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Bolla immobiliare - 40° Parte

Ultimo Aggiornamento: 10/01/2012 21:15
17/11/2011 23:31
 
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Oramai la bolla è entrata nel mainstream

Lui è sincero e ben documentato (rispetto alla media dei colleghi), maaaaa... che ci volete fare... lo scoppio/sgonfiamento «sarebbe peggiore del male».
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Monti, attento alla bolla immobiliare

di Paolo Forcellini - Blitz Quotidiano, 17 novembre 2011

      In principio vi fu lo scoppio della bolla immobiliare negli Stati Uniti. All’origine della crisi attuale, com’è ben noto, vi fu quella dei mutui “subprime”, concessi cioè a debitori ad alto rischio di solvibilità, soprattutto per l’acquisto di beni immobiliari. Nel 2007-2008 l’esplosione delle insolvenze su tali crediti portò al collasso il sistema bancario americano, che li aveva copiosamente e allegramente concessi, e per effetto domino (e delle cartolarizzazioni) coinvolse numerosi e primari istituti di credito anche al di qua dell’Atlantico, con una perdita complessiva mondiale stimata dal Fondo monetario internazionale in 4.100 miliardi di dollari. Gli Stati, in primo luogo quello Usa ma anche buona parte di quelli europei, intervennero in soccorso delle banche per evitare una catena di fallimenti catastrofica.
      Ma spesso in tal modo posero le basi per la più recente crisi dei debiti sovrani. Malgrado gli ingenti esborsi pubblici, comunque, la crisi del mercato immobiliare americano e la spada di Damocle sul sistema creditizio Usa, per fare l’esempio più significativo, appare tutt’altro che superata: secondo un esperto del settore, Laurie Goodman, in America vi sarebbero a tutt’oggi dieci milioni di mutui “underwater”, di importo superiore al valore dell’immobile acquistato grazie al prestito, pari a uno su cinque dei mutui ipotecari complessivamente concessi.
      L’Italia nel 2007-2008 fu colpita assai meno direttamente di altri dalla crisi dei subprime: il suo sistema bancario, dissero in molti, era più solido anche perché la concessione di prestiti immobiliari era ancorata alla fornitura di garanzie reali mediamente più elevate da parte dei debitori. Inoltre non si verificò il crollo dei valori degli immobili che altrove aveva minato gli equilibri del sistema creditizio. Anche sotto quest’ultimo aspetto in molti sostennero che nel Belpaese non si era creata la maledetta “bolla” (cioè la sopravvalutazione dei prezzi) che in altre realtà, scoppiando, aveva trascinato gli assetti finanziari nel suo micidiale gorgo...
      Fra i tanti guai che il professor Mario Monti dovrebbe ora cercare di tamponare, imponendo severi sacrifici agli italiani, se ne profila all’orizzonte uno da cui fin qui abbiamo pensato di essere esenti e che proprio alcune delle misure di risanamento di cui si sta discutendo potrebbero aggravare: una caduta dei valori immobiliari con tutte le conseguenze che altri hanno già dovuto almeno in parte pagare. Che in Italia non vi sia mai stata una “bolla” è tesi piuttosto ardita. Basti pensare che in capitali come Berlino o Bruxelles i prezzi delle abitazioni sono ampiamente al di sotto della metà di quelli medi correnti a Roma o a Milano.
      Se nella Penisola la “bolla” non è finora scoppiata ciò può essere dovuto a diversi fattori. Innanzitutto al già citato diverso comportamento, assai più prudente, delle nostre banche nel concedere mutui agli acquirenti di abitazioni. Ma è evidente che se i valori di queste ultime dovessero subire forti svalutazioni anche i prestiti più “accorti” potrebbero venire a trovarsi “a corto” di garanzie ipotecarie, proprio mentre la situazione economica generale, la recessione e il conseguente aumento di disoccupazione, cassintegrazione e inoccupazione, stanno facendo uscire fette sempre più consistenti di popolazione dal novero di quanti sono in grado di onorare i loro debiti.
      Si badi bene: fin qui non vi è motivo di ritenere prossimo uno “scoppio” della bolla immobiliare italiana paragonabile a quanto avvenuto negli States o, ad esempio, in Gran Bretagna. Ma vi sono invece numerosi segnali che è iniziato un più graduale ma non meno pericoloso “sgonfiamento” dei prezzi delle abitazioni che sul medio periodo potrebbe portare a conseguenze non troppo dissimili da quelle registrate altrove per il sistema bancario e per quello finanziario nel suo complesso...
      In ordine sparso, si può innanzitutto citare il numero delle compravendite di abitazioni: sono state 869 mila nel 2006 e si prevede saranno circa 575 mila alla fine di quest’anno. Anche i permessi di costruzione di nuove case e di ampliamenti sono in forte calo: l’ultimo dato disponibile è quello del 2009: sono stati 160 mila contro i 305 mila del 2005. “Tout va bien quand le bâtiment va bien”, sostenevano i francesi. Oggi potremmo fare il verso ai cugini transalpini, “tutto va male perché le costruzioni vanno male”: si stima la costruzione di nuove abitazioni, rispetto a prima della crisi del 2008, sia calata del 40 per cento.
      Secondo l’Ance il valore complessivo degli immobili residenziali italiani era di 4.954 miliardi di euro nel 2007, oggi è di 4.446 miliardi. Cinquecento miliardi di euro già andati in fumo... La maggior parte degli esperti del settore ripetono a ogni piè sospinto la parola magica: “repricing”. Tradotta in italiano significa che i proprietari di case e le società che hanno in bilancio immobili debbono decidersi ad abbassare i prezzi se vogliono far incontrare l’offerta con la domanda anziché allungare a dismisura i tempi delle compravendite...
      Le banche, alle prese con colossali problemi di aumento del proprio capitale e di liquidità, stanno stringendo i cordoni della borsa: riducono la concessione di mutui e hanno notevolmente aumentato i tassi, ciò che induce molti a rinunciare agli acquisti. Si contraggono, sostengono gli esperti, sia gli acquisti per “sostituzione” (cioè quelli di chi vuole cambiar casa per migliorare) che quelli per “necessità” (per la prima casa in ordine di tempo) che quelli per investimento (poiché c’è una prevalente attesa che i prezzi scendano ulteriormente e si preferisce mantenere la liquidità).
      In questo quadro, cui andrebbe aggiunta la forte discesa delle quotazioni borsistiche delle società immobiliari, un ultimo fattore trattiene dall’investimento e deprime i prezzi: il timore di stangate. Reintroduzione dell’Ici sulla prima casa, patrimoniale, rivalutazione dei valori catastali: una tra queste misure, o una combinazione delle stesse, viene minacciata quotidianamente ed è assai probabile che presto verrà implementata, come ha annunciato Monti nel suo discorso programmatico. C’è da augurarsi che non si assommino (si tratta in tutti e tre i casi di imposte patrimoniali) e che non si esageri con i taglieggiamenti della più diffusa forma di risparmio degli italiani: il rischio, altrimenti, è che la crisi immobiliare si ripercuota pesantemente anche in Italia sia sui consumi e l’agognato sviluppo che sui conti delle banche e, di qui, sul debito sovrano. Sarebbe una cura da cavallo e soprattutto peggiore del male. Evitiamola.

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