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Dead men working

Ultimo Aggiornamento: 31/08/2015 08:57
30/01/2009 12:46
 
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Istat: crescono disoccupazione e ricorso alla cassa integrazione

La crisi, come già evidente da qualche mese, si sta facendo sentire sull'economia reale. Nelle grandi imprese italiane, infatti, cresce la disoccupazione (-2,1% l'occupazione a novembre 2008 rispetto allo stesso mese del 2007), così come il ricorso alla cassa integrazione guadagni. Lo dice l'istat, che comunica i risultati della rilevazione sull'occupazione, gli orari di lavoro e le retribuzioni nelle imprese con 500 e più addetti del settore privato non agricolo, ad esclusione dei servizi sociali e personali.

Cala l'occupazione. A novembre l'indice generale dell'occupazione alle dipendenze nelle grandi imprese è risultato pari a 100,3 al lordo dei lavoratori in cassa integrazione guadagni e pari a 99,5 al netto della cig (Cassa integrazione guadagni). In termini congiunturali l'indice destagionalizzato ha registrato una diminuzione dello 0,2% al lordo della cig e dello 0,6% al netto della cig; su base tendenziale si registrano invece diminuzioni rispettivamente dell'1% e dell' 2,1%.

Cresce la cassa integrazione. Aumenta anche considerevolmente il ricorso alla cassa integrazione nelle grandi imprese a novembre. Il ricorso è stato pari a 19,1 ore per mille ore lavorate, con una crescita di 5,8 ore ogni mille ore lavorate rispetto al precedente mese di ottobre e di 11,5 ore per ogni mille ore lavorate rispetto al novembre 2007. I dati di novembre sono i più alti in assoluto nelle serie storiche dell'Istat, che risalgono al 2000. Il ricorso alla Cig è stato particolarmente alto nelle grandi imprese dell'industria: le ore di cig utilizzate a novembre sono state pari a 48,7 per mille ore lavorate (+15,5 ore rispetto a ottobre e +29,8 ore ogni mille lavorate rispetto a novembre 2007). Nei servizi le ore di Cig utilizzate sono state 2,2 ore ogni mille lavorate (+0,9 in termini congiunturali e +1,5 in termini tendenziali).

Prezzi alla produzioni in calo. A dicembre l'indice generale dei prezzi alla produzione industriale ha subito un calo dell'1,3% rispetto al mese precedente e un aumento dell'0,6% sullo stesso mese del 2007. Lo comunica l'Istat. Al netto dell'energia, l'indice è diminuito dello 0,6% congiunturale mentre è aumentato dell'1,1% su base annua. La variazione media dell'indice generale nell'anno 2008 rispetto al 2007 è stata pari al 6%.
30/01/2009 13:17
 
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Nec taglierà 20mila posti di lavoro

Nec, il colosso nipponico delle tlc e dell'elettronica, annuncia il taglio di ben 20mila posti di lavoro a livello globale a causa delle pesanti perdite di bilancio attese.
Nec, in particolare, ha detto di vedere una perdita netta di gruppo di 290 miliardi di yen (2,5 miliardi di euro) a fine marzo, con la chiusura dell'esercizio 2008-2009.
Le cause della revisione delle stime sono la forza dello yen e la debolezza di alcuni settori chiave delle proprie attività come microchip e computer che pagano la frenata dell'economia globale.
La perdita stimata si confronta con l'utile annunciato a ottobre di 15 miliardi di yen (a fronte dei 22,68 miliardi dell'esercizio 2007-2008). Nella sua seconda revisione al ribasso, i profitti operativi consolidati sono attesi a 30 miliardi di yen (ribaltando l'utile di 120 miliardi di yen di ottobre). Giù anche i ricavi, a 4.200 miliardi. Nel periodo aprile-dicembre, infine, la perdita netta è attesa a 129,01 miliardi di yen e quella operativa a 11,36 miliardi su vendite per 3.080 miliardi, in calo del 3,8%.
30/01/2009 18:30
 
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Ahiahiahi
«Posti inglesi, per lavoratori inglesi»: dilaga la protesta

Londra – dal Lincolnshire alla Scozia e poi giù fino al Galles. Dilaga la protesta dei lavoratori inglesi contro ...gli italiani. Migliaia di persone hanno incrociato le braccia in tutto il Regno Unito in segno di solidarietà con i lavoratori dell'area di Immingham dove sorge la raffineria di Lindsey al centro di una disputa che si protrae da tre giorni. Motivo del contendere, lo ricordiamo, è la presenza di 93 operai italiani della società siciliana Irem che ha vinto un appalto per la realizzazione di un nuovo impianto nella raffineria. "Posti inglesi, per lavoratori inglesi" è lo slogan più urlato dai dimostranti davanti ai cancelli degli impianti del Lincolnshire. Una parola d'ordine che s'è diffusa al resto del Paese in un tam tam che ha unito la raffineria di Grangemouth in Sciozia e quella di Aberthaw in Galles del sud, fino alle contee del Teeside.
Ma non sono coinvolte solo le raffinerie. Manifestazioni si sono viste davanti agli stabilimenti delle acciaierie Corus di Redcar in Nord Yorkshire. L'azienda nei giorni scorsi aveva annunciato il taglio di migliaia di posti. Scioperi di solidarietà, vietati in Inghilterra, si diffondono un po' ovunque e nel Governo cresce il timore che la recessione scateni un altro inverno del malcontento come quello che piegò la Gran Bretagna negli anni Settanta e Ottanta. "Quello che vogliamo – insistono i dimostranti – è che Gordon Brown mantenga le sue promesse ovvero : posti inglesi a noi inglesi". Il ministro dell'Ambiente Hilary Benn ha riconosciuto laconicamente che "alle proteste dei lavoratori è necessario dare risposte".
Il caso di Lindsey e il coinvolgimento di un'impresa e di lavoratori italiani ha fatto da detonatore ad una situazione molto più complessa che coniuga la dura recessione inglese , la crescente disoccupazione e l'arrivo di migliaia di lavoratori stranieri in Gran Bretagna. Non, come nel caso dell ‘ Irem, dipendenti di un'impresa chiamati a realizzare un singolo progetto che richiede un buon margine di specializzazione, ma emigranti in cerca di un lavoro fisso in un Paese che fino a ieri offriva grandi opportunità. Ora che la crisi chiude i rubinetti l'insofferenza verso gli stranieri cresce e la globalizzazione si perde, anche in Inghilterra, in una riemersa prospettiva provinciale.
30/01/2009 18:34
 
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Borsa: Piazza Affari in rosso


Wall Street, partita in rialzo dopo che il Pil statunitense del quarto trimestre, è poi passata in negativo. Ora i titoli sono appesantiti in particolare dalla performance dei bancari e di alcune società come Caterpillar (-4,9%), che ha annunciato il licenziamento di altri 2.110 lavoratori portando il totale di tagli settimanali a 22.000. Il Dow Jones cede lo 0,63%, il Nasdaq lo 0,56% e l'S&P500 lo 0,77%. Bene Exxon Mobil (+1,4%) e Chevron (+1,3%) dopo i conti. In forte calo anche Citi (-4,8%) e Bofa (-3,5%). Procter & Gamble cede il 4,7% dopo i conti.

01/02/2009 19:16
 
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Da Enel a Ikea, l'Italia che assume

Non ci sono solo tagli. Le previsioni, è vero, sono negative: il tasso di disoccupazione potrebbe superare l'8%, portanto il numero dei disoccupati in Italia a due milioni.
Ma in questo panorama c'è chi va controcorrente: cresce e soprattutto assume, tamponando il bollettino quotidiano dei posti a rischio. Casi singoli di successo, guidati nella graduatoria dei numeri dalle grandi imprese italiane, ma con le piccole che fanno la propria parte, ritagliandosi in molti casi ruoli di leadership. Oppure interi settori, come quello delle società main conctractor di ingegneria e di impiantistica. Oppure la grande distribuzione, da Ikea a Media World, oggi favorita dal binomio prezzo-qualità.

Nell'industria sono i "cervelli" ad essere richiesti, ingegneri innanzitutto. Ma anche nella grande distribuzione si investe per formare il personale e giocare la carta del servizio come formula per acquisire consumatori. E fa notizia che nel mondo dei call center, additato come l'area più a rischio dei lavoratori precari, la società Almaviva contact, leader in Italia, abbia revocato nei giorni scorsi la cassa integrazione (ordinaria e al 10%) per 1.137 persone, decisa appena due settimane fa nel timore di un calo di domanda.

Secondo Confindustria i posti a rischio sono 600mila: meccanica e filiera dell'auto, costruzioni, il tessile che nel 2008 ha perso 9mila addetti e prevede un calo drammatico per quest'anno, senza interventi. Chi ha una fetta del proprio budget all'estero ha una marcia in più. «La domanda globale è più debole rispetto al passato, ma chi lavora in tutto il mondo, come le grandi società di impiantistica e di ingegneria che hanno come clienti gli Stati o i fondi sovrani, comunque crescono», spiega Fabrizio Di Amato, presidente di Federprogetti, la Federazione di Confindustria che raccoglie le aziende del settore (da General Electric a Tecnit Italy, Eni, Saipem, Abb), numero uno di Maire Tecnimont (2,4 miliardi di fatturat nel 2008, 4.300 dipendenti, di cui la metà in Italia).

Quest'anno Di Amato assumerà 250 persone, quasi tutti ingegneri e tecnici specializzati. In portafoglio ha una serie di commesse per realizzare in tutto il mondo impianti petrolchimici e grandi infrastrutture, ora sta puntando in Italia ad un nuovo business: l'energia e in particolare le fonti rinnovabili, quella "green economy" lanciata dal presidente degli Stati Uniti, Barak Obama. E si candida anche a realizzare, nel ruolo di main contractor, le grandi opere che il Governo dovrebbe realizzare rapidamente per rilanciare l'economia.

Parlando di grandi aziende, Eni ed Enel hanno progetti di assunzioni consistenti. Enel assumerà 3mila persone nel triennio 2009-2011, 1.400 nelle sedi all'estero, ma selezionando personale italiano. Si tratta di ingegneri e periti elettrotecnici, controllori di rete e di impianti di generazione, in aggiunta al turn over. Numeri che potranno aumentare quando sarà conclusa l'operazione con Endesa. Eni, Saipem e Gas&power ne hanno 1000 in programma nel triennio: ingegneri ed economisti, soprattutto nella divisione exploration e production.

Va controcorrente, in un settore che ha cominciato a perdere occupati, il gruppo Almaviva dell'imprenditore romano Alberto Tripi, (650 milioni di euro di fatturato, 20mila dipendenti di cui 13mila in Italia), presidente anche di Confservizi. Timori rientrati sui flussi delle telefonate: occupazione salva, quindi nei call center, dove anzi non esclude di assumere. Gli aumenti di personale dovrebbero arrivare nell'attività di informatica e in Almaviva consulting: 60 giovani talenti in più.

Anche nelle imprese di elettrotecnica ed elettronica, spiega Guidalberto Guidi, presidente dell'Anie, l'assocazione di categoria (come settore rappresenta il 40% degli investimenti in ricerca del Paese), nella crisi complessiva del settore, chi assume aumenta il livello di qualifica del personale.

I consumi sono in calo, ma anche in questo scenario c'è chi aumenta vendite e fatturato. Va avanti il piano di crescita di Ikea: nel 2009, dice Valerio Di Bussolo, responsabile relazioni esterne in Italia, si apriranno tre punti vendita a Rimini, Salerno e in provincia di Gorizia, mentre verrà ampliato Torino. Ogni negozio ha bisogno di 240 persone e genera un indotto di altre 100: totale un migliaio di persone. «Non risentiamo della crisi, anzi è in periodi come questi che i consumatori si rivolgono a formule come la nostra, con prodotti che offrono un buon rapporto prezzo-qualità», dice Di Bussolo. Stessa logica per la catena Media World (gruppo Metro), 92 punti vendita in tutta Italia, oltre 2 miliardi di fatturato. Si apriranno altri 6-8 punti vendita, dice il capo del personale, Ernesto Gatti, circa 70 occupati l'uno, per un totale di 400-500 persone, più l'indotto. La formazione conta per i prodotti ad alta tecnologia: nel 2008 sono stati spesi 2,5 milioni di euro di formazione, in particolare per una corporate university con il Politecnico di Milano. Quest'anno il budget sarà aumentato del 20%, a riprova che per battere la crisi bisogna scommettere sulla crescita.



02/02/2009 20:36
 
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Macy's: taglio di 7000 dipendenti

Per far fronte al calo dei consumi la catena di grandi magazzini Macy's intende tagliare 7mila posti di lavoro, pari al 4% dell'organico. Tra gli altri provvedimenti e' prevista anche la riduzione di 5 centesimi del dividendo trimestrale, attualmente a 13,25 dollari. Il tutto rientra in una serie di provvedimenti che hanno come obiettivo di ridurre i costi fissi di 400 milioni di dollari all'anno.
03/02/2009 14:40
 
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Spagna, disoccupazione in forte aumento. Ai massimi da 13 anni

Ancora un forte aumento della disoccupazione in Spagna, dove a gennaio ha superato quota 3,3 milioni, con quasi 200.000 senza lavoro in più rispetto a dicembre. Lo ha reso noto oggi il ministero del Lavoro, secondo cui l'aumento mensile è stato del 6,35%.
Per la precisione, a gennaio i disoccupati hanno raggiunto la cifra di 3.327.801. Anche se gennaio è tradizionalmente un mese negativo, spiega il ministero, l'aumento mansile di 199.000 disoccupati è il peggiore negli ultimi 13 anni.
Si tratta del decimo aumento consecutivo della disoccupazione
, che ormai in Spagna è del 14% della popolazione attiva: nell'ultimo anno i disoccupati nuovi sono stati 1.065.876, il 47,1% in più, soprattutto come effetto della pesante crisi del mercato immobiliare e delle costruzioni, ma anche dei servizi e l'industria.
04/02/2009 13:13
 
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Panasonic, primo rosso da 6 anni e taglia 15mila posti

Panasonic annuncia il taglio di 15 mila posti di lavoro a livello complessivo e la chiusura di 27 impianti per contrastare gli effetti della crisi in corso. Il gruppo di Osaka, che già aveva rivisto al ribasso le stime sugli utili a 30 miliardi di yen (250 milioni di euro), ha reso noto di averle ritoccate ulteriormente, ipotizzando ora un disavanzo al 31 marzo prossimo di ben 380 miliardi di yen (3,2 miliardi di euro), per effetto - si legge in una nota - «del continuo peggioramento della domanda sui mercati e alla risalita dello yen verso le principali valute». Si tratterebbe della prima perdita negli ultimi sei anni. La proiezione arriva dopo che nel terzo trimestre il gruppo ha accusato perdite per 704 milioni di dollari.

Panasonic è soltanto l'ultimo colosso dell'elettronica giapponese a cedere, in ordine di tempo, sotto i colpi della crisi economica internazionale dopo Sony, Hitachi, Toshiba e Nec, avviandosi al primo rosso in sei anni.

All'inizio dell'esercizio in corso, ad aprile 2008, Panasonic vedeva un anno record, con utili per oltre 310 miliardi di yen. Nel corso del terzo trimestre (ottobre-dicembre), il gruppo ha riportato una perdita netta di 63,1 miliardi di yen, a fronte di utili per 115,2 miliardi dello stesso periodo dell'esercizio precedente. Nei primi nove mesi, il risultato è positivo, ma in calo del 70%, a 65,4 miliardi di yen. «Le nostre attività si sono fortemente deteriorate», si legge ancora nella nota.
Tra gli impianti da chiudere, ben 13 sono in Giappone, mentre la riduzione dei posti di lavoro avverrà gradualmente entro la conclusione del prossimo esercizio, a marzo 2010. Panasonic ha reso noto pure il taglio delle retribuzioni degli executive del 10-20% e che gli oneri di ristrutturazione saranno pari a 345 miliardi di yen.



04/02/2009 13:14
 
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Fiat: cassa integrazione per 5mila impiegati a marzo

La crisi Fiat torna a coinvolgere i 'colletti bianchi'. Dal 2 al 15 marzo, circa 5mila impiegati saranno messi in cassa integrazione. La decisione, riferisce il segretario nazionale della Fim Cisl, Bruno Vitali, è stata comunicata oggi dall'azienda e riguarderà in particolare gli stabilimenti di Mirafiori e Arese dove si concentra la quasi totalità degli impiegati.
La situazione della Fiat sta peggiorando - osserva Vitali - e si rischia un avvitamento della crisi. Il mercato non riparte e se non verrà prolungata la cassa integrazione molti impianti saranno a rischio". Quanto al provvedimento di sostegno del settore che il governo presenterà venerdì in consiglio dei ministri, Vitali auspica «che la montagna non partorisca un topolino».



[Modificato da dgambera 04/02/2009 13:14]
04/02/2009 13:33
 
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Electrolux: utili in calo dell'88% nel 2008

Il gruppo Electrolux ha chiuso il 2008 con un utile netto di 366 milioni di corone, in calo dell'88% , dopo avere segnato una perdita netta di 474 milioni (44 milioni di euro) nel quarto trimestre, a causa della flessione della domanda e di oneri di ristrutturazione. Il gruppo ha tagliato 3.100 posti di lavoro nell'ultimo trimestre, il che ha comportato costi straordinari per 1,1 miliardi. Nessuna previsione sul 2009, data «la grande incertezza del mercato».
04/02/2009 15:36
 
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Usa: a gennaio persi 522. 000 posti

Secondo studio licenziamenti triplicati

(ANSA) - NEW YORK, 4 FEB - L'occupazione nel settore privato a gennaio negli Usa avrebbe registrato una contrazione pari a circa 522.000 posti di lavoro.Lo indica un sondaggio della societa' Adp. La cifra e' inferiore alle attese degli analisti. Sono triplicati i licenziamenti programmati dalle aziende a gennaio rispetto a un anno fa, stando a un sondaggio della societa' Challenger, Gray & Christmas. Rispetto a gennaio 2008, si e' registrato un aumento del 222% dei licenziamenti previsti a quota 241.749.
05/02/2009 20:48
 
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Che bagno di sangue, a Roma soprattutto
Telecom, otto ore di sciopero per dire no a quattromila esuberi

Otto ore di sciopero, come risposta alla riconferma da parte di Telecom Italia del piano di quattromila tagli da attuare in parte entro il 2010 e in parte entro il 2011. Lo riferisce l'agenzia Radiocor, sulla base di fonti sindacali.
L'azienda mette sul piatto esodi incentivati per duemila esuberi entro il 2010 e altre forme di mobilità per ulteriori duemila esuberi entro il 2011, già annunciati dall'amministratore delegato Franco Bernabè, in occasione della presentazione del piano industriale. Inoltre, Telecom Italia vorrebbe ricollocare 700 dipendenti dell'area staff (acquisti, finanza e controllo, risorse umane e security) nell'ambito di un processo di riorganizzazione. L'azienda, sempre secondo Radiocor, avrebbe poi in programma il trasferimento di 700 dipendenti del «customer care», visto che il piano di riorganizzazione prevede la chiusura di 22 sedi territoriali con conseguenti accorpamenti. Per quanto riguarda i lavoratori del servizio di ricerca sugli abbonati di Telecom Italia «1254», che perde 30 milioni all'anno secondo quanto riferito dai sindacati, l'azienda vorrebbe attuare una cassa integrazione ordinaria per turni. Sindacati critici sull'operazione anche perchè gli esodi incentivati - sostengono - andrebbero a sommarsi alla mobilità volontaria per cinquemila dipendenti, su cui era già stato raggiunto un accordo, rendendone difficile l'attuazione.


06/02/2009 14:25
 
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Murdoch sente la crisi: News Corp in rosso per 6,41 miliardi

Il colosso mediatico di Rupert Murdoch - la News Corporation - ha chiuso il trimestre del suo anno fiscale, per la prima volta in più di tre anni, con perdite pari a 6,41 miliardi di dollari e annunciato tagli dei costi e del personale. «I nostri risultati per il trimestre sono un diretto riflesso del difficile clima economico», ha scritto il magnate australiano in una nota. Con la crisi finanziaria i gruppi editoriali stanno subendo il crollo degli investimenti pubblicitari. Le aziende tagliano, e la pubblicità è una delle prime voci. «Mentre abbiamo anticipato un indebolimento, la contrazione è più severa e probabilmente durerà più a lungo di quanto previsto - ha aggiunto Murdoch - stiamo mettendo in pratica operazioni di riduzione dei costi generalizzate e ridurre i posti di lavoro è appropriato».

La News Corp è uno dei principali gruppi multimediali al mondo. La sua sede centrale è a New York, ma il gruppo controlla quotidiani, canali satellitari e riviste in diversi Paesi (in Europa, Stati Uniti e Australia). I «gioielli» del colosso sono i quotidiani Wall Street Journal, Times, Sun e New York Post, i canali satellitari Sky e Fox, e il social network MySpace. Murdoch non ha specificato quali settori del gruppo saranno colpiti dai tagli. Ma, stando al «Wall Street Journal», al quotidiano economico i tagli riguarderanno 24 posizioni, tra licenziamenti e incentivi all'uscita. «E' la peggiore crisi economica da quando la News Corp è stata fondata 50 anni fa», ha commentato Murdoch.
06/02/2009 14:27
 
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Pure i posti pubblici?
Crisi, Royal Mail annuncia 16mila licenziamenti

Royal Mail ha minacciato il licenziamento di 16mila dipendenti. Un numero elevato se si pensa che l'azienda statale impiega 170mila persone: un lavoratore su dieci perderebbe il suo posto di lavoro. L'annuncio, spiega il Times, arriva proprio mentre i sindacati si preparano a dare battaglia all'introduzione di un nuovo partner commerciale.

L'azienda ha invitato tutte le sedi regionali del paese a vagliare con i dipendenti le opzioni di disoccupazione, lavoro part-time e altre soluzioni per ridurre il costo degli stipendi di 470 milioni di sterline.

L'annuncio dei tagli al personale arriva malgrado i profitti aziendali in aumento, annunciati il mese scorso: 255 milioni di sterline per i nove mesi precedenti fino a dicembre 2008, contro i 162 milioni dell'anno finanziario precendente.

David Ward, vice segretario di Communications Workers Union (il sindacato di settore), ha condannato il piano dei tagli: "Non ci opponiamo alla modernizzazione dell'azienda ma queste sono operazioni random che non sono state attentamente valutate" ha detto.

Altri licenziamenti potrebbero arrivare se le linee guida di Richard Hooper, l'ex vice presidente di Ofcom (l'Authority che regola il settore), dovessero venire implementate: nelle sue raccomandazioni, Hooper ha auspicato l'intervento di un investor privato nelle quote aziendali per chiudere la metà dei 71 uffici di poste centrali
06/02/2009 19:06
 
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Stati Uniti, a gennaio persi 600mila posti di lavoro

Nel mese di gennaio negli Stati Uniti sono andati persi 598 mila posti di lavoro e il tasso di disoccupazione è salito al 7,6 per cento dal 7,2 di dicembre. Si tratta del ritmo più forte dal 1974 e del livello più alto dal settembre 1992. Il dato, reso noto dal dipartimento del Lavoro americano, è peggiore inoltre delle stime degli analisti, che attendevano un calo di 525mila unità. Durante la recessione in corso gli Stati Uniti hanno perso 3,6 milioni di posti di lavoro, il calo più grave del dopoguerra.

Il forte abbattimento del numero degli occupati in gennaio arriva dopo quelli altrettanto ingenti di dicembre (577mila) e novembre (584mila). Una striscia negativa di tre mesi di fila oltre il mezzo milione non si era mai vista da quando il dato ha iniziato a essere registrato, nel lontano 1939.
Il fatto è che questo crollo, determinato da colossali tagli da parte di gruppi dei più svariati settori dell'economia e della produzione, da Caterpillar (macchina da costruzione, 22mila dipendenti a casa) a Macy's (grande catena retail, altri 7mila), non fa altro che rendere ancora più fragile la già scarsa fiducia dei consumatori.

Gli americani che un lavoro ancora ce l'hanno, in più, tendono a spendere sempre meno, provocando la reazione delle imprese in un mercato sempre più asfittico e depresso. Non resta che aspettarsi, secondo diversi osservatori, ancora più tagli all'occupazione da parte delle aziende, colpite dalla restrizione del mercato del credito (secondo Dealogic i prestiti sindacati su scala globale sono diminuiti del 63% nel solo mese di gennaio da quasi 200 miliardi di un anno prima a 71,5 miliardi, 31 dei quali nell'area Americhe) e preoccupate a questo punto di garantirsi la sopravvivenza.

Appare ancora più vero, quindi, l'allarme del presidente Barack Obama, che ha chiesto al Congresso di approvare al più presto possibile un piano di agevolazioni fiscali e di rilancio delle infrastrutture all'esame del Senato. «Un fallimento - ha avvertito il presidente - equivarrebbe a trasformare la crisi (iniziata per quanto riguarda l'economia reale a dicembre 2007, ndr) in catastrofe e allungherebbe i tempi della recessione». Anche per questo impegno dell'Amministrazione i mercati finanziari hanno proseguito in positivo dopo il dato sulla disoccupazione.

In realtà il piano resta arenato nelle sabbie mobili dello scontro parlamentare: un gruppo di senatori moderati e al lavoro dietro le quinte per tagliare i costi di almeno cento miliardi. Secondo le ultime stime il pacchetto di misure messe a punto dalla squadra economica della Casa Bianca è lievitato a circa 935 miliardi di dollari nel passaggio a Capitol Hill.

Guidano i negoziati i senatori Ben Campbell (democratico) e Susan Collins (repubblicana) che hanno già identificato 80-90 miliardi di dollari di tagli soprattutto nel settore di programmi legati all'istruzione. Il capo del Senato Harry Reid ha detto di essere tuttora fiducioso in un compromesso bipartisan, ma ha aggiunto di essere pronto a muoversi anche senza il sostegno dei repubblicani, se necessario. Secondo il Wall Street Journal i democratici contano di usare le drammatiche cifre sulla disoccupazione di oggi - un bagno di sangue in gennaio, ai massimi da 16 anni - per indurre i repubblicani a concessioni. (Al.An.)
07/02/2009 18:36
 
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Troppi centri commerciali, è crisi

È crisi anche per i centri commerciali. La frenata dei consumi investe la grande distribuzione: ne risentono giro d'affari, fatturati ed occupazione. Per la Confcommercio Roma, dei circa 2.700 negozi aperti nei centri commerciali negli ultimi tre anni almeno il 30-40% sarebbe a rischio chiusura.

Ogni negozio che chiude manda a casa tra i tre e i quattro dipendenti, che poi difficilmente riescono a ricollocarsi. Il 2009 si prospetta allora come l'anno più difficile anche per chi era abituato, fino a qualche tempo fa, a trend in perenne crescita. Oggi con la crisi del mercato immobiliare e dei consumi l'aspettativa riposta nelle grandi strutture è venuta meno, dice Cesare Pambianchi della Confcommercio. D. M.
08/02/2009 21:01
 
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La commissione Ue: persi 130mila posti nell'industria

In Europa, dall'inizio dell'ultimo trimestre del 2008 a tutto il mese di gennaio 2009, si sono persi 130mila posti di lavoro nel settore industriale. I comparti più colpiti dalla recessione sono quelli dell'auto e del suo indotto, e il settore delle costruzioni. Nel corso dell'ultimo anno, auto e costruzioni hanno fatto registrare un crollo della produzione pari a 150 miliardi di euro.
Sono le cifre contenute in un documento riservato della Commissione europea, anticipato dall'Ansa. Con ogni probabilità, il documento sarà sottoposto all'attenzione dei ministri delle Finanze dei 27 Paesi dell'Unione europea, che si ritroveranno domani e martedì a Bruxelles per partecipare alle riunioni dell'Eurogruppo e dell'Ecofin. Anche sulla base dei dati sul calo di occupazione nel comparto industriale, i ministri europei saranno chiamati a valutare quanto già fatto per contrastare la crisi economica internazionale, e quali strategie dovranno essere adottate in futuro.
«La produzione in molti settori industriali e in quello dell'edilizia è stata particolarmente colpita dalla crisi finanziaria e fa registrare il declino più forte delle ultime decadi», si legge nel documento informativo della Commissione Ue, nel quale si sottolinea anche come la fiducia delle imprese sia «crollata al livelli più bassi dal 1985».
Sul fronte dell'occupazione si evidenzia come dall'inizio dell'ottobre 2008 alla fine di gennaio 2009 «le riduzioni di posti di lavoro pianificate sono aumentate significativamente a
158mila unità, mentre la creazione di nuovi posti di lavoro è caduta a 25mila unità. Da ciò - si spiega - deriva l'aspettativa di una perdita netta di 130mila posti di lavoro».

Peggioramento in agguato
Un dato molto preoccupante, visto che ancora nel terzo trimestre 2008 il saldo tra posti persi e posti creati era leggermente positivo. E visto che la crisi economica è attesa peggiorare nei prossimi mesi, almeno fino a metà 2009. «Inoltre - spiegano ancora gli esperti della Commissione Ue - vale la pena notare come le società in molti settori siano in questo
momento propense, di fronte alla crisi, a favorire soprattutto contratti a breve termine o la chiusura temporanea delle fabbriche per tentare di trattenere gli operai più specializzati».
La crisi - si sottolinea nel documento dell'esecutivo europeo - non sta risparmiando alcun settore. Dunque, se «particolarmente grave» appare la situazione per l'auto e l'edilizia, la crisi sta colpendo anche il settore meccanico, quello chimico, quello farmaceutico, quello alimentare, quello tessile e dell'abbigliamento, quello della siderurgia. E anche quello della cantieristica e dell'aeronautica.
Secondo Lorenzo Bini Smaghi, membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea, la Ue non seguirà la politica americana di taglio dei tassi a oltranza, perché, ha dichiarato Bini Smaghi in un'intervista a La Stampa, «in una fase come questa il problema non è di incentivare gli investimenti con tassi di interesse più bassi possibile», ma di riportare a imprese e famiglie la fiducia nel sistema bancario.
Allo studio, intanto, ci sono misure di rilancio del settore automotive. Entro marzo, infatti, l'Unione europea intende varare un piano di sostegno per l'industria dell'auto. Tre gli obiettivi del piano: rilancio della domanda in caduta libera attraverso misure a favore del rinnovo del parco auto più obsoleto; investimenti in innovazione eco-tecnologica e in sicurezza; guerra al protezionismo e alle distorsioni di concorrenza a livello internazionale.

Anche gli Usa in affanno
Il fronte europeo non è il solo, tuttavia, a tirare le somme dei primi cali di occupazione. Se in Europa sono soprattutto l'auto e le costruzioni a pagare il prezzo più salato, negli Stati Uniti i licenziamenti attraversano trasversalmente tutto il panorama dell'economia, dalla farmaceutica all'elettronica, dalla finanza all'auto. Dopo i due milioni di posti di lavoro cancellati negli ultimi quattro mesi, secondo le previsioni degli analisti, altri milioni potrebbero essere lasciati sul terreno quest'anno, spingendo il tasso di disoccupazione dal 7,2 al 10 per cento. Il neopresidente Obama deve fare i conti con una vera e propria Odissea economica. In gioco c'è la capacità di convincere il Congresso a mobilitare risorse aggiuntive di sostegno.
08/02/2009 21:03
 
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Ubs, 21 miliardi di perdite e altri 5-8mila tagli in vista

Le perdite annuali delle due principali banche svizzere, Ubs e Credit Suisse, dovrebbero raggiungere la cifra record di 29 miliardi di franchi svizzeri (19 miliardi di euro). È quanto scrive oggi il quotidiano Sonntags Zeitung.
I due istituti finanziari presenteranno in settimana il loro bilancio annuale. Secondo le informazioni raccolte da Sonntags, Ubs dovrebbe annunciare martedì prossimo una perdita di 21 miliardi di franchi nel 2008, la più grande mai registrata da un'impresa in Svizzera. L'importo è di poco superiore ai 20 miliardi di franchi svizzeri (13,3 miliardi di euro) previsto dagli analisti. La banca dovrebbe quindi annunciare «tra i 5mila e gli 8mila nuovi tagli di posti di lavoro». Il 22 gennaio scorso, un portavoce dell'istituto ha ammesso l'intenzione di Ubs di tagliare altri posti di lavoro, dopo i 2mila annunciati a inizio ottobre. Da parte sua, Credit Suisse dovrebbe invece annunciare una perdita da e 8 miliardi, senza però prevedere nuovi tagli dell'occupazione
09/02/2009 09:16
 
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NISSAN: TAGLIERA' 20.000 POSTI ENTRO MARZO 2010

La casa automobilistica giapponese Nissan stima un taglio di 20.000 posti di lavoro entro marzo 2010. La societa' prevede inoltre una perdita di 2,9 miliardi di euro.
[Modificato da dgambera 09/02/2009 09:41]

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09/02/2009 09:58
 
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Tagli nel settore ICT

Crisi ICT 2009: licenziamenti e tagli spese per Oracle, SAP, NVIDIA, Adobe e Sony



Comparto ICT taglia in tutto il mondo



Guardatevi anche gli articoli correlati.Fa veramente paura.

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09/02/2009 13:16
 
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Il lusso tiene
Moda, Gianfranco Ferrè in crisi. Il marchio verso la bancarotta

MILANO - la crisi colpisce anche il lusso. It Holding, la società della moda quotata a Piazza Affari, che ha gettato la spugna decidendo la richiesta di ammissione all'amministrazione straordinaria per Ittierre, controlla Ferrè, Malo ed Extè, oltre ad avere in licenza marchi altrettanto noti, come Versace Jeans Couture, Versace Sport, Just Cavalli, C'N'C Costume National e Galliano.

La decisione di Itierre è stata presa "in assenza delle condizioni necessarie per mandare avanti le operazioni regolari". L'amministrazione controllata permette la protezione dai creditori consentendo peraltro una ristrutturazione della società.

L'azienda fa capo a Tonino Perna (ma l'intero pacchetto di controllo è in pegno a Efibanca), ha oltre 1.800 dipendenti e ha segnato nel 2007 ricavi per 637 milioni di euro. Al 30 settembre aveva un indebitamento netto di 295,4 milioni di euro, per lo più formato dal bond da 187 milioni di euro, emesso a suo tempo per acquistare Ferrè. Dopo un precedente rinvio, a dicembre è scaduta una rata di 9 milioni, sulla quale c'era però la disponibilità di arrivare un nuovo rinvio ad aprile. Non era invece stato raggiunto un accordo per un finanziamento ponte. In scadenza questo mese c'è poi una rata di 20 milioni di euro di Pa Investments, la finanziaria di Perna.

Ittierre è tra l'altro un pezzo cruciale dell'economia molisana, visto che nella regione ha anche contoterzisti e fornitori.
09/02/2009 13:26
 
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L'anno nero del lavoro a tempo. I precari rischiano l'estinzione

Scaduti 300 mila contratti a termine e solo poco più di un terzo
dei nuovi disoccupati ha ottenuto un sostegno al reddito: per gli altri niente ammortizzatori

DA flessibili a precari. Da precari a disoccupati. La recessione sconvolge i mercati globali ma anche quelli locali del lavoro. In Italia ci sono circa 4 milioni di lavoratori con contratto atipico e per molti di loro l'obiettivo del posto fisso scolorisce e forse svanisce dentro la perfetta tempesta finanziaria. Per gli atipici, piuttosto, questa è la stagione dei licenziamenti, mentre la precarietà allarga i suoi tentacoli e penetra in quella che era la cittadella dei garantiti del contratto a tempo indeterminato. S'avanzano valanghe di cassa integrazione e di mobilità. E almeno un milione di atipici rischia di finire nelle liste di disoccupazione. La flex-security resta un anglicismo e soprattutto uno slogan con poca fortuna nel Belpaese.

Questa è la prima recessione che affrontano i precari made in Italy. La precedente, quella del '93 con quasi un milione di posti persi, non l'hanno vista semplicemente perché non c'erano. Il pacchetto Treu e poi la legge Biagi, con le tante tipologie contrattuali, arriveranno dopo, a cavallo tra il Novecento e il nuovo secolo: dai co. co. co ai co. co. pro; dal lavoro interinale a quello in somministrazione; dal job sharing al job on call, fino allo staff leasing. Si disse che bisognava rendere più facile l'ingresso nel mercato del lavoro. E le generazioni più giovani hanno sperimentato tutte le vie d'accesso. Ma ci si accorge oggi che è soprattutto più facile licenziare. O non rinnovare i contratti a tempo, che poi è lo stesso. Così - stando a un sondaggio di Eurispes - oltre il 46 per cento degli italiani ritiene che le nuove regole del mercato del lavoro abbiano soltanto reso più difficili le possibilità occupazionali dei più giovani.

Eppure certifica l'ultimo Rapporto del Censis - tra il 2004 e il 2007 l'incremento del lavoro atipico è stato del 14,7 per cento contro una crescita di quello tipico di appena il 2,3 per cento. E ancora: nello stesso periodo i contratti a tempo determinato sono aumentati di quasi il 19 per cento.

I numeri complessivi sui precari in transito verso la disoccupazione ancora non ci sono, ma basta guardare cosa sta accadendo in alcune regioni industriali del nord, dove la crisi sta picchiando già duramente, per intuire il trend. In Piemonte a dicembre le assunzioni attraverso i contratti a tempo determinato sono crollate di quasi il 20 per cento, dopo il - 13,3 per cento di ottobre e il - 18 per cento di novembre. I prossimi mesi, va da sé, saranno peggiori. Tra ottobre e novembre nel torinese - dati provenienti dai Centri per l'impiego - si sono persi, senza i rinnovi dei contratti a termine, così quasi 21 mila posti di lavoro, quando solo nei tre mesi precedenti il calo era stato decisamente più contenuto: poco più di 4.000.

Il grafico del Veneto non è diverso e l'inversione di tendenza si è registrata a ottobre: da quasi 12 mila contratti a tempo determinato di settembre e meno di 7.000 a novembre. Poi c'è l'Emilia Romagna: nel 2008 sono stati assunti con contratto a tempo determinato 109 mila persone, 90 mila di queste scadono nei primi sei mesi di quest'anno. Dire che sono a rischio è un eufemismo.


Tre economisti del sito de lavoce. info (Fabio Berton, Matteo Richiardi e Stefano Sacchi) hanno stimato che a dicembre sarebbero scaduti 300 mila contratti a tempo determinato e solo una parte di questi (meno del 38 per cento) avrebbe poi potuto ottenere il sostegno al reddito. Perché - nell'epoca della produzione just in time e, appunto, della flessibilità del lavoro - il sistema degli ammortizzatori sociali, salvo qualche intervento realizzato dall'ultimo governo di centrosinistra, non è ritagliato per le misure degli atipici. Che non hanno la cassa integrazione perché non mantengono il rapporto con la propria azienda, e per i quali l'accesso all'indennità di disoccupazione è spesso un tragitto tortuoso per superare gli ostacoli che la legge frappone a chi non ha avuto un rapporto standard senza interruzioni. D'altra parte questo è il doppio mercato del lavoro che si è ingrossato negli anni e che non si è mai avvicinato alle vecchie, in fondo rassicuranti, protezione d'epoca taylorista.

Ancora i numeri, questa volta relativi al lavoro interinale che, nell'ingordigia definitoria, è diventato "a somministrazione". Insomma, il "lavoro in affitto". La fonte, questa volta, è l'ultima indagine trimestrale dell'Ente bilaterale nazionale per il lavoro temporaneo. Dunque, nel terzo trimestre del 2008 la differenza tra missioni avviate e cessazioni ha registrato un saldo negativo di 60 mila unità (pari al 25 per cento delle missioni avviate nel periodo). Ma nel 2007, considerando il medesimo arco temporale, il saldo era positivo, con un numero di assunzioni superiore di circa 7 mila rispetto alle cessazioni. D'altra parte se sprofonda la domanda, nessuno può chiedere lavoro. E già in condizioni normali - secondo l'Istat - un lavoratore temporaneo ha 14 probabilità su cento di perdere il posto entro un anno, contro il 4 per cento del lavoratore tipico.

Gli atipici, si sa, sono i più giovani. Il 21,5 per cento dell'arcipelago del lavoro precario è costituito da lavoratori fino a 34 anni di età. La classe di età compresa tra i 35 e i 44 anni - secondo il Censis - rappresenta il 9 per cento; e ancora meno la classe tra i 45 e i 54 anni: il 6,2 per cento. Ma la precarietà dei giovani - sostiene il Censis - "risulta aggravata" dal netto calo del lavoro tipico nella loro fascia d'età: - 9,5 per cento. E' così che la precarietà è entrata nel ceto medio, perché sono anche i figli di un piccola borghesia poco avvezza alle intemperie del mercato del lavoro, cresciuta all'insegna della stabilità e del progressivo miglioramento del proprio status, a fare i conti con l'incertezza. Certo, sono i precari delle professioni intellettuali, degli uffici, delle consulenze, della pubblica amministrazione, delle università, della ricerca. Non delle fabbriche e neanche dei call center.

Che, probabilmente, restano ad appannaggio delle classi popolari. Ma - ha scritto Aris Accornero nel suo "San Precario lavora per noi" - "non si può escludere che i ceti medi, coinvolti in una precarietà che non avevano mai conosciuto, ne vengano da questa frustrati più di quanto tocchi alla classe operaia, se non altro perché avevano aspettative di una maggiore stabilità dell'impiego". La precarietà allora diventa capillare come fenomeno percepito dalla comunità, aldilà delle sue dimensioni numeriche. Soprattutto perché non esistono paracaduti sociali: il precario, in Italia, è senza rete protettiva.

In un'inchiesta di poco più di un anno fa, la Ces (la Confederazione dei sindacati europei) ha stimato che l'esercito dei lavoratori vulnerabile (o perché no? working poor, come negli Stati Uniti) ha superato i 30 milioni in tutto il continente: sei milioni nella Spagna del boom immobiliare e della iperliberalizzazione del mercato del lavoro, cinque nella Gran Bretagna, deindustrializzata, sei nella Germania dal welfare opulento. Così che - dati Eurostat - la percentuale di lavoro temporaneo in Europa è di poco superiore al 14 per cento (14,3), ma è oltre un terzo nel mercato spagnolo, il 14,2 per cento in Germania, il 13,3 per cento in Francia, il 12,3 in Italia. Una percentuale non clamorosa ma che negli anni, nella mancanza di un progressivo adeguamento delle protezioni sociali, ha inciso fortemente sulla cultura del lavoro e anche sulla scarsa produttività della nostra economia. Perché non può non esserci un rapporto tra la flessibilizzazione disordinata del nostro mercato del lavoro, con le sue frammentazioni e destrutturazioni, con la sua illusione di un'occupazione crescente nonostante un Pil perlopiù stagnante, e il crollo della produttività del sistema. E' solo una coincidenza che dal 1995 al 2004 la produttività media del lavoro sia aumentata da noi solo del 3,1 per cento, contro il 12 per cento tedesco e l'11,8 per cento francese? Eppure nei decenni passati, quelli delle garanzie, eravamo stati noi la tigre europea.

Infine, dopo essere stati tanto flessibili e poi anche precari, i nostri lavoratori atipici difficilmente saranno pensionati, almeno come concepiamo noi adesso questa categoria. Certo - quando lavorano - versano i contributi previdenziali, e il loro è uno dei fondi dell'Inps con il migliore attivo. Ma serve per pagare le pensioni dei loro padri. E forse anche i prepensionamenti decisi, ancora una volta, dall'arroganza della recessione.

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I componenti delle coppie giovani in cerca di prima casa, secondo voi ricadono tra questi lavoratori?

Rimane praticamente solo il mercato dello scambio di figurine per caso? E chi lo sostiene? Chi si è accorto che è meglio aspettare per comprare oppure chi non riesce a vendere a quanto sperava o meglio ancora chi non riesce ad accedere al finanziamento necessario all'upgrade?
12/02/2009 08:30
 
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Pioneer 6000 licenziamenti
Pioneer perde 1,1 miliardi
previsti seimila licenziamenti


TOKYO - Pioneer, uno dei principali e popolari colossi nipponici dell'elettronica di largo consumo, stima una perdita di 130 miliardi di yen (1,1 miliardi di euro) alla fine dell'esercizio in corso al 31 marzo, peggiore dei 78 miliardi precedentemente attesi.

anche Pioneer licenzia

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12/02/2009 23:30
 
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Pioneer, basta con i tv plasma. La parabola di un gigante dell'elettronica di consumo

La parabola e la nemesi storica di un gigante dell'elettronica che torna alle origini

Pioneer: Sound, Vision and Soul? No, solo "sound" perché la visione, nel senso di tv al plasma non c'è più e per quanto riguarda il soul, l'anima, il "piccolo gigante" in crisi dell'elettronica di consumo, forse l'ha persa molti anni fa.

La multinazionale nipponica ha confermato infatti le notizie trapelate nei giorni scorsi: uscirà dal business dei flat tv al plasma nell'ambito di un drammatico piano di ristrutturazione che comporterà tagli per 10mila posti di lavoro (6.000 impiegati e 4.000 lavoratori interinali), l'adozione di un programma di pre-pensionamento e il ridimensionamento delle sue filiali di vendita estere.

La casa interrromperà la produzione dei pannelli al plasma (saranno chiuse fabbriche nel Regno Unito e negli Usa) e si ritirerà dal mercato dei flat tv entro marzo 2010, ma ha dichiarato continuerà ad assicurare le garanzie e i servizi post vendita dei suoi prodotti.

La crisi economica mondiale non c'entra o c'entra solo in parte, visto che i guai di Pioneer affondano nella progressiva contrazione dei suoi mercati storici: hi-fi e car stereo, nelle strategie sbagliate sul fronte del video e nella sua incapacità di trasformare in chiave digitale, moderna e online, i suoi business, contraddistinti, tuttavia, da un approccio analogico e proprietario.
Ovviamente la congiuntura economica negativa non fa che aggravare la situazione, tant'è che per l'anno fiscale 2009 la multinazionale prevede un'ingente perdita che comporterà ulteriori misure di ristrutturazione.

Insomma, Pioneer entra in una grave fase di crisi e decide di azzerare il business tv, sul quale anni fa aveva scommesso per rinnovarsi e ritrovare un nuovo slancio dopo i fasti degli anni Ottanta.
La casa di Meguro ritorna, dunque, alle origini per concentrarsi sull'audio: sull'alta fedeltà domestica, su quella professionale e sul car stereo. Una nemesi storica che conclude così una disastrosa avventura nel mondo del video, iniziata con il Laser Disc del 1975 che non sfondò mai veramente, proseguita con improbabili videoregistratori Vhs su base Philips e culminata con l'eccellenza, davvero assoluta sul fronte del Plasma. Top Class ottenuta però con gli ingenti sacrifici economici necessari per acquisire la tecnologa e, soprattutto, la divisione Plasma Display da Nec nel 2004.

E così fa un drammatico passo indietro quella Pioneer, che nel 2001 abbandonò il leggendario logo del diapason inserito in una lettera omega, simbolo di Ohm, a rappresentare il matrimonio tra musica (diapason) ed elettronica. Un logo tutto tagliato sull'audio, sull'alta fedeltà ricercata fin dalla fondazione nel 1937 con il nome di Fukuin Shokai Denki Seisakusho. E nel 2001 l'home cinema sembrava il solo futuro possibile, mentre la "vecchia" alta fedeltà, cioé la stereofonia dei sistemi rack a componenti separati e coordinati, era al tramonto, mentre l'altro pilastro del suo business, il car stereo, vacillava sotto i colpi dell'audio in macchina offertto di serie o come optional dalle Case automobilistiche.

Una trasformazione, questa ultima, che è passata dall'autoradio estraibile, quella che l'"italiano" di Toto Cotugno si teneva sotto braccio al ristorante, mentre sotto il sedile aveva 24 cassette, per arrivare all'era dello stereo che non si sceglie da Mediaworld, quello che le case montano annegato nel cruscotto e al limite ci si può attaccare l'iPod o il lettore Mp3. Già, l'audio compresso, una vera rivoluzione, che però agli ingeneri puristi di Meguro piaceva poco visto che loro si affannavano a progettare lettori Cd straordinari e sofisticati. Ma non vedevano che il mondo cambiava e il grande pubblico la musica iniziava a sentirla in cuffia in formato compresso e scaricata da internet. E così il business dell'audio da casa, e quello da auto, non era più sufficiente a tenere in piedi un colosso dai piedi di argilla, e si decise di tentare l'avventura nel mondo del flat tv. Scegliendo, come da Dna della casa del Sol Levante, la migliore tecnologia da appassionati: il Plasma. Niente Lcd, solo Plasma. E per di più di fascia alta, anzi altissima come gli ultimi tv serie Kuro, straordinari per resa e per prezzo. Tutto questo mentre la tecnologia Lcd migliorava, i prezzi crollavano e giganti come Samsung occupavano militarmente il mercato dando più di un dispiacere a colossi come Sony.

Infine, sotto la casa di Meguro vacilla persino il quarto pilastro, quello dei masterizzatori Cd/Dvd per computer, settore dove Pioneer gode di grande reputazione ma che non è più un business profitevvole e sta valutando attentamente la possibilità di creare una joint venture. Anche in questo campo - come nell'audio e nel video - sono cambiati, il mercato, la tecnologia e gli stessi consumatori.
13/02/2009 10:03
 
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Air France-Klm, conti in rosso e tagli per mille posti di lavoro

Conti in rosso per Air France-Klm nel terzo trimestre del 2008-2009 «di riflesso al peggioramento della crisi economica» e ai costi del carburante, e previsti tagli per 1000-1200 posti di lavoro nel 2009.
Il gruppo franco-olandese ha accusato nel periodo al 31 dicembre una perdita netta di 505 milioni di euro contro un utile di 139 milioni un anno prima, su un fatturato stabile a 5,97 miliardi. Il risultato operativo corrente è negativo per 194 milioni contro un dato positivo di 311 milioni. Decise una serie di «misure di adattamento», tra cui una riduzione del piano di investimenti per 1,2 miliardi. Mantenuto l'obiettivo di un risultato operativo positivo «il cui livello però dipenderà dall'evoluzione economica».
13/02/2009 23:58
 
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segnalazione al volo

ringraziando crisis


bamboccioni-alla-riscossa.org/?p=1143


riporto solo un passo:

Eppure quella funesta parola con la “elle” - licenziamenti, appunto - sulle pagine dei tre principali quotidiani italiani semplicemente non c’è. Al suo posto un florilegio di espressioni che sanno tanto di neolingua di orwelliana memoria. “Riduzione dell’organico” (Repubblica). “Razionalizzazione delle strutture produttive” (Corriere).


[SM=g7600]

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Laplace77 :: Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia; il resto è propaganda. (Horacio Verbitsky)

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15/02/2009 20:16
 
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A Milano si teme il taglio d'organico

Un nuovo amministratore delegato all'Lse e forse un nuovo corso per Borsa Italiana. L'arrivo di Xavier Rolet alla guida del London Stock Exchange potrebbe rimescolare le carte in tavola e magari mettere in discussione l'attuale struttura societaria del gruppo e la conseguente architettura organizzativa. Fonti che conoscono bene Rolet non esitano a definirlo un «manager razionale che non ha nulla da perdere nel farsi carico anche di decisioni scomode». E così potrebbe prendere corpo quel progetto di strutturazione del gruppo per divisioni che di certo cambierebbe il profilo di Borsa Italiana Spa e che fino oggi sarebbe rimasto nel congelatore per evitare di far emergere possibili minusvalenze, legate per lo più alla valutazione degli asset di Piazza Affari al momento delle nozze con Londra. Senza contare che non è ancora sciolto il dilemma su quello che farà l'attuale amministratore delegato di Borsa, Massimo Capuano, nonché vice di Rolet.
Borsa Italiana, peraltro, già oggi sembra avere al proprio interno figure e professioni ridondanti rispetto alle funzioni già presenti presso la casa madre londinese. Soprattutto alla luce dell'attuale crisi di mercato. Proprio la situazione globale potrebbe fungere da ulteriore stimolo per assegnare un nuovo ruolo alla controllata. Rispetto al momento in cui è stato dato il via libera alla fusione con Londra Borsa Italiana oggi è certamente un mercato "più piccolo". Le Ipo sono diminuite e così anche le offerte pubbliche di acquisto e i volumi sui mercati. Ragion per cui non è escluso che anche Piazza Affari sia oggetto di un programma di contenimento dei costi volto anche a eliminare quelle funzioni che oggi duplicano quanto già viene fatto a Londra. Alcuni si chiedono, infatti, a che pro mantenere anche in Italia le attività strategiche o quelle relative al corporate finance piuttosto che allo sviluppo di progetti speciali. Tutti ruoli che possono tranquillamente venir centralizzati e quindi spostati a Londra. Piuttosto, Milano, che oggi oltre al chairman e all'amministratore delegato, conta un responsabile per le relazioni internazionali, uno per i progetti speciali, un altro per la corporate communication, l'internal auditing, la ricerca e sviluppo, la market supervision, gli affari legali e istituzionali, i new business, le risorse finanziarie e per l'Italian Exchange Market, dovrebbe concentrare i propri sforzi sulle attività di marketing.
Insomma, c'è chi ipotizza un ridimensionamento degli organici. Anche se, per ora, solo due manager hanno preso strade diverse. Lo scorso giugno il direttore finanziario Paolo Ciccarelli ha lasciato l'incarico per andare a Barclays e più recentemente, a fine anno, Lodovico Rosnati ha abbandonato l'incarico di responsabile del segmento Blue Chip.
15/02/2009 20:24
 
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General Motors licenzia 10.000 colletti bianchi

General Motors ridurrà la propria forza lavoro di 10.000 unità fra i colletti bianchi. Lo comunica la stessa casa automobilistica, sottolineando che taglierà i compensi dei colletti bianchi ed executive fra il 3 e il 10%. Negli Usa Gm taglierà 3.400 colletti bianchi. I tagli rientrano nel piano di riduzione dei costi in vista della presentazione al governo di un più ampio progetto di ristrutturazione.
17/02/2009 13:40
 
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CIG

13:38 - Industria: Federmeccanica, in 2008 cig +32%, a gennaio +192,8%

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 17 feb - La cassa
integrazione nell'industria metalmeccanica ha
complessivamente registrato un incremento del 32% nel 2008 e
del 192,8% tendenziale a gennaio (-4,7% gennaio 2008). Lo
rende noto Federmeccanica nella consueta indagine
trimestrale sul settore. Le ore di cig nel 2008 sono state
82,866 milioni e a gennaio si sono attestate a 14,427
milioni. In particolare, la cassa integrazione ordinaria e'
cresciuta del 138,5% nel 2008 e le ore sono state 40,773
milioni; la cassa integrazione straordinaria e' invece calata
del 7,8% nel 2008 con 42,093 milioni di ore. A gennaio la
cassa integrazione ordinaria ha registrato un incremento del
606,4% (65,2% gennaio 2008) con 11,457 milioni di ore mentre
la cassa integrazione straordinaria ha registrato una
flessione del 10,1% (-21,1% gennaio 2008) per 2,970 milioni
di ore.


quanto dura la CIG?


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17/02/2009 15:11
 
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Due aziende su tre licenziano per far fronte alla crisi

Due imprese su tre hannno deciso di ridurre il personale per far fronte alla crisi. Sta tutta in questo dato, che emerge dal rapporto «Opportunità nelle avversità» del colosso della consulenza Ernst & Young, la misura dell'emergenza occupazionale che sta delineando la seconda fase della crisi, quella che colpisce l'economia reale.

Fare cassa è diventata la priorità per le aziende in tutto il mondo. E, con le banche che hanno chiuso i rubinetti del credito, l'unica strada possibile è la riduzione dei costi. L'80% delle 350 aziende globali intervistate dall'indagine di Ernst&Young ha già fatto un'analisi per favorire i risparmi, il 66%, come detto, ha avviato un piano di riduzione del personale mentre circa la metà ha scelto di razionalizzare la spesa nell'information technology.

«In questa fase in tutto il mondo le aziende si stanno focalizzando sul proprio core business, andando a ripensare alle attività di supporto alla vendita e alla gestione» - spiega Pellegrino Libroia, Country Managing Partner di Ernst & Young. Ma non solo. «L'impressione è che la crisi, in questa fase, sia per tutte le aziende un'opportunità per creare produttività eliminando quelle inefficienze oggi non più sostenibili. Questo approccio è seguito sia dalle aziende sulle quali la crisi ha impattato maggiormente che su quelle invece solo marginalmente colpite».

Tra chi ha annunciato tagli in questi mesi non c'è solo chi è in crisi, ma anche aziende sane, che fanno utili. Non c'è il rischio di innescare un circolo vizioso? Se sempre più gente resta senza lavoro è difficile che i consumi possano ripartire. «Secondo i risultati emersi dalla ricerca, per le aziende più colpite dalla crisi, l'obiettivo prioritario per il 2009 è salvaguardare le proprie attività, i propri ricavi, i propri talenti e quindi la propria esistenza» afferma Donato Iacovone, presidente di Ernst & Young Financial Business Advisors. «La ricerca peraltro evidenzia come alcune di queste aziende si stiano comunque preoccupando di investire per essere pronte nel momento della ripartenza del mercato».

La stretta creditizia ha ridotto la liquidità nelle casse delle aziende che hanno sempre più difficoltà a pagare i fornitori. Il 60% degli intervistati ha constatato un peggioramento dell'affidabilità creditizia della propria clientela. Con un allungamento medio dei tempi che intercorrono tra ordine e incasso. Il colosso delle assicurazioni sul credito Euler Hermes ha stimato che, solo in Europa, saranno 200mila le aziende a dichiararsi insolventi nel 2009. Negli Stati Uniti le aziende che finiranno in bancarotta passeranno dalle 42mila del 2008 alle 62mila del 2009.

«È una crisi di fiducia quella che stiamo attraversando - spiega Pellegrino Libroia - le aziende hanno ridotto pesantemente gli investimenti. Ma questa fase, secondo quanto emerge dalla ricerca, è destinata a interrompersi: passata la fase dell'immobilismo e quindi della non reazione a quanto sta accadendo, le aziende provvederanno a rilanciare piani di crescita e di riqualificazione degli investimenti. L'attenzione ai costi può essere la chiave della sopravvivenza nel breve. Ma nel medio e lungo termine torneranno ad essere protagonisti gli investimenti».

Quali settori resisteranno meglio all'impatto della recessione? Secondo gli esperti della società di consulenza sarà soprattuto il settore farmaceutico e delle biotecnologie. Nel 2008, a livello mondiale, il comparto non ha avvertito alcuna contrazione degli utili e nel 2009 le perdite potranno raggiungere al massimo il 10%. Sarà invece un altro anno duro per le banche (che nel 2008 hanno visto ridurre la propria capitalizzazione del 65%). Il settore, in tutto il mondo, rischia svalutazioni ulteriori intorno al 50%. Stesse percentuali per il comparto minerario e per l'immobiliare. Molto colpito anche il settore automotive (si stimano perdite tra il 40 e il 50%).
[Modificato da dgambera 17/02/2009 15:11]
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