 2012 risulta essere il vero anno nero, un quarto delle imprese protestate (10 mila su 47 mila) provengono dal settore. Se non ci fosse stato il boom, quasi una bolla, degli investimenti nelle energie rinnovabili (qualcosa come 70 miliardi in questi anni) e i lavori di manutenzione il bilancio sarebbe assai più amaro. E in un paese fortemente patrimonializzato come l’Italia, dove non è un caso che le due ultime campagne elettorali si siano giocate sulla tassazione della casa, la caduta rischia di avere anche conseguenze più profonde. “E’ la crisi più grave dal dopoguerra - dice Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance e di Federcostruzioni - servono interventi urgenti subito: se non si fanno ripartire gli investimenti nel settore rischiamo la catastrofe, anche sociale. Altro che calo delle tasse sul lavoro, questa è la priorità del Paese”. L’allarme è giustificato anche dalle prospettive del mercato e dal rischio che la crisi si avviti anche sulle difficoltà del credito e sulla caduta dei valori che incide sui bilanci delle banche. Basta guardare le sorti del settore corporate già colpito dalla scarsità degli investimenti e dalle difficoltà dei fondi immobiliari. “Banche, amministrazioni pubbliche e fondi immobiliari sono oggi alle prese con immobilizzazioni illiquide, a fronte di vincoli temporali di realizzo che sono molto stringenti”, dice Luca Dondi che cura il settore e le analisi di Nomisma. La caduta dei prezzi, qui come nel settore residenziale, non sembra bastare a far scattare la ripresa: servirebbe più credito e un aumento della domanda interna di cui ancora non si vede traccia. Episodi come quello dell’acquisto da parte del fondo del Quatar del progetto di sviluppo immobiliare di Porta Nuova a Milano, posseduto da Hines e Unicredit, sono, secondo Dondi, casi a sé: insomma una sorta di rondine che non fa primavera. “I fondi immobiliari, che non sono riusciti nell’obbiettivo di creare un mercato, oggi si trovano a dismettere in un mercato che è troppo piccolo e l’unica prospettiva è quella di chiedere un rinvio d’ufficio delle scadenze. Come chiede Assogestioni”, dice Dondi. Su una crisi di tali dimensioni hanno fatto da detonatore gli interventi sulla tassazione, con l’inasprimento provocato dall’Imu, ed anche un aumento del costo delle manutenzioni. L’effetto cumulativo è stato di mutare le prospettive di redditività e, aggiunto al calo della domanda interna e dei redditi, al ridimensionamento delle prospettive di rivalutazione patrimoniale, sta cambiando comportamenti consolidati come quello della patrimonializzazione. Cinque milioni e mezzo di case si sono rovesciate sul mercato dell’affitto per cercare quel reddito necessario al loro stesso mantenimento, e vanno ad aggiungersi a quelle in cerca di compratori. Le prospettive dei prossimi anni non sono rosee: quest’anno sarà ancora di recessione, il prossimo ci si aspetta una debole inversione di tendenza, legata più che alla costruzione di nuove case alla riqualificazione di quelle esistenti. Si spera che il comparto non residenziale, che ha raggiunto livelli bassissimi torni a crescere, ma quello residenziale è appesantito dall’invenduto, dalla crisi di reddito delle famiglie, dalle restrizioni del credito. “Forse stiamo avvicinandoci alla correzione necessaria a rendere possibile una ripartenza — dice Lorenzo Bellicini del Cresme — ma senza ripresa dell’economia e del credito lo scenario resta critico”. Se nel lungo periodo la domanda di abitazioni è legata anche fattori demografici e di invecchiamento della popolazione, nel breve si sta accumulando un fabbisogno abitativo che non trova sbocco. “La domanda, soprattutto nelle aree metropolitane c’è, ma non trova credito disposta a finanziarla - dice Antonio Gennari vicedirettore dell’Ance - Se le banche non tornano a concedere mutui dimentichiamo la possibilità che questo settore riprenda”. Buzzetti, presidente dell’associazione, picchia duro alle porte del governo chiedendo non solo una rimodulazione dell’Imu che corregga le iniquità più evidenti e redistribuisca il carico della tassazione, ma soprattutto un pacchetto di provvedimenti che ridia fiato al mercato privato e a quello delle opere pubbliche. E chiede che la Cassa Depositi e Prestiti intervenga a fare da garante per l’acquisto di obbligazioni emesse dalle banche da destinare a mutui per le famiglie. Ma l’Ance chiede anche che il governo riattivi il settore delle opere pubbliche, soprattutto nella manutenzione e nella prevenzione, sbloccando parte dei 30 miliardi di piani già pronti e valutati dal Cipe, e rivedendo le norme dei patti di stabilità imposti agli enti locali. “Non c’è più tempo — dice — bisogna avere coraggio anche nell’imporre all’Europa le nostre idee. Nessuno può accettare la follia di veder ammazzare un settore così importante per la ripresa del Paese”. Sotto, il presidente dell’Ance Paolo Buzzetti “Se non si fanno ripartire gli investimenti rischiamo la catastrofe, anche sociale”, ha detto


[Modificato da marco--- 03/06/2013 10:06]
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