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Grecia - situazione della crisi economica

Ultimo Aggiornamento: 21/07/2015 09:38
14/05/2010 17:47
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
(sylvestro), 14/05/2010 17.42:




mmmhhmmm Mi sembra una posizione lodevole ma poco pratica.

Concettualmente sono daccordo, ma ha un applicazione realistica?

Faccio l'avvocato del diavolo con un esempio: un quarantenne di una azienda che produce telefax.

1) Lo lascio li', in CIG, sopravvive insieme agli altri come lui nella struttura in cui e' cresciuto lavorativamente nella speranza che passata la crisi l'azienda di rinnovi trasformandosi in assistenza cellulari.

2) Lo levo da li', gli do' un assegno di mantenimento e lo mando a studiare ... dove? ... cosa? Finita la crisi lui dovra' ripiazzarsi con il frutto della formazione decisa/concorda/disponibile da chi?

Se "lo Stato" (la societa') ha questa incredibile capacita' di sapere per tempo quali settori tireranno dopo la crisi (o per superare la crisi) e come addestrare per tempo i lavoratori allora per definizione lo si potrebbe gia' fare in aticipo sui tempi o addirittura nello stesso posto dove lavora gia'.

Io ho l'impressione (ma lo dico senza prendere parte e senza intenti polemici) che certe idee sulla formazione dei lavoratori siano parenti delle lauree "che ti aprono la strada al mondo del lavoro"; tutt'al piu' prenderebbero tempo nell'interregno tenendo occupate le menti ma dubito che sarebbero risolutive.




Prendi l'esempio dei paesi nordici (o della Germania).
L'idea della CIG è "ti do i soldi, te sopravvivi e quando passa il periodo di crisi verrai riassunto".
Questo porta storture enormi nel sistema (a mio avviso).
In Italia abbiamo carenza di tecnici-infermieri e dio sa cos'altro.
Mentre abbiamo abbondanza di "laureati in scienze inutili" o apprendisti stregoni economici.
Non sto dicendo che lo stato debba mettere mano alle vocazioni di ognuno, ripartendo i bisogni lavorativi in base alle esigenze interne (significherebbe stalinismo), ma in caso di crisi le aziende possono anche andare in malora (solo qualora il segmento di mercato non è più competitivo) e lasciare spazio ad aziende più "competenti" sul piano dell'innovazione.

Una specie di darwinismo aziendale mitigato da una forte presenza pubblica nel limitarne gli eccessi estremi.
E' qualcosa su cui lavorare.Il mondo sta cambiando e rischiamo di farci sommergere dalla frana se non rielaboriamo l'intero sistema (a mio avviso)

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