Il divario tra ricchi e poveri
Cresce in gran parte del pianeta il divario tra ricchi e poveri e l'Italia si colloca al quinto posto tra i paesi dell'Ocse in tema di disuguaglianza complessiva, alle spalle di Stati Uniti e Gran Bretagna ma davanti a Francia e Germania. Lo afferma la stessa Organizzazione per lo sviluppo in un rapporto recente.
Gli economisti di Parigi spiegano che nel corso degli ultimi 20 anni, fino all'inizio della Grande Crisi nel 2008, il reddito reale disponibile delle famiglie è aumentato in tutti i paesi membri (+1,7% all'anno in media). Ma nella grande maggioranza dei casi le entrate finanziarie del 10% più ricco della popolazione è cresciuto più rapidamente del reddito del 10% più povero. Nella media, il reddito del 10% più ricco della popolazione è di circa nove volte quello del 10% più povero, anche se poi si vede come questo rapporto risulta molto più basso nei paesi nordici e in molti paesi dell'Europa continentale, mentre la forbice si allarga in Israele, Turchia e Stati Uniti, per toccare il massimo divario in Cile e Messico. Nella media dei 29 paesi presi a riferimento per lo studio, il reddito del decimo percentile più ricco è cresciunto del 2% contro l'1,4% del decimo più povero.
L’Italia e la media Ocse. Il coefficiente Gini, che misura l'ineguaglianza dei redditi (va da 0, ovvero totale uguaglianza di reddito a 1, totale disparità), per l'Italia era pari a 0,35 alla fine degli anni 2000, con un incremento del 13% rispetto allo 0,31 di metà degli anni 80. Mentre il reddito reale nell'Ocse in questo lasso di tempo è salito in media dell'1,7% l'anno, con un incremento dell'1,4% per il 10% più povero della popolazione e del 2% per il 10% al top, in Italia l' incremento medio annuo si è fermato allo 0,8% (solo la Turchia ha fatto peggio, con lo 0,5%) e mentre per il 10% della popolazione con il reddito più basso l'aumento è stato solo dello 0,2%, per la fascia dei redditi più elevati è stato dell'1,1%. Il Paese con le maggiori diseguaglianze è il Messico, con un coefficiente Gini dello 0,50, davanti alla Turchia (0,42), mentre la Danimarca (0,25) ha le minori disparità. Nemmeno i Paesi nordici e la Germania, che tradizionalmente avevano una bassa disparità tra i redditi, sono stati risparmiati dal trend di aumento del divario tra ricchi e poveri e anzi - come sottolinea l'Ocse - negli ultimi dieci anni hanno segnato il maggior incremento. In media il coefficiente Gini nell'area Ocse è salito all'incirca del 10% dallo 0,28 di metà degli anni 80 allo 0,31 della fine dello scorso decennio.
Poco lavoro femminile tra le cause. Le ore lavorate sono diminuite soprattutto tra gli occupati con il salario più basso mentre arranca il lavoro femminile. Il trend verso famiglie più piccole e con un solo genitore contribuisce ad aumentare il divario tra i redditi. Inoltre è cresciuta la tendenza dei matrimoni tra persone con livelli di reddito simili. Oggi il 40% delle coppie in cui entrambi i partner lavorano appartengono allo stesso decile contro il 33% di 20 anni fa. Lo strumento più diretto ed efficace per ridurre le disparità, scrivono ancora gli economisti, sono la riforma delle tasse e delle politiche di agevolazione per i redditi più bassi.
Mancano le tutele. «La competizione internazionale ha fortemente indebolito il nostro sistema produttivo - affermano le Acli - ma le ragioni delle disuguaglianze nel nostro Paese vanno individuate innanzitutto nell'endemica debolezza dei redditi di lavoro dipendente e dalla quasi totale assenza di un sistema generalizzato di tutele nel mercato del lavoro».
(da Corriere della Sera, 3 maggio 2011)