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Dead men working

Ultimo Aggiornamento: 31/08/2015 08:57
30/04/2009 13:19
 
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Disoccupazione nell'Eurozona: a marzo 8,9%, in un mese persi 419 mila posti

Continua ad aumentare la disoccupazione di Eurolandia (E16): a marzo si è attestata all'8,9%, rispetto all'8,7% di febbraio e al 7,2% di 12 mesi prima. Nei Ventisette il tasso di disoccupazione è stato dell'8,3%, contro l'8,1% di febbraio e il 6,7% del marzo 2008. Lo rende noto Eurostat, l'ufficio statistico delle Comunità europee, spiegando che 20,154 milioni di uomini e donne, di cui 14,158 nella zona euro, sono risultati senza un lavoro a marzo. Rispetto a febbraio, il numero è aumentato di 626.000 unità nel Ventisette e di 419.000 unità nella zona euro. Rispetto a marzo 2008, il numero è aumentato di 4,061 milioni nell'Ue e di 2,816 milioni nella zona euro.
Tra gli Stati membri, il tasso di disoccupazione più basso è stato quello dell'Olanda, al 2,8%, mentre i più alti sono stati in Spagna, con il 17,4%, in Lettonia, con il 16,1%, e in Lituania, con il 15,5%.
Rispetto ad un anno fa, 23 Stati hanno registrato un aumento della disoccupazione, mentre c'è stato un calo solo in Romania (dal 6,1% al 5,8% tra il quarto trimestre del 2007 e lo stesso periodo del 2008), in Bulgaria (dal 6,1% al 5,9%), e in Grecia (dal 7,9% al 7,8% tra il quarto trimestre 2007 e 2008). Gli aumenti più netti sono stati quelli della Lituania (dal 4,3% al 15,5%), della Lettonia (dal 6,1% al 16,1%) e della Spagna (dal 9,5% al 17,4%). In Italia, nel quarto trimestre del 2008, il tasso di disoccupazione è stato del 6,9%
.
Il tasso di disoccupazione degli uomini nella zona euro è salito in un anno dal 6,5% all'8,6%. Mentre l'indice relativo alle donne è cresciuto dall'8,2% al 9,2%. Sul fronte poi della disoccupazione giovanile - per le persone al di sotto dei 25 anni - il dato che si riferisce al marzo 2009 si attesta sul 18,1% nella zona euro e sull 18,3% nei Ventisette. A marzo 2008 era stato rispettivamente del 14,5% e del 14,6%. Il tasso più basso è stato osservato in Olanda, con il 5,7%, mentre i più alti sono stati quelli della Spagna, con il 35,4%, e Lettonia, con il 29,3% nel primo trimestre del 2009.
A marzo 2009 il tasso di disoccupazione è stato dell'8,5% negli Stati Uniti e a febbraio è stato del 4,4% in Giappone.
05/05/2009 10:52
 
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Juncker: «Evitare licenziamenti massicci e prematuri»

"Non procedete a licenziamenti massicci e prematuri". E' questo l'appello lanciato dall'Eurogruppo ieri sera. Il presidente Jean Claude Juncker ha indicato che dopo la crisi finanziaria e la recessione ora "si aprirà una crisi sociale, siamo molto preoccupati". L'indicazione é di utilizzare tutti gli strumenti possibili per sostenere forme di disoccupazione parziale non definitiva. Nel 2009 e nel 2010 si prevede la perdita di 8,5 milioni di posti di lavoro nella Ue.
Essendo un gruppo informale l'Eurogruppo non ha scritto un appello nero su bianco, ma l'impressione è che i governi ritengano che la pressione sociale possa montare rapidamente man mano che la crisi si estenderà. Qui sta la complicazione della congiuntura in questi mesi: "Siamo nella fase peggiore della recessione anche se cominciamo a vedere dei segnali positivi", ha sintetizzato il commissario Ue Joaquin Almunia. "E' comunque troppo presto per dire che siamo a un punto di svolta", dice Juncker.
Devono infatti passare diversi mesi prima che la crescita economica torni a quota 0 e la superi (otto-nove mesi), altro tempo dovrà passare prima che gli effetti della ripresa si riversino sul mercato del lavoro riflettendosi sull'andamento di disoccupazione e occupazione.
05/05/2009 19:49
 
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Microsoft, nuovi tagli in vista. Ballmer scrive ai dipendenti

Da oggi altri 3.000 lavoratori di Microsoft sono venuti a conoscenza che la loro avventura professionale nella più grande software house del mondo è finita. Il gigante di Redmond ha infatti ufficializzato la seconda ondata di tagli – la prima si è materializzata a gennaio con 1.400 licenziamenti – previsti dal piano di riduzione dell'organico di complessivi 5.000 unità entro la metà del 2010. Il fatto che in soli tre mesi Microsoft abbia quasi completato la manovra di esuberi lascia pensare che vi saranno ulteriori operazioni di forbice al personale, sebbene non vi siano ufficializzazioni in tal senso. La situazione è comunque di massima allerta e lo conferma il fatto che il Ceo Steve Ballmer ha inviato un memo per posta elettronica ai dipendenti della società in cui apre di fatto la porta a ulteriori provvedimenti. Nel messaggio il vulcanico numero uno ribadisce infatti la necessità di monitorare attentamente gli impatti della crisi economica sulle attività della compagnia e anticipa la possibilità di nuove azioni sulla struttura dei costi, parlando a chiare lettere di "addizionali tagli dei posti di lavoro". Stando alle prime indiscrezioni gli addetti a rischio sarebbero altri 2.000 o 3.000 e alcuni di questi impiegati nel business dei servizi Internet. A differenza del primo taglio, quello annunciato oggi non riguarderà solo i dipendenti Usa e interessa praticamente tutte le filiali internazionali e molte delle aree aziendali. Dopo il forte ridimensionamento degli utili registrato nell'ultima trimestrale, per Microsoft arriva quindi un'altra brutta giornata, salutata da Wall Street con un calo del titolo (a metà giornata) dell'1,9% a quota 19,80 dollari.

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L'email di Steve Ballmer ai dipendenti

In January, in response to the global economic downturn, I announced our plan to adjust the company's cost structure through spending reductions and job eliminations. Today, we are implementing the second phase of this plan.
This is difficult news to share. Because our success at Microsoft has always been the direct result of the talent, hard work, and commitment of our people, eliminating positions is hard.
Today's action includes positions in the United States and in a number of countries around the world. In the U.S., affected employees will be notified directly by their managers today. In other countries, local leadership teams will provide more specific information about the impact to their organizations.
With this announcement, we are mostly but not all done with the planned 5,000 job eliminations by June 2010. We are moving quickly to reach this target in response to consistent feedback from our people and business groups that it's important to make decisions and reduce uncertainty for employees as quickly as possible, and so that organizations can concentrate their efforts and resources on strategic objectives.
As we move forward, we will continue to closely monitor the impact of the economic downturn on the company and if necessary, take further actions on our cost structure including additional job eliminations.
For those of you directly affected by today's announcement, I want to thank you for your contribution to Microsoft and assure you that we will continue to provide support as we did during the previous job eliminations.
And for everyone across the company, I want to reemphasize how much I appreciate the way you have pulled together to help the company respond to this difficult economic environment. There's no doubt that these are very challenging times. But together, we are making the right choices to ensure that we will continue to deliver great products and position ourselves for strong future growth and profitability.
Thank you for your continued hard work, commitment, and focus.
Steve
06/05/2009 12:00
 
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Energie rinnovabili: l'industria a caccia di tecnici specializzati

Da un installatore dell'elettronica se ne farà uno di pannelli fotovoltaici, da uno della meccanica se ne farà uno di impianti eolici. La riconversione che un tempo riguardava soprattutto i siti industriali oggi è diventato un tema che interessa anche, o forse soprattutto, i lavoratori. Per trovare un'occupazione il cartello da seguire, secondo gli intermediari privati, è quello che porta alle energie rinnovabili e così Adecco per quest'anno ha già lanciato un'iniziativa «per formare tecnici per l'industria fotovoltaica e per l'eolico – spiega Diego Biolo, direttore sviluppo specializzazioni industriali dell'agenzia in Italia –. I corsi finanziati attraverso i fondi interprofessionali saranno orientati a fornire delle competenze molto pratiche ai partecipanti, per esempio come si monta un pannello fotovoltaico per gli installatori o la legge italiana in materia per gli esperti normativi, in modo tale che possano poi essere candidati a lavorare nelle aziende da cui nelle ultime settimane stanno arrivando centinaia di richieste. Così, chi fino a ieri si occupava di cablaggio nella metalmeccanica o di assemblaggio di componenti elettronici diventerà un operaio che installa pannelli fotovoltaici».
La gemmazione di nuove imprese a cui si sta assistendo ha generato soprattutto la richiesta di tecnici commerciali di energie rinnovabili, ossia i professionisti che devono andare alla ricerca di nuove opportunità sul territorio per la costruzione di impianti solari, eolici o biomasse. È a loro che è affidato lo sviluppo e il mantenimento delle relazioni commerciali con tutte le istituzioni e gli enti locali per consolidare le opportunità esistenti e le potenzialità. A loro si affiancano gli esperti che monitorano e analizzano l'evoluzione normativa e la regolazione del settore, seguendo le dinamiche del mercato e le prospettive future per individuare i corretti strumenti di investimento e le fonti di finanziamento. «In questo caso serve un laureato in giurisprudenza che però abbia una conoscenza specifica della normativa esistente in Italia nel settore delle rinnovabili – aggiunge Biolo – ed è per questo che stiamo pensando anche a corsi di formazione sulle norme». Senza tralasciare l'energy manger ossia la figura che «in azienda si occupa della gestione e pianificazione dei consumi energetici, applicando strategie di efficienza energetica e limitando gli sprechi in una logica di tutela dell'inquinamento – continua Biolo –. A lui spetta la responsabiltià di progettare impianti di energia alternativa che consentano un effettivo risparmio energetico e pianifica le azioni necessarie a promuovere un uso razionale dell'energia all'interno dell'azienda».
Per orientare meglio chi cerca lavoro l'agenzia ha anche istituito un servizio di candidate caring attraverso cui orienta le persone in cerca di lavoro verso le professioni più richieste e imposta la loro formazione in modo da aiutarle a riconvertirsi nel settore delle rinnovabili, nel solare o nell'eolico. Del resto «gli incentivi hanno trascinato la produzione delle aziende delle nuove energie che oggi stanno vivendo un momento di grande dinamismo – spiega Arturo Lorenzoni che insegna Economia dell'energia all'Università di Padova –. Non è un caso che stiano fiorendo molti corsi universitari specializzati in questo settore». A Padova dalla collaborazione tra università e studenti «è stato fatto uno spin off per creare una società di consulenza che oggi dà supporto alle decisioni in campo energetico», continua Lorenzoni. Del resto una delle maggiori difficoltà delle imprese, degli enti, ma anche dei privati che vogliono fare un investimento verde riguarda «l'effettiva redditività – spiega Sara Quotti Tubi, direttore di SolarExpo, la mostra convegno internazionale sulle energie rinnovabili che inizia domani alla fiera di Verona –. Servono profili con competenze giuridiche ed economiche in grado di capire quanto siano vantaggiosi i progetti presentati e per avviare l'iter autorizzativo per accedere agli incentivi e ai finanziamenti».
La vivacità del settore è testimoniata anche dalla crescita di Solarexpo che «in soli quattro anni è più che decuplicato. Questa edizione saranno oltre mille le imprese che parteciperanno. Sono la quasi totalità dei grandi player del mercato italiano, ma c'è anche una buona presenza internazionale con industrie tedesche, spagnole, cinesi, coreane, in tutto sono 31 i paesi rappresentati». Oltre ad essere una vetrina per le imprese, Solarexpo ha anche «un approccio molto formativo – sottolinea Quotti Tubi –. Nei tre giorni dell'evento vengono organizzati oltre 50 convegni dalle associazioni che rappresentano i diversi settori e quindi è un momento di aggiornamento in cui è possibile cogliere tutte le ultime novità normative e tecnologiche».
Proprio dagli operatori è arrivata la richiesta di sfruttare questo momento di incontro per creare una piattaforma in grado di fare incontrare domanda e offerta di lavoro nelle rinnovabili, vista la difficoltà nel reperire risorse umane adeguate. «Il progetto è stato avviato lo scorso anno e ha portato alla creazione del job center Solarexpo-Adecco – spiega Quotti Tubi –. In un momento in cui il mercato del lavoro non brilla le rinnovabili costituiscono una grande opportunità e Solarexpo per i giovani interessati a lavorare in questo settore è un'occasione molto ricca per poter avere una mappa completa delle attività che svolgono». Dato il grande successo delle fiere del lavoro virtuali, per dare continuità all'iniziativa è stata creata anche una piattaforma online che si può consultare sul sito www.solarexpo.com e che sarà attiva sia prima che dopo la fiera.


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Le professioni "verdi" più cercate



[Modificato da dgambera 06/05/2009 14:45]
06/05/2009 12:29
 
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"Cassa integrazione salita del 350%"
Ogni mese nel settore delle costruzioni chiudono 2-3 aziende, mentre altre restano attive soltanto grazie alla cassa integrazione.

www.selpress.com/confindustriatoscana/immagini/0605091/200905063...
06/05/2009 15:03
 
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Usa, migliore del previsto il dato sulla disoccupazione

È migliore del previsto il dato sulla disoccupazione negli Stati Uniti di aprile. Il mese scorso, secondo il sondaggio effettuato dalla società Adp, le aziende hanno tagliato 491mila posti. Un dato molto inferiore alle stime degli analisti (secondo un sondaggio dell'agenzia Dow Jones avrebbero dovuto essere 650,000). Sono numeri che comunque testimoniano ancora una volta la debolezza del mercato del lavoro statunitense, colpito dalla recessione. «Le aziende stanno tagliando e continueranno a farlo per tutto il 2010» stima John Silva, capo economista di Wachovia, interpellato dall'agenzia Bloomberg. Ma il dato, se confrontato con quello di marzo, mostra comunque una certa frenata nell'aumento dei disoccupati. La stima dei posti di lavoro persi a marzo, oltretutto, è stata rivista al ribasso a 708 mila, rispetto alla precedente stima di 742mila.

Venerdì prossimo il Dipartimento del Lavoro renderà noti i dati ufficiali sulla disoccupazione negli Stati Uniti ad aprile: gli economisti prevedono un rialzo del tasso di disoccupazione dall'8,5% all'8,9%, il livello più alto dal settembre 1983. Un altro rapporto ha evidenziato che i licenziamenti programmati negli Stati Uniti hanno segnato un incremento del 47% ad aprile rispetto a un anno fa. In base al sondaggio realizzato dalla società specializzata Challenger, Gray & Christmas, sono saliti a 132.590 dai 90.015 di aprile 2008. Il maggior numero di tagli riguarda gli enti pubblici e l'industria automobilistica con una incidenza complessiva del 39% sul totale dei tagli occupazionali previsti.
06/05/2009 16:41
 
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Fiat, cassa integrazione per mille lavoratori

Altra cassa integrazione alla Fiat Powertrain Technologies dello stabilimento di Torino Stura. Circa mille lavoratori del reparto cambi e ponti saranno in cassa dall'1 al 7 giugno. Il reparto motori (1.600 addetti) si fermerà invece il primo giugno. Lo rendono noto i sindacati.
«Visti gli accordi internazionali della Fiat - dice Vincenzo Aragona della Fismic - siamo preoccupati per l'occupazione in Italia, dove il ricorso alla cassa integrazione, soprattutto per i veicoli pesanti, rimane massiccio. Il tavolo a tre con il governo non è più rinviabile».
06/05/2009 21:27
 
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Sul blog di un amico la cui azienda a Roma sta mettendo in CIG 45 persone per 13 settimane a partire da Lunedì


Senza parole [SM=g7628]
[Modificato da dgambera 06/05/2009 21:27]
07/05/2009 12:27
 
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Fiat, stampa tedesca: «Chiuderà due stabilimenti in Italia»


La lettera nasce dalle indiscrezioni riportate dal quotidiano Handelsblatt , secondo il quale dopo l'ingresso nel capitale di Opel, Fiat chiuderà alcuni stabilimenti in Europa, tra cui uno in Italia settentrionale e uno nell'Italia del Sud.



[SM=g7728]
07/05/2009 12:47
 
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Re:
dgambera, 07/05/2009 12.27:

Fiat, stampa tedesca: «Chiuderà due stabilimenti in Italia»


La lettera nasce dalle indiscrezioni riportate dal quotidiano Handelsblatt , secondo il quale dopo l'ingresso nel capitale di Opel, Fiat chiuderà alcuni stabilimenti in Europa, tra cui uno in Italia settentrionale e uno nell'Italia del Sud.



[SM=g7728]




la globalizzazione continua...

d'altronde una "consolidation" nel mercato auto e' piu' che necessaria

80 "marchi" diversi che fanno gli stessi 10 tipi di macchine ("segmenti") sono solo spreco (di ricerca, di impianti, di ricambi)


[SM=g7574]

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07/05/2009 16:33
 
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Le griffe abbandonano Malpensa Restano a casa altre cento persone

Le grandi firme della moda lasciano Malpensa. Diesel chiude i battenti, Valentino e Johnny Lambs pure, Trussardi cambia sede e girano voci poco rassicuranti sul futuro di Hermès e di Gucci. Abbassano la saracinesca anche un negozio di ottica, di camicie e di cravatte. Risultato: sono circa un centinaio i dipendenti che perdono il posto di lavoro. Senza ammortizzatori sociali, senza uno straccio di cassa integrazione. Così, di colpo, senza stipendio da un giorno all’altro. A lanciare l’allarme sono i sindacati che chiedono a Sea, la società che gestisce lo scalo, l’apertura di un tavolo per discutere della situazione dell’indotto che ruota attorno all’aeroporto. Dopo il drastico taglio di voli di Alitalia, Malpensa ha cambiato volto. C’è meno traffico di passeggeri e, di questi tempi, la gente sta ben attenta prima di comprarsi abiti di marca. Dal canto loro, le griffe si trovano a pagare affitti alti ma a non avere gli stessi incassi di un anno fa. Tempi d’oro quelli di Malpensa 2000, quelli in cui sembrava che via Montenapoleone si fosse trasferita nell’area Schengen dell’aeroporto.
Sea parla di normale turn-over e snocciola i nomi di chi invece sta per aprire un negozio in aeroporto: Armani e Zegna in testa. «Ho capito - controbatte Lucia Anile della Filcams Cgil - ma intanto più di cento persone sono rimaste senza lavoro e sono state perse delle professionalità di commesse specializzate». Oltre ai 390 prepensionamenti dei dipendenti Sea annunciati per settembre, perde il posto di lavoro un popolo di commesse che parlano tre lingue, madri di famiglia con contratti a tempo determinato. «Bisogna capire - sostiene la Anile - cosa si vuol fare davvero dell’aeroporto. Per ora stiamo assistendo a un tracollo e vediamo negozi che in certi giorni non battono nemmeno uno scontrino».
I gestori dei punti vendita sperano in affitti e royalties più bassi: «Così non si va da nessuna parte». Stessa solfa per gli alberghi: in tanti, nella zona dell’aeroporto, sono stati costretti a ridurre il personale.
Eppure, a un anno dall’abbandono di Alitalia, qualche segnale positivo c’è. Se da un lato gli albergatori tirano la cinghia, dall’altro c’è chi investe: proprio di fronte allo scalo sta per essere costruito l’impero Sheraton, pronto per il 2010: 440 camere e 11 suite. Sea attribuisce l’abbandono di certi grandi firme dallo scalo alla crisi in generale e non a quella dell’aeroporto. Anzi, facendo due conti, la società rileva che i ricavi sono in lieve aumento.
Il primo a credere nella ripresa è il presidente di Sea Giuseppe Bonomi: il traffico dei passeggeri è aumentato di quasi l’8 per cento ad aprile e nel giro di tre anni o poco più si tornerà ai volumi di affari del 2007. Gli investimenti su Linate e Malpensa dovrebbero essere di 1,4 miliardi da quest’anno fino al 2016. Bonomi, durante la sua audizione alla Camera, chiede un adeguamento delle tariffe «almeno ai livelli della media europea».
07/05/2009 19:40
 
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L'occupazione cala, ma non crolla

Non ci sarà nel 2009 la temuta emorragia di posti di lavoro. Il calo degli occupati nel settore privato sarà del 2%, pari a 220mila unità. Un saldo negativo causato dalla mancata nuova occupazione più che da tagli: saranno circa 700mila in meno gli ingressi rispetto al 2008, mentre le uscite dal mercato del lavoro (per pensionamento o scadenza di contratto) sono in linea con quelle dell'anno scorso. Si riducono anche i contratti a tempo determinato di quasi il 50 per cento. E soprattutto cambia la composizione dell'occupazione: meno immigrati (la domanda è in calo del 48%) e più lavoratori qualificati, a partire dai laureati. Sono i dati che emergono dalle anticipazioni del sistema informativo Excelsior, realizzato dall'Unioncamere e dal ministero del Lavoro, su 57mila imprese.

«La congiuntura è negativa, ma non drammatica. Le aziende hanno fatto il loro dovere e iniziano a vedere la luce in fondo al tunnel», ha commentato il presidente di Unioncamere, Andrea Mondello. Secondo il Rapporto Unioncamere la previsione è che il Pil nel 2009 cali del 4,2. Nonostante ciò il 48% delle aziende investirà in ricerca e innovazione. Il credito resta un problema fondamentale per il 20% degli intervistati, una percentuale in calo rispetto ai mesi scorsi: ciò può essere interpretato sia come un migliore comportamento delle banche, sia come una minore richiesta di finanziamenti. Visto che il credit crunch resta un'emergenza, le Camere di commercio si sono impegnate a pagare le fatture entro 30 giorni.

La crisi allarga il divario tra Nord e Sud
C'è un aspetto, però, che la crisi ha aggravato: la differenza territoriale Nord-Sud. «Servono politiche adeguate», ha detto Mondello. La pressione del Pil meridionale per quest'anno è del 4,8. Resta un calo anche nel 2010 dello 0,8 a fronte di un aumento del Pil del Nord-Ovest dello 0,7% e del Nord-Est dello 0,3 per cento. «Il risveglio del Sud è una condizione necessaria per lo sviluppo di tutto il Paese», ha insistito Mondello. Un richiamo subito raccolto dal sottosegretario allo Sviluppo Adolfo Urso, intervenuto alla presentazione del Rapporto: «L'Italia sta reagendo alla crisi, il rilancio del Sud è una priorità nazionale».
13/05/2009 15:52
 
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continuano i tagli...

Seagate Technology: al via il piano di ristrutturazione, previsti 1.100 licenziamenti

Finanzaonline.com - 13.5.09/15:50

Seagate Technology ha annunciato oggi che è iniziato il suo piano di ristrutturazione, che include la riduzione di 1.100 impiegati, pari a circa il 2,5% della forza lavoro globale della compagnia. Secondo quanto comunicato dalla società high tech americana il programma di ristrutturazione dovrebbe essere completato per la fine di giugno.


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14/05/2009 09:55
 
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Sony perde 3 miliardi $ e chiude 8 fabbriche

TOKYO – Cattive notizie dalla Sony: il colosso giapponese dell'elettronica non solo ha chiuso l'esercizio (al 31 marzo scorso) in profondo rosso, ma prevede di restare in forte perdita anche quest'anno ed è costretto ad annunciare una accelerazione della sua ristrutturazione, con la chiusura di 4 fabbriche in Giappone e 4 impianti all'estero.

Il calo della domanda, la crescente concorrenza e il rialzo dello yen hanno provocato una perdita operativa annuale di 227,8 miliardi di yen, attribuibile alla performance disastrosa dell'ultimo trimestre (ossia i primi tre mesi di quest'anno), in cui la gestione si è chiusa in rosso per 294,31 miliardi di yen, circa 3 miliardi di dollari. Per l'esercizio in corso la previsione è di una perdita operativa di 110 miliardi di yen : le prospettive di ritorno all'utile sono rinviate al 2011, in quanto le perdite della divisione elettronica sono destinate addirittura ad aumentare quest'anno.

Quanto al giro d'affari complessivo, il calo annuale è stato del 12,9% e dovrebbe continuare con un meno 6% quest'anno. Comunque la società ha deciso di confermare il dividendo finale sui livelli dell'anno precedente, ma per l'esercizio in corso non ha dato indicazioni sulla cedola agli azionisti. Il piano di riduzione annuale dei costi - che già prevede 16mila tagli ai posti di lavoro - è stato rafforzato fino a 300 miliardi di yen, ma per un rilancio il gruppo giapponese ha urgente bisogno di tornare ad affermarsi con prodotti di successo sul mercato.
14/05/2009 17:38
 
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Chrysler: 789 concessionari chiusi entro il 9 giugno

Chrysler, la casa americana in fallimento pilotato e partner di Fiat, intende chiudere negli Stati Uniti circa un quarto dei suoi concessionari negli Usa, pari a 789, su un totale di 3.188. La casa americana ha precisato di avere in totale 3.298 dealer negli Usa rispetto ai 1.242 di Toyota e ha aggiunto di poter recedere dai contratti "per qualsiasi ragione" entro 30 giorni. La rientra nella più ampia ristrutturazione della società in bancarotta. Chrysler, secondo la lettera inviata via Ups ai concessionari interessati al taglio, spiega che in base alla legge per la bancarotta non è obbligata a riacquistare i veicoli o i componenti già in possesso dei concessionari «rifiutati», quelli cioè che non entreranno a fare parte della nuova società con Fiat azionista. Chrysler nella missiva precisa inoltre che dopo il 9 giugno, cioè dopo che i concessionari saranno chiusi, invierà lettere ai 4 milioni di clienti dei concessionari rifiutati.

Dopo la chiusura del 25% dei punti vendita, l'80% dei concessionari Chrysler rimanenti venderà tutti e tre i marchi della società sotto un'unica insegna. Dall'inizio del 2008 Chrysler ha avviato un consolidamento della propria rete di vendita con il Progetto Genesis, che costa 216 milioni di dollari in otto anni e che prevede la vendita dei marchi Dodge, Jeep e Chrysler in un'unico punto vendita.
15/05/2009 00:45
 
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Romania: spettro disoccupazione

Crisi e disoccupazione colpiscono duramente la Romania, in particolare nelle zone mono-industriali. Il governo tenta di limitare i danni attingendo a ingenti prestiti delle istituzioni internazionali, mentre tenore di vita e diritti salariali sono a rischio

“Non ho più un lavoro”. Questo è il grido di disperazione di centinaia di migliaia di romeni che sono già stati tragicamente colpiti dalla crisi economica. E purtroppo è solo l'inizio, mentre per la fine dell’anno quasi un milione di persone potrebbero trovarsi disoccupate. In molte città ci sono fabbriche che chiudono e persone mandate a casa da un giorno all'altro con la stessa spiegazione: “C’è la crisi”. E nient’altro.

La situazione è ancora peggiore nelle zone che dipendono da un solo investitore: ad esempio Galati, dove a partire dal 13 aprile i 12.000 dipendenti della società siderurgica Arcelor – Mittal (numero uno dell’acciaio mondiale) entreranno a rotazione in disoccupazione tecnica. Già a novembre scorso, Arcelor Mittal aveva fermato la produzione nella fabbrica di Hunedoara (1200 dipendenti). Secondo la legge, la disoccupazione tecnica rappresenta un'interruzione temporanea dell’attività, durante la quale i dipendenti ricevono almeno il 75% dello stipendio e restano a disposizione dell’imprenditore per un'eventuale ripresa del lavoro. Quasi 150.000 operai dell’industria automobilistica Dacia (marchio del gruppo Renault) sono già stati in disoccupazione tecnica – poi sono tornati al lavoro, ma sempre con una spada di Damocle sopra la testa, senza sapere per quanto.

L’incertezza e la paura della disoccupazione incidono inevitabilmente sull’economia reale. Chi è in cassa integrazione cambia le proprie abitudini di vita: compra alimenti più economici, rinuncia a una nuova TV sperando che la vecchia funzioni ancora per un po', ci pensa due volte a mandare il figlio all’università, guarda con disperazione al mutuo da pagare. La situazione è drammatica quando marito e moglie lavorano in una stessa fabbrica che all’improvviso decide di chiudere. Questo accade frequentemente nelle zone mono-industriali come Arges, Mioveni – dove c’è la Dacia - oppure Galati dove c’è il cuore della siderurgia. Non sta meglio nemmeno Timis, la meta preferita dagli imprenditori italiani. Se fino a poco tempo fa era una contea a piena occupazione e gli imprenditori importavano manodopera da altre città, ora interi paesi sono disoccupati. In alcuni negozi alimentari, le commesse scrivono in un quaderno i beni che “vendono”, ma i soldi li incasseranno solo quando gli operai riceveranno la cassa integrazione.

Secondo il quotidiano “Evenimentul Zilei”, a Timisoara alcuni genitori mandano i figli fra i 3 e i 9 anni a un dopo-scuola dove imparano “tecniche per abituarsi e reagire agli effetti della crisi mondiale”: per due ore settimanali i bambini imparano cosa sono i soldi e il loro valore – e soprattutto come spenderli, perché “il cibo è più importante dei giocattoli”.

Il governo di Bucarest intanto ha deciso di chiedere al Fondo Monetario Internazionale e alla Commissione Europea un prestito per circa 20 miliardi di euro. Dal FMI alla Banca Nazionale Romena dovrebbero arrivare 12,95 miliardi per “consolidare le riserve di valuta del paese e stabilizzare il corso euro-leu a fronte delle condizioni dell’economia di mercato e della crisi”, spiegava il primo ministro Emil Boc. Invece l’UE fornirà 5 miliardi di euro, che andranno alla Tesoreria dello stato per coprire il deficit del budget, mentre un miliardo arriverà dalla Banca Mondiale – e altrettanto da BEI e BERD. “Quest’ultimo miliardo sarà a disposizione delle banche per il sostegno dell’attività di accreditamento per vari componenti”, ha detto il primo ministro.

Il capo della coalizione di governo composta da democratici liberali e social-democratici ha inoltre precisato che questi finanziamenti internazionali mirano a temperare gli effetti negativi della crisi, facilitare il mantenimento dei posti di lavoro, pagare i debiti con le banche mantenendo un corso euro-leu razionale ed equilibrato, rilanciare il credito in Romania e sostenere l'economia. Non ultimo, “pagare stipendi e pensioni”, ha detto Boc. Nel frattempo, secondo alcune fonti citate dall’agenzia di stampa Mediafax, il governo bloccherà le assunzioni nella pubblica amministrazione. E per ridurre la spesa pubblica, stop a nuovi mezzi, mobili, apparecchiature. Secondo altre fonti, le tasse aumenteranno e alcuni diritti salariali recentemente ottenuti verranno annullati – almeno per il 2009. L’esecutivo si preparerebbe inoltre a varare un decreto legge che obbligherà le piccole imprese a pagare un tassa minima di circa 380 euro a trimestre, indipendentemente dal profitto.

E mentre i romeni si chiedono come si farà a restituire i 20 miliardi di euro presi a prestito, quali sono le condizioni imposte dal FMI, se le banche straniere ritireranno o meno i loro capitali e quanti posti di lavoro saranno tagliati, il governatore della Banca Nazionale romena Mugur Isarescu spiega che le risorse interne e i finanziamenti esteri garantiranno crescita e stabilità macroeconomica. La crescita economica di cui parla il governatore sarà tra l'1% e il due 2%, il che rappresenta “una performance” nel contesto attuale, dice Isarescu. L’anno scorso la Romania vantava un 8% di crescita economica – il che è abbastanza indicativo dell'entità della crisi.

Visibilmente colpito è indubbiamente anche il settore immobiliare. “Circa metà delle agenzie immobiliari non riusciranno a far fronte alla crisi economica e interromperanno l'attività”, dichiarava a capital.ro l’analista immobiliare Ion Radu Zilisteanu. Le transazioni sono sempre di meno, mentre i prezzi per appartamenti non di nuova costruzione registrano un calo che va dal 33% (nel settore 6 della capitale Bucarest) all'1,7% a Timisoara e Buzau, secondo l'analisi di una compagnia del settore. Anche i prezzi degli appartamenti nuovi hanno visto una diminuzione a livello nazionale fra l'1,5 e il 35%.

Dopo le spettacolari crescite del 400%, anche i prezzi dei terreni sono scesi del 70%. Se due anni fa un metro quadro di terreno a Bucarest costava 500-600 euro, ora ne bastano 300. Nonostante i prezzi degli immobili siano visibilmente scesi, per la stragrande maggioranza dei cittadini rimangono però inaccessibili. Tuttavia, gli analisti avvertono che tutto potrà cambiare – e i prezzi tornare a salire – non appena sarà facilitato l’accesso ai crediti bancari.
15/05/2009 09:36
 
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Scuola, escono 42 mila docenti

I tagli regione per regione: Campania in testa Più richieste di tempo pieno. Il ministero: accolte

Maestro unico, cinque in condotta, anticipo alle elementari, inglese potenziato alle medie, educazione alla cittadinanza, 350 istituti accorpati. Scuola, si cambia. E si taglia. O, se si preferisce, si razionalizza. Con una riduzione di 42 mila docenti che farà risparmiare allo Stato 1.600 milioni di euro nel 2009-2010, 3.200 milioni nel prossimo triennio. Meno prof e più studenti (aumentano di circa diecimila unità). Ma il ministro Mariastella Gelmini assicura: «La riorganizzazione della spesa per la scuola ci consentirà di avere più risorse per i laboratori, per le strutture, per aumentare il tempo pieno ». Presa di posizione. Che non convince i sindacati: «È tutto da vedere».

LE REGOLE - Nessuno lo ha nascosto. «Saranno lacrime e sangue», è stato detto fin dalla firma della legge 133, la Finanziaria varata nell’agosto 2008. E così è stato. Anche per il mondo della scuola. La circolare ministeriale dello scorso 2 aprile non lascia dubbi: 6 mila e cento prof in meno in Campania, 4 mila in Puglia, oltre 5 mila in Sicilia, 2.700 in Calabria, 4.800 in Lombardia. In totale, 37 mila posti ridotti in organico di diritto (e cioè quello definito sulla previsione degli iscritti) e altri 5 mila stipendi rosicchiati in organico di fatto (quello «corretto» ogni anno a settembre). E tutto sommato è andata meglio del previsto: grazie allo slittamento della riforma delle superiori — posticipata al 2010 —il ministero dell’Istruzione ha potuto sottrarre alla scure della legge 133 altri cinquemila posti di lavoro.

In più, i 32 mila docenti che a settembre andranno in pensione dovrebbero ridurre gli effetti dei tagli sui supplenti annuali. Risparmi, si parte. Del resto il ministro Gelmini lo ha sempre detto: «Il 97 per cento della spesa della scuola è destinata agli stipendi dei docenti. Per investire nella qualità non ci resta che il 3 per cento, laddove altri Paesi Ocse hanno a disposizione il 20. Ebbene, liberando queste risorse noi potremo spendere meglio». La macchina è partita. Il più penalizzato, il Mezzogiorno. La colpa è da attribuire al calo delle nascite: «Purtroppo — dicono i presidi campani— a differenza delle Regioni del Nord, non possiamo contare sulle iscrizioni dei giovani extracomunitari. Perdendo alunni, perdiamo anche insegnanti».

I DUE MOSCHETTIERI - Ammettere che sì, i tagli ci sono. E confermare che però non cambia niente, che l’offerta formativa resta intatta e che i genitori devono stare tranquilli. La missione — non semplice—è stata affidata a due superesperti del ministero, i direttori generali Luciano Chiappetta e Giuseppe Cosentino. I due stanno girando l’Italia per incontrare sindacati, direttori regionali, addetti ai lavori. Armati di pazienza, tabelle e quadri orari, riepilogano numeri e progetti. Primo: «Le riduzioni di organico non toccano il tempo scuola ma vanno a drenare le ore che i docenti hanno sempre impiegato in supplenze e compresenze». Secondo: «Non sono tagli indiscriminati, abbiamo tenuto conto degli indici di industrializzazione delle città, delle aree deboli, di quelle montane, delle piccole isole, delle zone a forte processo migratorio o con elevati tassi di dispersione».

IL NODO DEL TEMPO PIENO - Triplo salto mortale. Che diventa quadruplo quando si tratta di tempo pieno, il nodo di quest’anno. Sparite le compresenze — «e quindi le fondamenta del modello didattico che il resto d’Europa ci ha sempre invidiato», protestano i comitati anti-Gelmini— le direttive ministeriali dicono così: «Nulla è innovato per quanto riguarda il tempo pieno. Restano pertanto confermati l’orario di 40 ore per classe comprensivo del tempo dedicato alla mensa e l’assegnazione di due docenti per classe». Garanzie. E un’offerta variegata: quest’anno, per l’iscrizione alla prima elementare si potevano richiedere 24 ore settimanali, 27, 30 e 40. Ventaglio ampio, scelta univoca: solo il 3,8 per cento delle famiglie ha preferito un orario inferiore alle trenta ore. Successo del tempo pieno. Che a Milano è passato da 91,19 per cento delle richieste al 91,94 per cento.

Ma anche nelle Regioni del Sud c’è stato un boom (a Palermo si passa dal 2 al 3 per cento). E allora? Come si concilia il picco di gradimento per l’orario lungo con i tagli? Risposta: eliminate le quattro ore di compresenza (in cui i due insegnanti della classe partecipavano insieme alla didattica), sfruttati «tutti i residui possibili», grattata via la concomitanza tra maestro della classe e insegnante di religione o specialista di inglese, conteggiato solo il «netto » del lavoro dei docenti, aumentato il numero di alunni per classe, «i conti tornano». «Al punto che — aggiunge Chiappetta—siamo riusciti a incrementare il numero di se precisione, spiegano da Roma, le classi a tempo pieno saranno 2.500 in più rispetto allo scorso settembre per un totale di circa 36 mila. Un aumento del 20 per cento. Non succedeva da nove anni. Curiosità: Milano, capitale del tempo pieno, è anche la provincia che ha la maggior richiesta delle 24 ore. Il motivo lo spiegano i dirigenti scolastici: «Le famiglie con tenore di vita elevato preferiscono organizzare il pomeriggio dei figli con attività a pagamento ».

COMITATI E GENITORI - Non si fermano le polemiche sui tagli. I genitori di Retescuole minacciano un ricorso al Tar, a Padova e provincia, denunciano i sindacati, saltano 356 classi a tempo pieno, si moltiplicano mozioni e petizioni, i professori delle medie («le più penalizzate dalla mannaia, si riducono perfino le ore di italiano») si stanno organizzando in comitati. «Sarà una scuola più povera », denuncia Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc lavoratori della conoscenza Cgil. «Il Mezzogiorno, che subisce il 40 per cento di tagli, è in ginocchio, aumenta il rapporto tra prof e alunni e così il numero di studenti per classe». Ancora: «Ai 42 mila insegnanti tagliati si aggiungono 15 mila tecnici. Trentamila supplenti annuali saranno sbattuti fuori dalla scuola ».

Le richieste della Cgil: ammortizzatori sociali e l’immissione in ruolo di tutto il personale precario. «L’unico filo logico di questo governo è la riduzione dei costi. Non abbiamo visto nessuna riforma ». È più ottimista Bruno Iadaresta, responsabile scuola del Moige, il Movimento Italiano Genitori: «Accogliamo positivamente le novità introdotte dalla riforma Gelmini. L’opportunità di scegliere diversi modelli orari è un importante aspetto di partecipazione attiva delle famiglie. Bene anche il maestro unico». Conclusione: «Siamo d’accordo con la riduzione degli orari del tempo ordinario, ma sottolineiamo la necessità che a questa novità venga affiancato un allargamento delle classi a 40 ore, offerta necessaria per rispondere alle esigenze sociali delle famiglie d’oggi e allo stesso tempo possibile soluzione di assorbimento degli insegnanti che si sono visti tagliare il proprio posto di lavoro».
15/05/2009 20:41
 
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Il lavoro negli Usa al tempo della Grande crisi: dal successo alla miseria

Lavorare di più e meglio. Ovvero un imperativo etico, uno stereotipo immediatamente comprensibile, da ripetersi ossessivamente, in varie declinazioni, fino a farne l'everyday life della società americana. E' qui il fulcro della mostra dedicata dalla Fondazione Mazzotta alla grafica pubblicitaria e alle fotografia che hanno caratterizzato gli anni cruciali della storia americana dello scorso secolo, dalla crisi del 1929 alle riforme del New Deal roosveltiano. 44 manifesti di grande formato e circa 60 fotografie per documentare l'American Way of life. Una via che ha come suo valore principe l'etica del lavoro, secondo una rappresentazione fortemente semplificata in funzione della propaganda sociale. Una propaganda che, come più tardi ben spiegheranno le analisi di Elias Canetti, avrebbe dovuto impregnare il quotidiano della massa dell'epoca; una massa che avrebbe conosciuto un triste risveglio all'alba del Grande crollo del 1929. Il tutto ben prima dell'avvento della televisione.

L'efficienza del lavoro è la protagonista e il collante delle due sezioni, con la fotografia che forte della sua documentazione critica del mondo del lavoro, fa da contraltare al messaggio propagandistico al centro delle rappresentazioni grafiche. Esemplari in proposito le immagini cronachistiche sul crollo della Borsa di New York e quelle sulla disoccupazione e sulla Depressione nelle campagne americane.

I manifesti della Mather Work Incentive
I 44 manifesti litografici del 1929 fanno parte di una più ampia serie sul tema del lavoro che l'agenzia pubblicitaria Charles Mather di Chicago progettò dal 1923 fino al 1929, e che vennero realizzati dai grafici pubblicitari dello studio, tra cui Frank Beatty e Willard F. Elmes. L'ottimizzazione del lavoro, in particolare manageriale, è al centro della costante rappresentazione grafica, nell'ottica "seriale" di produrre ottimi manager e lavoratori efficienti e parsimoniosi, animati tutt'al più da un sano e sempre edificante spirito di competizione.
A caratterizzare i messaggi di questi manifesti è la perentorietà ("Un dettaglio dimenticato può rovinare una giornata di lavoro", "Hai un'idea? Non tenertela per te…". "Il tempo è denaro", "Il tuo miglior amico. Cinque minuti risparmiati ogni ora fanno in un anno 25 giorni in più nei quali vincere. Sai usare il tuo tempo". E ancora "Stai in guardia: quel che dici e come lo dici può farti degli amici e farteli perdere. Sii prudente"). Messaggi fortemente assertivi dunque, che si stagliano su colori colati in maniera pura. Campiture compatte per dar risalto a narrati forti e inequivocabili a tal punto da lasciar poco spazio ad un'immaginazione che, se non annullata, è fortemente compressa. A di la della realizzazione personale l'evasione concessa è ristretta in funzione del consumo, da intendersi però come mezzo di elevazione collettiva prima che individuale. Le immagini dipinte sono limpide, talvolta al limite del naif. Molti gli animali al centro della scena, fermati come nelle fiabe in funzione di metafore ad uso del volere collettivo e "supremo". Altro soggetto ricorrente della rappresentazione sono alteri cacciatori pronti per un safari o dirigenti in eleganti divise con alamari. Uomini-modello come pure funzioni di una struttura che non può permettersi devianze. Il tutto secondo una visione globale e fortemente ideologica del polo-nazione.

Fotografia americana, 1927-1945: dal noir alla foto sociale
Alle fotografie il compito di mettere a nudo le contraddizioni del sistema che con la grande Depressione trasforma i lavoratori in disoccupati in fila per i sussidi, gli agricoltori in senza terra disperati. Articolata in piccoli capitoli la sezione offre uno spaccato delle varie tendenze e dei protagonisti di quegli anni, attorno a due pilastri portanti dell'epoca, quali il fotogiornalismo e le campagne sociali promosse dal governo di Roosevelt, come quella della Farm Security Administration sulla situazione dei contadini e delle zone rurali.
Da una parte abbiamo le fotografie di cronaca che ci restituiscono le atmosfere drammatiche (come il crollo della Borsa o gli incidenti stradali) conosciute soprattutto attraverso la loro rielaborazione cinematografica, dall'altra i fotografi della League (come Walter Rosenblum o Sid Grossman) e quelli della Farm Security Administration (Walker Evans e Dorothea Lange in prima linea) impegnati in una sistematica opera di documentazione sociale, che al contempo si concretizza anche come manifesto estetico e stilistico sul valore dell'arte e del suo rapporto con la realtà.

U.S.A. 1929-1939
Dalla Grande crisi al New Deal
16 maggio – 16 luglio 2009
8 settembre - 4 ottobre 2009
(chiusa dal 17 luglio al 7 settembre per la pausa estiva)



[Modificato da dgambera 15/05/2009 20:41]
15/05/2009 20:49
 
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Energia pulita: in Italia 250mila posti di lavoro entro il 2020

Cento miliardi di euro di investimenti in 12 anni. In media, 8 miliardi all'anno. Un target da seguire: quello indicato dal pacchetto clima ed energia noto come «20-20-20». E un potenziale occupazionale che potrebbe raggiungere 250mila posti di lavoro nel 2020. Sono le conclusioni dello studio dello Iefe (Centre for research on energy and environmental economics and policy) dell'università Bocconi su «Prospettive di sviluppo delle tecnologie rinnovabili per la produzione di energia elettrica», rivolto al Gestore dei servizi elettrici (Gse) e presentato a Roma. La ricerca fotografa l'Italia energetica del 2020 analizzando diversi scenari. Parte dalla considerazione che le politiche energetiche europee potranno garantire «un'opportunità di business e di sviluppo occupazionale per il nostro Paese» se gli sforzi si concentreranno sull'industria nazionale. Il nostro paese presenta «buoni livelli di attrattività degli investimenti, ma - afferma lo studio - per farcela occorre eliminare alcune barriere: un «quadro regolatorio incerto e instabile» e «l'assetto del sistema elettrico e le difficoltà di gestione dei flussi elettrici, a fronte di problemi di congestione e di alcune rigidità delle reti di trasporto». Poi c'è il fronte industriale. Gli impianti che sfruttano le energie rinnovabili nel nostro Paese sono in decisa crescita, in particolare eolico e fotovoltaico, ma la filiera industriale non capitalizza i segmenti con maggiori margini di guadagno. E' per questo che occorre «sfruttare le risorse e le competenze già acquisite in altri settori manifatturieri (meccanica, automazione, elettrotecnica ed elettronica) per non lasciare campo alle sole importazioni di apparati e componenti industriali degli impianti a fonti rinnovabili»

Tre scenari per il 2020. La capacità della nostra industria, rileva lo studio, di rispondere alla sfida tecnologica, di ricerca e sviluppo, di innovazione, oltre che alla cooperazione tra pubblico e privato, potrà configurare tre diverse prospettive in base allo «sfruttamento delle opportunità». Nel caso di «un basso sfruttamento», in continuità «con quello degli ultimi 5 anni», il fatturato sarà di 30 miliardi di euro con un valore medio annuo di 2,4 miliardi e un'occupazione di 100mila posti. Con uno sfruttamento medio, coprendo il 50% della quota di mercato con produzione nazionale, si potrà realizzare un fatturato di 50 miliardi con una media annua di 4 miliardi e un'occupazione di 150mila persone. Se lo sfruttamento sarà alto, l'industria nazionale potrà realizzare un fatturato di 70 miliardi (pari al 70% della quota di mercato) con un valore medio annuo di 5,6 miliardi (2,4 miliardi in importazioni di apparati tecnologici) e raggiungere 175mila posti lavoro in Italia e 75mila all'estero, 250mila in totale posti totali. L'eolico ne occuperebbe 77.500 (31%), le biomasse 65.000 (26%), il solare fotovoltaico 27.500 (11%), fino ai 10.000 (4%) impegnati nell'incenerimento dei rifiuti solidi urbani.

L'Italia e la normativa Ue. Per quanto riguarda l'Italia, il nuovo quadro normativo europeo prevede il raggiungimento, al 2020, di una quota di energia rinnovabile a copertura dei consumi energetici totali del 17% (di cui 10% in bio-carburanti) e di una riduzione delle emissioni di gas serra del 14% rispetto al 2005. Ciò significa per l'Italia il raggiungimento del 25%-30% di contributo delle energie rinnovabili sul consumo elettrico totale del paese al 2020 partendo dal 17,7% del 2008, a seconda che si persegua o meno anche l'obiettivo di riduzione delle emissioni. Il raggiungimento congiunto degli obiettivi consente, infatti, di ridurre la quota complessiva di energie rinnovabili da utilizzare (vai ai diversi scenari possibili indicati dal governo italiano e dall'Iea). Il risultato è che se si dovesse raggiungere il duplice obiettivo (aumento rinnovabili e riduzione delle emissione entro i target) la quota di energia pulita a copertura del consumo eneregetico andrebbe raddoppiata. Le industrie con il maggiore potenziale di investimento sono le bioenergie, il solare e l'eolico. Qui il grafico con gli investimenti medi annui nelle diverse fonti nello scenario di massimo sfruttamento del potenziale.

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Rinnovabili: prospettive e occupazione al 2020

Lo studio della Bocconi analizza tre possibili scenari per lo sviluppo dell'industria delle energie rinnovabili in Italia. Nel grafico, «bassa», «media» e «alta» si riferiscono alle tre diverse prospettive in base allo sfruttamento delle opportunità fornite dalle rinnovabili per i prossimi 12 anni.



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Rinnovabili e consumi finali al 2020: gli scenari possibili



Legenda:
VINCO 1 e 2: Raggiungimento di entrambi gli obiettivi di quota rinnovabili e riduzione delle emissioni secondo i target euroei entro il 2020.
VINCO 1: Conseguimento del solo obiettivo rinnovabili (17% del consumo finale di energia).
TECNO 2: Potenziale realizzabile in Italia secondo la Commissione europea o l'Iea.
TECNO 1: Potenziale indicato dal position paper del governo italiano.
BAU: Scenario tendenziale "business as usual", raggiungibile lasciando agire spontaneamente il mercato.
2008: Produzione di rinnovabili rispetto al consumo finale in Italia nel 2008.


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Valore medio annuo degli investimenti in rinnovabili in Italia



Legenda:
VINCO 1 e 2: Raggiungimento di entrambi gli obiettivi di quota rinnovabili e riduzione delle emissioni secondo i target euroei entro il 2020.
VINCO 1: Conseguimento del solo obiettivo rinnovabili (17% del consumo finale di energia).
TECNO 2: Potenziale realizzabile in Italia secondo la Commissione europea o l'Iea.
TECNO 1: Potenziale indicato dal position paper del governo italiano.
BAU: Scenario tendenziale "business as usual", raggiungibile lasciando agire spontaneamente il mercato.
2008: Produzione di rinnovabili rispetto al consumo finale in Italia nel 2008.

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Investimento medio annuo nello scenario di massimo sfruttamento del potenziale



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Rinnovabili: posti di lavoro al 2020 per ogni fonte


15/05/2009 21:03
 
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Tranquilli!!!! Ahiahiahiahi
Marchionne rassicura gli operai: "Tranquilli, eviteremo danni"

ROMA - "Gli operai possono stare tranquilli, ci stiamo impegnando e faremo del nostro meglio per evitare danni che potenzialmente possono essere associati a un mercato come quello attuale". L'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne rassicura i dipendenti. "State tranquilli - dice rispondendo alle domande dei giornalisti alla Fiera del libro di Torino - che l'impegno lo abbiamo preso seriamente".

La lettera a Scajola. Marchionne ha anche scritto al ministro della Sviluppo economico Claudio Scajola per dire che è d'accordo "sull'opportunità di un incontro con il governo italiano e con il sindacato, che si potrà tenere appena sarà possibile ipotizzare una concreta definizione delle trattative in corso". La missiva, riportata da un comunicato del ministero, è la risposta di Marchionne a Scajola che otto giorni fa gli aveva chiesto di fare il punto sul piano Fiat in relazione all'Italia. Oggetto dell'incontro sarà, naturalmente, il futuro degli stabilimenti italiani della casa automobilistica torinese, alla luce degli accordi internazionali avviati negli Stati Uniti per Chrysler e in Germania per Opel.

"La ringrazio - ha scritto Marchionne a Scajola - per le parole di apprezzamento nei confronti delle iniziative che stiamo portando avanti negli Stati Uniti e in Europa, che intendono assicurare una prospettiva industriale anche al sistema automobilistico italiano, al di là della grave crisi che ha colpito il settore automotive in tutto il mondo".

La stampa tedesca aveva annunciato, citando fonti del governo tedesco, la chiusura di due stabilimenti Fiat in Italia. La notizia aveva subito suscitato durissime reazioni da parte dei sindacati, che senza mezzi termini avevano dichiarato che "i raid senza controllo di Marchionne in giro per il mondo rischiano di fare pesanti danni all'industria e all'occupazione". Lo stesso ministro Scajola aveva ribadito la centralità delle fabbriche italiane.

Soddisfazione per la risposta di Marchionne a Scajola è stata espressa dal segretario generale della Fiom torinese, Giorgio Airaudo: "Un risultato lo abbiamo raggiunto: governo e Fiat si scrivono. Speriamo riescano anche a concordare una data utile per definire impegni per i lavoratori, prima che restino da pagare solo i conti".

"Una partita a livello europeo". Alla Fiera del libro Marchionne ha ribadito l'impegno a incontrare governo e sindacati e si è detto fiducioso nel successo del progetto Fiat. "E' una partita che si sta giocando a livello europeo e in quella dimensione bisogna affrontarla - ha affermato - Cercare di risolvere il problema tenendo conto solo della situazione italiana non è possibile. Il problema è più grande di quello che si pensa, ma bisogna avere chiaro che uscirà una Fiat molto più forte". "L'obiettivo - ha aggiunto - è rafforzare l'azienda e dare più fiducia. E' una bella impresa, speriamo di farcela. Ci stiamo ammazzando per farla".

Quanto alla situazione economica, Marchionne ritiene che "ormai il fondo della crisi l'abbiamo toccato, prossimamente andremo saltellando di qua e di là. Stiamo ricominciando, a quale velocità ripartiremo non lo so". "In Europa - ha proseguito - ne usciremo in ordine sparso". Alla domanda su quando ne uscirà l'Italia, Marchionne ha detto: "Mi rifiuto di rispondere, è una domanda politica (dgambera: glissano tutti sti vigliacchi [SM=g9202] )".
16/05/2009 21:38
 
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[Modificato da marco--- 16/05/2009 21:42]
18/05/2009 22:48
 
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Manifatturiero: trimestre duro ma la recessione rallenta

La recessione colpisce pesantemente il manifatturiero italiano. I dati dell'indagine congiunturale di Federmeccanica parlano chiaro: nel primo trimestre dell'anno la produzione del settore metalmeccanico è calata del 30%. Quella del manifatturiero non metalmeccanico del 15%. I cali più marcati hanno interessato il settore automobilistico (-46,5%) e metallurgico (-38,5%). Brusca la frenata delle esportazioni (che rappresentano il 45% del fatturato). Nei primi tre mesi dell'anno hanno registrato una contrazione del 25,1%. Così come, per effetto del basso livello della domanda interna, si sono ridotte le importazioni di circa il 30%.

Il 40% delle imprese prevede tagli nei prossimi mesi
Pesanti i dati sul fronte dell'occupazione contenuti nell'indagine di Federmeccanica. Oltre il 40% delle imprese metalmeccaniche prevede tagli ai posti di lavoro nei prossimi sei mesi. Nei primi due mesi del 2009 l'occupazione nelle imprese metalmeccaniche con oltre 500 addetti si è ridotta dell'1,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso e nel corso dei prossimi sei mesi "è atteso un ulteriore peggioramento", fa sapere l'associazione. Infatti il 41% delle aziende del settore prevede di ridimesionare gli organici nei prossimi sei mesi. Quanto al ricorso alla cassa integrazione, nel primo trimestre del 2009 c'è stato un nuovo boom: per quella ordinaria le ore autorizzate per i metalmeccanici sono decuplicate rispetto allo stesso periodo del 2008 passando da poco più di 4,7 milioni alle attuali 53 milioni. Più in generale nel primo trimestre dell'anno le ore autorizzate sono risultate pari a 66 milioni rispetto a poco più di 17 milioni di ore relative allo stesso periodo dell'anno scorso.

Nel prossimo trimestre ci sarà «un'attenuazione della caduta»
Nel prossimo trimestre si annuncia però un attenuamento della caduta. «Nella nostra indagine - spiega Angelo Megaro, responsabile ufficio studi di Federmeccanica - chiediamo alle aziende se hanno aumentato o diminuito i volumi di produzione e come pensano di comportarsi nel futuro. Il saldo, fortemente negativo per i primi tre mesi dell'anno (-59%), mostra timidi segnali di miglioramento per il prossimo trimestre (-20%)». Un rallentamento della caduta quindi. Anche sul fronte dello smaltimento delle scorte. Nella prima parte dell'anno le aziende ha pensato soprattuto a svuotare i magazzini. E così continuerà a fare il 23% di loro. Ma c'è anche «un 21% che prevede un aumento delle scorte nei prossimi tre mesi» fa notare Megaro. Significativi sono poi i dati sulle esportazioni. Nel primo trimestre il 59% delle aziende ha registrato un calo, contro un 5% che le ha viste aumentare. I rapporto è ora 29% contro 9%.
18/05/2009 22:51
 
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Marchionne esclude chiusure, ma i rumor ora dicono Lancia

Nessun rischio chiusura per tutti gli impianti dell'Opel, qualora andasse in porto l'acquisto della casa automobilistica tedesca. Lo ha garantito l'amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne il quale, nella volata finale prima di mercoledì 20 maggio, termine ultimo per la presentazione delle offerte su Opel, punta a rassicurare i governatori dei Laender con impianti della casa di Rüsselsheim.

Le dichiarazioni di Marchionne seguono le indiscrezioni della rivista automobilistica Automobilwoche, che chiama in causa una persona «vicina» al top manager italo-canadese: sulla base del piano dell'ad di Fiat «la Lancia verrebbe chiusa in favore proprio di Opel». Non solo, ma la partita di poker tra Fiat e Magna per rilevare Opel - sempre secondo la rivista - si allargherebbe anche a Peugeot-Citroen e Ford.

Il colosso austro-canadese si ripromette di costruire anche modelli di altre case negli impianti della casa di Ruesselsheim. Insomma, a quanto pare, «l'idea di Magna è di creare una piattaforma aperta ad un gran numero di case automobilistiche, su cui si potrebbero costruire con efficienza di costi auto piccole durante il loro intero ciclo di vita».

Automobilwoche scrive inoltre che il gruppo francese Psa, produttore di Peugeot-Citroen, e la Ford avrebbero già mostrato interesse alla proposta.Il piano prevede inoltre che la svedese Saab venga fusa con Chrysler per produrre auto sportive e cabrio, mentre Alfa Romeo trarrebbe vantaggio dalla tecnica Opel per migliorare la sua immagine.

Nel frattempo il cancelliere tedesco Angela Merkel ha ribadito l'intenzione del governo di Berlino di mantenere l'opzione di un'amministrazione fiduciaria di Opel, in caso di fallimento di General Motors. Nel corso di una trasmissione dell'emittente televisiva privata «Rtl», in cui ha risposto alle domande dei cittadini, il cancelliere ha aggiunto ieri che le trattative su Opel sono ormai giunte in una «fase decisiva».

Anche il ministro dell'Economia, Karl-Theodor zu Guttenberg, ha confermato la soluzione dell'amministrazione fiduciaria. «Se le offerte avanzate (per rilevare la casa di Rüsselsheim, ndr) non fossero valide e Opel dovesse avere problemi di liquidità», ha spiegato, «non vedrei come altra soluzione che quella di un'insolvenza regolata».

Tuttavia, l'Autorità antitrust tedesca si è schierata oggi contro un eventuale ingresso dello Stato nel capitale della Opel. Intervistato dal quotidiano Sueddeutsche Zeitung, il nuovo presidente dell'Autorità federale, Bernhard Heitzer, ha sottolineato che «ogni sovvenzione o sostegno per un'impresa dell'economia reale produce fondamentalmente danni alle imprese operanti nello stesso settore». La Opel, così come la Schaeffler, ha proseguito, sono aziende «non rilevanti» per l'equilibrio sistemico del Paese e per questo una partecipazione pubblica nella casa automobilistica tedesca non sarebbe «auspicabile».

Commentando il piano di Guttenberg per un'amministrazione fiduciaria della Opel, Heitzer ha invitato il governo a tenere sempre presente la salvaguardia della concorrenza. «Prima di tutto mi sembra importante trovare un investitore per la Opel che veda opportunità di mercato per la società - ha detto -. Deve essere sempre effettuata una verifica della concorrenza».

Zu Guttenberg, intanto, potrebbe tornare nel fine settimana negli Stati Uniti per discutere del futuro di Opel, marchio controllato da General Motors. Una delegazione del ministero dell'Economia e della cancelleria federale potrebbe recarsi nel fine settimana a Washington. Il ministro ha chiarito di riservarsi la possibilità di inserirsi direttamente nelle trattative. «Speriamo che Fiat e Magna presentino piani solidi», ha poi spiegato. Zu Guttenberg era già stato negli Usa a metà marzo, poco dopo la sua nomina a ministro federale dell'Economia.

Marchionne incontra i vertici Opel
Sergio Marchionne, l'ad di Fiat, ha incontrato in Germania i vertici della Opel, in particolare il numero uno della casa tedesca, Hans Demant, e il responsabile di Gm Europe, Carl-Peter Forster. Così l'agenzia Dow Jones. Non sono noti i dettagli dei colloqui. Secondo i media tedeschi Marchionne incontrerà da qui al 20 maggio, quando scade il termine per la presentazione delle offerte per la Opel, esponenti del governo di Berlino, dei Laender tedeschi dove Opel possiede impianti (Turingia e Renania Vestfalia) e delle banche.

Frankfurter Allgemeine: scarse garanzie per Opel
Il piano di Sergio Marchionne per rilevare Opel offre garanzie insufficienti per il futuro della casa di Ruesselsheim. Lo scrive oggi in un lungo articolo il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, che finora ha sempre manifestato simpatie per i piani del Lingotto. Il giornale fa riferimento al "Project Phoenix", messo a punto dai manager torinesi, secondo il quale l'intera produzione dei motori delle fabbriche di General Motors in Europa verrebbe concentrata in Italia, e scrive che «l'operazione è economicamente sensata».
19/05/2009 10:02
 
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Re:
dgambera, 18/05/2009 22.48:

Manifatturiero: trimestre duro ma la recessione rallenta

La recessione colpisce pesantemente il manifatturiero italiano. I dati dell'indagine congiunturale di Federmeccanica parlano chiaro: nel primo trimestre dell'anno la produzione del settore metalmeccanico è calata del 30%. Quella del manifatturiero non metalmeccanico del 15%. I cali più marcati hanno interessato il settore automobilistico (-46,5%) e metallurgico (-38,5%). Brusca la frenata delle esportazioni (che rappresentano il 45% del fatturato). Nei primi tre mesi dell'anno hanno registrato una contrazione del 25,1%. Così come, per effetto del basso livello della domanda interna, si sono ridotte le importazioni di circa il 30%.

Il 40% delle imprese prevede tagli nei prossimi mesi
Pesanti i dati sul fronte dell'occupazione contenuti nell'indagine di Federmeccanica. Oltre il 40% delle imprese metalmeccaniche prevede tagli ai posti di lavoro nei prossimi sei mesi. Nei primi due mesi del 2009 l'occupazione nelle imprese metalmeccaniche con oltre 500 addetti si è ridotta dell'1,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso e nel corso dei prossimi sei mesi "è atteso un ulteriore peggioramento", fa sapere l'associazione. Infatti il 41% delle aziende del settore prevede di ridimesionare gli organici nei prossimi sei mesi. Quanto al ricorso alla cassa integrazione, nel primo trimestre del 2009 c'è stato un nuovo boom: per quella ordinaria le ore autorizzate per i metalmeccanici sono decuplicate rispetto allo stesso periodo del 2008 passando da poco più di 4,7 milioni alle attuali 53 milioni. Più in generale nel primo trimestre dell'anno le ore autorizzate sono risultate pari a 66 milioni rispetto a poco più di 17 milioni di ore relative allo stesso periodo dell'anno scorso

Nel prossimo trimestre ci sarà «un'attenuazione della caduta»
Nel prossimo trimestre si annuncia però un attenuamento della caduta. «Nella nostra indagine - spiega Angelo Megaro, responsabile ufficio studi di Federmeccanica - chiediamo alle aziende se hanno aumentato o diminuito i volumi di produzione e come pensano di comportarsi nel futuro. Il saldo, fortemente negativo per i primi tre mesi dell'anno (-59%), mostra timidi segnali di miglioramento per il prossimo trimestre (-20%)». Un rallentamento della caduta quindi. Anche sul fronte dello smaltimento delle scorte. Nella prima parte dell'anno le aziende ha pensato soprattuto a svuotare i magazzini. E così continuerà a fare il 23% di loro. Ma c'è anche «un 21% che prevede un aumento delle scorte nei prossimi tre mesi» fa notare Megaro. Significativi sono poi i dati sulle esportazioni. Nel primo trimestre il 59% delle aziende ha registrato un calo, contro un 5% che le ha viste aumentare. I rapporto è ora 29% contro 9%.




la caduta stara' pure rallentando, ma si continua a scendere...

...e di conseguenza le aziende, per sopravvivere, continuano a tagliare...

...e ogni nuovo taglio puo' essere un mutuo che salta, consumi che si riducono, spesa pubblica che aumenta


siamo nel pieno della crisi, altro che uscita: il circolo e' vizioso e la caduta si sta avvitando su se stessa...


...se ne esce quando ripartono i consumi (sostenibilita' a parte) e i consumi non ripartono prima che siano rientrati i debiti



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19/05/2009 12:26
 
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Re: Re:
laplace77, 19/05/2009 10.02:




la caduta stara' pure rallentando, ma si continua a scendere...

...e di conseguenza le aziende, per sopravvivere, continuano a tagliare...

...e ogni nuovo taglio puo' essere un mutuo che salta, consumi che si riducono, spesa pubblica che aumenta


siamo nel pieno della crisi, altro che uscita: il circolo e' vizioso e la caduta si sta avvitando su se stessa...


...se ne esce quando ripartono i consumi (sostenibilita' a parte) e i consumi non ripartono prima che siano rientrati i debiti






ipse dixit:

11:06 - Germania: balza a 31,1 punti Zew maggio da 13 punti di aprile (RCO)

Lettura ben al di sopra delle attese che stimavano 20 punti

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 19 mag - L'indice
tedesco Zew, che misura le aspettative sull'economia, e'
balzato a 31,1 punti a maggio dai 13 di aprile. Il dato e'
stato ben superiore alle previsioni che indicavano una
lettura a 20 punti. Il sottoindice sulle condizioni correnti
e' sceso a -92,8 dai -91,6 del mese precedente.



ottimismo?



11:25 - Germania: balza a 31,1 punti Zew maggio da 13 punti di aprile -2-

Franz: "Per l'economica, segnali che il peggio e' passato"

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 19 mag - "In merito
prettamente all'attivita' economica, sempre piu' segnali
indicano che il peggio sembra essere passato
- ha detto il
numero uno dell'istituto Zew Wolfgang Franz - Invece, per
quanto riguarda l'evoluzione del mercato del lavoro pare che
il peggio debba ancora venire"
. L'indice Zew che misura le
aspettative economiche per l'eurozona si e' attestato a
maggio a 28,5 punti segnando un incremento di 16,7 punti
rispetto al mese precedente. Pressoche' invariato invece
l'indicatore sulla situazione corrente dell'area euro: -93,2
punti a maggio rispetto a -93 di aprile.



ottimismo fuori luogo?

[SM=g1750163] [SM=g1750163] [SM=g1750163]

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22/05/2009 01:20
 
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Terzo imprenditore suicida in Veneto. Ossessionati dal dover licenziare

Tra Treviso e Padova, le storie di artigiani e manager travolti dall'incubo della crisi
E che dinanzi alle dure conseguenze hanno preferito togliersi la vita

TREVISO - Temevano di dover licenziare. Per questo si sono uccisi. Sotto il treno, con una corda al collo o un colpo di pistola al cuore: hanno voluto cancellare l'incubo che non sopportavano più. In tre, da ottobre a oggi, tra Treviso e Padova, piccoli imprenditori, artigiani o manager. Dinanzi alll'imperativo di dover cacciare i loro dipendenti travolti dalla crisi economica, hanno preferito scomparire piuttosto che affrontare quello che ai loro occhi era un vero e proprio disonore, un tradimento della fiducia che le maestranze gli avevano concesso.

L'ultima vittima nel Veneto, è un dirigente d'azienda di 43 anni di Villorba, in provincia di Treviso. Stamane si è gettato sotto un treno in viaggio sulla linea Venezia-Bassano del Grappa, a Castello di Godego. A giorni avrebbe dovuto convocare i sindacati per annunciare la cassa integrazione. Non ha lasciato scritti per spiegare il suo gesto il manager, ma chi lo conosce bene non ha dubbi: lo ha ucciso lo stress di queste settimane, le trattative infinite con i rappresentanti sindacali, l'angoscia che la crisi avrebbe annullato l'azienda in cui lavorava.

Come è capitato ieri al titolare di una falegnameria a Lutrano, un paese non lontano da Treviso.
Cinquantotto anni, titolare di un'azienda di famiglia che porta il nome di suo padre e dei suoi fratelli, Walter Ongaro si è impiccato in un capannone della ditta. Era ossessionato dall'idea che la crisi che aveva colpito il settore, lo costringesse a dover lasciare a casa alcuni dei suoi otto dipendenti. Da gennaio gli ordini erano diminuiti e Walter aveva perso il sonno e l'angoscia di non avere alternative ai licenziamenti, lo ha spinto al suicidio.

La depressione per la crisi economica aveva gettato nel baratro anche un altro imprenditore padovano di 60 anni morto il 13 ottobre scorso con un colpo di pistola al petto. Corrado Ossana era preoccupato che qualcuno, con cui aveva contratto debiti, potesse far del male ai suoi figli. Vedovo da tempo, iscritto all'albo dei geometri, era riuscito a costruire un'attività affermata. Ma la crisi di questi mesi aveva peggiorato i suoi affari e dopo una domenica pomeriggio trascorsa chino sui conti che non riusciva più a far quadrare, ha puntato la canna della sua Smith&Wesson calibro 40 contro il cuore, e ha fatto fuoco.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Quanto mi addolora leggere che la gente dignitosa faccia azioni così estreme, mentre il fango continuiamo a tenercelo aggrappato saldo ai vertici. [SM=g7626]
22/05/2009 14:18
 
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Il brutto è che questi episodi stanno aumentando in maniera preoccupante
www.romatoday.it/municipio/10-tuscolano/morena/dipendente-ericsson-anagnina-suicidio-dal-te...
24/05/2009 19:50
 
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25/05/2009 18:54
 
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I vescovi sulla crisi: «Tutelare i lavoratori»

Un «fisco più equo», farsi carico della «fascia dei precari» e approntare «ammortizzatori sociali», che fin qui sono stati «davvero modesti». Lo chiede il presidente della Cei Angelo Bagnasco nella prolusione con cui ha aperto i lavori della 59/ma assemblea generale dei vescovi italiani.

Il presidente della Cei si schiera in difesa dei lavoratori contro chi pensa che, in tempi di crisi, questi siano «una futile zavorra». Al contrario, sostiene Bagnasco, «il patrimonio di conoscenze e esperienze» garantito dai lavoratori sarà «base da cui ripartire», una volta superata la crisi e questa «non si supera» creando disoccupati. Il presidente dei vescovi ritiene che «dalla crisi non si è affatto usciti, anzi essa sta producendo i suoi effetti più deleteri sull'anello più debole della popolazione». È questo il momento - ha detto Bagnasco - in cui «la crisi tocca in modo più diretto, quasi cruento, la realtà ordinaria delle famiglie per le quali torniamo ad auspicare un fisco più equo». «La disoccupazione, in particolare, - ha proseguito - sta intaccando anche le zone a più radicata tradizione industriale». «Dalla crisi in corso e dalle minacce che tanto ci angosciano, - ha chiesto il presidente dei vescovi - dobbiamo uscire non con una svalutazione del lavoro, identificato come circostanza casuale e fortuita, ma con la riscoperta del legame imprescindibile dell'uomo con il lavoro».

I vescovi italiani hanno apprezzato le «significative correzioni» al disegno di legge sulla sicurezza, che però ha anche alcuni «punti di ambiguità», aggiungendo che la concomitanza tra la ripresa dell'arrivo di immigrati clandestini via mare e la campagna elettorale «non ha sempre assicurato l'obiettività necessaria a un utile confronto».

Il porporato, nella prolusione all'assemblea Cei ha denunciato anche il «rischio strisciante di eugenetica che potrebbe insinuarsi nel nostro costume a causa di interpretazioni della legge 40/2004» (quella sulla fecondazione assistita, ndr) e ha espresso piena solidarietà e vicinanza a Benedetto XVI «bersaglio» di «ostilità» e «reazioni rigide da parte di taluni ambienti». «Le sue parole - ha sottolineato Bagnasco - sono indispensabili perchè il cristianesimo non svanisca nella irrilevanza o nella soggezione verso i moderni potentati».
25/05/2009 22:36
 
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Marcegaglia: «Se necessario chiederemo l'allungamento della cassa integrazione»

Gli imprenditori potrebbero chiedere, se sarà necessario, un allungamento della cassa integrazione ordinaria, per mantenere i livelli occupazionali. Lo ha affermato la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, intervenendo all'assemblea degli industriali della provincia di Varese.
«In Italia il livello di coesione sociale è positivo - ha detto - e noi vogliamo fare di tutto per stare vicino ai lavoratori. Se sarà necessario chiederemo l'allungamento della cassa integrazione ordinaria, alcune aziende e settori la termineranno a luglio o a settembre, non possiamo lasciare soli questi lavoratori. Chiederemo un sostegno solo se sarà necessario ed è fondamentale una risposta positiva».

Alla nuova richiesta di una moratoria dei licenziamenti, avanzata ieri dal ministro del Lavoro Sacconi, Marcegaglia risponde: «Le imprese italiane sono quelle che più stanno mantenendo i posti di lavoro. La cosa da fare per evitare una perdita dei posti di lavoro è allungare la cassa integrazione, più che appelli di questo tipo bisogna usare gli strumenti che già ci sono. Noi dobbiamo fare al meglio il nostro mestiere, lo Stato deve fare la sua parte mettendo i soldi per gli ammortizzatori. In ogni caso non bisogna bloccare la ristrutturazione dei settori produttivi, non bisogna bloccare il cambiamento, altrimenti pagheremo il prezzo in futuro».

«Facciamo in modo che i contratti vengano rinnovati senza difficoltà», ha proseguito Emma Marcegaglia, riferendosi al no del leader Cgil Guglielmo Epifani alla riforma del modello contrattuale. Marcegaglia ha apprezzato la Cgil e la Fiom per «gli atteggiamenti coerenti e responsabili» mantenuti durante la gestione della crisi sul territorio. Proprio per questo, ha aggiunto, «spero che riusciamo a lavorare insieme per il bene dei lavoratori».
Quanto alla proposta di coinvolgere i lavoratori nella gestione delle aziende, «non abbiamo ideologie», ha detto la presidente di Confindustria, che però rifiuta ogni «atteggiamento dirigistico», perché in ogni caso si deve trattare di «una scelta volontaria da parte dell'impresa». Il problema, ha inoltre aggiunto la numero uno degli industriali, «è che c'è una parte del sindacato ancora molto conflittuale. E non si può fare conflitto da una parte e chiedere partecipazione dall'altra».
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