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Dead men working

Ultimo Aggiornamento: 31/08/2015 08:57
01/12/2008 13:28
 
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Banche: l'inverno difficile dei precari

Gli effetti occupazionali della crisi non potevano mancare di farsi sentire anche nel settore che del terremoto è stato l'epicentro. Per migliaia di dipendenti bancari con contratti diversi da quello a tempo indeterminato sarà un inverno di ansia. L'Associazione bancaria italiana non rileva nulla di ciò e nessuno tra gli istituti lo ha ancora reso noto ufficialmente, ma i sindacati si dicono certi che la stangata sui precari è già in corso. Centinaia di lavoratori con contratti a tempo determinato, d'apprendistato, inserimento, somministrazione e a progetto hanno già ricevuto comunicazione che non otterranno il rinnovo. Altre centinaia temono che possa arrivare il loro turno. Cifre limitate a fronte dei 338.500 dipendenti del settore, ma che segnano un'inversione di tendenza epocale. Perché da anni in banca non si licenziava.

«Il settore non produce disoccupazione» diceva chiaro e tondo l'Abi il 7 novembre 2007 in un'audizione alla commissione Lavoro della Camera. Per l'associazione «le imprese bancarie, a fronte del versamento della contribuzione contro la disoccupazione (1,31%), non ricevono alcuna controprestazione in termini di indennità ordinaria di disoccupazione. I dipendenti interessati da esodi anticipati usufruiscono del Fondo di solidarietà del settore, totalmente autofinanziato».

Ancora l'8 maggio scorso, quando la crisi era già in corso da un anno, alla due giorni Abi "Human Resources 2008" il presidente Corrado Faissola dichiarava che «l'andamento non brillante dell'economia italiana di questi anni e le recenti previsioni sulla bassa crescita nel 2008 non frenano la capacità del settore bancario di favorire una tenuta dei livelli occupazionali», ricordando che «le banche hanno saputo offrire lavoro ad alta professionalità a un numero crescente di lavoratori anche di fronte a un contesto di continuo cambiamento dovuto a concentrazioni, ristrutturazioni ed esodi anticipati». Concetti contenuti anche nell'ultimo rinnovo del contratto nazionale di categoria, che ha aperto a forme di flessibilità con tutele per evitare che divenissero sinonimo di precarietà.

Ora però non è più così, almeno per i dipendenti con contratto interrompibile. Secondo numerose e distinte fonti sindacali sono migliaia i lavoratori che, magari dopo 20 o 30 mesi di contratti a termine, rischiano la disdetta del rapporto di lavoro. Il caso più eclatante è quello di Ubi Banca: il 4 novembre una nota del coordinamento del Banco di Brescia (DirCredito/Fd, Fabi, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Ugl e Uilca) protestava contro «impensabili riduzioni di organico con la mancata conferma dei lavoratori con contratti precari». L'11 novembre il grido di "dividendo confermato, lavoratore licenziato" è stato scandito «dal coordinamento unitario del Banco di Brescia sotto le finestre della sede bresciana di Ubi Banca, mentre si teneva il consiglio di gestione del gruppo, per manifestare la ferma opposizione dei sindacati alle politiche di riduzione dei costi attuate sempre sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici». Secondo fonti sindacali, dei 1.786 dipendenti precari presenti in Ubi al 30 settembre attualmente ne restano poco più di 1.200: gli altri sono già stati allontanati.

Altro fronte caldo è quello di UniCredit, in particolare per la divisione retail che comprende UcBanca, Uc Banca di Roma e Banco di Sicilia. Secondo i sindacati il prossimo 19 dicembre l'azienda comunicherà il mancaro rinnovo del contratto a circa 450 dipendenti a tempo determinato. Ma non c'è solo la questione dei rinnovi, c'è anche il mancato recupero del turnover.
Il 3 agosto 2007 in UniCredit è stato siglato l'accordo di gruppo sugli esuberi e la trattativa sul piano industriale 2008-10 prevede 5.900 uscite che, sommate a quelle del 2007, portano il totale a 7.300 circa per il solo "perimetro Italia". Dati che l'azienda ritiene "sostenibili" e che anche recentemente ha nuovamente confermato ai sindacati.
Il fronte dei precari è caldo e tiene all'erta anche i sindacati degli altri maggiori gruppi nazionali quali Intesa Sanpaolo, Banco Popolare e Monte dei Paschi di Siena. Le prossime settimane saranno cruciali.
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