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Dead men working

Ultimo Aggiornamento: 31/08/2015 08:57
06/02/2009 19:06
 
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Stati Uniti, a gennaio persi 600mila posti di lavoro

Nel mese di gennaio negli Stati Uniti sono andati persi 598 mila posti di lavoro e il tasso di disoccupazione è salito al 7,6 per cento dal 7,2 di dicembre. Si tratta del ritmo più forte dal 1974 e del livello più alto dal settembre 1992. Il dato, reso noto dal dipartimento del Lavoro americano, è peggiore inoltre delle stime degli analisti, che attendevano un calo di 525mila unità. Durante la recessione in corso gli Stati Uniti hanno perso 3,6 milioni di posti di lavoro, il calo più grave del dopoguerra.

Il forte abbattimento del numero degli occupati in gennaio arriva dopo quelli altrettanto ingenti di dicembre (577mila) e novembre (584mila). Una striscia negativa di tre mesi di fila oltre il mezzo milione non si era mai vista da quando il dato ha iniziato a essere registrato, nel lontano 1939.
Il fatto è che questo crollo, determinato da colossali tagli da parte di gruppi dei più svariati settori dell'economia e della produzione, da Caterpillar (macchina da costruzione, 22mila dipendenti a casa) a Macy's (grande catena retail, altri 7mila), non fa altro che rendere ancora più fragile la già scarsa fiducia dei consumatori.

Gli americani che un lavoro ancora ce l'hanno, in più, tendono a spendere sempre meno, provocando la reazione delle imprese in un mercato sempre più asfittico e depresso. Non resta che aspettarsi, secondo diversi osservatori, ancora più tagli all'occupazione da parte delle aziende, colpite dalla restrizione del mercato del credito (secondo Dealogic i prestiti sindacati su scala globale sono diminuiti del 63% nel solo mese di gennaio da quasi 200 miliardi di un anno prima a 71,5 miliardi, 31 dei quali nell'area Americhe) e preoccupate a questo punto di garantirsi la sopravvivenza.

Appare ancora più vero, quindi, l'allarme del presidente Barack Obama, che ha chiesto al Congresso di approvare al più presto possibile un piano di agevolazioni fiscali e di rilancio delle infrastrutture all'esame del Senato. «Un fallimento - ha avvertito il presidente - equivarrebbe a trasformare la crisi (iniziata per quanto riguarda l'economia reale a dicembre 2007, ndr) in catastrofe e allungherebbe i tempi della recessione». Anche per questo impegno dell'Amministrazione i mercati finanziari hanno proseguito in positivo dopo il dato sulla disoccupazione.

In realtà il piano resta arenato nelle sabbie mobili dello scontro parlamentare: un gruppo di senatori moderati e al lavoro dietro le quinte per tagliare i costi di almeno cento miliardi. Secondo le ultime stime il pacchetto di misure messe a punto dalla squadra economica della Casa Bianca è lievitato a circa 935 miliardi di dollari nel passaggio a Capitol Hill.

Guidano i negoziati i senatori Ben Campbell (democratico) e Susan Collins (repubblicana) che hanno già identificato 80-90 miliardi di dollari di tagli soprattutto nel settore di programmi legati all'istruzione. Il capo del Senato Harry Reid ha detto di essere tuttora fiducioso in un compromesso bipartisan, ma ha aggiunto di essere pronto a muoversi anche senza il sostegno dei repubblicani, se necessario. Secondo il Wall Street Journal i democratici contano di usare le drammatiche cifre sulla disoccupazione di oggi - un bagno di sangue in gennaio, ai massimi da 16 anni - per indurre i repubblicani a concessioni. (Al.An.)
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