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Dead men working

Ultimo Aggiornamento: 31/08/2015 08:57
10/01/2009 20:02
 
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Iris-sindacati, non c'è trattativa

Nulla di fatto. L'incontro di ieri sul quale i sindacati contavano per far cambiare idea alla Iris Spa di Fiorano Modenese è durato meno di due ore.

L'amministratore delegato Giuseppe Pifferi ha confermato la liquidazione volontaria della Iris Spa di Fiorano Modenese decisa unilateralmente da Romano Minozzi, proprietario di questa azienda da 209 milioni di ricavi a fine 2007 e che con Ariostea e Graniti Fiandre (queste ultime non coinvolte nel processo di liquidazione) rappresenta uno tra i primi cinque colossi mondiali del comparto ceramico con 500 milioni di ricavi nel 2007. I sindacati, a fronte della disponibilità «a salvare qualche pezzo, ma senza la volontà di spostarsi dalla decisione di liquidare», come ha spiegato Enzo Tagliaferri, segretario della Femca Cisl Modena, hanno abbandonato il tavolo.

A rischio ci sono 780 dipendenti. Filcem Cgil, Femca Cisl e Uilcem Uil hanno dunque annunciato una mobilitazione a partire da lunedì mattina quando chiameranno a raccolta i lavoratori, che nella stragrande maggioranza rientreranno dalla cassa integrazione e dalle ferie natalizie prolungate. Saranno attuati, si legge in una nota, «presidi permanenti davanti a ogni stabilimento del gruppo».

Le parti però (azienda e sindacati, senza alcuna associazione di categoria visto che Iris è uscita da Confindustria Ceramica già da molti anni), si ritroveranno lunedì pomeriggio, ma questa volta insieme alle istituzioni che anche ieri hanno manifestato sorpresa per la decisione della Iris. «Al momento – afferma l'assessore alle Attività produttive della Regione Emilia-Romagna, Duccio Campagnoli – mi limito a definirla una situazione inusitata e molto sorprendente. Questa crisi deve essere affrontata con comportamenti virtousi da parte di tutti, facendo anche ricorso, se necessario, agli ammortizzatori sociali. Mi auguro che lunedì con l'azienda vi sia un confronto». Un appello al «senso di responsabilità e al coraggio dimostrato in cinquant'anni di storia aziendale dai vertici del gruppo ceramico» viene anche dal presidente della Provincia di Modena, Emilio Sabattini.
L'azienda però va avanti per la sua strada tracciata nero su bianco proprio nel provvedimento depositato alla Camera di commercio di Modena: 12 fogli di verbale dell'assemblea straordinaria del 5 gennaio scorso. «È l'inizio dell'era glaciale» ha esordito Minozzi, parlando di «prodromi che vengono da lontano, quando nel 2001 gli Usa, pressati dalla sottoscrizione del loro enorme debito pubblico, accettarono l'adesione della Cina al Wto e non valutarono appieno gli effetti». A dare l'altro e definitivo fendente è stata «l'esplosione della finanza Usa» con la «crisi dei mutui subprime» che «si aggraverà certamente in questo 2009».

Al quadro – disegnato anche grazie a un'ampia rassegna stampa nazionale e internazionale in cui entrano Fiat, Toyota, calo della produzione industriale in dicembre e altro ancora – seguono le cifre, affidate all'amministratore delegato Giuseppe Pifferi, nominato liquidatore. Innanzitutto c'è il -11,2% fra 2006 e 2007 dei ricavi, scesi da 236,2 a 209,7 milioni «con cali – spiega Pifferi – del 24,5% in quantità e del 36% per i pavimenti smaltati». Un'erosione del fatturato, questa, cui l'azienda ha cercato di porre rimendio con la cassa integrazione di 250 dipendenti che ha coinvolto «in media 70 maestranze», ma soprattutto con investimenti per 6 milioni circa nelle unità produttive di Fiorano e Sassuolo. Gli ultimi mesi del 2008 avrebbero poi sbaragliato il tavolo, con cali in valore delle vendite – raffrontate con lo stesso periodo del 2006 – del 27,8% a ottobre, del 43,4% a novembre e del 46,2% a dicembre, con un saldo negativo di cassa di 2,9 milioni a novembre e 7,1 milioni a dicembre. «Dati disarmanti» ha detto Pifferi, «con il rischio di una continua dissipazione finanziaria ed economica della società». Da qui la decisione di chiudere.
Che ora fa paura. «Temiamo il pericolo emulazione. Tante aziende del distretto – afferma ancora Tagliaferri della Femca Cisl – ora potrebbero pensare di affrontare la crisi liquidando. Per non parlare del panico nelle aziende dell'indotto».



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Iris, quando un leader mondiale alza bandiera bianca


Quando un'azienda chiude è sempre una sconfitta. Per tutti: per l'imprenditore, i soci, i dipendenti, i fornitori e la comunità. Ma quando l'azienda è un fiore all'occhiello del suo distretto la sconfitta è doppia. Se poi la chiusura arriva come un fulmine a ciel sereno è un dramma: umano e sociale. La liquidazione volontaria dell'Iris Ceramica di Sassuolo di Romano Minozzi, uno dei simboli del made in Italy e capogruppo di una multinazionale che è fra i leader mondiali della ceramica, è questo e altro ancora. Con la messa in mobilità di 780 lavoratori è anche un piccolo terremoto e, insieme, un grido d'allarme.

Ci sarà tempo per valutare una decisione inattesa, ma per giudicare bisogna prima capire. E il verbale dell'assemblea sociale che il 5 gennaio avvia l'autoscioglimento è un libro aperto. Per Minozzi l'epilogo comincia da Soros. Le parole del finanziere di origini ungheresi impressionano l'imprenditore: «Noi – aveva detto Soros in agosto – stiamo vivendo la fine della società del benessere: è la fine di un'era». Chiosa il titolare di Iris: «È l'inizio dell'era glaciale».
Continua u pagina 12

La sindrome della crisi di Iris Ceramica parte da Soros ma per Romano Minozzi i prodromi dell'«era glaciale» vengono da più lontano: addirittura dall'ingresso della Cina nella Wto del 2001 e dalla conseguente espansione del suo «capitalismo selvaggio» fino all'esplosione della crisi finanziaria americana e ai suoi devastanti effetti sull'economia reale e sul settore della ceramica e del porcellanato tecnico. L'analisi dell'escalation della crisi alimenta e accresce la convinzione dell'imprenditore modenese di trovarsi in un tunnel senza via d'uscita. Il buio è ovunque: nell'industria e nella finanza, a Sassuolo e a Wall Street. Minozzi porta a sostegno del suo ragionamento sull'irreversibilità della crisi, che è locale e nazionale ma anche planetaria, la bellezza di 36 pezze d'appoggio: dalle sofferenze della Fiat e della Toyota al crollo dell'immobiliare, dalla caduta della produzione industriale italiana e al credit crunch, fino al fallimento di 70mila aziende cinesi. Come quelle di George Soros anche le parole di Paul Krugman non lo lasciano indifferente: «In Europa come negli Stati Uniti il problema è il tempo» ma «nel mondo le economie stanno inabissandosi velocemente».

La geometria delle passioni è ormai a senso unico e le paure uccidono le speranze. «Nel quadro della crisi planetaria e italiana si inserisce purtroppo la crisi della nostra società» commenta Minozzi che snocciola, una dietro l'altra, le tappe del calvario che comincia nel 2007 con la caduta del fatturato. Inizialmente Iris Ceramica pensa di rispondere alla tempesta con un progetto di ristrutturazione da 5 milioni e 977mila euro di investimenti, ma le vendite crollano del 41,2% nel biennio 2007-8, gli ordini calano senza sosta, l'utilizzo degli impianti subisce una drastica contrazione e, nel dicembre del 2008, il fatturato accusa una discesa del 46,2% in valore e del 54,1% in quantità rispetto a due anni prima. «Il quadro è del tutto negativo».

Siamo alla resa finale: per la Iris Ceramica liquidare l'azienda, con la par condicio dei creditori e la messa in mobilità di tutto il personale, è meglio che dissipare il patrimonio sociale. Scelta della disperazione o mossa che si può ridiscutere? Possibile che per un gioiello di azienda in difficoltà non ci siano alternative alla liquidazione? Tutto questo ce lo dirà la cronaca, ma la chiusura di Iris fa meditare perché, nella sua unicità, è lo specchio di una crisi che, in talune sue dirompenti manifestazioni, non avevamo mai conosciuto.
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